Vitaliano Brancati: differenze tra le versioni
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*I campi [[Sicilia|siciliani]] sono metropoli vegetali. (citato in [[Vincenzo Consolo]], ''Delle cose di Sicilia'', Palermo, Sellerio, 1986<ref> Scritto disponibile in ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=663 Le 9 liriche del grande Piccolo Vincenzo Consolo]'', ''Vincenzo Consolo.it'', marzo 2002.</ref>) |
*I campi [[Sicilia|siciliani]] sono metropoli vegetali. (citato in [[Vincenzo Consolo]], ''Delle cose di Sicilia'', Palermo, Sellerio, 1986<ref> Scritto disponibile in ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=663 Le 9 liriche del grande Piccolo Vincenzo Consolo]'', ''Vincenzo Consolo.it'', marzo 2002.</ref>) |
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*La ricchezza guasta l'intelligenza, come un pasto troppo forte vela di sonno anche l'occhio più vivace. (da ''I piaceri'', Bompiani) |
*La ricchezza guasta l'intelligenza, come un pasto troppo forte vela di sonno anche l'occhio più vivace. (da ''I piaceri'', Bompiani) |
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*[[Palermo]] è situata in una insenatura della costa nordoccidentale, non fra i monti e il mare, ma dietro monti che bagnano il piede nel mare. Questa muraglia non è continua né larga: ampie finestre la interrompono formando ciascheduna una spiaggia. Il sole sorge, fra i monti, dal mare e declina, fra i monti, nel mare. Al tramonto, i raggi del sole passano fra le montagne, colpendo Palermo nel più irregolare dei modi. La luce salta interi quartieri, che rimangono in una penombra turchina, e accende gruppi di case nei punti più disparati. La scena è molto singolare. Si vedono cupole, terrazze, tetti completamente privi di luce e, sotto questi, file di basse case illuminate fortemente. Raggi sottili vanno a pescare chi una finestra, chi un cane che si morde la coda, minutissimi particolari che, per essere illuminati nel mezzo di un quadro oscuro, si rendono visibili anche a grande distanza. (da ''Lettere al direttore'' (1938), in ''Romanzi e saggi - Vitaliano Brancati'', a cura di Marco Dondero, Mondadori, Milano 2003) |
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*Pago amarissimamente gli scherzi che mi sono permesso sui furiosi amori del Sud; del Sud a cui appartengo interamente e di cui sono, me ne accordo ora, il più pazzo ed avvelenato figliuolo.<ref>Da una lettera ad [[Anna Proclemer]]; nella prima puntata del programma ''Vitaliano Brancati: la presenza, il segno'' di Bruno Russo, Rai Teche; video disponibile in ''[http://www.regionesicilia.rai.it/dl/sicilia/video/ContentItem-01a8d7cf-cb2a-4ad7-8760-80bbc2624f8e.html Vitaliano Brancati: la presenza, il segno]'', ''Regionesicilia.rai.it''.</ref> |
*Pago amarissimamente gli scherzi che mi sono permesso sui furiosi amori del Sud; del Sud a cui appartengo interamente e di cui sono, me ne accordo ora, il più pazzo ed avvelenato figliuolo.<ref>Da una lettera ad [[Anna Proclemer]]; nella prima puntata del programma ''Vitaliano Brancati: la presenza, il segno'' di Bruno Russo, Rai Teche; video disponibile in ''[http://www.regionesicilia.rai.it/dl/sicilia/video/ContentItem-01a8d7cf-cb2a-4ad7-8760-80bbc2624f8e.html Vitaliano Brancati: la presenza, il segno]'', ''Regionesicilia.rai.it''.</ref> |
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*Per essere siciliani bisogna essere diversi.<ref>Citato in ''[http://catania.livesicilia.it/2014/01/12/giancarlo-giannini-grazie-a-turi-ferro-amo-la-sicilia_276415/ Giancarlo Giannini: "Grazie a Turi Ferro amo la Sicilia"]'', ''Live Sicilia.it'', 12 gennaio 2014.</ref> |
*Per essere siciliani bisogna essere diversi.<ref>Citato in ''[http://catania.livesicilia.it/2014/01/12/giancarlo-giannini-grazie-a-turi-ferro-amo-la-sicilia_276415/ Giancarlo Giannini: "Grazie a Turi Ferro amo la Sicilia"]'', ''Live Sicilia.it'', 12 gennaio 2014.</ref> |
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Vitaliano Brancati (1907 – 1954), sceneggiatore e scrittore italiano.
