Vittorio Alfieri: differenze tra le versioni

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*L'[[Italia]] è dunque stata sotto tutti gli aspetti ciò che non sono finora mai state l'altre regioni del globo. E ciò attesta, che gli uomini suoi, considerati come semplici piante di più robusta tempra vi nasceano; e le piante, nello stesso terreno, rinascono pur sempre le stesse, ancorché per alcun tempo le disnaturi a forza il malvagio cultore. (da ''Del Principe e delle lettere'', III, II, citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 300)
*L'[[Italia]] è dunque stata sotto tutti gli aspetti ciò che non sono finora mai state l'altre regioni del globo. E ciò attesta, che gli uomini suoi, considerati come semplici piante di più robusta tempra vi nasceano; e le piante, nello stesso terreno, rinascono pur sempre le stesse, ancorché per alcun tempo le disnaturi a forza il malvagio cultore. (da ''Del Principe e delle lettere'', III, II, citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 300)
*Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare. (I, 8)
*La ragione ed il vero sono quei tali conquistatori, che, per vincere e conquistare durevolmente, nessun'altra arme debbono adoperare, che le semplici parole. Perciò le religioni diverse, e la cieca obbedienza, si sono sempre insegnate coll'armi; ma la sana filosofia e i moderati governi, coi libri.
*[[Montaigne]], oltre lo stemma gentilizio, (che in quei tempi serviva ancora d’usbergo) dalle due tirannidi e principesca e pretesca si sottrasse anche dietro alla scorza del pirronismo, e di un certo molle faceto, che tutti i suoi scritti veramente filosofici avviluppa, senza punto contaminarli. (II, 9)
*Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare.
*La ragione ed il vero sono quei tali conquistatori, che, per vincere e conquistare durevolmente, nessun'altra arme debbono adoperare, che le semplici parole. Perciò le religioni diverse, e la cieca obbedienza, si sono sempre insegnate coll'armi; ma la sana filosofia e i moderati governi, coi libri. (III, 10)


==''Filippo''==
==''Filippo''==

Versione delle 19:20, 12 giu 2017

Vittorio Alfieri

Vittorio Amedeo Alfieri (1749 – 1803), drammaturgo, poeta e scrittore italiano.

Citazioni di Vittorio Alfieri

Alfieri, 1809
  • Agli infernali Dei | Con questo sangue il capo tuo consacro. (da Virginia, V, 4)
  • Al giovenile | bollor tutto par lieve. (da La congiura de' Pazzi)
  • Alto, devoto, mistico ingegnoso; | grato alla vista, all'ascoltar, soave; | di puri inni celesti armonioso | è il nostro Culto, amabilmente grave. (dalle Rime, XLVIII, 1795)
  • Dalla paura di tutti nasce nella tirannide la viltà dei più. (da Della tirannide)
  • Ecco, a te rendo il sangue tuo; meglio era | Non darmel mai. (da Antigone, V, 6)
  • Eccoli al teso canape schierati | con altri assai: ma in lor possanza alteri, | né badan pure a que' minor corsieri, | sol l'un l'altro emulando in vista irati. (da Sonetto LXXIII, nelle Rime)
  • Far tacere un vecchio è cosa difficile. Far poi tacere un vecchio autore è cosa impossibile. (dalla prefazione alle Chiacchiere)
  • Gli sia concesso il non vedervi almeno. (da Sofonisba, I, 1)
  • Havvi tormento al mondo | che al mio s'agguagli? (da Mirra, III, 2)
  • Il gran Prusso tiranno [Federico II di Prussia], al qual dan fama | Marte e Pallade a gara, or su la sponda | sta di Cocito, oltre alla cui negr'onda | fero Minosse ad alta voce il chiama. [...] | costui, macchiato di assoluto regno, | non può d'uomo usurpar nome, né loda; | ma, di non nascer re forse era degno. (da Sonetto CXVIII, nelle Rime)
  • Io dico, e credo, e facile mi sarebbe il provare; che il libro è e deve essere la quintessenza del suo scrittore e che se non è tale, egli sarà cattivo, debole, volgare, di poca vita e di effetto nessuno. (da Scritti politici e morali)
  • Non perdo mai occasione d'imparare a morire; il più gran timor ch'io abbia della morte è di temerla. (dai Giornali, 26 aprile 1777)
  • O gran padre Alighier... (da A Dante, citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Milano, 1921, p. 412)
  • O Morte. Morte | Cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda | Sempre sarai? (da Mirra, V, 2)
  • Ove son leggi | tremar non dee chi leggi non infranse. (da Virginia, atto II, scena II)
  • Sia pace ai frati | Purché sfratati: | E pace ai preti | Ma pochi e quieti: | Cardinalume | Non tolga lume: | Il maggior prete | Torni alla rete: | Leggi o non re, | L'Italia c'è. (epigramma citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, U. Hoepli, Milano, 1921, p. 443)
  • Tirannide indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo. (da Della Tirannide, libro 1, cap. 2)
  • Verace o finta, è da temersi sempre | pietà di plebe. (da Antigone)

