Giuseppe Cocchiara: differenze tra le versioni

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*Il [[Edward Burnett Tylor|Tylor]] si preoccupò di stabilire la fenomenologia religiosa dei primitivi, cioè l'[[animismo]] (il quale si contrapponeva come fonte religiosa a quel supposto feticismo che, creato dal [[Charles de Brosses|De Brosses]], era entrato nel circolo del pensiero europeo mediante il sociologismo del [[Auguste Comte|Comte]]). (p. XII)
*Il [[Edward Burnett Tylor|Tylor]] si preoccupò di stabilire la fenomenologia religiosa dei primitivi, cioè l'[[animismo]] (il quale si contrapponeva come fonte religiosa a quel supposto feticismo che, creato dal [[Charles de Brosses|De Brosses]], era entrato nel circolo del pensiero europeo mediante il sociologismo del [[Auguste Comte|Comte]]). (p. XII)
*Anche gli [[Albero|alberi]] hanno la loro anima che è in fondo, il demone stesso della vegetazione (come lo sono gli spiriti antropomorfici o i re di maggio, le cui gare o processioni si inverano, appunto, nel conducimento e nel seppellimento dello spirito dell'albero). (XIII)
*Anche gli [[Albero|alberi]] hanno la loro anima che è in fondo, il demone stesso della vegetazione (come lo sono gli spiriti antropomorfici o i re di maggio, le cui gare o processioni si inverano, appunto, nel conducimento e nel seppellimento dello spirito dell'albero). (XIII)
*Ora, indubbiamente, è merito tanto del Tylor quanto del [[Wilhelm Mannhardt|Mannhardt]] l'aver spianato la via al Frazer. Il quale sentirà profondamente il fascino del mondo classico insieme a quello dell'etnologia e del floklore. In questo collegamento di interessi spirituali – che è poi una forma di nuovo umanesimo – il Frazer porta però una sensibilità più raffinata dei suoi predecessori, direi la civetteria di un'intelligenza che fa dello scienziato un'artista. (XIII)
*Ora, indubbiamente, è merito tanto del Tylor quanto del [[Wilhelm Mannhardt|Mannhardt]] l'aver spianato la via al Frazer. Il quale sentirà profondamente il fascino del mondo classico insieme a quello dell'etnologia e del floklore. In questo collegamento di interessi spirituali – che è poi una forma di nuovo umanesimo – il Frazer porta però una sensibilità più raffinata dei suoi predecessori, direi la civetteria di un'intelligenza che fa dello scienziato un artista. (XIII)
*Il ''Golden Bough'' non si spiega senza la ''Primitive Culture'' {{NDR|del Tylor}} e senza i ''Wald- und Feld-Kulte'' {{NDR|del Mannhardt}}. Lo riconosce lo stesso Frazer nella prefazione alll'edizione del ''Golden Bough'', apparsa nel 1900. (p. XIII)
*Il ''Golden Bough'' non si spiega senza la ''Primitive Culture'' {{NDR|del Tylor}} e senza i ''Wald- und Feld-Kulte'' {{NDR|del Mannhardt}}. Lo riconosce lo stesso Frazer nella prefazione alll'edizione del ''Golden Bough'', apparsa nel 1900. (p. XIII)
*Nel ''Golden Bough'', come nella restante opera del Frazer, si concludono quelli che sono i pregi e i difetti della scuola antropologica inglese. O meglio: i difetti del Tylor e i suoi. (p. XIV-XV)
*Nel ''Golden Bough'', come nella restante opera del Frazer, si concludono quelli che sono i pregi e i difetti della scuola antropologica inglese. O meglio: i difetti del Tylor e i suoi. (p. XIV-XV)

Versione delle 19:01, 10 ago 2017

Giuseppe Cocchiara (1904 – 1965), antropologo ed etnologo italiano.

