Daniel Defoe: differenze tra le versioni

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*{{ndr|Il padre a Robinson}} La tua posizione è in uno stato [[mediocrità|mediocre]], in quello stato che può chiamarsi il primo nella vita [[borghesia|borghese]], posizione che una lunga esperienza mi ha dimostrata siccome la migliore del mondo, e la meglio acconcia all’umana [[felicità]]; non esposta alle miserie e ai travagli che son retaggio della parte di genere umano costretta a procacciarsi il vitto col lavoro delle proprie braccia; e nemmeno agitata dalla [[superbia]], dal [[lusso]], dall’[[ambizione]] e dall’[[invidia]] ond’è infetta la parte più alta dell’[[umanità]]. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/1|1]], pp. 2-3)
*{{ndr|Il padre a Robinson}} La tua posizione è in uno stato [[mediocrità|mediocre]], in quello stato che può chiamarsi il primo nella vita [[borghesia|borghese]], posizione che una lunga esperienza mi ha dimostrata siccome la migliore del mondo, e la meglio acconcia all’umana [[felicità]]; non esposta alle miserie e ai travagli che son retaggio della parte di genere umano costretta a procacciarsi il vitto col lavoro delle proprie braccia; e nemmeno agitata dalla [[superbia]], dal [[lusso]], dall’[[ambizione]] e dall’[[invidia]] ond’è infetta la parte più alta dell’[[umanità]]. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/1|1]], pp. 2-3)
*All'idea di tornare a casa si opponeva un sentimento di vergogna, in contraddizione coi sentimenti migliori che si affacciavano alla mia mente. E tosto pensai alle risate dei vicini, alla mia vergogna di rivedere non solo i miei genitori ma chiunque altro. A questo proposito, spesso in seguito avrei avuto agio di osservare quanto sia incongrua e irragionevole l'indole dell'uomo, specie quando è molto giovane, quando è posta davanti ai princìpi della ragione che dovrebbero guidarla per il meglio in circostanze del genere. L'uomo, cioè, non si vergogna di peccare, ma si vergogna di pentirsi; non si vergogna di commettere un'azione per la quale, e giustamente, verrà giudicato uno sprovveduto, ma si vergogna di recedere, comportandosi nell'unico modo idoneo a conferirgli reputazione di saggezza. (1976, p. 15)
*All'idea di tornare a casa si opponeva un sentimento di vergogna, in contraddizione coi sentimenti migliori che si affacciavano alla mia mente. E tosto pensai alle risate dei vicini, alla mia vergogna di rivedere non solo i miei genitori ma chiunque altro. A questo proposito, spesso in seguito avrei avuto agio di osservare quanto sia incongrua e irragionevole l'indole dell'uomo, specie quando è molto giovane, quando è posta davanti ai princìpi della ragione che dovrebbero guidarla per il meglio in circostanze del genere. L'uomo, cioè, non si vergogna di peccare, ma si vergogna di pentirsi; non si vergogna di commettere un'azione per la quale, e giustamente, verrà giudicato uno sprovveduto, ma si vergogna di recedere, comportandosi nell'unico modo idoneo a conferirgli reputazione di saggezza. (1976, p. 15)
*essendo la nostra ragione l’origine e la sostanza vera delle scienze matematiche, ciascun uomo può, ove ponderi e misuri ciascuna cosa con la ragione e deduca da questo studio razionali giudizi, può col tempo divenire maestro in ciascun’arte meccanica. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/106|15]], p. 84)
*Compresi allora, benchè troppo tardi, quanta sia la stoltezza di cominciare un lavoro prima di averne computata l’importanza e misurata rettamente la proporzione tra le nostre forze e il suo compimento. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/28|28]], p. 158)
*Compresi allora, benchè troppo tardi, quanta sia la stoltezza di cominciare un lavoro prima di averne computata l’importanza e misurata rettamente la proporzione tra le nostre forze e il suo compimento. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/28|28]], p. 158)
*A mio avviso tutti i nostri sconforti per le cose di cui manchiamo, scaturiscono dalla nostra [[ingratitudine]] per quelle che abbiamo. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/29|29]], p. 161)
*A mio avviso tutti i nostri sconforti per le cose di cui manchiamo, scaturiscono dalla nostra [[ingratitudine]] per quelle che abbiamo. (1842, [[s:Avventure di Robinson Crusoe/29|29]], p. 161)

Versione delle 14:42, 23 dic 2018

Daniel Defoe

Daniel Defoe (1660 – 1731), scrittore britannico.

