Moni Ovadia: differenze tra le versioni

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==[[Incipit]] di ''Òylem Gòylem''==
==[[Incipit]] di ''Òylem Gòylem''==
Sono Simcha Rabinowicz, venditore d'ombre.<br>A chi vendo le mie ombre?<br>A gente che l'ha persa.<br>Un'[[ombra]] si perde per troppa luce, per troppa oscurità... per troppo vizio o troppa virtù.<br>Va da sé che la maggior parte dei miei clienti appartiene alla categoria dei viziosi:<br>per questo sono più interessanti.
Sono Simcha Rabinowicz, venditore d'ombre.<br>A chi vendo le mie ombre?<br>A gente che l'ha persa.<br>Un'[[ombra]] si perde per troppa luce, per troppa oscurità... per troppo vizio o troppa virtù.<br>Va da sé che la maggior parte dei miei clienti appartiene alla categoria dei viziosi:<br>per questo sono più interessanti.

== Citazioni su Moni Ovadia ==
*Moni è la versione corpulenta e intellettuale di Gabriele Paolini, quello che appare all’improvviso in onda dietro gli inviati del tg e lancia i preservativi. Ovadia, di cui nessuno credo sarà in grado di ricordare un solo titolo, piace molto ai contestatori perché aggiunge quel tocco [[yiddish]] che nobilita. L'unico suo problema è che spesso lo vediamo abbracciato a giovani contestori con la kefiah. Ma cosa non si farebbe per un passaggio televisivo? ([[Tommaso Labranca]])


==Note==
==Note==

Versione delle 11:23, 21 dic 2018

Moni Ovadia

Salomone "Moni" Ovadia (1946 – vivente), attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore e cantante italiano.

Citazioni di Moni Ovadia

  • Con Noè, uomo giusto sopravvissuto alla distruzione, [fu] stipulato un nuovo patto, con il quale la specie umana [perse] il privilegio del vegetarianesimo e [fu] degradata all'alimentazione carnivora, marchio d'infamia per la sua incorreggibile aggressività. [...] Non esiste alcuna benedizione da recitare per la carne o il pesce, mentre è prevista per il pane, i dolci, il vino, la frutta e la verdura. Questo elenco di delizie e di alimenti vitali ci fa capire come non vi sia alcuna necessità di ammazzare esseri viventi per nutrirci.[1]
  • Il popolo palestinese sta resistendo da 50 anni; sta resistendo alla colonizzazione di Israele, che l'ha ridotto in un Bantustan sul modello sudafricano e da anni il popolo palestinese mette in campo questa sua lotta, sotto lo sguardo di una comunità internazionale insensibile. Israele non ha una costituzione, non ha mai dichiarato i propri confini e non cerca la pace.[2]
  • Il vero problema del conflitto israelo-palestinese risiede, secondo me, principalmente nell'immane opera di manipolazione mediatica informativa messa in campo dai governi israeliani con un apparato formidabile di propaganda, per cui loro si comportano sempre come la vittima. Occupano le terre palestinesi da cinquant'anni, chi è la vittima? Gli israeliani. Colonizzano le terre palestinesi illegalmente, chi è la vittima? Gli israeliani. Demoliscono le case palestinesi, eradicano gli ulivi, espropriano i palestinesi dei loro diritti, fanno punizioni collettive contro la popolazione palestinese, chi è la vittima? Israele.[3]
  • In don Gallo si è compiuto il miracolo dell'ubiquità: lui è stato radicalmente cristiano e anche irriducibilmente cattolico, ma potrebbe anche essere ricordato come uno tzaddik chassidico, così come è stato un militante antifascista ed un laicissimo libero pensatore. Per me il Gallo resta un fratello, un amico, una guida certa, un imprescindibile e costante riferimento. Per me personalmente, la speranza tiene fra le labbra un immancabile sigaro e ha il volto scanzonato di questo prete ribelle.[4]

Da Moni Ovadia

Intervista in Euronews, 14 marzo 2007.

  • Avremo l'Europa quando avremo un comune sentimento europeo.
  • Se noi non abbiamo una cultura europea, non possiamo nemmeno parlare d'Europa. Eppure l'intellettuale europeo esiste già.
  • Posso dire che mi sento molto italiano, molto milanese, molto ebreo, molto slavo, molto europeo, e anche cittadino del mondo, non posso non esserlo.
  • L'Islam è uno dei fondamenti della cultura europea. Non potremmo nemmeno pensare a una vera Europa senza il contributo islamico.
  • Sul piano della fede, quanti cristiani sanno che forse le più belle parole che si possano leggere sulla Vergine Maria si trovano nell'Islam, nella Surat Mariam, la Sura 22? Ma chi lo sa?