Citazioni di Vitaliano Brancati
- Che i conservatori siano conformisti, è cosa di tutti i tempi. Ma che siano conformisti, convenzionali, obbedienti i cosiddetti rivoluzionari, è cosa soltanto dei nostri tempi. (da Diario romano, 1947[1])
- Dire che un delitto è opera di una società, il risultato matematico di taluni «fattori ambientali», è una di quelle offese che il nostro tempo rivolge continuamente alla libertà individuale e alla libertà in genere. (da Il diavolo mediocre di Pia Bellentani, L'Europeo, n. 12, 1952, p. 22; anche in Il borghese e l'immensità: Scritti 1930-1954, Bompiani, 1973)
- È vero che ciascuna persona ha sotto il braccio il libro che si merita. (da Lettere al direttore, Bompiani)
- [Jean Paul Sartre] Ha scritto migliaia di pagine sul niente, sull'essere, sull'angoscia, sulle camere di albergo, su Giove, su Elettra, sulle mosche. Niente si salva da questo grafomane: né il teatro né la filosofia né la letteratura né l'intimità dei veri poeti.[2]
- I campi siciliani sono metropoli vegetali. (citato in Vincenzo Consolo, Delle cose di Sicilia, Palermo, Sellerio, 1986[3])
- La ricchezza guasta l'intelligenza, come un pasto troppo forte vela di sonno anche l'occhio più vivace. (da I piaceri, Bompiani)
- Palermo è situata in una insenatura della costa nordoccidentale, non fra i monti e il mare, ma dietro monti che bagnano il piede nel mare. Questa muraglia non è continua né larga: ampie finestre la interrompono formando ciascheduna una spiaggia. Il sole sorge, fra i monti, dal mare e declina, fra i monti, nel mare. Al tramonto, i raggi del sole passano fra le montagne, colpendo Palermo nel più irregolare dei modi. La luce salta interi quartieri, che rimangono in una penombra turchina, e accende gruppi di case nei punti più disparati. La scena è molto singolare. Si vedono cupole, terrazze, tetti completamente privi di luce e, sotto questi, file di basse case illuminate fortemente. Raggi sottili vanno a pescare chi una finestra, chi un cane che si morde la coda, minutissimi particolari che, per essere illuminati nel mezzo di un quadro oscuro, si rendono visibili anche a grande distanza. (da Lettere al direttore (1938), in Romanzi e saggi - Vitaliano Brancati, a cura di Marco Dondero, Mondadori, Milano 2003)
- Pago amarissimamente gli scherzi che mi sono permesso sui furiosi amori del Sud; del Sud a cui appartengo interamente e di cui sono, me ne accordo ora, il più pazzo ed avvelenato figliuolo.[4]
- Per essere siciliani bisogna essere diversi.[5]
- Siamo cinici nei riguardi di un credente fascista o di un credente comunista il quale, sotto le apparenze di fervore religioso, nasconde il più tetro dei cinismi. (da Diario romano, 1947[1])
- Vogliamo essere i conferenzieri del Sud. In Sicilia la luce viene dal Nord e dunque più a nord abita il conferenziere, e più il nostro pubblico l'ascolta. Nel nostro caso sebbene usufruiamo di qualche copertura, date alcune presenze nella compagine, desidereremmo essere "conferenzieri del Sud", perché lo abitiamo e ne siamo abitati interamente. E come tali, se non proprio rispettosamente, almeno semplicemente vorremmo essere ascoltati.[6]
Il bell'Antonio
Incipit
Dei siciliani scapoli che si stabilirono a Roma intorno al 1930, otto per lo meno, se la memoria non m'inganna, affittarono ciascuno una casa ammobiliata, in quartieri poco rumorosi e frequentati, e quasi tutti andarono a finire presso insigni monumenti, dei quali però non seppero mai la storia né osservarono la bellezza, e talvolta addirittura non li videro. Che cosa non saltò il loro occhio ansioso di scorgere la donna desiderata in mezzo alla folla che scendeva dal tram? Cupole, portali, fontane... opere che, prima di essere attuate e compiute, tennero aggrottate per anni la fronte di Michelangelo o del Borromini, non riuscirono a farsi miminamente notare dall'occhio mobile e nero dell'ospite meridionale!
