Giorgio Pallavicino Trivulzio: differenze tra le versioni
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*{{NDR|Espone a Manin la sua risposta alla pregiudiziale repubblicana di Mazzini}} Eccoti la mia risposta a Mazzini:<br>[...] Abbiamo in Italia un nome: [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele]]; abbiamo una bandiera: l'italiana colla Croce di Savoia. Perché si esiterebbe ad acclamare questo nome, ad innalzare questa bandiera? Mio caro [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]], mostratevi eroico: immolate un'opinione caramente diletta su l'altare della Patria. Un grande repubblicano, [[Daniele Manin]], ve ne diede l'esempio.<br>Non basta dire: ''Unificazione!'' Questa idea è troppo vaga. La parola unificazione, perché sia compresa dalle moltitudini, deve subito tradursi in un fatto ed incarnarsi in un uomo. La formula da noi proposta: «Vittorio Emanuele II re d'Italia» è dunque una necessità: o adottarla o non insorgere. Fate che domani si mutino le condizioni europee e noi muteremo il nostro programma.<ref>Da una lettera di G. Pallavicino a Daniele Manin, del 4 settembre 1856, ripr. in Daniele Manin e Giorgio Pallavicino, ''Epistolario politico'', a cura di B. E. Maineri, Milano 1878, pp. 186-88; citato in [[Denis Mack Smith]], ''Il Risorgimento italiano. {{small|Storia e testi}}'', Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, p. 412-413.</ref> |
*{{NDR|Espone a Manin la sua risposta alla pregiudiziale repubblicana di Mazzini}} Eccoti la mia risposta a Mazzini:<br>[...] Abbiamo in Italia un nome: [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele]]; abbiamo una bandiera: l'italiana colla Croce di Savoia. Perché si esiterebbe ad acclamare questo nome, ad innalzare questa bandiera? Mio caro [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]], mostratevi eroico: immolate un'opinione caramente diletta su l'altare della Patria. Un grande repubblicano, [[Daniele Manin]], ve ne diede l'esempio.<br>Non basta dire: ''Unificazione!'' Questa idea è troppo vaga. La parola unificazione, perché sia compresa dalle moltitudini, deve subito tradursi in un fatto ed incarnarsi in un uomo. La formula da noi proposta: «Vittorio Emanuele II re d'Italia» è dunque una necessità: o adottarla o non insorgere. Fate che domani si mutino le condizioni europee e noi muteremo il nostro programma.<ref group="fonte">Da una lettera di G. Pallavicino a Daniele Manin, del 4 settembre 1856, ripr. in Daniele Manin e Giorgio Pallavicino, ''Epistolario politico'', a cura di B. E. Maineri, Milano 1878, pp. 186-88; citato in [[Denis Mack Smith]], ''Il Risorgimento italiano. {{small|Storia e testi}}'', Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, p. 412-413.</ref> |
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*Noi abbiamo nel ''piemontesismo'' un nemico sommamente pericoloso, un nemico implacabile. I piemontesi, tutti i piemontesi – dal conte Solaro della Margarita all'avvocato [[Angelo Brofferio]] – sono macchiati della stessa pece. All'Italia con una metropoli: Roma, – essi preferiscono un'Alta Italia con due capitali: Torino e Milano. [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]] è ''piemontesissimo''!<ref>Da una lettera di G. Pallavicino a Daniele Manin, del 1º ottobre 1856, ripr. in ''ibid.'', p. 212; citato in [[Denis Mack Smith]], ''ibid.'', p. 414.</ref> |
*Noi abbiamo nel ''piemontesismo'' un nemico sommamente pericoloso, un nemico implacabile. I piemontesi, tutti i piemontesi – dal conte Solaro della Margarita all'avvocato [[Angelo Brofferio]] – sono macchiati della stessa pece. All'Italia con una metropoli: Roma, – essi preferiscono un'Alta Italia con due capitali: Torino e Milano. [[Camillo Benso, conte di Cavour|Camillo Cavour]] è ''piemontesissimo''!<ref group="fonte">Da una lettera di G. Pallavicino a Daniele Manin, del 1º ottobre 1856, ripr. in ''ibid.'', p. 212; citato in [[Denis Mack Smith]], ''ibid.'', p. 414.</ref> |
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==Bibliografia== |
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Versione delle 19:25, 21 mar 2018
Giorgio Pallavicino Trivulzio (1796 – 1878), patriota italiano.
