Daniello Bartoli: differenze tra le versioni

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'''Daniello Bartoli''' (1608 – 1685), gesuita, storico e scrittore italiano.
'''Daniello Bartoli''' (1608 – 1685), gesuita, storico e scrittore italiano.


==Citazioni di Daniello Baroli==
==Citazioni di Daniello Bartoli==
*Qui solo un contrassegno ci manca ad averli tutti in pruova d'esser noi su la sterile riva del tanto ricantato e temuto [[Lago d'Averno|Lago Averno]]: ciò che altro e Istorici e Poeti hanno scritto di lui, qui si riscontra col vero, e ce ne fan piena fede i nostri occhi. Ecco il continuato cerchio de' monti nel cui profondissimo centro il Lago s'avvalla, e vi riman sì fattamente soppresso che sia verno sia state, nasca o tramonti, o s'alzi al circolo meriggiano il Sole, mai non vi può sì che il vegga pure con un riflesso di luce, o sia da lui veduto: perciò questa infelice acqua nel malinconico bruno che sempre mostra par che abbia le tenebre dell'inferno stemperatevi dentro per più annerarla. Ecco le folte selve che gli si addensano intorno, e di nuovo anch'esse l'acciecano, raddoppiandogli l'ombre. Egli da ogni parte serrato non ha per dove menar fuori pure un sottil filo d'acqua, e muoversi come vivo; ma tutto fra le sue rive ristagna, tutto entro a sé medesimo impaluda, e come un cadavero d'acqua impuzzolisce. De' Cimmerj che v'han loro alberghi vicino, non posso altro che accennar col dito, e dirvi, colà nelle loro caverne sotterra si stanno: se vivi o morti, non se ne sa il vero; perché la medesima che loro è casa è sepolcro. Ben da quest'altro lato vi sarà agevole a ravvisare in quella gran fenditura di monte la scura e paurosa bocca, o più tosto voragine, in cui convien che si gitti chi ha cuore di mettersi per entro le viscere della terra, e calar giù vivo se puó a' Campi Elisi, se no, ed è più verisimile, all'Inferno.<br>Sol dunque ci manca il veder qualche incauta torma d'uccelli volar per quest'aria che soprastà e cova sul Lago, e in entrarvi e attrarre il pestilente vapor che n'esala, avvelenarsi, e tempestar giù, non so se tramortiti o morti. Ma il tanto indugiarci in su questa infelice proda al fetor del zolfo che ci morde il celabro, e ci strangola, sarebbe un pagar la curiosità troppo caro.<ref>Da ''La geografia trasportata al morale'', Giacinto Marietti, Torino, 1839, [https://books.google.it/books?id=N-pLAAAAYAAJ&dq=&pg=PA343#v=onepage&q&f=false p. 343].</ref>
*Qui solo un contrasegno ci manca ad averli tutti in pruova d'esser noi su la sterile riva del tanto ricantato e temuto [[Lago d'Averno|Lago Averno]]: ciò che altro e Istorici e Poeti hanno scritto di lui, qui si riscontra col vero, e ce ne fan piena fede i nostri occhi. Ecco il continuato cerchio de' monti, nel cui profondissimo centro il Lago s'avvalla, e vi riman sì fattamente soppresso che sia verno sia state, nasca o tramonti, o s'alzi al circolo meriggiano il Sole, mai non vi può sì che il vegga pure con un riflesso di luce, o sia da lui veduto: perciò questa infelice acqua nel malinconico bruno che sempre mostra par che abbia le tenebre dell'inferno stemperatevi dentro per più annerarla. Ecco le folte selve che gli si addensano intorno, e di nuovo anch'esse l'acciecano, raddoppiandogli l'ombre. Egli da ogni parte serrato non ha per dove menar fuori pure un sottil filo d'acqua, e muoversi come vivo; ma tutto fra le sue rive ristagna, tutto entro a sé medesimo impaluda, e come un cadavero d'acqua impuzzolisce. De' Cimmerj che v'han loro alberghi vicino, non posso altro che accennar col dito, e dirvi, colà nelle loro caverne sotterra si stanno: se vivi o morti, non se ne sa il vero; perché la medesima che loro è casa è sepolcro. Ben da quest'altro lato vi sarà agevole a ravvisare in quella gran fenditura di monte la scura e paurosa bocca, o più tosto voragine, in cui convien che si gitti chi ha cuore di mettersi per entro le viscere della terra, e calar giù vivo se puó a' Campi Elisi, se no, ed è più verisimile, all'Inferno.<br>Sol dunque ci manca il veder qualche incauta torma d'uccelli volar per quest'aria che soprastà e cova sul Lago, e in entrarvi e attrarre il pestilente vapor che n'esala, avvelenarsi, e tempestar giù, non so se tramortiti o morti. Ma il tanto indugiarci in su questa infelice proda al fetor del zolfo che ci morde il celabro, e ci strangola, sarebbe un pagar la curiosità troppo caro.<ref>Da ''La geografia trasportata al morale'', Giacinto Marietti, Torino, 1839, [https://books.google.it/books?id=N-pLAAAAYAAJ&dq=&pg=PA343#v=onepage&q&f=false p. 343].</ref>


{{Int|Citato in ''Frasi celebri della letteratura italiana''|Vallardi, Milano, 1994, p. 41. ISBN 88-11-93614-4}}
{{Int|Citato in ''Frasi celebri della letteratura italiana''|Vallardi, Milano, 1994, p. 41. ISBN 88-11-93614-4}}

Versione delle 17:23, 30 ago 2018

Daniello Bartoli

Daniello Bartoli (1608 – 1685), gesuita, storico e scrittore italiano.