Citazioni
- Per il rispetto che il mio mestiere di cronista deve alla verità, dirò che questi scapoli siciliani erano piuttosto brutti, fuorché uno, Antonio Magnano, che era bellissimo. Con questo non voglio però affermare che i brutti riuscissero sgraditi alle donne: al contrario molti di essi, nonostante la bassa statura, e i nasi ebraici, e l'unghia del mignolo lasciata crescere per pulire l'interno dell'orecchio, parevano legati da una grave complicità a tutto il genere femminile; si sarebbe detto che fra loro e qualunque donna ci fosse una cattiva azione compiuta insieme chissà dove e quando: non v'era sconosciuta che, al primo vederli, non sembrasse riconoscerli impallidendo e rivelarsi subito legata a loro da vecchi e inconfessabili trascorsi. Per questo, i loro successi avevano sempre un'aria esosa di riscatto, sebbene, posso giurarlo, questi uomini di venticinque e trent'anni fossero di una cortesia e una tenerezza senza pari nei riguardi dell'altro sesso. Ma sulla terra piena di misteri, il viventi più misterioso è forse l'uomo brutto. (p. 2)
- Un istantaneo vacillamento del passo la staccò dalla madre e la portò vicinissima al giovane che poté sentirne l'odore di velo, di pelle bruscamente riscaldata dal sangue, di forcine di tartaruga e d'indumenti conservati a lungo insieme a vecchi fiori, odore che nessuna donna di Roma aveva mai posseduto e che gli saettò dentro la carne come uno scotimento profondo. Egli rimase immobile, seguendo il corso di quella specie di serpe che gli era entrato nei nervi e li mordeva alla radice. (p. 53)
- Gli uomini, per distrarsi dalla gelosia che gli riempiva la bocca di amaro ogni volta che guardavano le loro donne, rosse ed agitate come se tutte avessero sposato Antonio e s'inoltrassro con trepidazione in una giornata che conduceva alla sera e quindi ai misteri della notte, ragionavano fra di loro di politica, non senza aver dato una sbirciatina all'intorno per vedere se potessero parlare del capo del governo, non insolentendolo naturalmente, ma con rispetto moderato e senza le frasi di rito. (p. 95)
- Il cielo sa quello che vuole, e quando un matrimonio non è scritto nel suo libro, abbiamo voglia, noi poveretti, di scrivere i nostri nomi l'uno accanto all'altro nel libro della parrocchia... il matrimonio rimane sulla carta! (p. 135)
- Il rumore di quello scandalo fu avvertito da tutta Catania come un boato dell'Etna.
Antonio Magnano, il figlio di Alfio, il nipote di Ermenegildo, il bellissimo giovane che faceva alzare lo sguardo dal messale alla più santa delle ragazze, Antonio dagli occhi sempre addormentati, e chi non lo conosceva? (levavano una mano al di sopra della testa per indicare ch'era alto o se la passavano dolcemente lungo le guance per dire che aveva un viso perfetto), Antonio, sí, proprio lui, quello, esattamente quello e non altri, ebbene Antonio con la moglie... niente! vi dico niente! assolutamente niente! Barbara Puglisi, dopo tre anni di matrimonio, non sa ancora cosa sia la grazia di Dio. (p. 221) - «[...] Ognuno pensi a guardarsi la sua roba. Io come io, quando mi càpita una donna, non voglio sapere né di chi è figlia né di chi è moglie. È donna con la veste? e allora basta! Non voglio sapere altro!»