Citazioni di Giorgio Pallavicino Trivulzio
- [Espone a Manin la sua risposta alla pregiudiziale repubblicana di Mazzini] Eccoti la mia risposta a Mazzini:
[...] Abbiamo in Italia un nome: Vittorio Emanuele; abbiamo una bandiera: l'italiana colla Croce di Savoia. Perché si esiterebbe ad acclamare questo nome, ad innalzare questa bandiera? Mio caro Mazzini, mostratevi eroico: immolate un'opinione caramente diletta su l'altare della Patria. Un grande repubblicano, Daniele Manin, ve ne diede l'esempio.
Non basta dire: Unificazione! Questa idea è troppo vaga. La parola unificazione, perché sia compresa dalle moltitudini, deve subito tradursi in un fatto ed incarnarsi in un uomo. La formula da noi proposta: «Vittorio Emanuele II re d'Italia» è dunque una necessità: o adottarla o non insorgere. Fate che domani si mutino le condizioni europee e noi muteremo il nostro programma.[fonte 1]
- Noi abbiamo nel piemontesismo un nemico sommamente pericoloso, un nemico implacabile. I piemontesi, tutti i piemontesi – dal conte Solaro della Margarita all'avvocato Angelo Brofferio – sono macchiati della stessa pece. All'Italia con una metropoli: Roma, – essi preferiscono un'Alta Italia con due capitali: Torino e Milano. Camillo Cavour è piemontesissimo![fonte 2]
Incipit di alcune opere
Memorie di Giorgio Pallavicino
Lettore mio, non aspettarti da me un libro; ché io non t'offro un libro; ma, vecchio qual sono – m'accosto alla settantina[1] – ed anche un po' rimbambito – direbbero dottrinari e puritani – io intendo in quest'ultimo periodo della mia vita annoiare senza pietà il mio prossimo chiacchierando; consuetudine antica della vecchiaia. Il catechismo insegna essere atto meritorio il sopportare pazientemente le persone moleste. Oggi, per tua sventura, hai trovato in me una persona molesta. Vuoi tu andare in paradiso?... Andarci dormendo? Eccoti la strada: leggi le mie Memorie.
Spilbergo[2] e Gradisca
Volgeva l'anno 1820. L'Austria, di que' giorni, erasi già resa insopportabile ai Lombardo-Veneti colla sua pedantesca e insipiente amministrazione; ma non avea per anco gettato via quella maschera onde seppe coprire per tanti anni il suo laido costume. La meretrice conservava una reliquia di pudore. Però, al tempo di cui ragioniamo, tu non vedevi nel Lombardo-Veneto quel mostruoso accozzamento di atti arbitrari e feroci che doveano costituire, più tardi, tutto il governo austriaco. Non parlavasi allora di città poste in stato di assedio, di sequestri, di confische, di forca. Si voleva il sonno, ma non la morte dell'infelice contrada. Per la qual cosa i Lombardo-Veneti, poveri iloti[3], erano manomessi dai loro tiranni, ma non ancora svaligiati e assassinati da quelli. Anche l'Austria ha PROGREDITO – e noi vediamo in qual modo.
Note
Fonti
- ↑ Da una lettera di G. Pallavicino a Daniele Manin, del 4 settembre 1856, ripr. in Daniele Manin e Giorgio Pallavicino, Epistolario politico, a cura di B. E. Maineri, Milano 1878, pp. 186-88; citato in Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, p. 412-413.
- ↑ Da una lettera di G. Pallavicino a Daniele Manin, del 1º ottobre 1856, ripr. in ibid., p. 212; citato in Denis Mack Smith, ibid., p. 414.
Bibliografia
- Giorgio Pallavicino Trivulzio, Memorie di Giorgio Pallavicino pubblicate per cura della moglie, Volume primo dal 1796 al 1848, Torino, Ermanno Loescher, 1882.
- Giorgio Pallavicino Trivulzio, Spilbergo e Gradisca Scene del carcere duro in Austria estratte dalle Memorie di Giorgio Pallavicino, Torino, Stamperia dell'Unione Tip.-Editrice, 1856.
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