Georges Bernanos: differenze tra le versioni

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*{{NDR|[[Henry de Montherlant]]}} Forse il più grande tra i nostri scrittori viventi.<ref>Citato in Félicien Marceau, ''Equilibrio dello spirito in un classico moderno'', ''La Fiera Letteraria'', anno VI, n. 45, 25 novembre 1951, p. 3.</ref>
*{{NDR|[[Henry de Montherlant]]}} Forse il più grande tra i nostri scrittori viventi.<ref>Citato in Félicien Marceau, ''Equilibrio dello spirito in un classico moderno'', ''La Fiera Letteraria'', anno VI, n. 45, 25 novembre 1951, p. 3.</ref>
*Il [[peccato]] ci fa vivere alla superficie di noi stessi. (da ''Pensieri, parole, profezie'', a cura di Maria Antonietta La Barbera, Edizioni Paoline)
*Il [[peccato]] ci fa vivere alla superficie di noi stessi. (da ''Pensieri, parole, profezie'', a cura di Maria Antonietta La Barbera, Edizioni Paoline)
*L'[[intellettuale]] è così spesso un imbecille che dovremmo sempre considerarlo tale fino a prova contraria.<ref name="multi">Citato in [[Guido Almansi]], ''Il filosofo portatile'', TEA, Milano, 1991.</ref>
*L'[[intellettuale]] è così spesso un [[imbecillità|imbecille]] che dovremmo sempre considerarlo tale fino a prova contraria.<ref>Citato in [[Guido Almansi]], ''Il filosofo portatile'', TEA, Milano, 1991.</ref>
*L'[[ipocrisia]] è soltanto un vizio simile agli altri, debolezza e forza, istinto e calcolo. Invece una menzogna così totale che alimenta ciascuno dei nostri atti deve abbracciare strettamente la vita, sposarne il ritmo. (da ''La gioia'')
*L'[[ipocrisia]] è soltanto un vizio simile agli altri, debolezza e forza, istinto e calcolo. Invece una menzogna così totale che alimenta ciascuno dei nostri atti deve abbracciare strettamente la vita, sposarne il ritmo. (da ''La gioia'')
*L'[[orgoglio]] non ha niente di proprio; altro non è che il nome dato all'anima che divora sè stessa. Quando questa sconcertante perversione dell'amore ha dato il suo frutto, essa porta ormai un altro nome, più ricco di senso, sostanziale: [[odio]]. (da ''L'Impostura'')
*L'[[orgoglio]] non ha niente di proprio; altro non è che il nome dato all'anima che divora sè stessa. Quando questa sconcertante perversione dell'amore ha dato il suo frutto, essa porta ormai un altro nome, più ricco di senso, sostanziale: [[odio]]. (da ''L'Impostura'')
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*Scrivo nei caffè, col rischio di passare per un [[ubriachezza|ubriacone]], e difatti lo sarei forse diventato se le potenti repubbliche non colpissero col dazio, crudelmente, gli alcool consolatori.
*Scrivo nei caffè, col rischio di passare per un [[ubriachezza|ubriacone]], e difatti lo sarei forse diventato se le potenti repubbliche non colpissero col dazio, crudelmente, gli alcool consolatori.
*Quelli che io chiamo a raccolta non sono certo numerosi. Non cambieranno nulla alle faccende del mondo, ma è per loro, è per loro che sono nato.
*Quelli che io chiamo a raccolta non sono certo numerosi. Non cambieranno nulla alle faccende del mondo, ma è per loro, è per loro che sono nato.
*Sono quasi soltanto le classi medie a fornire l'esemplare tipo dell'imbecille.
*Sono quasi soltanto le classi medie a fornire l'esemplare tipo dell'[[imbecillità|imbecille]].
*Solidamente radicata al proprio terreno natale come un banco di mitili allo scoglio, la colonia degli imbecilli può essere ritenuta innocua e perfino capace di fornire allo stato e all'[[industria]] un prezioso materiale. L'imbecille è innanzitutto abitudinario e vive di partito preso.
*Solidamente radicata al proprio terreno natale come un banco di mitili allo scoglio, la colonia degli imbecilli può essere ritenuta innocua e perfino capace di fornire allo stato e all'[[industria]] un prezioso materiale. L'imbecille è innanzitutto abitudinario e vive di partito preso.
*Quel che voi chiamate [[semplicità]] è proprio il suo contrario. Voi siete facili, non semplici.
*Quel che voi chiamate [[semplicità]] è proprio il suo contrario. Voi siete facili, non semplici.

