Caitlin Moran: differenze tra le versioni

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* Ma non dimenticate che la domanda «Anche gli uomini lo fanno?» è un buon sistema per identificare le spore di misoginia presenti in un terreno che altrimenti potreste ritenere ottimo per costruirci sopra una filosofia. (p. 86)
* Ma non dimenticate che la domanda «Anche gli uomini lo fanno?» è un buon sistema per identificare le spore di misoginia presenti in un terreno che altrimenti potreste ritenere ottimo per costruirci sopra una filosofia. (p. 86)
* Ricordate, lo scopo del femminismo non è creare un ''tipo'' particolare di donna. L'idea che esistano «tipi» di donne intrinsecamente sbagliati o giusti è ciò che ha rovinato il femminismo. (p. 87)
* Ricordate, lo scopo del femminismo non è creare un ''tipo'' particolare di donna. L'idea che esistano «tipi» di donne intrinsecamente sbagliati o giusti è ciò che ha rovinato il femminismo. (p. 87)
* Non vi può essere sfuggita la coincidenza che il declino della potenza britannica sia andato di pari passo con il restringimento delle mutande femminili. Quando la biancheria intima delle donne andava dal mento alle dita dei piedi, il sole non tramontava mai sull'impero britannico; ora che la donna inglese media riesce a infilare una settimana di mutande dentro una scatola di fiammiferi, il nostro dominio supera a stento il Baliato di Jersey e l'Isola di Man. (pp. 96-97)
* «Non si deve scendere in pista e... agitarsi a casaccio», mi dice fumando una sigaretta. «Cerca di raccontare sempre una storia». È un consiglio saggio, e Matt è il campione dei consigli saggi; eccone un altro: «Non comportarti mai da completa cogliona». Una volta che qualcuno te l'ha detto, è incredibile vedere quante siano le persone a cui probabilmente nessuno l'ha mai suggerito. (p. 102)
* Sono pienamente consapevole del significato della parola «grassa», ossia di ciò che davvero intenda una persona quando la pensa o la pronuncia. Non è un innocuo aggettivo qualificativo come «mora» o «trentaquattrenne». È un insulto. Un'arma. È una sottospecie sociologica. È un'accusa, una stroncatura e un rifiuto. Quando Matt chiede se a scuola mi chiamavano cicciona sta già immaginando, compatendomi, come riuscissi a vivere negli inferi della gerarchia scolastica in compagnia dei due immigrati asiatici (in fondo siamo ancora nel 1986, a Wolverhampton), del balbuziente, del testimone di Geova guercio da un occhio, del disabile, del ragazzo palesemente gay, e di quello così magro che tutti gli chiedevano sempre se [[Bob Geldof]] fosse già passato a casa sua. (p. 105)
* L'idea che ''non siamo obbligate'' a essere grasse e che le cose potrebbero cambiare è da noi lontanissima, irrealizzabile. Siamo grasse adesso e saremo grasse per sempre, e non dovremo mai usare quella parola, stop. È un po' come il cappello parlante di Harry Potter: noi siamo stati smistati nella Casa dei Grassi e lì dovremo rimanere fino alla morte. Grassa è la nostra razza, la nostra specie, il nostro modo di essere. (p. 106)
* No, Matt, a scuola non mi chiamavano cicciona; caro Matt, bello e ignaro, passerò i miei prossimi due anni a starti dietro come una cocainomane in crisi d'astinenza, arriverò al punto di rubarti un maglione per tenerlo sotto il cuscino, e sarò l'inconsapevole causa della rottura con la tua ragazza perché rivelerò un segreto terribile alla persona sbagliata e il nostro piccolo cerchio di amici esploderà come una supernova. Mi chiamavano cicciabomba. (p. 107)
* L'accusa di essere grassi ha rimpiazzato i termini «gay» e «lesbica» che un tempo erano la tipica presa in giro da parco giochi. È l'insulto Hiroshima: la bomba che dopo essere stata sganciata determina la resa immediata dell'accusato. Chi confuti una tesi impeccabile ribattendo: «Sì, ma almeno non sono ''grasso''», fa parte degli Alleati, e ha vinto. (p. 108)



== Note ==
== Note ==

Versione delle 09:53, 8 dic 2018

Caitlin Moran

Caitlin Moran (1975 – vivente), scrittrice e giornalista inglese.

