Mateo Alemán: differenze tra le versioni

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*L'[[ostentazione]] del [[benessere]] suole essere una parte del capitale per quel che al credito si riferisce (p. 574).
*L'[[ostentazione]] del [[benessere]] suole essere una parte del capitale per quel che al credito si riferisce (p. 574).
*Anche se il fallimento è un furto, si resta col nome di mercanti e non con quello di briganti (p. 575).
*Anche se il fallimento è un furto, si resta col nome di mercanti e non con quello di briganti (p. 575).
*Per ingannare un giusto non vi è mezzo più facile che la finta santità di un iniquo (p. 610).
*Tale è appunto il triste destino dei cattivi: fanno apparire sospettose anche le buone opere che compiono, e così scandalizzano il prossimo che giudica ipocrita il loro ravvedimento (p. 640).


==Note==
==Note==

Versione delle 15:36, 18 dic 2018

Mateo Alemán

Mateo Alemán (1547 – dopo il 1615), scrittore spagnolo.

Citazioni di Mateo Alemán

  • La gioventù non è una stagione della vita, è uno stato mentale.[1]

Guzmán de Alfarache

  • Mangiando, tutti gli affanni passano in seconda linea; dove manca il pane, non c'è bene che s'affacci né male che non sia di troppo, non c'è piacere che duri né soddisfazione che regga; tutti bisticciano senza sapere perché, nessuno ha colpa e ciascuno l'attribuisce all'altro, tutti fanno piani chimerici e tutto allora è repubblica e sofisma (p. 314).
  • Le buone opere si pagano con le buone parole, quando non si dispone di altra moneta e il debitore è povero (p. 320).
  • Gli uomini nella necessità non cercano bellezza, gioventù e bei vestiti, ma soltanto sottane, e non importa che le gambe siano storte (p. 324).
  • Dice bene la massima toscana che consiglia di non prestar fede a donne, marinai e osti più di quanto si debba prestarne a coloro che si lodano da se stessi: infatti, venuti al nocciolo, tutti costoro mentono per lo più (p. 326).
  • Per la fame non c'è pane cattivo (ibidem).
  • Chi mal fa mal pensa e si adombra della sua stessa ombra, poiché la coscienza della colpa gli richiama l'immagine della pena (p. 327).
  • Sentirsi dalla parte della ragione aumenta le forze e dà animo ai pusillanimi (p. 333).
  • La corda [...] si rompe sempre nel punto più sottile, e il primo a pagare è sempre il forestiero, il povero, il miserabile, colui, insomma, che è privo di protezioni, di favori e di difesa (p. 334).
  • Nessuno dubitava che la ragione fosse dalla mia parte [...]; ma ero povero, ed era bene che pagassi il tributo della mia condizione passando dalle parte del torto (p. 493).
  • Hai osservato, lettore, la perversa disposizione degli uomini a sentir meno i propri travagli quando quelli dei loro nemici sono maggiori? (p. 337)
  • Non c'è male tanto grave dal quale non risulti qualcosa di buono (p. 339).
  • La fortuna, con i suoi mutamenti, rende l'uomo più saggio e prudente (p. 344).
  • Come tutto appare facile – acconciato, condito e servito – a colui che pensa, e come invece difficoltoso a colui che opera. Mi immagino che il pensare sia come un bimbo che corre per una pianura a cavallo di una canna e una girandola di carta in mano; e mi figuro l'operare come un vecchio canuto, calvo, monco e zoppo che con due stampelle si appresta a scalare una muraglia altissima ben difesa (ibidem).
  • Chi non ha bisogni per sé, mal si ricorda degli altrui (p. 346).
  • [Sul pane dato dalla mano altrui] Pane, questo, di dolore e di sangue, anche se la mano è quella di tuo padre (p. 352).
  • È proprio quando la donna mostra di struggersi di più in lacrime che bisogna sentire per lei la stessa compassione che si sentirebbe per un papero che entrasse a zampe nude nell'acqua nel mese di gennaio (p. 358).
  • Conquistarsi amici è come dare denaro a interesse e seminare in terreno irriguo (p. 360).