Attribuite

  • Volli, sempre volli, fortissimamente volli.[1]
    • La citazione corretta è: «Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli» (da Risposta dell'autore alla lettera di Ranieri de' Calzabigi, 1783).

Agamennone

Incipit

Egisto: A che m'insegni, o sanguinosa, irata | Dell'inulto mio padre orribil ombra? | Lasciami,... va;... cessa, o Tieste; vanne, | Le Stige rive ad abitar ritorna. ! Tutte ho in sen le tue furie; entro mie vene | Scorre pur troppo il sangue tuo; | d'infame | Incesto, il so, nato al delitto, io sono; | Né, ch'io ti veggia, a rimembrarlo è d'uopo; | So che da Troja vincitor superbo | Riede carco di gloria in Argo Atride . | Io qui l'aspetto, entro sua reggia: ei torni; | Sarà il trionfo suo breve, tel giuro. | Vendetta è guida ai passi miei: vendetta | Intorno al cor mi suona; il tempo | Se n'appressa; l'avrai: Tieste, | avrai | Vittime qui più d'una; a gorghi il sangue | D'Atréo berai.

Citazioni

  • Clitennestra: Re vincitor non serba odio a nemico | Di cui non teme. (atto I, scena II, vv. 54-55, p. 17)
  • Clitennestra: So che il padre t'è caro: amassi tanto | la madre tu!
    Elettra: non ch'io pianger ti vegga, | Né cangiar pur veggo il tuo aspetto? O madre, | Lo amassi tu quant'io!...(atto I, scena II, vv. 179-184, p. 32-33)
  • Elettra: Troppo ad un empio è un giorno. (atto II, scena II, v. 158, p. 58)
  • Elettra: Dammi, dammi quel ferro. (V, 6)

Citazioni sull'opera

  • L' Agamennone è una tragedia di pura passionalità e null'altro, e d'una passionalità che ora erompe con lo spiegamento brutale e selvaggio di sentimenti inferiori colpevoli o morbosi, ora s'effonde con lo spasimo dei reconditi travagli dell'anima, ora risuona con l'accento degli affetti soavi, generosi, miti. (Pasquale Leonetti)
  • L' Agamennone, nel teatro alfieriano, è completata da un'altra tragedia che ha gli stessi caratteri di orrore e di mistero e ne continua la vicenda. È l' Oreste, che l'autore chiama «gemella» dell' Agamennone, per averla, com'egli dice, ideata a un sol parto con questa. (Pasquale Leonetti)

Del principe e delle lettere

Incipit

La forza governa il mondo, (pur troppo!) e non il sapere: perciò chi lo regge, può e suole essere ignorante. Il principe dunque che protegge le lettere, per mera vanità e per ambizioso lusso le protegge. Si sa, che le imprese mediocri vengono a parer grandi in bocca degli eccellenti scrittori; quindi, chi grande non è per se stesso, ottimamente fa di cercare chi grande lo renda.