Citazioni di Caitlin Moran

  • Io sono cresciuta in biblioteca in un periodo in cui le biblioteche fuori e dentro facevano schifo, ma contenevano milioni di libri. Oggi quelle che sopravvivono sono tutte dipinte di rosa, hanno i computer e i cuscini, ma solo 20 libri e sono tutti Cinquanta sfumature di grigio. Un libro buono può insegnarti tanto. Leggere è come ingerire un'altra vita. [1]
  • Come donna leggevo questi libri e dicevo: io sono diversa. Devo proprio essere strana. Ci ho messo un po' per capire che i libri con donne come me non erano ancora stati scritti. [1]
  • La realtà è che si nasce due volte. La prima quando ti partorisce tua madre, la seconda quando decidi tu cosa vuoi essere. E negli anni '90 Londra era il posto perfetto per rinascere.[1]
  • Non sono fatta per comandare. Sono fatta per avere idee. Spero che le mie idee vengano utilizzate. Non cambi il mondo dicendo questo è giusto e questo è sbagliato. Basta riuscire a rendere la cosa giusta molto, molto cool.[1]

Ci vogliono le palle per essere una donna

Incipit

Wolverhampton, 5 aprile 1988
Eccomi qui, il giorno del mio tredicesimo compleanno, a scappare a gambe levate dai Bulli del quartiere.
«Ragazzino!»
«Zingaro!»
«Scemo!»
Sto cercando di sfuggire a un gruppo di teppisti che mi dà la caccia nel parco giochi vicino a casa nostra, il tipico parco giochi inglese di fine anni Ottanta. Scordatevi le superfici di sicurezza, il design ergonomico dei giochi o le panchine di legno: qui ci sono solo cemento, cocci di bottiglie di birra ed erbacce.
Corro e so di essere completamente sola; riesco a sentire il respiro che quasi mi si blocca in gola. Mi è capitato di vedere scene simili nei documentari e so bene che cosa sta succedendo: il mio ruolo è quello della «debole antilope separata dal branco», mentre i Bulli sono «i leoni». So anche che di solito non finisce mai troppo bene per l'antilope e che ben presto avrò un nuovo ruolo, quello di «pranzo».