«Ma cosí dove si va a finire?»
«Una sotto e una sopra.»
«E se lo facessero a te, che diresti?»
«Io non sono sposato.»
«Ma hai una madre, una sorella...»
«Non mi parlare di mia madre e di mia sorella! Mia madre e mia sorella non c'entrano!»
«Ma non sono donne anche loro?»
«Sono donne, ma in questo discorso, ti ho detto, non c'entrano!» (p. 226) - Le donne si comportavano con lui come gli uomini con le donne; tutte si ritenevano in diritto di scrivergli, di rivolgergli la parola, d'indorargli la pillola, di nascondergli la verità sotto abili eufemismi, di fare in modo da non spaventarlo, e infine di convincerlo a mettersi fiducioso nelle loro mani. Non erano questi i mezzi del più consumato dongiovannismo? (p. 258)
- «Fra poco» diceva, «questi venti anni di tirannia, di rozzezza, di presunzione ci parrà di averli sognati in una notte di febbre. Conserveremo soltanto il tic di voltarci indietro prima di parlare a voce alta, e faremo ridere i nostri nipoti. "Ma che ha il nonno" domanderanno, "che si guarda sempre alle spalle?" E i nostri figli spiegheranno sorridendo che il povero nonno è vissuto in un'epoca nella quale ogni cittadino aveva il suo angelo custode dietro e andava in prigione solo per aver detto che il capo del governo era vecchio... Ma ci pensi, Antonio?» (p. 304)
Paolo il caldo
Incipit
23 giugno 1952. Mi trovo seduto sulla terrazza dell'albergo Baglioni, innamorato di mia moglie. Sono le dieci di sera.
Citazioni
- "Io non sono vecchio! Non vogliono dir nulla settantaquattro anni! Cinquant'anni non sono nulla, non mi separano affatto dalla giovinezza. Se mi volto, dietro le mie spalle c'è la giovinezza chiara, nitida, e dietro c'è la fanciullezza, ancora più chiara e nitida di quando avevo vent'anni. I pensieri sono con me, li devo ancora sviluppare, e così i sentimenti, i desideri: li devo ancora appagare! Io non sono affatto sazio di vita, comincio appena ora ad assaporarla! Perché mi mettete addosso questi dolori artritici, queste rughe che mi fanno ghignare mentre non ghigno affatto, queste borse di pelle? Perché m'impastoiate come un mulo e mi accecate? Perché mi otturate le orecchie? E perché mi guardate con quegli occhi che trovano maturale che io muoia? C'è un errore, ve lo giuro! Arrivate alla mia età e ve ne accorgerete! Ma allora avrete anche voi un bel gridare, e quelli che avranno i venti, i trenta, i quaranta, i cinquant'anni che adesso avete voi non vi crederanno, e vi conforteranno col tono bonario che si usa con i pazzi quando dicono d'essere sani!". Paolo uscì; tremava leggermente. Come poteva un uomo ridursi così? Era chiaro: niente mai meditazione, niente mai volontà, niente mai autocritica, e quindi niente coraggio, niente dignità, niente luce intellettuale, niente superiorità sulla morte. Lo spirito, relegato nella stiva del corpo, costretto a servirlo per renderne infiniti i godimenti, ora si limitava a sbattere le sue catene per annunziare che il padrone colava a picco.
- Ci sono sofferenze che scavano nella persona come i buchi di un flauto, e la voce dello spirito ne esce melodiosa.
- L'anima è eterna, e quello che non fa oggi, può farlo domani.
- L'avvenire non è un probabile dono del ciclo, ma è reale, legato al presente come una sbarra di ferro, immersa nel buio, alla sua punta illuminata.
- La felicità è la ragione.
- Un uomo può avere due volte vent'anni, senz'averne quaranta.