Citazioni

  • L'Italia è dunque stata sotto tutti gli aspetti ciò che non sono finora mai state l'altre regioni del globo. E ciò attesta, che gli uomini suoi, considerati come semplici piante di più robusta tempra vi nasceano; e le piante, nello stesso terreno, rinascono pur sempre le stesse, ancorché per alcun tempo le disnaturi a forza il malvagio cultore. (da Del Principe e delle lettere, III, II, citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 300)
  • Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare. (I, 8)
  • Montaigne, oltre lo stemma gentilizio, (che in quei tempi serviva ancora d’usbergo) dalle due tirannidi e principesca e pretesca si sottrasse anche dietro alla scorza del pirronismo, e di un certo molle faceto, che tutti i suoi scritti veramente filosofici avviluppa, senza punto contaminarli. (II, 9)
  • La ragione ed il vero sono quei tali conquistatori, che, per vincere e conquistare durevolmente, nessun'altra arme debbono adoperare, che le semplici parole. Perciò le religioni diverse, e la cieca obbedienza, si sono sempre insegnate coll'armi; ma la sana filosofia e i moderati governi, coi libri. (III, 10)

Filippo

Incipit

Isabella: Desio, timor, dubbia ed iniqua speme, | fuor del mio petto omai. – Consorte infida | io di Filippo, di Filippo il figlio | oso amar io?... Ma chi 'l vede, e non l'ama? | Ardito umano cor, nobil fierezza, | sublime ingegno, e in avvenenti spoglie |bellissim'alma; ah! perché tal ti fero | natura e il cielo?... Oimè! che dico? imprendo | così a strapparmi la sua dolce immago | dal cor profondo? Oh! se palese mai | fosse tal fiamma ad uom vivente! Oh! s'egli | ne sospettasse! Mesta ognor mi vede... | mesta, è vero, ma in un dal suo cospetto | fuggir mi vede; e sa che in bando è posta | da ispana reggia ogni letizia. In core | chi legger puommi? Ah! nol sapess'io, come | altri nol sa! così ingannar potessi, | sfuggir così me stessa, come altrui!... | Misera me! sollievo a me non resta | altro che il pianto; ed il pianto è delitto. – | Ma, riportare alle più interne stanze | vo' il dolor mio; più libera... Che veggio? | tradir potriami oh, ciel! sfuggasi.

Citazioni

  • Carlo: In me pietà ti offende, | quando la tua mi è vita? (I, 2)
  • Carlo: Ah! scusa involontario sfogo | di un cor ripieno troppo: intera aprirti | l'alma pria d'or, mai nol potea...
    Isabella: Né aprirla | tu mai dovevi a me ; né udir...
    Carlo: T'arresta; | deh! se del mio dolore udito hai parte, | odilo tutto. A dir mi sforza...
    Isabella: Ah! taci; lasciami.
    Carlo: Ahi lasso! Io tacerò; ma, oh quanto | a dir mi resta! Ultima speme...
    Isabella: E quale | speme ha, che in te non sia delitto?
    Carlo: ... Speme,... | che tu non m'odi.
    Isabella: Odiarti deggio, e il sai,... | se amarmi ardisci. (I, 2)

Misogallo

Citazioni

  • Tutto fanno, e nulla sanno; | Tutto sanno, e nulla fanno: | Gira, volta, e' son Francesi; | Più li pesi, | Men ti danno. (VIII, 23 marzo 1793, citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921)
  • Schiavi or siamo, sì; ma schiavi almen frementi. (XVIII)
  • Ahi fiacca Italia, d'indolenza ostello, | Cui niegan corpo i membri troppi e sparti, | Sorda e muta ti stai ritrosa al bello? (XXVII)

Oreste

Incipit

Elettra: Notte! funesta, atroce, orribil notte,
presente ognora al mio pensiero! ogni anno,
oggi ha due lustri, ritornar ti veggio
vestita d'atre tenebre di sangue;
eppur quel sangue, ch'espiar ti debbe,
finor non scorre. – Oh rimembranza! Oh vista!
Agamennón, misero padre! in queste
soglie svenato io ti vedea; svenato;
e per qual mano!