Citazioni

  • Per certi versi diventare una donna è un processo simile al diventare famosi. Si passa dall'essere benevolmente ignorate (condizione standard per molti bambini) al diventare adolescenti, e quindi oggetto di fascinazione per gli altri, costrette a subire un bombardamento di domande. (p. 9)
  • Ci sono ragazze che provano a fermare il corso della vita: adolescenti che cercano di guadagnare tempo regredendo aggressivamente al momento in cui avevano cinque anni e fingendo di essere «bambine» che vivono in un mondo tutto rosa. Sono quelle che riempiono il letto di peluche per chiarire a tutti che lì non c'è spazio per il sesso, quelle che parlano come delle bimbe piccole per evitare di dover rispondere a domande da adulte. A scuola vedevo alcune mie coetanee che sceglievano di non impegnarsi attivamente nella creazione del proprio destino, ma preferivano diventare delle principesse in attesa di essere «trovate» e sposate. (p. 10)
  • Ma la lotta contro se stesse presenta un problema intrinseco: anche quando si ha l'impressione di vincere, in realtà si perde. A un certo punto, sfregiate ed esauste, dobbiamo accettare che si deve diventare donne, e che si è donne, pena la morte. È questa la bruta verità dell'adolescenza: spesso è una lunga e crudele guerra di logoramento. Queste ragazze che si autoflagellano, con le braccia e le cosce intarsiate di tagli da rasoio, vogliono dimostrare a se stesse che vedono il loro corpo come un campo di battaglia. A chi non ha il fegato di usare un rasoio basterà un tatuaggio, o anche solo il colpo secco della pistola per forare le orecchie nei negozi di bigiotteria. Avrà marchiato il suo corpo per gridare al mondo che appartiene a se stessa, per ricordare il punto in cui trova: dentro se stessa. Da qualche parte dentro se stessa. (pp. 10-11)
  • La storia, infatti, offre esempi di donne che, a dispetto di ogni previsione, sono riuscite a essere tali, ma scendendo a compromessi o vivendo una vita infelice e irta di difficoltà che le ha portate alla rovina per colpa di una società sbagliata. Mostrare a una ragazza modelli di pioniere come Sylvia Plath, Dorothy Parker, Frida Kahlo, Cleopatra, Budicca, Giovanna d'Arco spesso significa indicarle donne che alla fine sono state costrette a soccombere. I trionfi più agognati rischiano di essere completamente rinnegati in un clima in cui gli altri li considerino minacciosi, sbagliati, ineleganti o (il peggio del peggio per un'adolescente) «da sfigate». Sono poche le ragazze disposte a scegliere di difendere ciò che è giusto, fino in fondo, sapendo che però rimarranno sole. (p. 11)
  • Ecco la cosa fantastica di una politica di tolleranza zero applicata alle «Stronzate Patriarcali»: nel XXI secolo non abbiamo bisogno di organizzare cortei contro le modelle taglia 36, una pornografia ridicola, i locali di lap dance e il Botox. Non dobbiamo andare sulle barricate o fare gli scioperi della fame, non dobbiamo gettarci sotto cavalli in corsa (come fece la suffragetta Emily Davison nel 1913). Dobbiamo guardare in faccia queste realtà per un minuto e iniziare a ridere a crepapelle; quando ridiamo siamo bellissime e alla gente piace vederci fare delle grasse risate. (p. 14)
  • L'immaginario sessuale dell'adolescenza è il più potente che ci sia e determinerà i vostri desideri per il resto della vita. L'immagine di un bacio su una pancia nuda a quell'età vale milioni di scene di fisting a trent'anni. (p. 36)
  • «Là!» indica mia madre. Tutto il divano si sporge per vedere. «Sì, sono DECISAMENTE peli! E anche le tue gambotte iniziano a metter su pelo... stai crescendo, stai diventando una signora
    Il modo in cui mia mamma dice queste cose mi fa pensare che diventare una signora sia la cosa peggiore che possa capitare a una ragazzina di tredici anni; in più sembra pure che la colpa sia mia. (p. 41)
  • Oggi credo siano soltanto quattro le cose che una donna adulta e moderna debba possedere: un paio di scarpe gialle (stranamente vanno con tutto), un amico che venga al posto di polizia a pagarti la cauzione alle quattro di mattina, la ricetta di una torta a prova di bomba e una vulva come Dio comanda. Una patatona pelosa, una bernarda barbuta che per la sua proprietaria, quando si mette comodamente seduta en deshabillé, sia come una scimmietta addomesticata in grembo che si possa mandare a borseggiare i vicini in caso di bisogno (un po' come quella dei Predatori dell'arca perduta). (p. 46)