Incipit di Don Giovanni in Sicilia
Giovanni Percolla aveva quarant'anni, e viveva da dieci anni in compagnia di tre sorelle, la più giovane delle quali diceva di esser "vedova di guerra". Non si sa come, nel momento in cui pronunciava questa frase, ella si trovava con una matita e un foglio in mano, e subito si poneva a scrivere dei numeri, accompagnandosi con queste parole:
"Quando io ero in età da marito, scoppiò la grande guerra. Ci furono seicentomila morti e trecentomila invalidi. Alle ragazze di quel tempo, venne a mancare un milione di probabilità per sposarsi. Eh, un milione è un milione! Non credo di ragionare da folle se penso che uno di quei morti avrebbe potuto essere mio marito"
Citazioni su Vitaliano Brancati
- Brancati è lo scrittore italiano che meglio ha rappresentato le due commedie italiane, del fascismo e dell'erotismo in rapporto tra loro e come a specchio di un paese in cui il rispetto della vita privata e delle idee di ciascuno e di tutti, il senso della libertà individuale, sono assolutamente ignoti. Il fascismo e l'erotismo però sono anche, nel nostro paese, tragedia: ma Brancati ne registrava le manifestazioni comiche e coinvolgeva nel comico anche le situazioni tragiche. (Leonardo Sciascia)
- Ho sempre amato questo scrittore e gli debbo molto. Certe sue pagine posso dire di averle addirittura vissute. (Leonardo Sciascia)
- Il suo istinto era di considerare la donna o come un essere angelicato o come un essere di piacere; la sua ragione invece lo portava a trovare un connubio tra questi due aspetti. (Anna Proclemer)
- La Sicilia era fondamentale per lui, anche se era una forma di amore e odio perchè la Sicilia gli dava l'ispirazione, il materiale per la sua arte, e nello stesso tempo gli dava, per oscure radici proprio genetiche, la ragione di certe sue angoscie e contraddizioni. Non poteva farne a meno e l'amava e l'odiava allo stesso tempo. (Anna Proclemer)
- Passava i giorni con Interlandi.[7] Fu redattore di "Quadrivio" e scrisse una commedia intitolata Piave, nella quale appariva il duce in cielo. Mussolini ricevette Brancati e si congratulò con lui. Tutto questo non ha valore, perché Brancati, "il Mondo" e tutta la compagnia liberale è destinata a finire a calci nel sedere e a leccare le scarpe al prossimo dittatore. Non c'è scampo. (Leo Longanesi)
Note
- ↑ a b Citato in Pierluigi Battista, Da Buzzati a Flaiano autori senza ideologia, Corriere.it, 11 luglio 2010.
- ↑ Citato in: Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Milano, Mondadori, 2006, p. 88. ISBN 88-04-54931-9
- ↑ Scritto disponibile in Le 9 liriche del grande Piccolo Vincenzo Consolo, Vincenzo Consolo.it, marzo 2002.
- ↑ Da una lettera ad Anna Proclemer; nella prima puntata del programma Vitaliano Brancati: la presenza, il segno di Bruno Russo, Rai Teche; video disponibile in Vitaliano Brancati: la presenza, il segno, Regionesicilia.rai.it.
- ↑ Citato in Giancarlo Giannini: "Grazie a Turi Ferro amo la Sicilia", Live Sicilia.it, 12 gennaio 2014.
- ↑ Citato in Mostre: 130 opere del "gruppo di Scicli" a Catania, Agi.it, 17 aprile 2004.
- ↑ «Telesio Interlandi, direttore di "Tevere", fascista e filogermanico». Cfr. Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Milano, Mondadori, 2006, p. 88.
Bibliografia
- Vitaliano Brancati, Don Giovanni in Sicilia, Valentino Bompiani, 1988.
- Vitaliano Brancati, Il bell'Antonio, Tascabili Bompiani, 1988.
- Vitaliano Brancati, Paolo il caldo, Bompiani.
Film
- Guardie e ladri (1951) – sceneggiatura
Altri progetti
- Wikipedia contiene una voce riguardante Vitaliano Brancati
- Commons contiene immagini o altri file su Vitaliano Brancati
Opere
- Don Giovanni in Sicilia (1941)
- Il bell'Antonio (1949)
- Paolo il caldo (1955)