Citazioni

  • Notte! funesta, atroce, orribil notte! (I, 1)
  • Spesso è da forte, | più che il morire, il vivere. (IV, II)
  • A me chiedesti sangue; | E questo è sangue;... e sol per te il versai. (V, 13)

Citazioni sull'Oreste

  • Il sipario si alza; ascolto attenta questi bei versi concisi e fermi che comprendo più facilmente della lingua parlata: è scultura greca e romana. Nei drammi di Alfieri, che chiamerei volentieri stoici, a forza di sobrietà nell'azione e di laconicità nel linguaggio, la commozione vi coglie, per così dire, senza che ve ne rendiate conto, s'impone a grandi tratti attraverso alcune figure che personificano con semplicità sentimenti eterni. Nell'Oreste, è prima di tutto Elettra che s'impossessa della nostra anima. Il suo lutto filiale, la sua angoscia incessante per un fratello che ritrova, ma che il trionfante assassino del loro padre cerca bramosamente e minaccia, sostengono l'azione fino al quarto Atto. Allora l'azione prorompe spaventosa e sublime; essa vi associa a tutti i combattimenti e a tutte le lacerazioni delle passioni umane: è come una mischia sconvolgente di istinti e dolori contrari [...] Questo quarto atto dell'Oreste di Alfieri è una delle cose più belle che abbia visto a teatro: ascoltandolo pensavo alle puerili dispute di scuola, alle ingiustizie e agli accecamenti reciproci dei due campi che rinchiudono il sublime in uno stampo arbitrariamente prescritto. Il sublime piomba su noi come un uccello divino; si abbatte dall'alto, ci rapisce sulle sue ali che fremono e planano; noi ci abbandoniamo alla sua imperiosa ascesa, incuranti della forma e del colore delle sue penne: così fece la folla quella sera. (Louise Colet)

Saul

Incipit

David: Qui freno al corso, a cui tua man mi ha spinto, | Onnipossente Iddio, tu vuoi ch'io ponga? | Io qui starò. – Di Gelboè son questi | I monti, or campo, ad Israél, che a fronte | Sta dell'empia Filista. Ah! potessi oggi | Morte aver qui dall'inimico brando! | Ma, da Saùl deggio aspettarla. Ahi crudo | Sconoscente Saul! che il campion tuo | Vai perseguendo per caverne e balze, | Senza mai dargli tregua. E David pure | Era già un dì il tuo scudo; in me riposto | Ogni fidanza avevi; ad onor sommo | Tu m'innalzavi; alla tua figlia scelto | Io da te sposo... Ma, ben cento e cento | Nemiche teste, per maligna dote, | Tu mi chiedevi : e doppia messe appunto | Io teu recava...

Citazioni

  • David: Meglio è morir, che trarre | Selvaggia vita in solitudin, dove | A niun sei caro, e di nessun ti cale. (atto I, scena IV, vv. 235-236, p. 31)
  • David: Quanto in rimirar le umane | Cose, diverso ha giovinezza il guardo, | Dalla canuta età! (atto II, scena I, vv. 12-13, p. 39)
  • David: Ma il sol già celasi; | Tace ogni zeffiro; | E in sonno placido | Sopito è il re. (III, 4)
  • Saul: Seggio è di sangue e d'empietade il trono. (IV, 3)
  • Saul: Profeta | De' danni miei, tu pur de' tuoi nol fosti. (IV, 4)
  • Saul: Sacerdoti crudeli, empj, assetati | Di sangue sempre. (IV, 4)

