Gabriele Romagnoli: differenze tra le versioni

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'''Gabriele Romagnoli''' (1960 – vivente), giornalista e scrittore italiano.
'''Gabriele Romagnoli''' (1960 – vivente), giornalista e scrittore italiano.


==Citazioni di Gabriele Romagnoli==
*[[Andrea Fortunato]] era un ragazzo che giocava terzino sinistro. Un ruolo da turbodiesel. Uno che con la maglia numero tre deve andare, palla al piede, dall'altra parte del mondo, superando ogni ostacolo, finché il campo finisce. E a quel punto fa una cosa, non la fa per sé, la fa per un altro e per la squadra: crossa. E se il centravanti ha seguito l'azione e ci mette la testa, allora è gol. Fortunato era uno di quelli che ci arrivava spesso, sulla linea di fondo, con la forza della sua gioventù e la bandiera dei suoi lunghi capelli al vento.<ref>Da ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0704_01_1995_0110_0001_10406782/ Andrea Fortunato ha perso l'ultima partita]'', ''La Stampa'', 26 aprile 1995, p. 1.</ref>
*Gli chef sono i nuovi creativi italiani. Il cibo è la moda. Eataly vale una griffe. Oldani un designer. Ci crogioliamo in una vellutata e ci scappelliamo davanti alla "mitra" del cuciniere.
*Gli chef sono i nuovi creativi italiani. Il cibo è la moda. Eataly vale una griffe. Oldani un designer. Ci crogioliamo in una vellutata e ci scappelliamo davanti alla "mitra" del cuciniere.
*Sì, mi rendo conto: della "prevalenza dello chef", del rispetto per lo "stellato" e del meccanismo inesorabile che sottende alla fortuna della trasmissione televisiva [[MasterChef Italia|MasterChef]]. La volta in cui l'ho guardata, sospinto da segnalazioni multiplee variegate, mi sono chiesto: «Perché?». Non: perché ha successo? Quello è semplicissimo: è il primo reality in cui a) devi saper fare qualcosa e non solo esistere di fronte a telecamere; b) devi saper fare qualcosa di utile e ripetibile come cucinare. Chi guarda MasterChef coniuga due verbi decisivi nella comunicazione e nello spettacolo: impara e si diverte.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/02/07/professione-chef.html Professione Chef /1]'', ''la Repubblica'', 7 febbraio 2013.</ref>
*Sì, mi rendo conto: della "prevalenza dello chef", del rispetto per lo "stellato" e del meccanismo inesorabile che sottende alla fortuna della trasmissione televisiva [[MasterChef Italia|MasterChef]]. La volta in cui l'ho guardata, sospinto da segnalazioni multiplee variegate, mi sono chiesto: «Perché?». Non: perché ha successo? Quello è semplicissimo: è il primo reality in cui a) devi saper fare qualcosa e non solo esistere di fronte a telecamere; b) devi saper fare qualcosa di utile e ripetibile come cucinare. Chi guarda MasterChef coniuga due verbi decisivi nella comunicazione e nello spettacolo: impara e si diverte.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/02/07/professione-chef.html Professione Chef /1]'', ''la Repubblica'', 7 febbraio 2013.</ref>


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[[Categoria:Giornalisti italiani|Romagnoli, Gabriele]]
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Versione delle 18:42, 24 gen 2019

Gabriele Romagnoli (1960 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Gabriele Romagnoli

  • Andrea Fortunato era un ragazzo che giocava terzino sinistro. Un ruolo da turbodiesel. Uno che con la maglia numero tre deve andare, palla al piede, dall'altra parte del mondo, superando ogni ostacolo, finché il campo finisce. E a quel punto fa una cosa, non la fa per sé, la fa per un altro e per la squadra: crossa. E se il centravanti ha seguito l'azione e ci mette la testa, allora è gol. Fortunato era uno di quelli che ci arrivava spesso, sulla linea di fondo, con la forza della sua gioventù e la bandiera dei suoi lunghi capelli al vento.[1]
  • Gli chef sono i nuovi creativi italiani. Il cibo è la moda. Eataly vale una griffe. Oldani un designer. Ci crogioliamo in una vellutata e ci scappelliamo davanti alla "mitra" del cuciniere.
  • Sì, mi rendo conto: della "prevalenza dello chef", del rispetto per lo "stellato" e del meccanismo inesorabile che sottende alla fortuna della trasmissione televisiva MasterChef. La volta in cui l'ho guardata, sospinto da segnalazioni multiplee variegate, mi sono chiesto: «Perché?». Non: perché ha successo? Quello è semplicissimo: è il primo reality in cui a) devi saper fare qualcosa e non solo esistere di fronte a telecamere; b) devi saper fare qualcosa di utile e ripetibile come cucinare. Chi guarda MasterChef coniuga due verbi decisivi nella comunicazione e nello spettacolo: impara e si diverte.[2]

Note

  1. Da Andrea Fortunato ha perso l'ultima partita, La Stampa, 26 aprile 1995, p. 1.
  2. Da Professione Chef /1, la Repubblica, 7 febbraio 2013.

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