  • Provate a camminare nude in una stanza, di fronte a occhi che sanno apprezzare lo spettacolo, e vedrete che lo specchio mostrerà ciò che è giusto ci sia lì: una zona oscura, qualcosa cui non si vuole far del male, una presenza per metà animalesca e per metà segreta cui rivolgersi con riverenza, e che non venne creata soltanto per rimanere immobile mentre i piselli ci si gettano sopra come se fosse la penultima puntata di Giochi senza frontiere. (p. 50)
  • Quando si tratta di peli (gambe, baffetti, sopracciglia, mento, capezzolo, inguine) credo che sarebbe utile espandere le relative definizioni nel dizionario estetico, un po' come quando il comico inglese Eddie Izzard definisce il suo travestitismo «diritti d'abbigliamento uguali per tutti». Non è che Eddie voglia indossare tutti i giorni un vestito da donna (capita che non si metta i tacchi a spillo per un anno intero), ma ogni volta in cui un uomo avesse piacere a farlo (o una donna avesse piacere a essere pelosa) non c'è motivo per cui non dovrebbe poter assecondare i suoi desideri. (p. 52)
  • A quattordici anni, sono un esperimento scientifico: dentro mi sento completamente rinata. Mi trovo nel mezzo di un'esplosione che negli anni a venire cercherò di replicare in vari modi in discoteca, alle feste, nei gabinetti, investendo parecchio denaro in pillole che mi facciano sentire almeno un decimo di quanto fossi spensierata e ispirata a quel tempo. (p. 55)
  • La pelle mi si è lacerata come se fossi cresciuta a dismisura: le smagliature coprono quasi tutte le parti morbide del mio corpo. La pubertà è un leone che mi ha squarciato con gli artigli mentre cercavo di batterlo in velocità. (p. 57)
  • Quel che ho io, invece, è una cunt (che in italiano equivale più o meno a «fica»). A volte la chiamo anche «grandi labbra» o «vulva», ma di solito è «fica». È una parola vera, possente, radicata nella storia; mi piace l'idea che la mia uscita di sicurezza sia definita dalla più poderosa parolaccia della mia lingua, perché è questo ciò che è, mie care signore. (p. 60)
  • In una cultura in cui qualsiasi cosa riguardi l'universo femminile è ancora associata a strilletti e debolezze di vario genere (pensate alle mestruazioni, alla menopausa o al solo fatto di chiamare qualcuno «femminuccia»), adoro l'idea che «fica» sia una parola suprema e invincibile dalle risonanze mistiche. Sappiamo tutte di avere una «fica» ma non possiamo chiamarla così; la consideriamo troppo potente per essere pronunciata, così come gli ebrei non possono mai pronunciare il tetragramma e devono accontentarsi di «Geova». (p. 60)
  • Sono convinta che capire come chiamare i propri genitali sia per una ragazza un rito di passaggio formale tanto importante quanto il menarca o la risoluzione dell'amletico dubbio «salopette sì o salopette no?». (p. 63)
  • Un uomo femminista è uno dei prodotti finiti più splendidi dell'evoluzione e dovrebbe ASSOLUTAMENTE stare in piedi sulla seggiola circondato da donne festanti che brindino a lui con lo champagne per poi concupirlo. E, tanto che c'è, potrebbe anche cambiare la lampadina e togliere quella ragnatela dal lampadario. (p. 70)
  • L'arte è il tentativo di qualcuno di dirmi qualcosa: sono migliaia le persone che vogliono parlarmi appena apro il loro libro o mi sintonizzo sul loro programma. È come ricevere miliardi di telegrammi con consigli e informazioni importanti: potranno anche essere pessime informazioni o consigli infidi, ma almeno vi danno qualche nozione su come gira il mondo. (p. 71)
  • Penso che i libri siano lo strumento più potente perché ogni libro è una somma delle esperienze di vita che possono essere inalate in un giorno solo. [...] Poi scoprite che ogni libro fa parte di una comunità sociale e vi vuole presentare degli amici, come se steste partecipando a una festa in biblioteca senza limiti di orario. (pp. 71-72)