Citazioni sull'opera

  • Il Saul fu creato dall'Alfieri attraverso una visione quale avrebbe potuto avere del personaggio lo Shakespeare, leggendo la Bibbia. L'anima artistica dell'Alfieri si rivela, rispetto alla concezione del protagonista della sua tragedia, in quella stessa posizione di artefice sereno e spassionato in cui ravvisiamo costantemente il genio del tragico inglese di fronte a tutte le sue creature. (Pasquale Leonetti)
  • L'Alfieri fu tutto conquiso dalla poesia delle pagine meravigliose dell'antico testo sacro, e sentì per istinto che l'espressione drammatica più alta che avrebbe potuto darle sarebbe stata il rappresentarla nella sua genuina essenza. Il Saul è perciò rispetto alla Bibbia come nessun'altra tragedia dell'Alfieri è rispetto alle sue fonti. (Pasquale Leonetti)

Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso

Incipit

Il parlare, e molto più lo scrivere di sé stesso, nasce senza alcun dubbio dal molto amor di sé stesso. Io dunque non voglio a questa mia Vita far precedere né deboli scuse, né false o illusorie ragioni, le quali non mi verrebbero a ogni modo punto credute da altri; e della mia futura veracità in questo mio scritto assai mal saggio darebbero. Io perciò ingenuamente confesso, che allo stendere la mia propria vita inducevami, misto forse ad alcune altre ragioni, ma vie più gagliardo d'ogni altra, l'amore di me medesimo: quel dono cioè, che la natura in maggiore o minor dose concede agli uomini tutti, ed in soverchia dose agli scrittori, principalissimamente poi ai poeti, od a quelli che tali si tengono.

Citazioni

  • Nella città d'Asti in Piemonte, il dí 17[2] di gennaio dell'anno 1749, io nacqui di nobili, agiati ed onesti parenti. (1967, p. 5)
  • Tutti gli amori dell'uomo, ancorché diversi, hanno lo stesso motore. (1967, p. 6)
  • Oh, quanto è sottile, e invisibile quasi la differenza che passa fra il seme delle nostre virtù e dei nostri vizi. (1967, p. 10)
  • Ripigliando adunque a parlare della mia primissima età, dico che di quella stupida vegetazione infantile, non mi è rimasta altra memoria se non se quella d'uno zio paterno, il quale avendo io tre anni in quattr'anni, mi facea por ritto su un antico cassettone, e quivi molto accarezzandomi mi dava degli ottimi confetti. Io non mi ricordava quasi punto di lui, né altro me n'era rimasto fuorch'egli portava certi scarponi riquadrati in punta. Molti anni dopo, la prima volta che mi vennero agli occhi certi stivali a tromba, che portano pure la scarpa quadrata a quel modo stesso dello zio morto già da gran tempo, né mai più veduto da me da che io aveva uso di ragione, la subitanea vista di quella forma di scarpe del tutto oramai disusata, mi richiamava ad un tratto tutte quelle sensazioni primitive ch'io aveva provate già nel ricevere le carezze e i confetti dello zio, di cui i moti ed i modi, ed il sapore perfino dei confetti mi si riaffacciavano vivissimamente ed in un subito nella fantasia. (1967, pp. 11-12)
  • Onde io imparai sin da allora, che la vicendevole paura era quella che governava il mondo. (1967, p. 18)
  • Allora imparai, che bisognava sempre parere di dare spontaneamente quello che non si potea impedire d'esserti tolto. (1967, p. 22)
  • E mi ricordo, tra l'altre, che nella Biblioteca Ambrosiana, datomi in mano dal bibliotecario non so più quale manoscritto autografo del Petrarca, da vero barbaro Allobrogo, lo buttai là, dicendo che non me n'importava nulla. (1967, p. 30)
  • Ma il libro dei libri per me, e che in quell'inverno mi fece veramente trascorrere, dell'ore di rapimento e beate, fu Plutarco, le vite dei veri grandi. Ed alcune di quelle, come Timoleone, Cesare, Bruto, Pelopida, Catone, ed altre, sino a quattro e cinque volte le rilessi con un tale trasporto di grida, di pianti, e di furori pur anche, che chi fosse stato a sentirmi nella camera vicina mi avrebbe certamente tenuto per impazzato. All'udire certi gran tratti di quei sommi uomini, spessissimo io balzava in piedi agitatissimo, e fuori di me, e lagrime di dolore e di rabbia mi scaturivano dal vedermi nato in Piemonte ed in tempi e governi ove niuna alta cosa non si poteva né fare né dire, ed inutilmente appena forse ella si poteva sentire e pensare. (1967, p. 43)
  • Nella sua selvatica ruvidezza quello [la Finlandia] è uno dei paesi d'Europa che mi siano andati più a genio e destate più idee fantastiche, malinconiche e anche grandiose, per un certo vasto indefinibile silenzio che regna in quell'atmosfera ove ti parrebbe quasi di essere fuor del globo. (1967, p. 47[3])
  • Bisogna veramente che l'uomo muoia, perché altri possa appurare, ed ei stesso, il di lui giusto valore. (1967, p. 64)
  • Ed io sempre ho preferito originale anche tristo ad ottima copia. (1967, p. 70)
  • Chi molto legge prima di comporre, ruba senza avvedersene e perde originalità, se ne avea. (1967, p. 77)
  • Mai si può veramente ben conoscere il pregio e l'utilità d'un amico verace, quanto nel dolore. (1967, p. 96)
  • L'aver con chi piangere menoma il pianto d'assai. (1967, p. 106)
  • [...] mi ritrovai perciò nell'aprile una fierissima podagra a ridosso, la quale m'inchiodò per la prima volta in letto, e mi vi tenne immobile e addoloratissimo per quindici giorni almeno, e pose cosí una spiacevole interruzione ai miei studi sí caldamente avviati. (1967, p. 110)

