Georges Lapassade: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Georges Lapassade==
==Citazioni di Georges Lapassade==
*Il ricordo di Dionysos e di Bacco su questa terra italiana che è in effetti satura di memorie di quei tempi, il tarantismo del medioevo che era diffuso molto al di là di Napoli, verso il nord, insieme a molti altri elementi che non sappiamo ancora identificare, hanno contribuito a provocare questo scatto, questo salto in un altro stato che noi chiamiamo trance<ref>Il riferimento è allo stato di "trance" in cui entrano molti portatori della statua della Madonna dell'Arco al momento dell'entrata nel Santuario.</ref> ma che non è il termine popolare: infatti siamo noi che parliamo così quando descriviamo questo pellegrinaggio, il " vodu ", o il sabba medioevale. La linea storico-culturale di fondo ancora viva nell'inconscio popolare, e il resto, ha provocato questo gran chiasso nella chiesa che non vuole schiamazzi, come si dice, ma che è forzata ad ammettere, e perché no?, ad integrare un giorno, se conviene, come sono state integrate le vergini nere. Per adesso ciò che ho visto è una lotta tra il tentativo dei preti di mantenere un ordine borghese in questa basilica con l'aiuto della polizia, e il popolo che conserva la sua tradizione e la propria maniera, un po' pagana, di servirsi di questo luogo sacro.<br />A questo proposito, nella basilica della Madonna si produce come un ritorno del " rimosso " della Campania che è anche, più in generale, il rimosso d'Europa: i contadini e le culture popolari. (In «La voce della Campania», 4.4.1976.<ref>In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, ''Aspetti e problemi del Sud'', Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 135</ref>)
*Il ricordo di Dionysos e di Bacco su questa terra italiana che è in effetti satura di memorie di quei tempi, il tarantismo del medioevo che era diffuso molto al di là di Napoli, verso il nord, insieme a molti altri elementi che non sappiamo ancora identificare, hanno contribuito a provocare questo scatto, questo salto in un altro stato che noi chiamiamo trance<ref>Il riferimento è allo stato di "trance" in cui entrano molti portatori della statua della Madonna dell'Arco al momento dell'entrata nel Santuario.</ref> ma che non è il termine popolare: infatti siamo noi che parliamo così quando descriviamo questo pellegrinaggio, il " vodu ", o il sabba medioevale. La linea storico-culturale di fondo ancora viva nell'inconscio popolare, e il resto, ha provocato questo gran chiasso nella chiesa che non vuole schiamazzi, come si dice, ma che è forzata ad ammettere, e perché no?, ad integrare un giorno, se conviene, come sono state integrate le vergini nere. Per adesso ciò che ho visto è una lotta tra il tentativo dei preti di mantenere un ordine borghese in questa basilica con l'aiuto della polizia, e il popolo che conserva la sua tradizione e la propria maniera, un po' pagana, di servirsi di questo luogo sacro.<br />A questo proposito, nella basilica della Madonna si produce come un ritorno del " rimosso " della Campania che è anche, più in generale, il rimosso d'Europa: i contadini e le culture popolari. (In «La voce della Campania», 4.4.1976.<ref>In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, ''Aspetti e problemi del Sud'', Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 135</ref>)
*Il pellegrinaggio della Madonna dell'Arco mostra senza contestazione possibile che la Chiesa, anche se ha cercato di integrarne alcuni aspetti nei suoi riti, nelle sue processioni, nelle sue pompe, non è riuscita ad eliminare completamente dalla nostra cultura questa mistica del corpo. E a Napoli, vicino Roma, quasi alle porte del potere centrale della Chiesa, una tradizione ha resistito in un pellegrinaggio in cui i preti sono solo apparentemente i padroni.<br />La trance non è relegabile tra le curiosità etnologiche, a condizione d'abbandonare il punto di vista positivista sulla trance dei " paesi lontani " per cominciare a vedere che questa esperienza fatta altrove e che ha radici nelle coscienze e nei corpi, è anche la nostra e la si trova qui ed ora sotto forma di fenomeno latente o già espresso.<br />La trance di Napoli è la " nostra trance " nel senso che fa parte della nostra cultura europea attuale.(In «La voce della Campania», 4.4.1976..<ref>In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, ''Aspetti e problemi del Sud'', Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 137</ref>)
*Il pellegrinaggio della Madonna dell'Arco mostra senza contestazione possibile che la Chiesa, anche se ha cercato di integrarne alcuni aspetti nei suoi riti, nelle sue processioni, nelle sue pompe, non è riuscita ad eliminare completamente dalla nostra cultura questa mistica del corpo. E a Napoli, vicino Roma, quasi alle porte del potere centrale della Chiesa, una tradizione ha resistito in un pellegrinaggio in cui i preti sono solo apparentemente i padroni.<br />La trance non è relegabile tra le curiosità etnologiche, a condizione d'abbandonare il punto di vista positivista sulla trance dei " paesi lontani " per cominciare a vedere che questa esperienza fatta altrove e che ha radici nelle coscienze e nei corpi, è anche la nostra e la si trova qui ed ora sotto forma di fenomeno latente o già espresso.<br />La trance di Napoli è la " nostra trance " nel senso che fa parte della nostra cultura europea attuale.(In «La voce della Campania», 4.4.1976.<ref>In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, ''Aspetti e problemi del Sud'', Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 137</ref>)