  • Dorothy Parker è per me un monumento perché mi parve essere la prima donna divertente nella storia dell'umanità: per noi rappresenta un passo evolutivo fondamentale tanto quanto il pollice opponibile o l'invenzione della ruota. Dopo di lei, negli anni Venti, il vuoto: mi convinco che non esistano donne altrettanto divertenti fino agli anni Ottanta, con il duo comico French e Saunders e Victoria Wood. Dorothy Parker è l'Eva dell'umorismo femminile. (p. 72)
  • Non posso fare a meno di notare che la maggior parte delle donne che tengono testa agli uomini sono infelici e propense a morire giovani. Secondo la trita opinione comune, questo fenomeno è dovuto al fatto che intimamente non riescono a gettare il cuore oltre l'ostacolo e a competere ad armi pari con gli uomini. Le donne non sono capaci di affrontare le cose da grandi, e non dovrebbero nemmeno provarci. Ma quando guardo al disfacimento femminile (disperazione, autoflagellazione, scarsa autostima, stanchezza, frustrazione dovuta alla perenne mancanza di opportunità, spazio, comprensione, sostegno o contesto di appartenenza) a me sembra che tutte stiano morendo per la stessa ragione: l'obbligo di vivere nel secolo sbagliato. (p. 73)
  • La Greer usa termini come «liberazione» e «femminismo» e io mi rendo conto, all'età di quindici anni, che lei è la prima persona che incontro a non pronunciare queste parole con sarcasmo o tra invisibili virgolette. [...] No, la Greer dichiara «Sono una femminista» in tono perfettamente calmo, logico e ragionato. Sembra la soluzione a un rompicapo che ci ha assillato per anni. Lei lo dice con autorevolezza e orgoglio: quella parola è un premio per i miliardi di donne che hanno combattuto nel corso dell'intera storia dell'umanità. Questo è il vaccino per i fallimenti delle prime pioniere, questa è l'atmosfera che ci terrà tutte in vita nello spazio, la strumentazione che ci mancava: questo è ciò che ci manterrà vive. (pp. 74-75)
  • Germaine scrive della donna nello stesso modo in cui gli uomini cantano l'uomo. La descrizione che Bowie dà di Ziggy in «Ziggy Stardust» [...] potrebbe averla tranquillamente usata la Greer per parlare di sé: «È la più figa di tutte e il suo culo è un dono divino». [...] Germaine è nuova, veloce, libera; ride, scopa e non ha paura di mandare a quel paese gli stupidi o chi si comporta in maniera sbagliata, che si tratti di un fidanzato o di un governo. È una donna che si ascolta A TUTTO VOLUME, COME IL ROCK. (pp. 75-76)
  • Germaine ha l'inafferrabile velocità dei primi della classe e la schietta spensieratezza di chi è conscio di dire cose che nessuno aveva mai detto prima. Sa di essere il fronte meteorologico di cui tutti parleranno, la tempesta imminente. (p. 76)
  • Le donne sono la novità del moderno XX secolo: le ritroviamo ancora fasciate nel cellophane e ben piegate nella loro scatola perché si erano date per morte per tutta la storia dell'umanità. (p. 76)
  • Non credo basti usare la parola «femminista» in sé; io voglio affondare la lama e riportare in auge il termine accompagnandolo all'aggettivo «accanita», che rende l'espressione molto più affascinante. Ed è bene che sia così, perché dopo tanti anni in cui è stato considerato un concetto sbagliato deve tornare a essere giusto. L'hanno usato loro per abusare di noi! Torniamo noi a usarlo, ributtandoglielo in faccia! Voglio riappropriarmi della locuzione «accanita femminista» allo stesso modo in cui la comunità nera si è riappropriata della parola «negro». (p. 79)
  • Abbiamo bisogno dell'unica parola che sia mai esistita per descrivere il tentativo di «trasformare il mondo in un posto equo per uomini e donne». (p. 80)
  • Quando ho poco tempo e ho bisogno di dare un giudizio rapido, uso una mia personale prova del nove per capire se mi trovo di fronte a forme di discriminazione sessuale. Ovviamente il test non è infallibile, ma in genere mi orienta verso la giusta direzione. Quello che dovete fare è porvi questa domanda: «Anche gli uomini lo fanno? Gli uomini si preoccupano per questa cosa? Gli uomini sprecano tempo su questa cosa? Agli uomini viene detto di non farlo perché in tal modo deluderebbero gli altri uomini? Gli uomini devono scrivere dei libri per parlare di queste stupide stronzate che sono soltanto una perdita di tempo? Questa cosa intaccherebbe la sicurezza di Walker Texas Ranger?». (p. 85)