Explicit

E così affibbiatomi questo nuovo ordine, che meritatolmi o no, sarà a ogni modo l'invenzione ben mia, s'egli non ispetterà a me, l'imparziale posterità lo assegnerà poi ad altri che più di me se lo sia meritato. A rivederci, o lettore, se pur ci rivedremo, quando io barbogio, sragionerò anche meglio, che fatto non ho in questo capitolo ultimo della mia agonizzante virilità.

Incipit di alcune opere

Tragedie, edizione 1866

Bruto primo

Collatino Dove, deh! dove, a forza trarmi, o Bruto,
teco vuoi tu? Rendimi, or via, mel rendi
quel mio pugnal, che dell'amato sangue
gronda pur anco... Entro al mio petto...

Bruto Ah! pria
questo ferro, omai sacro, ad altri in petto
immergerassi, io 'l giuro. – Agli occhi intanto
di Roma intera, in questo foro, è d'uopo
che intero scoppi e il tuo dolore immenso,
ed il furor mio giusto.

Bruto secondo

Cesare Padri illustri, a consesso oggi vi appella
il dittator di Roma. È ver, che rade
volte adunovvi Cesare: ma soli
n'eran cagione i miei nemici e vostri,
che depor mai non mi lasciavan l'armi,
se prima io ratto infaticabilmente
a debellargli appien dal Nilo al Beti
non trascorrea. Ma al fin, concesso viemmi,
ciò che bramai sovra ogni cosa io sempre,
giovarmi in Roma del romano senno;
e, ridonata pria Roma a se stessa,
consultarne con voi.

Della tirannide

ALLA LIBERTÀ
Soglionsi per lo più i libri dedicare alle persone potenti, perché gli autori credono ritrarne chi lustro, chi protezione, chi mercede. Non sono, o DIVINA LIBERTÀ, spente affatto in tutti i moderni cuori le tue cocenti faville: molti ne'loro scritti vanno or qua or là tasteggiando alcuni dei tuoi più sacri e più infranti diritti. Ma quelle carte, ai di cui autori altro non manca che il pienamente e fortemente volere, portano spesso in fronte il nome o di un principe, o di alcun suo satellite; e ad ogni modo pur sempre, di un qualche tuo fierissimo naturale nemico. Quindi non è meraviglia, se tu disdegni finora di volgere benigno il tuo sguardo ai moderni popoli, e di favorire in quelle contaminate carte alcune poche verità avviluppate dal timore fra sensi oscuri ed ambigui, ed inorpellate dall'adulazione.

