Gustave Flaubert: differenze tra le versioni

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*[[Capelli bruni|BRUNE]]. Più calde delle bionde (vedi BIONDE).
*[[Capelli bruni|BRUNE]]. Più calde delle bionde (vedi BIONDE).
*[[Alopecia|CALVIZIE]]: Sempre precoce, è provocata dagli eccessi di gioventù o dalla concezione di grandi idee.
*[[Alopecia|CALVIZIE]]: Sempre precoce, è provocata dagli eccessi di gioventù o dalla concezione di grandi idee.
*CANTANTI. Il tenore ha sempre una voce «incantevole» e «tenera», il baritono un organo «simpatico» e «ben timbrato», il basso un'emissione «potente».
*[[Cantante|CANTANTI]]. Il [[tenore]] ha sempre una voce «incantevole» e «tenera», il [[baritono]] un organo «simpatico» e «ben timbrato», il [[Basso (voce)|basso]] un'emissione «potente».
*[[Cigno|CIGNO]]: Canta prima di morire. Con la sua ala può rompere la coscia di un uomo. Il cigno di Cambray non era un uccello, ma un uomo chiamato Fénelon. Il cigno di Mantova è Virgilio. Il cigno di Pesaro è Rossini.
*[[Cigno|CIGNO]]: Canta prima di morire. Con la sua ala può rompere la coscia di un uomo. Il cigno di Cambray non era un uccello, ma un uomo chiamato Fénelon. Il cigno di Mantova è Virgilio. Il cigno di Pesaro è Rossini.
*[[Corano|CORANO]]. Libro di [[Maometto]] che parla solo di donne.
*[[Corano|CORANO]]. Libro di [[Maometto]] che parla solo di donne.

Versione delle 15:47, 11 ott 2018

Gustave Flaubert

Gustave Flaubert (1821 – 1880), scrittore francese.

Citazioni di Gustave Flaubert

  • Ama l'arte. Fra tutte le menzogne è ancora la meno menzognera.[1]
  • [Sulla democrazia] Demostupidità.
Democrasserie.[2]
  • Durante il mio viaggio ciò che ho visto di più bello è Genova. Ti consiglio di andarvi un giorno o l'altro, quando ne avrai il tempo. Dopo aver visitato i suoi palazzi si ha un tale disprezzo del lusso moderno che viene voglia di abitare in una scuderia e di uscire vestiti da operai.[3]
  • Ho lasciato un'altra volta questo povero Mediterraneo! Gli ho detto addio con uno strano stringimento al cuore. La mattina in cui dovevamo partire da Genova, sono uscito alle 6 dall'hotel se andassi a spasso. Ho preso una barca e sono andato fino all'entrata della rada per vedere ancora una volta quei flutti blu che amo tanto. Il mare era forte. Mi lasciavo cullare nella scialuppa pensando a te e rimpiangendoti. Poi quando ho sentito che poteva venirmi il mal di mare sono tornato a terra e ce ne siamo andati. Ne sono stato così triste per tre giorni che ho creduto più volte che ne sarei crepato. È letterale. Qualsiasi sforzo facessi non potevo dischiudere i denti.[4]
  • Ho visto i campi di battaglia di Marengo, di Novi, di Vercelli, ma ero in una disposizione così penosa che tutto questo mi ha ben poco toccato. Pensavo sempre a quei soffitti dei palazzi di Genova sotto i quali si fotteva con tanto orgoglio.[4]
  • Ho visto un quadro di Bruegel che rappresenta la Tentazione di sant'Antonio che mi ha fatto pensare di arrangiare per il teatro La tentazione di sant'Antonio, ma questo richiederebbe uno ben più in gamba di me. Darei tutta la collezione del «Moniteur», se l'avessi, e 100 mila franchi, per comprare quel quadro, che la maggior parte di quelli che lo guardano giudicano cattivo.[5]
  • Ho visto una bellissima strada, la via Aurelia, ed ora sono in una bella città, una vera bella città, Genova. Cammino sul marmo, tutto è di marmo: scale, balconi, palazzi. I palazzi si toccano tanto sono vicini e, passando dalla strada, si vedono i soffitti patrizi tutti dipinti e dorati. Vado a visitare le chiese, sento cantare suonare l'organo, guardo i monaci, osservo i paramenti sacri, gli altari, le statue; in altri momento (ma non so bene quali) forse avrei riflettuto di più e guardato di meno. Invece qui spalanco gli occhi su tutto, ingenuamente, semplicemente, e forse è molto meglio.[6]
  • Il dono di creare esseri umani manca a questo genio. Se avesse questo dono, Hugo avrebbe sorpassato Shakespeare.[7]
  • L'arte, in certe circostanze, scuote gli animi mediocri, e interi mondi possono essere rivelati loro dai suoi interpreti più grossolani.[8]
  • L'artista deve fare in modo che la posterità creda ch'egli non abbia vissuto.[9]
  • La foglia caduta si agita e vola via col vento. Non diversamente io vorrei volare, andarmene, partire per non più tornare, e non importa dove, pur di lasciare il mio paese. La mia casa mi pesa sulle spalle: sono troppe volte entrato e uscito dalla stessa porta, ho tante volte alzato gli occhi allo stesso punto, sul soffitto della camera, che dovrebbe essersi ormai consumato.[10]
  • Lascia che ti ami a modo mio, secondo il mio essere, coi segni originali che conosci. Non forzarmi mai, farò tutto.[11]
  • Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.[12]
  • [Le metamorfosi] Mi dà le vertigini, mi abbaglia: la natura in se stessa, il paesaggio, l'aspetto puramente pittoresco delle cose vi sono trattati alla maniera moderna e con un soffio antico e cristiano ad un tempo che li pervade. Vi si sente l'incenso e l'orina: la bestialità si congiunge al misticismo.[13]
  • Quando urla, come la voce, il cuore diventa rauco.[14]
  • Se si è coinvolti nella vita, la si vede poco chiaramente; la vista è oscurata dalla sofferenza, o dal godimento. L'artista, secondo me, è una mostruosità, qualcosa al di fuori della natura.[15]
  • Se vuoi che ti parli di quanto ho visto, ti dirò che la via Aurelia è una strada lunga sessanta chilometri da fare a piedi, e che sono stato triste da morire per tre giorni, dopo aver lasciato Genova, una città tutta di marmo con dei giardini colmi di rose. Una bellezza che strazia l'anima.[16]
  • L'uomo è nulla. Il lavoro è tutto.[17]