==Note==
==Note==

Versione delle 22:41, 9 apr 2017

Georges Lapassade (1924 – 2008), filosofo e sociologo francese.

Citazioni di Georges Lapassade

  • Il ricordo di Dionysos e di Bacco su questa terra italiana che è in effetti satura di memorie di quei tempi, il tarantismo del medioevo che era diffuso molto al di là di Napoli, verso il nord, insieme a molti altri elementi che non sappiamo ancora identificare, hanno contribuito a provocare questo scatto, questo salto in un altro stato che noi chiamiamo trance[1] ma che non è il termine popolare: infatti siamo noi che parliamo così quando descriviamo questo pellegrinaggio, il " vodu ", o il sabba medioevale. La linea storico-culturale di fondo ancora viva nell'inconscio popolare, e il resto, ha provocato questo gran chiasso nella chiesa che non vuole schiamazzi, come si dice, ma che è forzata ad ammettere, e perché no?, ad integrare un giorno, se conviene, come sono state integrate le vergini nere. Per adesso ciò che ho visto è una lotta tra il tentativo dei preti di mantenere un ordine borghese in questa basilica con l'aiuto della polizia, e il popolo che conserva la sua tradizione e la propria maniera, un po' pagana, di servirsi di questo luogo sacro.
    A questo proposito, nella basilica della Madonna si produce come un ritorno del " rimosso " della Campania che è anche, più in generale, il rimosso d'Europa: i contadini e le culture popolari. (In «La voce della Campania», 4.4.1976.[2])
  • Il pellegrinaggio della Madonna dell'Arco mostra senza contestazione possibile che la Chiesa, anche se ha cercato di integrarne alcuni aspetti nei suoi riti, nelle sue processioni, nelle sue pompe, non è riuscita ad eliminare completamente dalla nostra cultura questa mistica del corpo. E a Napoli, vicino Roma, quasi alle porte del potere centrale della Chiesa, una tradizione ha resistito in un pellegrinaggio in cui i preti sono solo apparentemente i padroni.
    La trance non è relegabile tra le curiosità etnologiche, a condizione d'abbandonare il punto di vista positivista sulla trance dei " paesi lontani " per cominciare a vedere che questa esperienza fatta altrove e che ha radici nelle coscienze e nei corpi, è anche la nostra e la si trova qui ed ora sotto forma di fenomeno latente o già espresso.
    La trance di Napoli è la " nostra trance " nel senso che fa parte della nostra cultura europea attuale.(In «La voce della Campania», 4.4.1976.[3])

Note

  1. Il riferimento è allo stato di "trance" in cui entrano molti portatori della statua della Madonna dell'Arco al momento dell'entrata nel Santuario.
  2. In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, Aspetti e problemi del Sud, Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 135
  3. In Ugo Piscopo e Giovanni D'Elia, Aspetti e problemi del Sud, Editrice Ferraro, Napoli, 1977, p. 137

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