Versione delle 16:28, 28 mar 2017

Georges Bernanos

Georges Bernanos (1888 – 1948), scrittore francese.

Citazioni di Georges Bernanos

  • Chi cerca la verità nell'uomo deve farsi padrone del suo dolore. (da La gioia, traduzione di Bice Tibiletti, Istituto di Propaganda Libraria, Milano)
  • Chi di noi ha mantenuto la purezza di cuore? Chi può credersi senza macchia? Ma la grazia di Dio fa dell'uomo più indurito un bambino. (da Il signor Ouine)
  • Diffido della pietà. Esalta in me sentimenti piuttosto vili, un prurito di tutte le piaghe dell'anima. (da Il signor Ouine)[1]
  • [Henry de Montherlant] Forse il più grande tra i nostri scrittori viventi.[2]
  • Il peccato ci fa vivere alla superficie di noi stessi. (da Pensieri, parole, profezie, a cura di Maria Antonietta La Barbera, Edizioni Paoline)
  • L'intellettuale è così spesso un imbecille che dovremmo sempre considerarlo tale fino a prova contraria.[3]
  • L'ipocrisia è soltanto un vizio simile agli altri, debolezza e forza, istinto e calcolo. Invece una menzogna così totale che alimenta ciascuno dei nostri atti deve abbracciare strettamente la vita, sposarne il ritmo. (da La gioia)
  • L'orgoglio non ha niente di proprio; altro non è che il nome dato all'anima che divora sè stessa. Quando questa sconcertante perversione dell'amore ha dato il suo frutto, essa porta ormai un altro nome, più ricco di senso, sostanziale: odio. (da L'Impostura)
  • L'ottimista è un imbecille felice, il pessimista un imbecille infelice. (da Pensieri, parole, profezie)
  • L'umanità ha paura di se stessa [...] Sta sacrificando la sua libertà alla paura che ha di sé medesima. (citato in Lukacs 2006, p. 191)
  • La grande disgrazia, l'unica disgrazia di questa società moderna, la sua maledizione, è che essa si organizza visibilmente per fare a meno della speranza come dell'amore; immagina di supplirvi con la tecnica, aspetta che i propri economisti e i propri legislatori le forniscano la doppia formula di una giustizia senza amore, di una sicurezza senza speranza. (da La France contre le robots)
  • La mediocrità non cerca che certezze solide contro i rischi del divino. (da L'eretica e santa Giovanna)
  • La peggiore disgrazia che possa capitare ad un uomo è essere soddisfatto di sé. (da Correspondence, II)
  • La scienza non libera che un ben piccolo numero di spiriti fatti per lei, predestinati. Gli altri li asservisce. (da La Grande Paura dei benpensanti; citato in Tra virgolette: dizionario di citazioni, a cura di Franca Rosti, Zanichelli, 1995)
  • La speranza è un rischio da correre. È addirittura il rischio dei rischi. (da La libertà perché?)[1]
  • Le più grandi canagliate della storia non sono state commesse dalle più grandi canaglie, ma dai vigliacchi e dagli incapaci. (da Le cheminde la croix-des-âmes)
  • Lo scandalo non sta nel non dire la verità, ma di non dirla tutta intera, introducendo per distrazione una menzogna che la lascia intatta all'esterno, ma che le corrode, così come un cancro, il cuore e le viscere. (da Scandale de la vérité)
  • Nello spirito della rivolta c'è un odio o disprezzo di principio per l'umanità. Temo che il ribelle non sarà mai capace di nutrire per coloro che ama un amore altrettanto grande dell'odio che nutre per coloro che odia. (citato in Lukacs 2006, p. 187)
  • Niente giustifica la tristezza: soltanto il diavolo ha ragioni per essere triste. (da Correspondence, II)
  • Non esistono verità medie.[4]
  • Non si può insieme essere ed apparire: bisogna scegliere. (da Le cheminde la croix-des-âmes)
  • Non vi è nulla di irreparabile oltre la menzogna. (da Nous autres Français)
  • Quella brama collettiva di nazionalismo che perverte la nozione di Patria facendone un idolo: lo Stato del Popolo. (da La grande peur des bien-pensants, 1931; citato in Lukacs 2006, p. 67)
  • Una volta usciti dall'infanzia, occorre soffrire molto a lungo per rientrarvi. (da Pensieri, parole, profezie)
  • Verrà il giorno in cui gli uomini non potranno pronunciare il nome di Gesù senza piangere. (citato in Antonio Socci, Indagine su Gesù, BUR, 2009. ISBN 978-88-17-03252-0)