Dizionario dei luoghi comuni

  • AGENTI DI CAMBIO. Tutti ladri.
  • ARCHITETTI. Tutti imbecilli. Nelle case, dimenticano sempre la scala.
  • BIONDE. Più calde delle brune (vedi BRUNE).
  • BRUNE. Più calde delle bionde (vedi BIONDE).
  • CALVIZIE: Sempre precoce, è provocata dagli eccessi di gioventù o dalla concezione di grandi idee.
  • CANTANTI. Il tenore ha sempre una voce «incantevole» e «tenera», il baritono un organo «simpatico» e «ben timbrato», il basso un'emissione «potente».
  • CIGNO: Canta prima di morire. Con la sua ala può rompere la coscia di un uomo. Il cigno di Cambray non era un uccello, ma un uomo chiamato Fénelon. Il cigno di Mantova è Virgilio. Il cigno di Pesaro è Rossini.
  • CORANO. Libro di Maometto che parla solo di donne.
  • CROCEFISSO. Fa bella figura nell'alcova e sulla ghigliottina.
  • EREZIONE. Si dice solo parlando di monumenti.
  • ESTATE. Un'estate è sempre «eccezionale», calda o fredda, secca o umida che sia.
  • IMBECILLI. Tutti quelli che non la pensano come noi.
  • ITALIANI. Tutti musicisti, traditori.
  • MACELLAI. Terribili in tempo di rivoluzione.
  • MALATO. Per tirar su un malato, ridere della sua malattia e negare le sue sofferenze.
  • MARE. Non ha fondo. Immagine dell'infinito. Fa venire grandi pensieri. In riva al mare bisogna sempre avere un cannocchiale. Quando lo si guarda, dire sempre: «Quanta acqua!».
  • MASSONERIA. Un'altra causa della Rivoluzione! Le prove di iniziazione sono terribili, c'è che ne è morto. Causa di litigi in famiglia. Guardata di traverso dagli ecclesiastici. «Quale mai sarà il loro segreto?».
  • MATERASSO. Più è duro, più è igienico.
  • PENSARE. Increscioso. Le cose che ci costringono a farlo vengono di solito accantonate.
  • PROPRIETÀ. Una delle basi della società. Più sacra della religione.
  • RIMA. Non va mai d'accordo con la ragione.
  • SERVIGIO. Sculacciare i bambini, picchiare gli animali, cacciare i domestici, punire i malfattori significa rendere loro un servigio.
  • STAMPA. Scoperta meravigliosa. Ha fatto più male che bene.
  • VOLTAIRE. Celebre per il suo spaventevole «rictus». Conoscenze scientifiche superficiali.

Dizionario delle idee correnti

  • Eccezione: dite che "conferma la regola" ma non azzardatevi a spiegare come.
  • Risparmio: bell'insegna di bottega, ispira fiducia.
  • Tempo: eterno argomento di conversazione. Causa universale delle malattie. Lagnarsene sempre.

L'educazione sentimentale

Incipit

Beniamino Dal Fabbro

La mattina del 15 settembre 1840, verso le sei, il Ville de Montereau, in procinto di partire, fumava a grandi spire vorticose davanti al Quai San Bernardo. I viaggiatori in ritardo sopraggiungevano col fiato corto; barili, canapi, cesti di biancheria ingombravano il passaggio; i marinai non rispondevano a nessuno, la gente si urtava, nel varco tra i due tamburi s'issavano a bordo i bagagli; e il frastuono era soverchiato dallo strepito del vapore emesso da lastre di lamiera, che tutto avvolgeva in una nuvola biancastra, mentre la campana rintoccava ininterrotta, sul davanti.

[Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Beniamino Dal Fabbro, Einaudi Editore, 1954.]

Marga Vidusso Feriani

Il 15 settembre 1840, verso le sei del mattino, il Villede-Montereau, pronto a partire, lanciava grosse volute di fumo davanti al quai Saint-Bernard.
Arrivavano ritardatari affannati: barili, gomene, cesti di biancheria intralciavano il passaggio; i marinai non prestavano orecchio a nessuno; la gente si urtava, i bagagli si ammucchiavano fra i due tamburi delle ruote. Il frastuono era assorbito dal sibilo del vapore che sfuggiva dalle lastre di lamiera e avvolgeva ogni cosa in una nube biancastra, mentre la campana a prua squillava senza posa.
Finalmente il battello partì; e le due rive, fitte di magazzini, di cantieri e di officine, sfilarono come due nastri che si svolgano.

[Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Marga Vidusso Feriani, Gherardo Casini Editore, Roma 1966.]

Lalla Romano

Il 15 settembre 1840, verso le sei del mattino il Villede-Montereau stava per partire e spandeva grosse volute di fumo davanti al quai Saint-Bernard.
Arrivavano persone trafelate; barili, gomene, cesti di biancheria ingombravano il passaggio; i marinai non rispondevano a nessuno; la gente si urtava, i bagagli venivano issati tra le due ruote, e il frastuono si confondeva col sibilo del vapore che sfuggiva tra le lamiere e avviluppava tutto con una nube biancastra, mentre la campana di prua rintoccava senza interruzione.
Finalmente il battello si mosse; e le due banchine, sulle quali erano allineati magazzini, cantieri e officine, sfilarono come due grandi nastri che si srotolano.

[Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Lalla Romano, Einaudi, 1985.]

Citazioni

  • Le persone "con i piedi per terra" dicono che l'amore è una follia. In realtà ciò che accade è che la fantasia violentemente distorta da immagini piacevolissime, dove ogni passo ti avvicina alla felicità, viene crudamente riportata alla dura realtà. (1984)
  • Non c'è nulla di così umiliante come vedere gli sciocchi riuscire nelle imprese in cui noi siamo falliti. (I, V)
  • A poco a poco la serenità del lavoro lo placò. Immergendosi nella personalità degli altri, dimenticò la sua, il che è forse il solo modo di non soffrirne. (II, III; 1998, p. 172)
  • Benché quelle teorie, nuove come il giuoco dell'oca, fossero state abbastanza discusse da quarant'anni a questa parte, ce n'era da riempire intere biblioteche, tuttavia spaventavano i borghesi, come una gragnuola d'aeroliti; e la gente se ne indignò, in forza dell'odio che ogni idea nuova suscita sempre, e semplicemente perché è un'idea. (III, I; 1998, p. 274)
  • Vi è un momento nelle separazioni in cui la persona cara ha cessato di essere con noi. (1954)

Explicit

Beniamino Dal Fabbro

Ora, una domenica, mentre tutti erano ai vespri, Federico e Deslauriers, fattisi prima arricciare, colsero fiori nel giardino della signora Moreau, uscirono dalla porta dei campi, e dopo un gran giro per i vigneti tornarono alla Pescheria e s'infilarono dalla Turca, sempre tenendo in mano quei grandi mazzi. Federico aveva offerto il suo, come un innamorato alla sua promessa : ma il caldo che faceva, l'apprensione dell'ignoto, una specie di rimorso, e persino il gusto di vedere, con una sola occhiata, tante donne a sua disposizione, lo commossero talmente, che divenuto pallidissimo era rimasto fermo, senza dire una parola. Tutte ridevano, rallegrate del suo imbarazzo; e credendo che lo burlassero, Federico era fuggito. Siccome proprio lui aveva il denaro, anche Deslauriers fu costretto a seguirlo. Li videro uscire, e ne nacque una storia non ancora dimenticata, tre anni dopo. I due amici se la contarono prolissamente, ciascuno completando i ricordi dell'altro. E quand'ebbero finito :
«Il nostro meglio, forse, lo abbiamo avuto allora» disse Federico.
«Proprio allora lo abbiamo avuto, forse, il nostro meglio» disse Deslauriers.

[Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Beniamino Dal Fabbro, Einaudi Editore, 1954.]

Marga Vidusso Feriani

Una domenica mentre tutti erano ai Vespri Federico e Deslauriers, dopo essersi fatti radere e arricciare i capelli, avevano raccolto dei fiori nel giardino della signora Moreau, erano usciti dalla parte dei campi e, fatto un lungo giro attraverso i vigneti, eran tornati per la Peschiera e si erano infilati dalla Turca, sempre coi loro mazzi di fiori in mano. Federico aveva offerto il suo come un pretendente a una fidanzata. Ma un po' per il caldo che faceva là dentro, un po' per lo sgomento dell'ignoto, per una specie di rimorso, fors'anche per il piacere di vedere con una sola occhiata tante donne tutte a sua disposizione, Federico s'emozionò a tal punto che si fece pallidissimo e restava lì senza muoversi, senza parlare. Le ragazze, rallegrate dal suo imbarazzo, s'erano messe a ridere; credendosi beffato, Federico era scappato via, e dato ch'era lui ad avere i soldi, Deslauriers era stato costretto a seguirlo. Li avevan visti uscire, e n'era nata una storia di cui si parlava ancora dopo tre anni. Se la raccontavano da capo con tutti i particolari; ciascuno completava i ricordi dell'altro. Quand'ebbero finito: "Non abbiamo mai avuto niente di meglio, dopo" disse Federico. "Già, forse hai proprio ragione: non abbiamo avuto di meglio" disse Deslauriers.

[Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Marga Vidusso Feriani, Gherardo Casini Editore, Roma 1966.]

La signora Bovary

Incipit

Giuseppe Achille

Stavamo nell'aula di studio quando entrò il preside seguito da un nuovo[18] vestito in borghese, e da un bidello che portava un grosso banco. Quelli che dormivano si svegliarono, e tutti si alzarono in piedi, come colti in pieno lavoro.

[Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Giuseppe Achille, BUR, 2007. ISBN 9788817100731]

Fruttero & Lucentini

Eravamo in aula di studio, dopo le lezioni, quando entrò il Preside seguito da un «nuovo» in abito borghese e da un bidello che trasportava un grosso banco. Quelli che dormivano si svegliarono, e ciascuno si alzò come chi è sorpreso nel suo lavoro.
[Gustave Flaubert, La signora Bovary, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Natalia Ginzburg

Eravamo nell'aula di studio, quando il Rettore entrò, seguito da un nuovo in abiti borghesi e da un inserviente che portava un grosso banco. Quelli che dormivano si svegliarono, e ognuno s'alzò, come sorpreso nel lavoro.

[Einaudi, traduzione di Natalia Ginzburg]

Gerolamo Lazzeri

Quando entrò il Direttore, seguito da un nuovo in abito borghese e da un bidello, che portava un gran banco, eravamo nell'aula di studio. Quelli che dormivano si destarono, e ciascuno si alzò come sorpreso nel lavoro.

[Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Gerolamo Lazzeri, Mursia 1966.]

Bruno Oddera

Stavamo studiando, quando entrò il preside seguito da un nuovo alunno vestito in borghese e dal bidello che trasportava un grosso banco. Quelli che dormivano si svegliarono e si alzarono in piedi come sorpresi in piena attività.

[Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Bruno Oddera, Fratelli Fabbri editore, Milano, 1968]

Diego Valeri

Eravamo allo studio, quando il Rettore entrò, seguito da un nuovo, vestito ancora dei suoi abiti borghesi, e da un bidello che portava un gran banco. Quelli che dormivano si destarono, e tutti si alzarono in piedi, come sorpresi in mezzo al lavoro.

[Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Diego Valeri, Oscar Mondadori 1992.]

Citazioni

  • L'amore, pensava, doveva manifestarsi di colpo, esplosione di lampi e fulmini, uragano dei cieli che si abbatte sulla vita, la sconvolge, strappa via ogni resistenza come uno sciame di foglie e risucchia nell'abisso l'intiero cuore.
  • (Rodolphe).."Eh, non sapete che ci sono anime in perenne tormento? Aspirano via via al sogno e all'azione, alle passioni più pure, ai godimenti più furibondi, e così sprofondano in ogni sorta di fantasie, di follie."
    Allora (Emma) lei lo guardò come si contempla un viaggiatore che abbia visto paesi straordinari. Riprese : "Non abbiamo nemmeno questa distrazione, noi, povere donne."
    "Triste distrazione se non vi si trova la felicità."
    "Ma è mai possibile trovarla?" lei domandò.
    "Sì, prima o poi è possibile."
    "Prima o poi è possibile- ripeté Rodolphe,- prima o poi, all'improvviso e quando ormai si disperava. Allora orizzonti si schiudono e pare che una voce gridi :"Eccola". Si è spinti a confidarle la nostra vita a quella certa persona, a darle tutto, a sacrificarle tutto. Non c'è bisogno di alcuna spiegazione, ci s'intende. Ci si era già confusamente visti nei sogni – e la guardava. – Eccolo insomma quel tesoro tanto a lungo cercato, eccolo a portata di mano, rifulgente, scintillante. Pure si dubita ancora, non si ha il coraggio di credere, si è abbagliati, al pari di chi esce dalle tenebre alla luce."
  • Desiderava morire e al tempo stesso vivere a Parigi.
  • "Non vi ripugna questa congiura del mondo? C'è un solo sentimento che esso non condanni? Gli istinti più nobili, le simpatie più pure sono perseguitati, calunniati, e se si trovano due povere anime, tutto è organizzato perché non possano incontrarsi. Eppure esse tenteranno, sbatteranno le ali, si lanceranno richiami. Facciano pure!
    Presto o tardi, fra sei mesi o dieci anni potranno riunirsi, amarsi, perché lo esige la fatalità, perché sono nate l'una per l'altra".
  • "Rapiscimi, portami via, partiamo! A te, a te, tutti i miei ardori e tutti i miei sogni!"
  • Quanto agli eccessi, se n'era sempre astenuto, un po' per pusillanimità, un po' per delicatezza.
  • Entrò nella cucina della locanda con la gola stretta, le gote pallide e quella determinazione dei codardi che nulla può fermare.
  • Il più mediocre libertino ha sognato sultane; ogni notaio si porta dentro le macerie di un poeta.
  • La domenica, a messa, quando alzava la testa, scorgeva, scorgeva, trai fumi azzurrastri dell'incenso, il viso dolce della Vergine. Allora si intenerì: si sentì molle ed abbandonata come una piuma volteggiante nella tempesta; e fu quasi senza rendersene conto che si incamminò verso la chiesa, disposta a qualsiasi devozione pur di assorbirvi l'animo intero.
  • Immerse il pollice destro nell'olio, e cominciò le unzioni: prima sugli occhi, che avevano tanto bramato tutte le magnificenze terrestri; poi sulle narici, ghiotte di brezze tiepide e di profumi d'amore; poi sulla bocca, che si era aperta per la menzogna, che aveva mandato gemiti d'orgoglio e gridato alla lussuria; poi sulle mani, che avevano goduto contatti soavi, e infine sulla pianta dei piedi, così rapidi un tempo, quando ella correva a soddisfare i suoi desideri, e che ora non avrebbero camminato più.
  • "Ma stia zitto, signor Homais! Queste sono empietà! Lei non ha religione!" "Io ho una religione" rispose il farmacista. "La mia religione, anzi ne ho più di loro, e senza tante commedie e tanta ciarlataneria! Io adoro Dio, invece! Credo in un Essere Supremo, in un Creatore, quale che sia, non ha importanza, il quale ci ha messi quaggiù per adempiere i nostri doveri di cittadini e di padri di famiglia; ma non ho bisogno di andare in una chiesa a baciare piatti d'argento e a ingrassare di tasca mia un branco di buffoni che mangiano meglio di me. Lo si può onorare benissimo in un bosco, in un campo, o addirittura contemplando la volta celeste come gli antichi. Il mio Dio è lo stesso di Socrate, di Franklin, di Voltaire e di Béranger. Sono d'accordo con la Professione di fede del vicario savoiardo e i principi immortali dell'89! Così io non ammetto un Dio alla buona, che passeggia in giardino con il bastone in mano, alloggia i suoi amici nel ventre delle balene, muore lanciando un grido e risuscita dopo tre giorni: cose assurde in se stesse e d'altra parte in contrasto con tutte le leggi della fisica; e questo dimostra, per inciso, che i preti si sono sempre crogiolati in una torpida ignoranza nella quale tentano di far sprofondare insieme con loro tutti i popoli.
  • "Ci risiamo sempre i doveri. Parole del genere mi escono dalle orecchie. È un'accozzaglia di vecchi cretini dal panciotto di flanella e di bigotte con scaldino e rosario in mano, tutti accaniti a rifischiarci: "Il dovere, il dovere!" Eh, perbacco! Il dovere è sentire ciò che è grande, privilegiare ciò che è bello e non inchinarsi a tutte le convenzioni della società con le ignomie che ci impone."
  • Ce ne sono di più belle, ma io so amare meglio.
  • [...] Come se la pienezza dell'anima talvolta non traboccasse attraverso le metafore più vuote perché nessuno, mai, riesce a dare l'esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un paiolo fesso su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle.
La parola umana è come una caldaia incrinata su cui battiamo musica per far ballare gli orsi, quando vorremmo commuovere le stelle. (parte seconda, capitolo 12)
  • Ma un infinito di passioni può concentrarsi in un attimo come una folla in un piccolo spazio.
  • L'avvenire era un corridoio tutto nero, che aveva in fondo la sua porta ben chiusa.
  • Del resto, la parola è un laminatoio che affila sempre i sentimenti. (pp. 220, "Madame Bovary", traduzione e cura di Roberto Carifi)