La virtù sconosciuta

DIALOGO
INTERLOCUTORI: FRANCESCO GORI, VITTORIO ALFIERI

VITTORIO
Qual voce, quale improvvisa e viva voce dal profondo sonno mi appella e mi trae? Ma, che veggio? al fosco e muto ardere della notturna mia lampada un raggiante infuocato chiarore si è aggiunto! Soavissimo odore per tutta la cameretta diffondesi... Son io, son io ben desto, o in dolce sogno rapito?

FRANCESCO
E che? non conosci la voce, l'aspetto non vedi del già dolce tuo amico del cuore, e dell'animo?

Mirra

Cecri.

Vieni, o fida Euriclèa: sorge ora appena
l'alba; e sì tosto a me venir non suole
il mio consorte. Or, della figlia nostra
misera tanto, a me narrar puoi tutto.
Già l'afflitto tuo volto, e i mal repressi
tuoi sospiri, mi annunziano...

Euriclea.

Oh regina!...
Mirra infelice, strascìna una vita
peggio assai d'ogni morte. Al re non oso
pinger suo stato orribile: mal puote
un padre intender di donzella il pianto;
tu madre, il puoi. Quindi a te vengo; e prego,
che udir mi vogli.

Citazioni su Vittorio Alfieri

  • Come è noto, l'Alfieri ha mentito moltissimo, nel raccontare agli sbalorditi contemporanei la storia della sua vita. Mentì per quel dispotismo contro se stesso che dimostrò, per esempio, nel modo con cui si dette a creare un suo linguaggio e si costrinse tirannicamente a diventar poeta – aveva finito per trovare una severa forma di grandezza in cui imprimere a viva forza la sua vita e la sua memoria: deve esserci stato non poco tormento in tutto questo. – Non presterei fede alcuna neppure a una biografia di Platone, scritta da lui medesimo: così come non credo a quella di Rousseau o alla vita nuova di Dante. (Friedrich Nietzsche)
  • Da te fino a quest'ora uom non è sorto, | o sventurato ingegno, | pari all'italo nome, altro ch'un solo, | solo di sua codarda etate indegno, | allobrogo feroce, a cui dal polo | maschia virtù, non già da questa mia | stanca ed arida terra, | venne nel petto; onde privato, inerme | (memorando ardimento!) in su la scena | mosse guerra a' tiranni: almen si dia | questa misera guerra | e questo vano campo all'ire inferme | del mondo. Ei primo e sol dentro all'arena | scese, e nullo il seguì, che l'ozio e il brutto | silenzio or preme ai nostri innanzi a tutto. || Disdegnando e fremendo, immacolata | trasse la vita intera, | e morte lo scampò dal veder peggio. | Vittorio mio, questa per te non era | età né suolo. Altri anni ed altro seggio | conviene agli alti ingegni. (Giacomo Leopardi)
  • E a questi marmi | venne spesso Vittorio ad ispirarsi, | irato a' patrii Numi; errava muto | ove Arno è più deserto, i campi e il cielo | desîoso mirando; e poi che nullo | vivente aspetto gli molcea la cura, | qui posava l'austero; e avea sul volto | il pallor della morte e la speranza. | Con questi grandi abita eterno: e l'ossa | fremono amor di patria. (Ugo Foscolo)
  • E tu nemica | La sorte avesti pur: ma ti rimbomba | Fama che cresce e un dì fia detta antica. (Giacomo Leopardi)
  • L'Alfieri, anche se si tenne lontano da ogni forma di religione rivelata, pur riconoscendo in qualche momento le suggestion e le risonanze emotive del culto cattolico, in tutta la sua vita e in tutta la sua opera fu sorretto da un'alta idealità, ossia da costante amore «del vero e del retto», da un senso elevato dell'eroico e da quella religione della libertà che fu il fondamento del liberalismo e del romanticismo europeo. (Bruno Maier)
  • La tragedia alfieriana infiammò il sentimento politico e patriottico, accelerò la formazione d'una coscienza nazionale, ristabilì la serietà d'un mondo interiore nella vita e nell'arte. (Francesco De Sanctis)
  • Nella sua non lunga esistenza (morì a cinquataquattr'anni) non smentì mai questo eccezionale impasto di potenze spirituali che costituisce il suo carattere, e lo dimostrano le vicende biografiche che egli stesso rievocò nella Vita con una forza di sincerità che riesce talora eccessiva, ma che dà esatta la misura spirituale dell'uomo. (Pasquale Leonetti)
  • O dell'italo agon supremo atleta | misurator, di questa setta imbelle, | che stranïata il sacro allòr ti svelle | che vuol la santa bile irrequïeta? || E a qual miri sai tu splendida meta | ed a che fin drizzato abbian le stelle | questa età che di ciance e di novelle | per quanto ingozzi e più e più si asseta? (Giosuè Carducci)
  • Questa fremente impazienza, che lo spinge in avanti verso uno scopo che non sapeva distinguere... questa agitazione dolorosa di un anima in angustia in tutti i legami della società, in tutte le condizioni, in tutti i paesi; ... questo bisogno imperioso di qualcosa di più libero nello Stato, di più fiero nell'uomo, di più devoto nell'amore, di più completo nell'amicizia; ... questo ardore in cerca di un'altra esistenza, di un altro universo, che cercava invano, con la rapidità di un messaggero, da un'estremità all'altra dell'Europa, e che non poteva trovare nel mondo reale... (Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi)
  • Una convincente collocazione storica dell'Alfieri e della sua opera deve ricorrere ai due essenziali termini di riferimento dell'illuminismo e del romanticismo, restando inclusa in quest'ultimo quella corrente letteraria tedesca che fu detta dello Sturm und Drang. (Bruno Maier)
  • Vittorio Alfieri, come uomo e come scrittore, non ha compagni. Difficilmente da un altro Plutarco potrebbesi comporre una vita parallela alla sua. (Pasquale Leonetti)