  • Le donne ben fatte non chiedono di meglio che aver l'occasione di mostrarsi nude (p. 367).
  • Il miglior rimedio nelle ingiurie non è mostrar di farne caso[2] (p. 369).
  • Ben può un tale mutarsi di abiti, ma non per questo riuscirà a ingannare gli altri sul proprio essere, perché, a questo riguardo, è come se si mostrasse interamente nudo (p. 380).
  • Riceve più giustizia che strilla di più e le cause si vincono il più delle volte a forza di gridare le proprie ragioni (p. 403).
  • Il tradimento può risultar grato, ma non il traditore che lo compie. Operando il male, il malvagio può sì far piacere a chi gli ha ordinato di compierlo, ma non può evitare che nell'animo di costui resti impressa la malvagità e che ne abbia quella consapevolezza che l'induca a non fidarsi del traditore se non in quanto possa venirgliene profitto (p. 404).
  • La virtù non defraud[a] mai il buono del suo premio e il vizio riserb[a] sempre al malvagio il giusto castigo e l'infamia (p. 405).
  • La gioventù è porta e principio di ogni peccato (p. 453).
  • La prudenza è figlia dell'esperienza (ibidem).
  • Chi ama abdica alla propria volontà e al proprio buon senso in favore della persona amata (p. 454).
  • Nulla è più pregiudizievole in una persona pubblica che il dar mostra di una qualsiasi benché piccola debolezza (p. 467).
  • Non osavo più uscire di casa [...] Questa vita ritirata mi fruttò nuovo rispetto da parte di quelli di casa, e all'esterno il languire e l'esaurirsi di tutte le maldicenze: la mia assenza faceva cadere nella dimenticanza i miei casi come se non fossero mai esistiti (p. 470).
  • Per raggiungere i loro scopi gli uomini non sanno rifuggire dall'inganno contro chi si fida, come significa l'emblema del serpe addormentato e del ragno che scende cautamente per mordergli il capo e ucciderlo, il cui motto dice: «Non c'è prudenza che resista all'inganno». È grosso sproposito credere che il prudente possa prevenire l'offesa in agguato (pp. 472-3).
  • L'imbecillità non va mai esente da malizia, e queste due cose insieme sono sufficienti a mandare in malora non dico una casa, ma un'intera repubblica (p. 487).
  • Dove c'è la forza c'è per lo più la superbia e da questa nasce la prepotenza (p. 491).
  • Non c'è spada così affilata che tagli e ferisca tanto profondamente quanto la calunnia e la falsa accusa, e soprattutto in mano a soverchiatori, la cui forza è efficientissima a prostrare al suolo la più fondata ragione dell'umile, e tanto più quanto meno si circondi di cautele (ibidem).
  • Poiché il denaro è fatto di metallo pesante, se ne va sempre nel fondo delle saccocce ed è molto difficile cavarlo fuori (p. 499).
  • Considero uno sproposito che uno, per vendicarsi di un altro, gli tolga la vita, poiché in tal modo lo libera da ogni sofferenza (p. 532).
  • La miglior vendetta , la più proficua e la meno pericolosa, è quella in contanti (p. 538).
  • Io considero, infatti, più grave delitto – e senza dubbio lo è – menar vanto del male che commetterlo (p. 533).
  • L'ostentazione del benessere suole essere una parte del capitale per quel che al credito si riferisce (p. 574).
  • Anche se il fallimento è un furto, si resta col nome di mercanti e non con quello di briganti (p. 575).
  • Per ingannare un giusto non vi è mezzo più facile che la finta santità di un iniquo (p. 610).
  • Tale è appunto il triste destino dei cattivi: fanno apparire sospettose anche le buone opere che compiono, e così scandalizzano il prossimo che giudica ipocrita il loro ravvedimento (p. 640).

Note

  1. Citato in Guido Almansi, Il filosofo portatile, TEA, Milano, 1991.
  2. Ma cfr. il testo: el mejor remedio a las injurias es despreciarlas (I, II, VI).

Bibliografia

Guzmán de Alfarache, trad. it. Fernando Capecchi, in AA.VV., Romanzi picareschi, Rizzoli, 2008.

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