Parte prima

  • Ma l'ansietà d'una condizione nuova, e forse la tensione che le provocava la presenza di quell'uomo, erano bastate a indurla a credere di possedere finalmente quella passione meravigliosa, che fin allora era stata là ferma nell'alto, come un grande uccello dalle piume rosa, librando le ali nello splendore dei cieli poetici; – e adesso non riusciva a convincersi che quella calma in cui viveva fosse la felicità del suo sogno. (VI; 1983, p. 47)

Parte seconda

  • Difatti le sue convinzioni filosofiche non ostacolavano le sue ammirazioni artistiche; il pensatore, in lui, non soffocava per nulla l'uomo sensibile; egli sapeva stabilire le differenze, distinguere l'immaginazione dal fanatismo. Di quella tragedia, per esempio, biasimava le idee ma ammirava lo stile; ne malediceva il concetto, ma ne applaudiva ogni particolare; e i personaggi lo portavano all'esasperazione, ma i loro discorsi lo colmavano d'entusiasmo. Quando leggeva quei grandi passi, era colto da trasporto; ma quando pensava che i baciapile ne traevano un utile per la loro bottega, era desolato, e in questa confusione di sentimenti in cui si dibatteva, avrebbe voluto insieme incoronare Racine con le sue mani e discutere con lui per un buon quarto d'ora. (III; 1983, p. 103)
  • Il dovere è sentire ciò che è grande, prediligere ciò che è bello e non già accettare tutte le convenzioni della società, con le ignominie che essa ci impone. (Rodolphe: VIII; 1983, p. 163)
  • Eh, no! perché declamare contro le passioni? Non sono forse la sola cosa bella che ci sia sulla terra, la fonte dell'eroismo, dell'entusiasmo, della poesia, della musica, delle arti, di tutto infine? (Rodolphe: VIII; 1983, p. 163)
  • S'era sentito dire quelle cose tante volte, che non avevano per lui nulla d'originale. Emma rassomigliava a tutte le amanti; e il fascino della novità, cadendo via a poco a poco al modo d'un vestito, lasciava apparire a nudo l'eterna monotonia della passione, che ha sempre le stesse forme e lo stesso linguaggio. Non distingueva, quell'uomo cosí ricco di esperienze, la diversità dei sentimenti che si cela sotto l'uniformità delle espressioni. Poiché labbra libertine o venali gli avevano mormorato frasi simili, egli non credeva che debolmente al candore di quelle; tutto andava sminuito, pensava, nei discorsi infocati si nascondono gli affetti mediocri; come se la pienezza dell'anima non traboccasse qualche volta dalle metafore piú vuote, perché nessuno, mai, riesce a dare l'esatta misura delle proprie necessità, né dei propri concetti, né del proprio dolore, e la parola umana è come una paiolo incrinato su cui veniamo battendo melodie atte a far ballare gli orsi, quando vorremmo intenerire le stelle. (XII; 1983, pp. 213-214)
  • [...] la tolleranza è il modo piú sicuro per attirare le anime alla religione. (Homais: XIV; 1983, p. 244)

Parte terza

  • La sfrontatezza dipende dagli ambienti dove si posa: non parliamo al mezzanino come al quarto piano, e la donna ricca sembra abbia intorno a sé, per conservare la propria virtú, tutti i suoi biglietti di banca, come una corazza, nella fodera del busto. (I; 1983, p. 260)
  • D'altronde, la parola è un laminatoio che sempre affina i sentimenti. (I; 1983, p. 262)
  • Ma la denigrazione degli esseri che amiamo, sempre ci distacca un poco da loro. Non bisogna toccare gl'idoli: la doratura ci rimane sulle dita. (VI; 1983, p. 315)

Citazioni sull'opera

  • Se Madame Bovary avesse letto Madame Bovary non avrebbe frenato le sue fantasticherie? I veri libri immorali sono dunque quelli che trattano la vita in rosa e non quelli che ne dipingono gli errori e gli eccessi. Ovvero, non c'è peggior pornografia di quella sentimentale. (Ennio Flaiano)