Citazioni

  • Tutti gli uomini sarebbero dei tiranni se potessero. (da The Kentish Petition, 1712-1713)

Lady Roxana

Incipit

Sono nata a Poitiers in Francia da dove poi i miei genitori mi portarono in Inghilterra: ciò accadeva verso il 1684, quando i Protestanti furono cacciati di Francia dalla crudeltà dei loro persecutori. Ignoravo il motivo per cui mi avevano portato là, ma fui lieta di trovarmici: presto m'innamorai di Londra, città grande e bella, perché sin dall'infanzia ho sempre desiderato la folla ed il bel mondo. Di francese conservai solo la lingua.
Mio padre e mia madre erano di condizione superiore a quella della maggior parte di coloro che venivano a quel tempo chiamati profughi.

Citazioni

  • La carità verso i poveri è un dovere, e colui che dà ai poveri presta al Signore. (p. 22)
  • La carità comincia a casa propria. (p. 22)
  • È male sospettare che un uomo sia cattivo perché è caritatevole, e vizioso perché è buono. (p. 26)
  • Molta carità comincia col vizio. (p. 26)
  • [...] non c'è dubbio, una donna deve morire piuttosto di prostituire il suo onore e la sua onestà qualunque sia la tentazione. (p. 28)
  • La celia e lo sguardo possono condurre così lontano che non so cosa al mondo possa una donna maggiormente temere. (p. 39)

Robinson Crusoe

Incipit

Fruttero & Lucentini

Sono nato nel 1632 nella città di York, di buona famiglia benché non del paese. Mio padre era di Brema, infatti, e stabilitosi dapprima a Hull [...] passò poi a York dove sposò mia madre, appartenente a un'ottima famiglia locale di nome Robinson. Io mi chiamai dunque Robinson Kreutznaer. Sennonché questo cognome, per l'usuale storpiamento delle parole in Inghilterra, è poi diventato Crusoe e noi stessi abbiamo finito per pronunciarlo e scriverlo così.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Oriana Previtali

Sono nato nell'anno 1632, nella città di York, da una buona famiglia, ma non del paese; mio padre era uno straniero di Brema che si era stabilito in un primo tempo a Hull. Si fece una buona posizione con il commercio, poi, ritiratosi dagli affari, andò a vivere a York, città da cui aveva menato in sposa mia madre, i cui parenti si chiamavano Robinson, ed erano un'ottima famiglia del paese; dal loro nome io fui chiamato Robinson Kreutznaer; ma, per l'abitudine che si ha in Inghilterra di storpiare le parole, siamo ora chiamati, anzi ci chiamiamo e scriviamo il nostro nome, Crusoe, e così mi chiamavano sempre i miei compagni.
[Daniel Defoe, Robinson Crusoe, traduzione di Oriana Previtali, Rizzoli]

Bice Vettori

Sono nato nel 1632 a York dove mio padre s'era ritirato a vivere tranquillamente dopo essersi arricchito col commercio. Uno de' miei fratelli maggiori, luogotenente di fanteria inglese ai comandi del famoso colonnello Lochart, era stato ucciso a Dunkerque nella guerra contro gli Spagnoli. Quanto al secondo non ho mai saputo nulla di lui proprio come è accaduto a' miei genitori riguardo a me. Io ero il terzogenito, non ero stato iniziato a nessuna speciale carriera e facevo nella mia testa mille castelli in aria.
[Daniele De Foë, La vita e le avventure di Robinson Crusoe, libera traduzione di Bice Vettori, Giunti Bemporad Marzocco, 1961.]