Note

  1. Nel 1999, la Zecca dello Stato italiano, in occasione del 250° anniversario della nascita del poeta, ha emesso una moneta in argento 835/1000, del peso di 14,60 g, diametro 31,40 mm, con l'effigie di Vittorio Alfieri e al verso il celebre motto in questa forma (tiratura 51.800 pezzi; vedi immagine della moneta).
  2. In realtà, Vittorio Alfieri nasce il 16 gennaio; tuttavia nella sua biografia scrive 17 gennaio.
  3. Citato in Edoardo Roberto Gummerus, Storia delle letterature della Finlandia, Nuova Accademia Editrice, Milano, 19622, p. 58.

Bibliografia

  • Vittorio Alfieri, Agamennone, Società Editrice Dante Alighieri di Albrighi, Segati & C. 1928.
  • Vittorio Alfieri, Bruto primo e Bruto secondo, in "Tragedie / Vittorio Alfieri", Volume III, a cura di Nicola Bruscoli, Laterza, 1946.
  • Vittorio Alfieri, Del principe e delle lettere, tipografia di Kehl, 1795.
  • Vittorio Alfieri, Filippo, introduzione e note di Bruno Maier, Garzanti Editore, 1990.
  • Vittorio Alfieri, Oreste, in "Tragedie / Vittorio Alfieri", Volume I, a cura di Nicola Bruscoli, Laterza, 1946.
  • Vittorio Alfieri, Saul, Società Editrice Dante Alighieri di Albrighi, Segati & C. 1934.
  • Vittorio Alfieri, Tragedie, a cura di L. Toschi, Sansoni, 1985.
  • Vittorio Alfieri, Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso, a cura di Giampaolo Dossena, Editore G. Einaudi, Torino, 1967.

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