Lettere

  • Non bisogna chiedere arance ai meli, sole alla Francia, amore alle donne, felicità alla vita. (p. 10)
  • Ci sono, infatti, due categorie di poeti. I più grandi, i rari, i veri maestri, compendiano in sé l'umanità; senza preoccuparsi di sé o delle proprie passioni, annullando la loro personalità per assorbirsi in quella degli altri, essi riproducono l'Universo, il quale si riflette nelle loro opere scintillante, vario, molteplice, come un cielo specchiantesi tutt'intero nel mare, con tutte le sue stelle e tutto il suo azzurro. Ce ne sono altri a cui basta gridare per essere armoniosi, piangere per commuovere, parlare di sé per durare eterni. Forse, facendo altrimenti, non si sarebbero potuti spingere più lontano, ma, in mancanza dell'ampiezza, hanno l'ardore e l'estro, tanto che se fossero nati con un altro temperamento, non avrebbero forse avuto nessun genio (p. 45)
  • Parliamo un po' di Graziella. È un libro mediocre, sebbene sia il migliore che Lamartine abbia scritto in prosa. Ci sono particolari graziosi [...] ed è tutto o quasi. (p. 95)

Memorie di un pazzo

Incipit

Perché scrivere queste pagine? A cosa servono? Che cosa posso saperne io stesso? È alquanto sciocco, credo, andare a chiedere agli uomini il motivo delle loro azioni e dei loro scritti. Voi stessi, sapete perché avete aperto questi miseri fogli che la mano di un pazzo sta riempiendo di parole?
Un pazzo! è qualcosa che fa orrore, E tu cosa sei, tu, lettore? In quale categoria ti schieri? in quelle degli sciocchi o in quella dei pazzi? Se ti dessero la possibilità di scegliere, la tua vanità preferirebbe certo l'ultima condizione.

Citazioni

  • Dal dubbio su Dio, arrivai al dubbio sulla virtù, fragile idea che ogni secolo ha fondato come ha potuto sull'impalcatura delle leggi, idea ancor più vacillante. (p. 30)
  • Ma era Roma che amavo, la Roma imperiale, questa bella regina che si rotola nell'orgia, sporcando la sua nobile veste con il vino dela depravazione, fiera dei suoi vizi più che delle sue virtù. Nerone! Nerone, con i suoi carri di diamante che volano nell'arena, le sue mille vetture, i suoi amori di tigre e i suoi banchetti di gigante. (p. 34)
  • L'umanità si è messa a girare le sue macchine e, vedendo che ne sgorgava oro, ha esclamato: È Dio! E quel Dio, essa lo mangia! (p. 43)
  • Il mio dolore è amaro, la mia tristezza profonda, | E vi sono sepolto come un uomo nella tomba. (p. 64)
  • La vanità mi spinse verso l'amore; no, verso la voluttà; neppure, verso la carne. (p. 68)
  • Se ho provato momenti di entusiasmo, li devo all'arte; eppure, quanta vanità in essa! voler raffigurare l'uomo in un blocco di pietra o l'anima attraverso le parole, i sentimenti con dei suoni e la natura su una tela verniciata. (p. 71)
  • L'arte! l'arte! che bella cosa questa vanità (p. 72)
  • Se c'è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esiste qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato desiderio dell'infinito e del vago che chiamano anima, questa è l'arte. (p: 72)
  • Vorrei il bello nell'infinito, invece vi trovo soltanto il dubbio. (p. 72)

Citazioni sul libro

  • Il racconto-confessione di Flaubert giovanissimo, Memorie di un pazzo, non è certo fra le sue opere più note. E non può reggere al paragone con i suoi celebri romanzi. Se viene citato, è spesso in rapporto con l' Educazione sentimentale (1869), di cui costituisce, per alcuni capitoli, un primo abbozzo, lasciato inedito, e pubblicato postumo soltanto nel 1901. Ma non è per questo da confondere e rigettare fra tanti altri scritti e progetti giovanili – non tutti, del resto, trascurabili –, fra tanti calchi e imparaticci di scuola, di cui è cosparso il primo cammino di questo scrittore. (Massimo Colesanti)