I grandi cimiteri sotto la luna

  • Quel poco che ho fatto in questo mondo m'è sempre apparso in principio inutile, inutile sino al ridicolo, inutile sino al disgusto. Il demone del mio cuore si chiama "a che pro?".
  • No, io non sono uno scrittore. La sola vista di un foglio di carta bianca mi disanima.
  • Scrivo nei caffè, col rischio di passare per un ubriacone, e difatti lo sarei forse diventato se le potenti repubbliche non colpissero col dazio, crudelmente, gli alcool consolatori.
  • Quelli che io chiamo a raccolta non sono certo numerosi. Non cambieranno nulla alle faccende del mondo, ma è per loro, è per loro che sono nato.
  • Sono quasi soltanto le classi medie a fornire l'esemplare tipo dell'imbecille.
  • Solidamente radicata al proprio terreno natale come un banco di mitili allo scoglio, la colonia degli imbecilli può essere ritenuta innocua e perfino capace di fornire allo stato e all'industria un prezioso materiale. L'imbecille è innanzitutto abitudinario e vive di partito preso.
  • Quel che voi chiamate semplicità è proprio il suo contrario. Voi siete facili, non semplici.
  • È chiaro che la moltiplicazione dei partiti a tutta prima lusinga la vanità degli imbecilli. Dona loro l'illusione di scegliere.
  • In virtù dei mezzi meccanici vi è consentito di spostare i vostri imbecilli non solo di città in città, da provincia a provincia, ma da nazione a nazione, da continente, perfino, a continente.
  • Il mito del progresso ha reso buoni servigi alle democrazie.
  • Machiavelli scriveva rivolgendosi solo a un certo numero di iniziati. I dottrinari del realismo politico parlano al pubblico.
  • La stampa italiana si dà oggi [1938] molto da fare per giustificare agli occhi di questi ultimi la distruzione di massa, per mezzo dei gas, del materiale abissino.
  • I nostri antenati hanno fatto essi pure fortuna, come questo signore coi negri, però non si sentivano obbligati a elaborare perciò una filosofia.
  • Gli uomini del medio evo non erano abbastanza virtuosi per disdegnare il danaro, disprezzavano però gli uomini che lo possedevano.
  • Esiste una borghesia di sinistra e una borghesia di destra. Non c'è invece un popolo di sinistra e un popolo di destra, c'è un popolo solo.
  • La democrazia è un'invenzione di intellettuali.
  • Le elezioni favoriscono i chiacchieroni.
  • Il popolo ha perduto il suo proprio carattere, la sua originalità razziale e culturale ed è diventato un immenso serbatoio di stupidi intrighi, cui si aggiunge un minuscolo semenzaio di futuri borghesi.
  • Quando il popolo penserà esattamente come voi, la questione sociale sarà vicinissima a esser risolta, e al minimo prezzo.
  • Se la pace sociale costa tanto cara, è perché probabilmente il sistema non vale nulla. Andatevene!
  • Mi sforzo di parlare sempre senza ironia. So bene che l'ironia non ha mai toccato il cuore di nessuno.
  • Grazie al progresso tecnologico e alla settimana di sei ore, i cittadini cambierebbero autocrate ogni sabato sera.
  • Il regime dei sospetti è anche il regime della delazione.
  • È meglio mille volte crepare che vivere nel mondo che state per costruire. È già diventato impossibile sentir parlare di guerra di diritto senza che si mettano a ridere perfino i dispeptici.
  • Appiccherebbero il fuoco all'umanità per un colpo in Borsa, senza curarsi un istante di sapere come spegnerlo.