Prefazione a "Il ramo d'oro"

Incipit

In un suo saggio dedicato al metodo comparativo nella storia delle religioni, un insigne studioso francese, il Foucart, occupandosi del Golden Bough di J. G. Frazer affermava, nel 1909, che «un tal libro non è certo una ricostruzione delle origini né tanto meno della storia delle religioni». E concludeva: «Io non so che tipo d'opera questa vuol essere». Eppure il Golden Bough voleva essere, ed è, un'opera nella quale il problema delle origini dell'umanità si innesta su quello della storia delle religioni.

Citazioni

  • Il Tylor si preoccupò di stabilire la fenomenologia religiosa dei primitivi, cioè l'animismo (il quale si contrapponeva come fonte religiosa a quel supposto feticismo che, creato dal De Brosses, era entrato nel circolo del pensiero europeo mediante il sociologismo del Comte). (p. XII)
  • Anche gli alberi hanno la loro anima che è in fondo, il demone stesso della vegetazione (come lo sono gli spiriti antropomorfici o i re di maggio, le cui gare o processioni si inverano, appunto, nel conducimento e nel seppellimento dello spirito dell'albero). (XIII)
  • Ora, indubbiamente, è merito tanto del Tylor quanto del Mannhardt l'aver spianato la via al Frazer. Il quale sentirà profondamente il fascino del mondo classico insieme a quello dell'etnologia e del floklore. In questo collegamento di interessi spirituali – che è poi una forma di nuovo umanesimo – il Frazer porta però una sensibilità più raffinata dei suoi predecessori, direi la civetteria di un'intelligenza che fa dello scienziato un artista. (XIII)
  • Il Golden Bough non si spiega senza la Primitive Culture [del Tylor] e senza i Wald- und Feld-Kulte [del Mannhardt]. Lo riconosce lo stesso Frazer nella prefazione alll'edizione del Golden Bough, apparsa nel 1900. (p. XIII)
  • Nel Golden Bough, come nella restante opera del Frazer, si concludono quelli che sono i pregi e i difetti della scuola antropologica inglese. O meglio: i difetti del Tylor e i suoi. (p. XIV-XV)
  • Noi, oggi, distinguiamo nettamente le civiltà classiche dai volghi dei popoli civili inserendo le une e gli altri nei loro particolari ambienti storici. La stessa etnologia, inoltre, ha dispiegato la mentalità primitiva in una serie di cicli che la differenziano e la caratterizzano. Ma c'è di più, ove si pensi che secondo le più recenti correnti di pensiero il mondo primitivo non appare più come una determinazione cronologica, che è l'inizio stesso di una ipotetica storia universale, ma come una determinazione ideale. (p. XV)
  • Noi sentiamo, oggi, il mondo primitivo, il quale incombe nella nostra vita, nella nostra arte, nel nostro spirito. Lo sentiamo nella donnetta del popolo. Ma lo sentiamo nell'ultimo Picasso. (p. XV)
  • Il mondo primitivo è una forma eterna del nostro spirito. E la storia dell'umanità, cui pur appartiene quel mondo, non può non essere in parte che la nostra storia. (p. XV)

Explicit

È facile dire che il Golden Bough – di cui oggi pubblichiamo l' editio minor già tradotta da Lauro De Bosis – sia un'opera superata. Ma di fatto essa è, e rimane, un libro vivo e vitale, un libro di lettura facile e appassionante oltre un ndispensabile strumento di lavoro. Un grande poeta dei nostri giorni, Thomas Stearns Eliot, in una nota alla sua Waste Land ebbe ad osservare che il Golden Bough ha avuto «un'influenza profonda sulla nostra generazione». La quale in quel libro, che un insigne etnologo inglese, il Crawley, definiva come uno dei più grandi del nostro tempo, ha trovato, e trova tuttora, un'opera di poesia che rivendica all'etnologia e al folklore il posto che loro spetta nella storia della civiltà e della cultura.

[Giuseppe Cocchiara, Prefazione a "Il ramo d'oro" di James Frazer, aprile 1949, Giulio Einaudi editore]

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