Citazioni

  • [Il padre a Robinson] La tua posizione è in uno stato mediocre, in quello stato che può chiamarsi il primo nella vita borghese, posizione che una lunga esperienza mi ha dimostrata siccome la migliore del mondo, e la meglio acconcia all’umana felicità; non esposta alle miserie e ai travagli che son retaggio della parte di genere umano costretta a procacciarsi il vitto col lavoro delle proprie braccia; e nemmeno agitata dalla superbia, dal lusso, dall’ambizione e dall’invidia ond’è infetta la parte più alta dell’umanità. (1842, 1, pp. 2-3)
  • All'idea di tornare a casa si opponeva un sentimento di vergogna, in contraddizione coi sentimenti migliori che si affacciavano alla mia mente. E tosto pensai alle risate dei vicini, alla mia vergogna di rivedere non solo i miei genitori ma chiunque altro. A questo proposito, spesso in seguito avrei avuto agio di osservare quanto sia incongrua e irragionevole l'indole dell'uomo, specie quando è molto giovane, quando è posta davanti ai princìpi della ragione che dovrebbero guidarla per il meglio in circostanze del genere. L'uomo, cioè, non si vergogna di peccare, ma si vergogna di pentirsi; non si vergogna di commettere un'azione per la quale, e giustamente, verrà giudicato uno sprovveduto, ma si vergogna di recedere, comportandosi nell'unico modo idoneo a conferirgli reputazione di saggezza. (1976, p. 15)
  • essendo la nostra ragione l’origine e la sostanza vera delle scienze matematiche, ciascun uomo può, ove ponderi e misuri ciascuna cosa con la ragione e deduca da questo studio razionali giudizi, può col tempo divenire maestro in ciascun’arte meccanica. (1842, 15, p. 84)
  • Compresi allora, benchè troppo tardi, quanta sia la stoltezza di cominciare un lavoro prima di averne computata l’importanza e misurata rettamente la proporzione tra le nostre forze e il suo compimento. (1842, 28, p. 158)
  • A mio avviso tutti i nostri sconforti per le cose di cui manchiamo, scaturiscono dalla nostra ingratitudine per quelle che abbiamo. (1842, 29, p. 161)
  • Gli affetti traggono alimento da certi stimoli segreti che, quando vengono suscitati dalla vista di qualcosa, o anche da cose che non siano direttamente visibili dai nostri occhi, ma si prospettano alla nostra mente per effetto dell'immaginazione, trascinano l'animo nostro coi loro sommovimenti impetuosi a identificarsi con l'oggetto visivo che hanno evocato, e con un desiderio così ardente, che la sua mancanza diventa intollerabile. (Diario; 1976, p. 200)
  • Così accade che il timore del pericolo atterrisce diecimila volte più del pericolo stesso quando lo abbiamo dinanzi agli occhi, e che troviamo il peso dell'angoscia più grave del male stesso su cui ci angosciamo. (1842, 34, pp. 195-196)

Citazioni su Robinson Crusoe

  • Robinson Crusoe (1718) è il naufrago per eccellenza: ma nell' isola ritrova se stesso. (Richard Newbury)
  • Non è un libro riuscito perché spaccato a metà tra la storia d'avventura e la storia del lavoro incessante sull'isola. Ma il fatto che i due racconti non riescano davvero a fondersi ci dice quanto nella figura del borghese questi due lati siano importanti ma inconciliabili. L'inclinazione avventurosa e la passione per la regolarità ovvero l'etica del lavoro razionale. (Franco Moretti)

Incipit di alcune opere

Diario dell'anno della peste

Ai primi di settembre del 1664 cominciò a correre voce a Londra, e anch'io ne intesi parlare nel mio quartiere, che in Olanda c'era di nuovo la peste.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Memorie di un cavaliere

Come prova del fatto assai plausibile che queste memorie furono scritte molti anni fa, le persone che ora si occupano della loro pubblicazione, si sentono di assicurare al lettore che ne sono in possesso nella versione in cui ora appaiono da oltre vent'anni; e che tali Memorie furono rinvenute per caso molto tempo fa tra altre carte di valore nello studio di un eminente ministro, figura non meno importante di uno dei segretari di stato di re Guglielmo.

Il colonnello Jack

Lettore, ormai è pacifico che un libro di questo genere abbia bisogno di una prefazione che lo immetta nel mondo con più profitto; tanto pacifico che non riesco a ometterla, sebbene fra tutti i libri che mai siano usciti io sono convinto che il mio sia l'ultimo ad averne bisogno: perché le cose amene e gradevoli si giustificano da sé, e le cose utili e istruttive sono tante qui dentro, e pregne di tanta edificazione che a voler fare adesso delle chiose morali al soggetto in tutta la sua varietà ci vorrebbe un altro libro di uguale portata. Cadono qui a punto varie e giuste considerazioni sui felici vantaggi di una educazione sana e ben regolata e sulla rovina, in mancanza di essa, di tante migliaia dei nostri giovani di ogni condizione. E anche sul fatto che tante scuole pubbliche e istituti di carità dovrebbero migliorarsi ed equipaggiarsi in modo da impedire la rovina di tanti poveri bambini che in questa città, ogni anno, noi ingrassiamo per la forca.

Il fantasma che stava in tutte le stanze

Una persona di un certo livello, che come al solito trascorreva l'estate con la famiglia nella sua casa di campagna, fu obbligata, per particolari motivi di salute, a lasciare la detta casa e ad andare ad Aix-la-Chapelle a fare la cura delle acque. Successe, si dice, nel mese di agosto, due mesi prima dell'epoca in cui solitamente tornava a casa per l'inverno.

Il fantasma di Dorothy Dingley

All'inizio di quest'anno si verificò un'epidemia nella città di Launceston, di cui furono vittime alcuni miei allievi. Fra i giovani che perirono per il male che dilagava, ci fu anche John Elliot, il figlio minore del signor Edward Elliot di Treherse, un adolescente di circa sedici anni, di particolari virtù e ingegnosità. Il padre mi chiese personalmente di recitare l'orazione funebre durante la cerimonia, che si svolse il 20 giugno del 1665.

