Giulio Genoino (XVII secolo): differenze tra le versioni

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==Citazioni di Giulio Genoino==
==Citazioni di Giulio Genoino==
{{NDR|Il 6 maggio 1920, rivolgendosi al viceré di [[Napoli]], Pedro Téllez-Girón, duca di Osuna}} Et voi, Signor Ecc.mo, non volendo questa nobiltà inchinare l'{{sic|orecchia}} a preghiere di questo Popolo, et volendo più oltre procedere in dette sue ostinate cospirazioni, allora la {{sic|pregamo}} voglia usare il debito rigore della sua giustizia contro li trasgressori, come disturbatori della universale quiete et pace. Et quando che no, avemo, signore Eccellentissimo, un volgare nostro napoletano proverbio che "il mal guadagno sparte compagnia". Si è visto, signor Ecc. mo, che da questa nostra comunità (ma per opera non so de chi) s'è causato un mal guadagno; si sa quanti milioni di oro deve questa nostra Città: si dovrebbe per ragione, per sollevamento di quella, dividere questo peso, et la {{sic|mità}} pagarne il nostro Popolo et l'altra {{sic||mità}} la detta nobiltà. Ma ecco, signore Ecc.mo, come quello mi risponde: Questo non è giusto né conviene, che, essendo il Popolo tanto numeroso et la nobiltà tanto pochi, paghi la maggior parte il Popolo et una minima parte paghi la Nobiltà; al che li dico come li pesi sono tutti del Popolo et gli onori tutti della Nobiltà? Queste, signore Eccellentissimo, sono male spartenze: ''leonina divisio''.<br>È stabilito per autorità di legge che nessuno a forza sia tenuto stare in compagnia; per ciò quando la nobiltà si vorrà attribuire più di quello, che le tocca di questa nostra Comunità et unione, {{sic|allhora}} è resoluto questo mio Popolo di vivere disunito da quella, et da mo le dice: Addio, restate in pace.<ref>Citato in [[Bartolommeo Capasso]], ''Masaniello, {{small|La sua vita e la sua rivoluzione}}'', Torre Editrice, Napoli, 1993, pp. 184-185.</ref>
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==Note==
==Note==

Versione delle 17:27, 9 mar 2019

Don Giulio Genoino (XVII secolo), (1567 (o 1561) – 1648), giurista e presbitero italiano.

Citazioni di Giulio Genoino

[Il 6 maggio 1620, rivolgendosi al viceré di Napoli, Pedro Téllez-Girón, III duca di Osuna] Et voi, Signor Ecc.mo, non volendo questa nobiltà inchinare l'orecchia a preghiere di questo Popolo, et volendo più oltre procedere in dette sue ostinate cospirazioni, allora la pregamo voglia usare il debito rigore della sua giustizia contro li trasgressori, come disturbatori della universale quiete et pace. Et quando che no, avemo, signore Eccellentissimo, un volgare nostro napoletano proverbio che "il mal guadagno sparte compagnia". Si è visto, signor Ecc. mo, che da questa nostra comunità (ma per opera non so de chi) s'è causato un mal guadagno; si sa quanti milioni di oro deve questa nostra Città: si dovrebbe per ragione, per sollevamento di quella, dividere questo peso, et la mità pagarne il nostro Popolo et l'altra la detta nobiltà. Ma ecco, signore Ecc.mo, come quello mi risponde: Questo non è giusto né conviene, che, essendo il Popolo tanto numeroso et la nobiltà tanto pochi, paghi la maggior parte il Popolo et una minima parte paghi la Nobiltà; al che li dico come li pesi sono tutti del Popolo et gli onori tutti della Nobiltà? Queste, signore Eccellentissimo, sono male spartenze: leonina divisio.
È stabilito per autorità di legge che nessuno a forza sia tenuto stare in compagnia; per ciò quando la nobiltà si vorrà attribuire più di quello, che le tocca di questa nostra Comunità et unione, allhora è resoluto questo mio Popolo di vivere disunito da quella, et da mo le dice: Addio, restate in pace.[1]

Note

  1. Citato in Bartolommeo Capasso, Masaniello, La sua vita e la sua rivoluzione, Torre Editrice, Napoli, 1993, pp. 184-185.

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