Da L'OIPA incontra Moni Ovadia

Intervista di Massimo Comparotto per l'Organizzazione internazionale protezione animali (OIPA)

  • [Sulla sua scelta vegetariana] È una scelta etica e dietetica insieme. Io credo che le due cose non possano andare disgiunte. Ho un'impressione vivissima delle sofferenze degli animali. Mi causano un disagio immenso tutte le volte che le penso o ne vengo a conoscenza. E allora cerco in questo modo di coinvolgere me stesso in una scelta etica.
  • Io credo che il canone biblico, e anche quello islamico, siano di orientamento vegetarianista. È dopo il diluvio universale che all'uomo viene consentito di cibarsi della carne. Perché, a un essere vivente così violento con i propri simili, sembrava troppo chiedere che si astenesse dal cibarsi di carne. È una sorta di cedimento alla brutalità dell'uomo da parte dell'istanza etica universale.
  • Ci sono storie chassidiche molto frequenti sul fatto che una delle grandi occasioni perse, da parte dei giusti, per far venire il messia, è stata quella di essere indifferenti alle sofferenze degli animali.

Da Dalla parte degli animali Voci d'autore

Unita.it, 26 ottobre 2013.

  • Conviene, di tanto intanto, alzare lo sguardo verso la maestà degli altri esseri viventi che, per loro sventura, condividono con noi l'esistenza su questo povero martoriato pianeta: gli animali.
  • L'elenco di debiti che abbiamo nei confronti degli animali è senza fine e, per tutto ringraziamento, li sottoponiamo ad ogni sorta di abusi. Alcuni li abbiamo ridotti all'estinzione e con sconcertante cinismo ed indifferenza, altri li facciamo oggetto di sperimentazione per mezzo delle torture più crudeli che vanno sotto il nome di vivisezione.
  • Ricordiamoci che sperimentare su un animale può essere come sperimentare su un bimbo che ancora non abbia l'uso della parola.

Da Gaza, Moni Ovadia: "Io, ebreo, sostengo i diritti palestinesi. Ecco perché"

Ilfattoquotidiano.it, 29 agosto 2014.

  • Il conflitto israelo-palestinese è uno dei problemi centrali del nostro tempo [...]. A mio parere perché, oltre alle ragioni fattuali che lo definiscono, evoca ripetutamente nella dimensione fantasmatica, lo spettro dell'antisemitismo, quello del suo esito catastrofico, la Shoah, ma anche quello del suo doppio negativo, la vittima che diventa carnefice.
  • Molti ebrei in Israele e nella diaspora, reagiscono psicologicamente a ogni riflessione severa come se, invece di vivere a Tel Aviv o a Parigi nel 2014, vivessero a Berlino nel 1935. [...] Sostengo con piena adesione i diritti del popolo Palestinese, non contro Israele, ma perché il loro riconoscimento è, a mio parere, precondizione per ogni trattativa che porti alla pace.
  • Su Gaza, l'"occupazione" è esercitata sempre da parte dell'autorità civile e militare di Israele con un ininterrotto assedio e comporta il totale controllo dell'entrata e uscita delle merci e delle persone, dello spazio aereo, marittimo, delle risorse idriche, energetiche e persino dell'anagrafe.
  • Gli zeloti pro israeliani quando ascoltano o leggono queste mie opinioni critiche, reagiscono immancabilmente con insulti, maledizioni e invettive. Il genere è: "Sei un rinnegato, nemico del popolo ebraico, ebreo antisemita o ebreo che odia se stesso". La critica da parte di un ebreo della diaspora alla politica di governi israeliani può essere considerata tradimento, antisemitismo od odio verso se stessi solo se collocata nel quadro di un'identificazione nazionalista di ebreo, israeliano, popolo ebraico, popolo d'Israele, Stato d'Israele, suo governo e "terra promessa". Ma se qualcuno osa fare notare, da posizioni critiche, tale pericolosa identificazione, ecco arrivare addosso all'incauto le accuse infamanti di antisemita o antisionista, che, per molti "amici di Israele" – anche persone di indiscutibile livello culturale –, sono la stessa cosa.
  • L'ossessione della nuova Shoah dietro la porta scatena processi di permanente vittimizzazione che si sinergizzano con i complessi di colpa occidentali, legittimando un'"industria dell'Olocausto" che fa un uso strumentale e ricattatorio della memoria dell'immane catastrofe per fini di propaganda [...]. Questa, a mio parere, è una delle derive più allarmanti e ciniche della memoria stessa a cui si prestano non pochi politici europei reazionari o ex-post fascisti, magari facendosi intervistare all'uscita da una visita al memoriale di un lager nazista per dichiarare: "Mi sento israeliano!". Questo è un modo per trarre "profitto" dall'orrore a vantaggio degli eredi delle classi politiche europee che non si opposero allora al nazismo [...] e oggi lasciano sguazzare indisturbati, nell'Europa comunitaria, neonazisti di ogni risma.