Moll Flanders

Giuseppe Trevisani

Il mio vero nome è fin troppo noto, nelle carte e nelle cronache della prigione di Newgate e al tribunale dell'Old Bailey, e vi sono ancora pendenti faccende di gravità tale, riguardo alla mia specifica condotta, da far escludere che io possa firmare quest'opera o nominare la mia famiglia. Magari dopo la mia morte se ne saprà di più. Per il momento, però, non è il caso, nemmeno se viene un'amnistia generale, nemmeno se quell'amnistia riguarda chiunque e comprende tutti i delitti possibili.
Siccome i peggiori dei miei amici, che ormai non hanno più modo di farmi danno (perché sono usciti dal mondo via scaletta e corda, come tante volte stava per toccare a me), mi conoscevano col nome di Moll Flanders, che io mi presenti con questo nome a voi può bastare, e potete consentirmelo a patto che io abbia il coraggio di confessarmi tale e quale fui, e quale sono adesso.
[Daniel Defoe, Moll Flanders, traduzione di Giuseppe Trevisani, Garzanti]

Cesare Pavese

Il mio vero nome è così noto negli archivi e registri del carcere di Newgate e dell'Old Bailey, e vi sono ancora implicati, riguardo la mia personale condotta, certi fatti di tanta importanza, che non dovrete attendervi che io accompagni al racconto il mio nome o un ragguaglio della mia famiglia; può darsi che ciò si venga a sapere quando sarò morta; per il momento non sarebbe conveniente, no, nemmeno se concedessero un'amnistia generale, magari senza eccezione di persone o di reati.
[Daniel Defoe, Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders, traduzione di Cesare Pavese, Einaudi]

Storia della singolare esistenza di John Sheppard

AI CITTADINI DI LONDRA E WESTMINSTER
Signori!
L'esperienza vi induce a credere fermamente nella massima immortale che non c'è modo di proteggere l'innocente se non di punire il colpevole.
I delitti sono sempre stati, e non possono non essere, frequenti in città popolose come sono le vostre: necessaria conseguenza o del bisogno o della depravazione della più bassa sfera dell'umana specie.
Al giorno d'oggi abbondano gli esempi di flagranti infrazioni alla legge; incendio di abitazioni, scasso, furti e rapine; e senza numero vengono perpetrate le frodi, i reati comuni e i falsi; cosicché non soltanto i vostri beni, ma le vostre stesse persone, ne sono di frequente colpite.

Bibliografia

  • Daniel Defoe, Avventure di Robinson Crusoe, traduzione di Gaetano Nobile, Napoli, 1842.
  • Daniel Defoe, Il fantasma che stava in tutte le stanze, traduzione di Gianni Pilo, in "Storie di fantasmi", a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, Newton & Compton, 1995.
  • Daniel Defoe, Il fantasma di Dorothy Dingley, traduzione di Mida, in "Storie di fantasmi", a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, Newton & Compton, 1995.
  • Daniele De Foë, La vita e le avventure di Robinson Crusoe, libera traduzione di Bice Vettori, Giunti Bemporad Marzocco, 1961.
  • Daniel Defoe, Lady Roxana (The Fortunate Mistress, Lady Roxana), traduzione di Alessandra Cordano, Gherardo Casini Editore, Roma, 1966.
  • Daniel Defoe, Moll Flanders, traduzione di Cesare Pavese, G. C. Sansoni Editore, Firenze, 1965.
  • Daniel Defoe, Robinson Crusoe, traduzione di Oriana Previtali, Rizzoli.
  • Daniel Defoe, La vita e le straordinarie, sorprendenti avventure di Robinson Crusoe (The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe, 1719), introduzione di Aldo G. Ricci, traduzione di Riccardo Mainardi, Garzanti, Milano, 197622. ISBN 8811361699
  • Daniel Defoe, Storia della singolare esistenza di John Sheppard, traduzione di Lia Formigari, G. C. Sansoni Editore, Firenze, 1965.
  • Daniel Defoe, Memorie di un cavaliere, o Diario militare delle guerre in Germania e delle guerre in Inghilterra, dall'anno 1632 all'anno 1648. Scritte sessanta anni fa da un gentiluomo inglese, arruolato dapprima nell'esercito di Gustavo Adolfo, il glorioso re di Svezia, fino alla di lui morte; e successivamente nell'esercito regio del re Carlo I, dall'inizio della ribellione alla fine della guerra; a cura di Paolo Del Colle; traduzione di Vito Bianco, Fazi, Roma, 1997, ISBN 88-8112-051-8
  • Daniel Defoe, Il colonnello Jack; introduzione di Giorgio Spina; traduzione e postfazione di Nemi D'Agostino, Coll. I grandi libri Garzanti n. 863, Garzanti, Milano, 2002, ISBN 88-11-58863-4

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