Notes de voyage

  • Da Voltri a Genova si vedono sempre case, tutto annuncia una grande città. Presto il porto appare e si vede la bella città seduta ai piedi delle montagne. Il faro della Lanterna, come un minareto, dà all'insieme qualche cosa di orientale e si pensa a Costantinopoli.[19]
  • Il primo palazzo che ho visto è stato il palazzo Brignole; facciata rossa, scalone di marmo bianco. Le stanze non sono grandi come in altri palazzi, ma la manutenzione, i mosaici dei pavimenti e soprattutto i quadri lo rendono uno dei più ricchi di Genova.[19]
  • Palazzo Spinola:[20] il vestibolo del piano terreno è dipinto vecchio, le pitture cadono in brandelli. [...] Grande salone al primo piano, a volta, con gli angoli a piccole volte, filettati di nero, soffitto dorato, alto camino, è con quello del Palazzo Doria, il più grande che ci sia nei palazzi genovesi.[21]
  • [Su Palazzo Durazzo-Pallavicini] Salone, il più bello con quello dell'Università, con due leoni sui gradini; giardino in mezzo al quadrato e lo scalone. I portici, tra i quali sono degli alberi, fanno pensare ai palazzi moreschi.[22]
  • La tentazione di Sant'Antonio, di Brueghel. Nel fondo, dai due lati, su ogni collina, due teste mostruose di diavoli, per metà uomini, per metà montagna. In basso, a sinistra, Sant'Antonio fra le donne, distoglie gli occhi per evitare i loro baci; le donne sono nude, bianche, sorridono e stanno per avvolgerlo nelle loro braccia.
    In faccia allo spettatore, nel punto più basso del quadro, La Golosità nuda alla cintura, magra, la testa ornata di orpelli rossi e verdi, viso triste, collo smisuratamente lungo e teso come quello di una gru, clavicole in evidenza, presenta al santo un piatto colmo di vivande colorate.
    Un uomo a cavallo in una botte; teste che escono dal ventre degli animali; rane con braccia saltellanti sul terreno; un uomo col naso rosso su un cavallo deforme, circondato da diavoli; drago alato in volo, tutto sul medesimo piano. Insieme formicolante, ghignante in modo grottesco e impetuoso nella precisione di ogni particolare.
    Questo quadro sembra in un primo tempo confuso, poi a poco a poco diventa singolare per quasi tutti; divertente per alcuni, con qualche significato per altri; per me ha cancellato tutta la galleria, non ricordo più gli altri quadri.[23]
  • Doria Tursi, in riva al mare. Una volta le galere potevano entrare sotto la doppia terrazza di marmo dalla quale si scendeva sulla spiaggia lungo la scala sotterranea. La terrazza è lunga, fatta per le passeggiate lente al sole ma sotto l'ombra della tenda di seta, il braccio appoggiato sul negretto in giacca rossa, guardando l'orizzonte da cui arrivano le navi d'Oriente... Giardino di cattivo gusto, nonostante le rose ben coltivate. Bel salone al primo piano. Carlo IX e Napoleone hanno dormito in questo palazzo.[24]
  • Palazzo Pallavicini: superbo per le decorazioni, i mobili, l'eleganza, tutto l'insieme insomma.[25]
  • Ma ciò che vi è di più opulento, a Genova, ciò che fa pensare a una vita lussuosa è il grande salone del palazzo Ceba.[26] Tutto è dorature e specchi, fino ai più piccoli divani fra le colonne, soffitto a volta, quattro grandi colonne dorate che lo sostengono; enorme lampadario centrale e sei altri in cristallo; in tutto otto lampadari, mi sembra.[25]
  • La chiesa di San Lorenzo; bianca e nera, tre portali bizantini. È una chiesa italiana in cui fa piacere entrare perché si sta bene all'ombra dei bei marmi.[25]
  • [Su Genova] Le mura circondano le città, il camminamento corre proprio alla fine della città. Che mare! Si vede improvvisamente fra casa e casa camminando nelle strade nere e umide. Donne brutte e nello stesso tempo attiranti (per riflessione) in una di quelle stradine parallele al mare e che non ho potuto ritrovare.[27]
  • Grotta di Sestri: l'italiano volgare ci deve stare molto bene.[27]
  • Palazzo Durazzo: grande lago artificiale, marmo, cascata sull'erba, giardino all'inglese. A Nizza e nel mezzogiorno l'arte del giardinaggio è ancora in infanzia. Qui si ritrova il gusto aristocratico del patriziato. I tritoni di marmo e i grandi alberi degli antichi giardini fanno pensare ai giardini romani.[27]
  • Teatro all'aperto. L'acqua sola, passeggiata, verdi viali, siepi di rose, musica.[27]
  • Come ero triste lasciando Genova, soprattutto per avere valicato le montagne che la dominano e durante i due giorni passati in quello stupido paese che è la Lombardia![28]

Salambò

Incipit

Era a Megara, sobborgo di Cartagine, nei giardini di Amilcare.
i soldati ch'egli aveva comandato in Sicilia si concedevano un grande banchetto per celebrare l'anniversario della battaglia d'Erice(1): e siccome il padron di casa era assente ed essi si vedevano in tanti, mangiavano e bevevano in tutta libertà.
1.Erice, monte e città omonima nell'angolo N.O. della Sicilia; con un celebre tempio di Venere (Venere Ericina) ora, monte San Giuliano.

Citazioni

  • Sorse la luna: cetra e flauto si misero a un tempo a suonare.
    Salambò si tolse i ciondoli degli orecchi, la collana, i braccialetti, il lungo camice bianco; sciolse la benda che tratteneva i capelli e li agitò qualche minuto sulle spalle, dolcemente, per rinfrescarsene sparpagliandoli. Fuori la musica seguitava: erano tre note, sempre le stesse, concitate, frenetiche; le corde stridevano, il flauto rendeva un suono sordo; Taanach segnava la cadenza schioccando le mani; Salambò, con un ondeggiamento di tutto il corpo, salmodiava preghiere ed i vestiti uno ad uno le si afflosciavano intorno. (p. 214)
  • La bianca luce pareva circonfonderla d'una nebbia d'argento; l'ombra umida dei passi brillava sulle lastre; stelle palpitavano in fondo all'acqua. il serpente la stringeva contro di lei le nere spire tigrate di placche d'oro. Sotto quel peso eccessivo Salambò ansimava, le reni le si piegavano, si sentiva mancare, mentre lui con l'estremità della coda le batteva piano piano la coscia. Poi, al cessare della musica, ricadde giù. (p. 215)
  • D'un colpo, quell'uomo aprì il petto di Matho, ne strappò il cuore, lo porse sulla spatola; e Sciahabarim, alzato il braccio, lo offrì al sole.
    Il sole calava dietro i flutti; i suoi raggi arrivavano come lunghe frecce su quel cuore rosseggiante. Via via che i battiti scemavano l'astro s'immergeva; all'ultimo palpito sparì.
    Allora dal golfo alla laguna e dall'istmo al faro, per tutte le strade, su tutte le case e in cima a tutti i templi fu un grido solo; cessava, ripigliava; gli edifici ne tremavano; Cartagine pareva presa da un convulso: nello spasimo d'una gioia titanica, nel delirio d'una speranza senza limiti.
    Narr'Havas, ebbro di orgoglio, passò il braccio intorno alla vita di Salambò, in segno di possesso; e sollevando con la destra una patera d'oro bevve al Genio di Cartagine.
    Salambò s'alzò in piedi con lo sposo, una coppa in mano, per bere anche lei. Ricadde col capo indietro sulla spalliera del trono – livida, irrigidita, le labbra aperte. I capelli sciolti le pendevano a terra.
    Così morì la figlia di Amilcare per aver toccato il mantello di Tanit. (pp. 346-347)

Incipit di Bouvard e Pécuchet

Poiché la temperatura era di 33 gradi, il boulevard Bourdon era completamente deserto.
Più giù il canale San Martino, tra le due chiese, stendeva in linea retta la sua acqua colore dell'inchiostro. C'era nel mezzo un battello pieno di legna, e sull'argine due file di botti.
Oltre il canale, tra le case intercalate alle fabbriche, il grande cielo puro si sfaldava in lamine di colore oltremare, e sotto il reverbero del sole, le facciate bianche, i tetti d'ardesia, le rive di granito mandavano barbagli. Un rumore confuso saliva lontano nella calda atmosfera; e tutto sembrava intorpidito nell'ozio della domenica e la tristezza delle giornate estive.