  • Agli uomini non viene mai detto che i loro commenti stanno opprimendo altri uomini: si presume infatti che sappiano sopportare benissimo l'idea dell'esistenza di altri uomini che si comportano da bastardi nei loro confronti. Seguendo il loro esempio, anche noi dovremmo riuscire a convivere con l'idea che esistano altre donne che si comportano da stronze nei nostri confronti. (p. 86)
  • Con ogni probabilità LA CORTESIA è il più grande contributo che ognuno di noi possa dare ogni giorno al resto della vita sulla Terra. (p. 86)
  • Ma non dimenticate che la domanda «Anche gli uomini lo fanno?» è un buon sistema per identificare le spore di misoginia presenti in un terreno che altrimenti potreste ritenere ottimo per costruirci sopra una filosofia. (p. 86)
  • Ricordate, lo scopo del femminismo non è creare un tipo particolare di donna. L'idea che esistano «tipi» di donne intrinsecamente sbagliati o giusti è ciò che ha rovinato il femminismo. (p. 87)
  • Non vi può essere sfuggita la coincidenza che il declino della potenza britannica sia andato di pari passo con il restringimento delle mutande femminili. Quando la biancheria intima delle donne andava dal mento alle dita dei piedi, il sole non tramontava mai sull'impero britannico; ora che la donna inglese media riesce a infilare una settimana di mutande dentro una scatola di fiammiferi, il nostro dominio supera a stento il Baliato di Jersey e l'Isola di Man. (pp. 96-97)
  • «Non si deve scendere in pista e... agitarsi a casaccio», mi dice fumando una sigaretta. «Cerca di raccontare sempre una storia». È un consiglio saggio, e Matt è il campione dei consigli saggi; eccone un altro: «Non comportarti mai da completa cogliona». Una volta che qualcuno te l'ha detto, è incredibile vedere quante siano le persone a cui probabilmente nessuno l'ha mai suggerito. (p. 102)
  • Sono pienamente consapevole del significato della parola «grassa», ossia di ciò che davvero intenda una persona quando la pensa o la pronuncia. Non è un innocuo aggettivo qualificativo come «mora» o «trentaquattrenne». È un insulto. Un'arma. È una sottospecie sociologica. È un'accusa, una stroncatura e un rifiuto. Quando Matt chiede se a scuola mi chiamavano cicciona sta già immaginando, compatendomi, come riuscissi a vivere negli inferi della gerarchia scolastica in compagnia dei due immigrati asiatici (in fondo siamo ancora nel 1986, a Wolverhampton), del balbuziente, del testimone di Geova guercio da un occhio, del disabile, del ragazzo palesemente gay, e di quello così magro che tutti gli chiedevano sempre se Bob Geldof fosse già passato a casa sua. (p. 105)
  • L'idea che non siamo obbligate a essere grasse e che le cose potrebbero cambiare è da noi lontanissima, irrealizzabile. Siamo grasse adesso e saremo grasse per sempre, e non dovremo mai usare quella parola, stop. È un po' come il cappello parlante di Harry Potter: noi siamo stati smistati nella Casa dei Grassi e lì dovremo rimanere fino alla morte. Grassa è la nostra razza, la nostra specie, il nostro modo di essere. (p. 106)
  • No, Matt, a scuola non mi chiamavano cicciona; caro Matt, bello e ignaro, passerò i miei prossimi due anni a starti dietro come una cocainomane in crisi d'astinenza, arriverò al punto di rubarti un maglione per tenerlo sotto il cuscino, e sarò l'inconsapevole causa della rottura con la tua ragazza perché rivelerò un segreto terribile alla persona sbagliata e il nostro piccolo cerchio di amici esploderà come una supernova. Mi chiamavano cicciabomba. (p. 107)
  • L'accusa di essere grassi ha rimpiazzato i termini «gay» e «lesbica» che un tempo erano la tipica presa in giro da parco giochi. È l'insulto Hiroshima: la bomba che dopo essere stata sganciata determina la resa immediata dell'accusato. Chi confuti una tesi impeccabile ribattendo: «Sì, ma almeno non sono grasso», fa parte degli Alleati, e ha vinto. (p. 108)


Note

  1. a b c d Dall'intervista di Paola De Carolis, Lontano da mamma e papà mi sono inventata una vita, Io Donna, 20 giugno 2015.

Bibliografia

  • Caitlin Moran, Ci vogliono le palle per essere una donna, traduzione di Sara Chiappara, Sperling & Kupfer, 2012. ISBN 978-88-200-5195-2

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