Citazioni di Daniello Bartoli

  • Qui solo un contrasegno ci manca ad averli tutti in pruova d'esser noi su la sterile riva del tanto ricantato e temuto Lago Averno: ciò che altro e Istorici e Poeti hanno scritto di lui, qui si riscontra col vero, e ce ne fan piena fede i nostri occhi. Ecco il continuato cerchio de' monti, nel cui profondissimo centro il Lago s'avvalla, e vi riman sì fattamente soppresso che sia verno sia state, nasca o tramonti, o s'alzi al circolo meriggiano il Sole, mai non vi può sì che il vegga pure con un riflesso di luce, o sia da lui veduto: perciò questa infelice acqua nel malinconico bruno che sempre mostra par che abbia le tenebre dell'inferno stemperatevi dentro per più annerarla. Ecco le folte selve che gli si addensano intorno, e di nuovo anch'esse l'acciecano, raddoppiandogli l'ombre. Egli da ogni parte serrato non ha per dove menar fuori pure un sottil filo d'acqua, e muoversi come vivo; ma tutto fra le sue rive ristagna, tutto entro a sé medesimo impaluda, e come un cadavero d'acqua impuzzolisce. De' Cimmerj che v'han loro alberghi vicino, non posso altro che accennar col dito, e dirvi, colà nelle loro caverne sotterra si stanno: se vivi o morti, non se ne sa il vero; perché la medesima che loro è casa è sepolcro. Ben da quest'altro lato vi sarà agevole a ravvisare in quella gran fenditura di monte la scura e paurosa bocca, o più tosto voragine, in cui convien che si gitti chi ha cuore di mettersi per entro le viscere della terra, e calar giù vivo se puó a' Campi Elisi, se no, ed è più verisimile, all'Inferno.
    Sol dunque ci manca il veder qualche incauta torma d'uccelli volar per quest'aria che soprastà e cova sul Lago, e in entrarvi e attrarre il pestilente vapor che n'esala, avvelenarsi, e tempestar giù, non so se tramortiti o morti. Ma il tanto indugiarci in su questa infelice proda al fetor del zolfo che ci morde il celabro, e ci strangola, sarebbe un pagar la curiosità troppo caro.[1]

Citato in Frasi celebri della letteratura italiana

Vallardi, Milano, 1994, p. 41. ISBN 88-11-93614-4

  • Le gran mutazioni si vogliono imprendere con gran consiglio e andar lento per andar sicuro: altrimenti, invece d'un bene da savio, due mali da pazzo s'incontrano, che sono determinare senza giudicio e pentirsi senza rimedio. (da La missione al gran Mogor)
  • Le spine sono a cento per una delle rose. (da L'uomo al punto)
  • Le verità più utili a sapersi, sono ancora le più facili ad intendersi. (da Della ricreazione del savio)
  • Una sola e diritta come un raggio di luce, è la via del vero: infinite e contrarie son quelle che uscendone menano al falso. (da Della ricreazione del savio)

Incipit di Dell'uomo di lettere difeso e emendato

Disavventura, per non dire, come altri, destino dell'infelice Virtù, provato e pianto in ogni tempo, è, che ella non truovi in questo gran Teatro del Mondo luogo pari al suo merito, e nicchia degna della sua statua. Già tramontarono que' Secoli d'oro, quando le corone reali si mettevano all'incanto, e si pesavano le teste di chi vi pretendeva: quando le fasce de' diademi reali servivano non a legare, come in molti avvenne, il cervello de' pazzi, ma ad onorare il merito e coronare il senno de' Savj. Le mura, le fondamenta, le vestigie di quel famoso tempio dell'Onore, in cui s'entrava solo per la porta del Merito, sono oggi sì distrutte e sepolte, che non n'è rimaso né la memoria dov'egli fosse, né la speranza di rivederlo risorto dallo scempio delle presenti rovine alla gloria delle passate grandezze.

Citazioni su Daniello Bartoli

  • Alla prosa d'arte si ascrivono prevalentemente le opere di Daniello Bartoli, che pur trattano argomenti storici, speculativi, scientifici, religiosi, perché tra le facoltà dello scrittore sormonta il piacere descrittivo della parola, e, si potrebbe dire, la stremata e rotta poesia del dizionario. (Francesco Flora)

Note

  1. Da La geografia trasportata al morale, Giacinto Marietti, Torino, 1839, p. 343.

Bibliografia

  • Daniello Bartoli, Dell'uomo di lettere difeso e emendato, Giacinto Marietti, Torino, 1834.

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