Francesco Crispi: differenze tra le versioni

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*Egli tentò di consolidare la sua coalizione facendo credere che il paese fosse in pericolo. Nel far fronte a questi pericoli immaginari Crispi si faceva pochi scrupoli di ricorrere alla legge marziale, sostenendo che ogni opposizione, per il fatto stesso di essere tale, non poteva che essere faziosa e antipatriottica.
*Egli tentò di consolidare la sua coalizione facendo credere che il paese fosse in pericolo. Nel far fronte a questi pericoli immaginari Crispi si faceva pochi scrupoli di ricorrere alla legge marziale, sostenendo che ogni opposizione, per il fatto stesso di essere tale, non poteva che essere faziosa e antipatriottica.
*Nonostante una notevole vittoria nelle elezioni del novembre 1890, Crispi mise il piede in fallo quando nel gennaio 1891 rinfacciò provocatoriamente ai conservatori di aver lasciato l'Italia disarmata prima del 1876, accusandoli persino di aver costretto il paese a seguire «una politica servile verso lo straniero». Era questa una di quelle affermazioni inequivocabili capaci di far saltare qualsiasi sistema politico trasformistico, che si fondava essenzialmente su delicate sfumature e su coalizioni di compromesso. Essa dimostra come la mancanza di tatto di Crispi facesse di lui nel migliore dei casi un uomo politico mediocre, data la sua incapacità di frenare la sua voluttà di ferire e d'ingiuriare.
*Nonostante una notevole vittoria nelle elezioni del novembre 1890, Crispi mise il piede in fallo quando nel gennaio 1891 rinfacciò provocatoriamente ai conservatori di aver lasciato l'Italia disarmata prima del 1876, accusandoli persino di aver costretto il paese a seguire «una politica servile verso lo straniero». Era questa una di quelle affermazioni inequivocabili capaci di far saltare qualsiasi sistema politico trasformistico, che si fondava essenzialmente su delicate sfumature e su coalizioni di compromesso. Essa dimostra come la mancanza di tatto di Crispi facesse di lui nel migliore dei casi un uomo politico mediocre, data la sua incapacità di frenare la sua voluttà di ferire e d'ingiuriare.
*A differenza di [[Giovanni Giolitti|Giolitti]], egli non giunse mai neppur lontanamente a comprendere il socialismo, e mentre da una parte ne esagerava deliberatamente i pericoli, dall'altra commetteva l'errore di ritenere che semplici misure di repressione fossero sufficienti a domarlo. Affermò in parlamento che il socialismo era antipatriottico, non diversamente dall'anarchismo, e che esso significava la fine della libertà, aggiungendo inoltre che le masse popolari erano corrotte dall'ignoranza, rose dall'invidia e dall'ingratitudine, e immeritevoli di avere voce in capitolo nella politica.


==Note==
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Versione delle 21:15, 4 ago 2017

Francesco Crispi, 1893

Francesco Crispi (1819 – 1901), statista italiano.

Citazioni di Francesco Crispi

  • La calunnia sdegna i mediocri, si afferra ai grandi.[1]
  • La monarchia ci unisce, la repubblica ci divide.[2][3]
  • Qual è il nostro scopo? Uno solo: affermare il nome dell'Italia nelle regioni africane e dimostrare anche ai barbari che siamo forti e potenti! I barbari non sentono se non la forza del cannone; ebbene, questo cannone tuonerà al momento opportuno.[4]

Citazioni su Francesco Crispi

  • Crispi sarà ministro un dì – certo – e forse in epoca non lontana – né sarà dei peggiori che afflissero Italia. (Ferdinando Petruccelli della Gattina)
  • Soprattutto perché, implicato in quegli abusi [bancari], e largamente con i suoi familiari, fu il siciliano Francesco Crispi, il quale represse con durezza estrema la contemporanea rivolta dei "fasci" sviluppatasi nella sua isola, è soltanto la sconfitta di Adua gli impedì di seppellire il regime parlamentare trent'anni prima di Mussolini. (Gianfranco Miglio)

Denis Mack Smith

  • Cominciò a parlare di rettifiche di frontiera, di diritti italiani nel Mediterraneo, della necessità di espandersi, e con innumerevoli tirate retoriche riuscì ad instillare in un ampio settore dell'élite dirigente la smania dell'imperialismo. Fu una lezione assimilata più tardi da Mussolini, e fu lo stesso Mussolini a definire Crispi il precursore della rinascente Italia fascista.
  • Egli tentò di consolidare la sua coalizione facendo credere che il paese fosse in pericolo. Nel far fronte a questi pericoli immaginari Crispi si faceva pochi scrupoli di ricorrere alla legge marziale, sostenendo che ogni opposizione, per il fatto stesso di essere tale, non poteva che essere faziosa e antipatriottica.
  • Nonostante una notevole vittoria nelle elezioni del novembre 1890, Crispi mise il piede in fallo quando nel gennaio 1891 rinfacciò provocatoriamente ai conservatori di aver lasciato l'Italia disarmata prima del 1876, accusandoli persino di aver costretto il paese a seguire «una politica servile verso lo straniero». Era questa una di quelle affermazioni inequivocabili capaci di far saltare qualsiasi sistema politico trasformistico, che si fondava essenzialmente su delicate sfumature e su coalizioni di compromesso. Essa dimostra come la mancanza di tatto di Crispi facesse di lui nel migliore dei casi un uomo politico mediocre, data la sua incapacità di frenare la sua voluttà di ferire e d'ingiuriare.
  • A differenza di Giolitti, egli non giunse mai neppur lontanamente a comprendere il socialismo, e mentre da una parte ne esagerava deliberatamente i pericoli, dall'altra commetteva l'errore di ritenere che semplici misure di repressione fossero sufficienti a domarlo. Affermò in parlamento che il socialismo era antipatriottico, non diversamente dall'anarchismo, e che esso significava la fine della libertà, aggiungendo inoltre che le masse popolari erano corrotte dall'ignoranza, rose dall'invidia e dall'ingratitudine, e immeritevoli di avere voce in capitolo nella politica.

Note

  1. Da Pensieri e profezie.
  2. Secondo Giuseppe Fumagalli l'ultima parola è "dividerebbe"; cfr. Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 210.
  3. Dal discorso alla Camera dei deputati, 1° maggio 1864; in Discorsi parlamentari di Francesco Crispi.
  4. Dal discorso alla Camera dei Deputati del 7 maggio 1885; citato in Giuseppe Piccinini, Guerra d’Africa, Perino, Roma, 1887, p. 981.

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