Citazioni su Gustave Flaubert

  • Il nome giusto aiuta molto e indica che il personaggio "vivrà". Queste affinità semantiche tra i personaggi e i loro nomi facevano la disperazione di Flaubert, che ci mise due anni a trovare il nome di Madame Bovary, Emma. (Ennio Flaiano)
  • Il mio timore era di essere un giorno nient'altro che un innocuo Flaubert da salotto. (Jules Renard)
  • Nessun uomo può scrivere versi veramente buoni se non conosce Stendhal o Flaubert. (Ezra Pound)

Note

  1. Da Lettere a Louise Colet, a cura di M. T. Giaveri, Feltrinelli Editore, 1984
  2. Citato in Beniamino Placido, Lingue di pappagallo, in Nautilus, a cura di Franco Marcoaldi, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010, p. 164.
  3. Da una lettera a Ernest Chevalier del 13 maggio 1845, in Giuseppe Marcenaro, Viaggio in Liguria, p. 137
  4. a b Da una lettera ad Alfred Le Poittevin del 13 maggio 1845, in L'opera e il suo doppio, p. 27
  5. Da una lettera ad Alfred Le Poittevin del 13 maggio 1845, in L'opera e il suo doppio, p. 27
  6. Da una lettera ad Alfred Le Poittevin del 1º maggio 1845, in Giuseppe Marcenaro, Viaggio in Liguria, p. 136
  7. Citato in Guida alla lettura a Nostra Signora di Parigi, traduzione di Valentina Valente, EDIPEM, 1973
  8. Da Bouvard e Pécuchet
  9. Da Corrispondenza, febbraio 1842
  10. Da Novembre
  11. Invocazione di Flaubert nella seconda delle quasi cento lettere a Louise Colet; citato in L'amore è tutto di Dino Basili, p. 40, Tascabili economici newton, Febbraio 1996
  12. Da Novembre
  13. Da Guida alla lettura, Interpretazioni critiche, in Lucio Apuleio, Le metamorfosi, traduzione e note di Giuseppe Metri, EDIPEM, Novara 1971
  14. Citato in L'amore è tutto di Dino Basili, p. 81, Tascabili economici newton, febbraio 1996.
  15. Da Lettera alla madre, 15 dicembre 1850
  16. Da una lettera a Ernest Chevalier del 15 giugno 1845, in Giuseppe Marcenaro, Viaggio in Liguria, pp. 137-138
  17. Citato in Arthur Conan Doyle, Le avventure di Sherlock Holmes-La lega dei capelli rossi, ultima battuta
  18. Corsivo nell'originale.
  19. a b Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 138
  20. Cfr. Carlo Bo, Echi di Genova negli scritti di autori stranieri, Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, Torino, 1996, nota 97
  21. Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 140
  22. Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 141
  23. Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 142
  24. Citato in Giuseppe Marcenaro, pp. 142-143
  25. a b c Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 143
  26. Nel testo originale "palais Cera", ovvero "palazzo Serra", dal nome di uno dei proprietari dell'immobile, il marchese Domenico Serra. Cfr. Carlo Bo, Echi di Genova negli scritti di autori stranieri, Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, Torino, 1996, nota 100
  27. a b c d Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 144
  28. Citato in Giuseppe Marcenaro, p. 145

Bibliografia

  • Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet, traduzione di Bruno Schacherl, Vallecchi editore, Firenze 1970.
  • Gustave Flaubert, Dizionario dei luoghi comuni. Album della Marchesa – Catalogo delle idee chic, traduzione di J. Rodolfo Wilcock, Adelphi, Milano, 1980.
  • Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Beniamino Dal Fabbro, Einaudi Editore, 1954.
  • Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Marga Vidusso Feriani, Gherardo Casini Editore, Roma 1966.
  • Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, Mondadori, Milano, 1984.
  • Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Lalla Romano, Einaudi, Torino, 1985.
  • Gustave Flaubert, L'educazione sentimentale, traduzione di Piero Bianconi, BUR, 1998. ISBN 9788817122078
  • Gustave Flaubert, L'opera e il suo doppio, traduzione di Franco Rella, Fazi Editore, Roma, 2006. ISBN 88-8112-792-X
  • Gustave Flaubert, La signora Bovary (Madame Bovary, 1857), traduzione e nota di Natalia Ginzburg, con un saggio di Henry James, Einaudi, Torino, 1983. ISBN 9788806177737
  • Gustave Flaubert, Lettere, a cura di Paolo Serini, Giulio Einaudi editore, Torino 1949.
  • Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Diego Valeri, Oscar Mondadori 1992.
  • Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Giuseppe Achille, BUR, 2007. ISBN 9788817100731
  • Gustave Flaubert, Memorie di un pazzo (Mémoires d'un fou), traduzione di Maurizio Grasso, introduzione di Massimo Colesanti, TEN, Roma 1996. ISBN 88-8183-324-7
  • Gustave Flaubert, Salambò, traduzione di Camillo Sbarbaro, Biblioteca Moderna Mondadori, 1959.
  • Giuseppe Marcenaro, Viaggio in Liguria, Sagep, Genova, 1983.

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