Diario di un curato di campagna

Incipit

La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. Le parrocchie d'oggi, naturalmente. Lo dicevo ieri al curato di Norenfontes: «Il bene e il male debbono equilibrarsi; senonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso. O, se lo preferite, si sovrappongono l'uno all'altro senza mescolarsi, come due liquidi di diversa densità». Il curato m'ha riso in faccia. È un buon prete, affabilissimo, molto paterno, che all'arcivescovado passa addirittura per un ingegno forte, un po' pericoloso. I suoi motti di spirito formano la gioia dei presbitèri, ed egli li sottolinea con uno sguardo che vorrebbe essere vivacissimo e che in fondo io trovo così frusto, così stanco da mettermi voglia di piangere.
La mia parrocchia è divorata dalla noia, ecco la parola. Come tante altre parrocchie! La noia le divora sotto i nostri occhi e noi non possiamo farci nulla. Qualche giorno forse saremo vinti dal contagio, scopriremo in noi un simile cancro. Si può vivere molto a lungo con questo in corpo.

Citazioni

  • A che serve parlare del passato? M'importa solo l'avvenire, e non mi sento ancora capace di guardarlo in faccia. (cap. II)
  • Dio ci scampi anche dai santi! (cap. II)
  • Dubitare di sé non è umiltà, credo persino che spesso sia la forma più esaltata, quasi delirante, dell'orgoglio, una sorta di ferocia gelosa che fa rivoltare un disgraziato contro se stesso, per divorarsi. Il segreto dell'inferno dev'essere in ciò.
  • È il timore incessante della paura, la paura della paura che modella il viso dell'uomo coraggioso. (cap. II)
  • Il desiderio della preghiera è già una preghiera. (cap. II)
  • Il gusto del suicidio è un dono. (cap. III)
  • Il peccato contro la speranza: il più mortale di tutti, e forse quello accolto meglio, il più carezzato.
  • Lo sguardo della Vergine è il solo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che mai si sia posato sulla nostra vergogna e sulla nostra miseria.
  • Non fosse per la vigilante pietà di Dio, mi sembra che al primo prender coscienza di se stesso l'uomo ricadrebbe in polvere.
  • Odiarsi è più facile di quanto si creda. La grazia consiste nel dimenticarsi. (cap. III)
  • Un ventre di un miserabile ha più bisogno d'illusioni che di pane.

Incipit di Un delitto

«Chi sei? Sei tu, Femia?»
Era poco probabile che la campanara venisse così tardi alla canonica. Dalla finestra lo sguardo ansioso della vecchia governante non poteva giungere oltre la prima svolta del viale; al di là il minuscolo giardino si perdeva nelle tenebre.
«Oh, sei tu Femia?» ripeté senza convinzione e, questa volta, con un tremito nella voce.
Non aveva più il coraggio di chiudere la finestra, eppure il sordo turbinìo del vento in fondo alla valle andava aumentando di minuto in minuto come ogni sera e non si sarebbe placato che con le prime nebbie dell'alba. Ma più che la notte ella temeva l'odore indefinibile di quella casa solitaria piena dei ricordi di un morto. Per un momento le sue mani rimasero avvinghiate allo stipite della finestra. Per staccarle dovette fare uno sforzo e mentre le sue dita indugiavano ancora sulla maniglia, le sfuggì un grido di terrore.

Note

  1. a b Citato in Elena Spagnol, Citazioni, Garzanti, 2003.
  2. Citato in Félicien Marceau, Equilibrio dello spirito in un classico moderno, La Fiera Letteraria, anno VI, n. 45, 25 novembre 1951, p. 3.
  3. Citato in Guido Almansi, Il filosofo portatile, TEA, Milano, 1991.
  4. Citato in Focus, n. 55, pag. 134

Bibliografia

  • Georges Bernanos, I grandi cimiteri sotto la luna, traduzione di Giacinto Spagnoletti, Il saggiatore, Milano, 1967.
  • Georges Bernanos, Diario di un curato di campagna (Journal d'un curé de campagne), traduzione di Adriano Grande, Oscar Mondadori, 1965.
  • Georges Bernanos, Un delitto (Un crime), traduzione di Enrico Piceni, Mondadori – De Agostini, 1989.
  • John Lukacs, Democrazia e populismo, traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti, Longanesi, 2006.

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