Da Intervista

Lara Rangoni, Né carne né pesce: vegetariani e vegani ai fornelli, Newton Compton, Roma, 2014. ISBN 978-88-541-6955-5

  • [«Perché sei vegetariano?»] Non sopporto più l'idea di contribuire, pur se in minima parte, alla violenza. Non mi piace l'idea di mangiare esseri che sono stati uccisi. [...] La violenza è una: che sia contro un essere umano o un animale, non cambia nulla.
  • [«Ti è mai stato chiesto, da buongustaio quale tu sei, come fai a stare senza carne?»] Certo. In questo caso ho sempre una risposta pronta, questa: «Grazie alle melanzane!». Con loro si tocca davvero il paradiso. In turco c'è un piatto a base di melanzane che si chiama "Ïmam bayıldı", ovvero: l'Imam svenuto... per il piacere!
  • Sia nel mondo levantino che in quello sefardita le spezie sono un'apoteosi. L'odore delle spezie è evocatore di luoghi e mi piacciono molto le storie che si raccontano a riguardo.
  • Nel mondo levantino da cui provengo la dolcezza abbonda in certi piatti. Per esempio, il mio dolce assoluto è a base di sesamo, la halvà, una specie di torrone friabile [...]. Bisogna riuscire a tagliarlo a fette, quindi non deve spaccarsi. La friabilità è la sua caratteristica principale, oltre al fatto che può provocare carie memorabili se si esagera!
  • I popoli levantini sono in assoluto quelli che si sono influenzati di più tra di loro e la tradizione culinaria ne è testimone. Pensiamo alle bevande per esempio: il tipico liquore secco di anice, conosciuto come Ouzo, è la Mastika in bulgaro, Raky in turco, Rakya nello sloveno.
  • Tra una mezes e un'altra, può succedere di tutto perché il tempo scorre e la sua scorrevolezza si sente all'interno di un momento culinario dove pare non esserci mai fine. C'è una sorta di fatalismo dietro la filosofia del mangiare levantino. Assomiglia al modo in cui stanno seduti i vecchi turchi o greci, magari sulla riva del mare, e fanno andare in mano il komboloi, il rosario a grani grossi che si chiama in greco anche pasatembos (passatempo). I mezes sono dei pasatembos: un'alimentazione che si affida alla deriva del tempo, non al ritmo prestabilito dall'orario.

Da Mamma gli zingari! Il cacicco leghista e il mestiere dell'odio

Editoriale, Ilmanifesto.it, 19 giugno 2018.

  • La ziganofobia è una delle forme più ripugnanti e vili di razzismo, prova di un'imbecillità senza limiti. Quasi nessuno di coloro che agitano lo spettro dei Rom e dei Sinti conosce la loro Storia, né le loro storie.
  • Gli imprenditori del panico, delle paure irrazionali sanno che elettoralmente rende molto prendersela con gli ultimi, con gli indifesi che risultano "estranei" per l'uomo della strada, figura retorica, inesistente parametro della più sudicia propaganda. dell'odio.
  • [Sul popolo gitano] Bisogna essere davvero infami per prendersela con chi non ha una nazione che lo difenda, che non può mettere in campo forze economico finanziarie per arginare le politiche persecutorie pensate e concepite come perfetta arma di distrazione di massa.
  • Le falsità che scatenano panico nei confronti delle marginalità sono le più efficaci, nella fattispecie i Rom e i migranti.
  • Il cazzaro verde, per mutuare una felice espressione di Marco Travaglio adesso sta esagerando. Dal fare il mestiere del populista – si! mestiere, perché quello che fa Salvini non è politica ma redditizio mestiere -, si è montato la testa, si comincia a prendere troppo sul serio, agitando come Torquemada il Vangelo.

Incipit di Òylem Gòylem

Sono Simcha Rabinowicz, venditore d'ombre.
A chi vendo le mie ombre?
A gente che l'ha persa.
Un'ombra si perde per troppa luce, per troppa oscurità... per troppo vizio o troppa virtù.
Va da sé che la maggior parte dei miei clienti appartiene alla categoria dei viziosi:
per questo sono più interessanti.

Citazioni su Moni Ovadia

  • Moni è la versione corpulenta e intellettuale di Gabriele Paolini, quello che appare all’improvviso in onda dietro gli inviati del tg e lancia i preservativi. Ovadia, di cui nessuno credo sarà in grado di ricordare un solo titolo, piace molto ai contestatori perché aggiunge quel tocco yiddish che nobilita. L'unico suo problema è che spesso lo vediamo abbracciato a giovani contestori con la kefiah. Ma cosa non si farebbe per un passaggio televisivo? (Tommaso Labranca)

Note

  1. Citato in Lorenzo Guadagnucci, Restiamo animali, Terre di mezzo, Milano, 2012, p. 227. ISBN 978-88-6189-224-8
  2. Dall'intervista di Daniele Valisena, Moni Ovadia: «Israele non cerca la pace vuole solo colonizzare», Gazzetta di Reggio, 25 luglio 2014.
  3. Da Perché Israele non vuole la pace, Libera.tv, 19 luglio 2014.
  4. Da don Gallo, il profeta di strada, Il manifesto, 23 maggio 2013.

Bibliografia

  • Moni Ovadia, Òylem Gòylem (Il mondo è scemo), Mondadori, 1998. ISBN 880445248X

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