Patrice Lumumba: differenze tra le versioni

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*La tragedia della sua fugace carriera politica fu che il miglior asso nella manica di cui disponeva prima dell'indipendenza - il suo incredibile talento nel sollevare le masse - divenne il suo peggior punto debole quando, una volta ottenuto il potere, ci si attendeva da lui un comportamento un po' più sereno. La calamita, che una volta attirava, si mise a respingere.
*La tragedia della sua fugace carriera politica fu che il miglior asso nella manica di cui disponeva prima dell'indipendenza - il suo incredibile talento nel sollevare le masse - divenne il suo peggior punto debole quando, una volta ottenuto il potere, ci si attendeva da lui un comportamento un po' più sereno. La calamita, che una volta attirava, si mise a respingere.
*Quando si alzò il sipario sul dramma congolese, era un dinamico tribuno del popolo adorato da decine di migliaia di persone di condizione modesta. Solo poche scene dopo lo disprezzarono, gli sputarono addosso e lo costrinsero a mangiare un esemplare del suo discorso.
*Quando si alzò il sipario sul dramma congolese, era un dinamico tribuno del popolo adorato da decine di migliaia di persone di condizione modesta. Solo poche scene dopo lo disprezzarono, gli sputarono addosso e lo costrinsero a mangiare un esemplare del suo discorso.

===[[Arminio Savioli]]===
*Era, insomma, anche lui, come tanti altri protagonisti della decolonizzazione in Africa, un «negro bianco»; era il prodotto doloroso di un'acculturazione che ha sconvolto e annientato senza pietà le vecchie strutture e sovrastrutture tribali, senza ancora produrre altro che vuoti spaventosi, o, nella migliore delle ipotesi, sommarie impalcature, esili premesse, ruvide trame di un nuovo che stenta a sorgere. Anche Lumumba era, culturalmente, un «mostro», che il creatore europeo (nuovo dottor Frankenstein) ha aborrito e rinnegato nel momento stesso in cui gli ha dato la vita.
*Lumumba non era (nulla, infatti, lo prova) quel ribelle romantico che alcuni ci hanno voluto far credere (basti pensare a certe frasi del suo amico belga Jean Van Lierde). Perfino sulle sue «umili» origini ci sarebbe da discutere. Figlio di un contadino, era però un ''évolué'', cioè uno di quegli africani a cui la «paternalistica» amministrazione belga, nel tramonto degli imperi, aveva concesso una sorta di cittadinanza di seconda classe. [...] Fece le elementari con i missionari cattolici, le medie con i protestanti. Inurbatosi a Stanleyville, riusci a conquistarsi un lavoro fisso, modesto, ma rispettato: impiegato delle poste. In mezzo a una marea di milioni di contadini analfabeti, e di sottoproletari turbolenti e disperati, Lumumba apparteneva dunque a una «felice» élite di non più di centomila persone.
*Lumumba non era un estremista, non rifiutava il compromesso. Ma erano i suoi interlocutori a rifiutarlo. Coloni, generali e amministratori belgi, compagnie multinazionali, CIA. servizi segreti di mezza Europa, non volevano trattare con un «eguale», ma con dei servi. Perciò provocarono il famigerato ammutinamento delle truppe africane, favorirono i movimenti secessionisti, gli aizzarono contro gli altri aspiranti al potere.
*Mentre il tribalismo, il regionalismo, il federalismo di uomini come Kasavubu. Kalonji e Ciombè (tanto più «africani» nei loro legami clientelari con le masse arretrate, nella loro demagogia populista, nel loro estremismo parolaio) non facevano paura alle centrali imperialistiche, che anzi già pensavano al modo migliore di servirsene, la prospettiva unitaria di Lumumba, moderna, illuminata, «europea», anche se non socialista, anche se liberal-democratica nell'ispirazione, irritava e spaventava, perché conteneva in sé il germe di un Congo forte, evoluto e padrone delle sue ricchezze, capace di trattare da pari a pari con il mondo intero.
*Non risulta affatto che avesse simpatie per il marxismo, per il comunismo; né che già mirasse ad affrontare, una volta conquistata l'indipendenza, i problemi sociali congolesi, del resto ancora embrionali in un paese dove il colonialismo non aveva permesso, o aveva ritardato e deformato, la nascita di vere classi nel senso moderno della parola.
*Si distaccò dalle masse, troppo semplici per capire un discorso tutto sommato ancora astratto, non nutrito di contenuti tangibili, prosaici, a portata di mano. E si alienò gli altri évolués, meschini e miopi, volgari nelle aspirazioni, smaniosi soltanto di rafforzare i propri privilegi senza troppo affaticarsi, di avere gradi più alti, militari e civili, di mettersi in tasca stipendi più cospicui, insomma di occupare «il posto dei bianchi», e di vivere «come i bianchi» a spese degli altri negri.


===[[Bernardo Valli]]===
===[[Bernardo Valli]]===

Versione delle 14:58, 24 apr 2019

Patrice Lumumba

Patrice Lumumba (1925 – 1961), politico congolese.

Citazioni di Patrice Lumumba

Dal discorso dopo la nomina a Primo Ministro, 24 giungo 1960

Riportato ne Il Congo di Lumumba e di Mulele, Jaca Book, 1969

  • Signori: in questo momento storico, permettetemi di ricordare la lunga e dolorosa lotta che tutti i congolesi, uniti nella medesima ansia di libertà, hanno condotto per raggiungere la vittoria finale. Siamo stati solidali, fianco a fianco, nell'opposizione ad un regime politico che voleva fermare il corso della storia.
  • Abbiamo deciso insieme delle nostre prime lotte contro il colonialismo e insieme abbiamo pianto i nostri fratelli morti. Uniti e solidali, insieme sul fronte comune, accorremmo alla Tavola Rotonda. Oggi, vittoriosi, celebriamo il nostro trionfo, corriamo ad incontrarci insieme, e molto di più, solidali: il popolo si felicita per questo insieme a noi.
  • Tutti i membri del mio Governo, e io stesso, promettiamo solennemente di agire in modo che questo Governo sia sempre un Governo del popolo, che nasce dal popolo, che lavora per il popolo.
  • Non vogliamo conoscere una nuova forma di dittatura. Questo Governo si preoccuperà di mantenere relazioni amiche con tutti gli Stati stranieri, ma non cederà alla spinta d'integrazione in uno o nell'altro dei due blocchi che dividono il mondo.
  • Siate orgogliosi di appartenere al Congo, alla nostra patria, che deve essere situata nella categoria dei popoli liberi.
  • Viva il Congo indipendente!
    Viva il Congo unito, viva la libertà!

Dal discorso durante la cerimonia dell'indipendenza, 30 giugno 1960

Riportato ne Il Congo di Lumumba e di Mulele, Jaca Book, 1969

  • Siamo orgogliosi sino nel più profondo del nostro animo, di aver dato vita ad una lotta che è stata di lacrime, sangue e fuoco, perché si trattava di una lotta nobile e giusta e necessaria per por termine all'umiliante schiavitù che ci hanno imposto con la forza.
    Questa è stata la nostra sorte in ottant'anni di regime coloniale e le nostre ferite sono troppo fresche e dolorose per poter essere cancellate dalla memoria. Potremo dimenticarcene noi che conosciamo il lavoro estenuante che non ci permette di soddisfare la nostra fame, vestire e abituare con dignità, educare i nostri figli come si richiede?
  • Chi dimenticherà che al negro si dava del tu, non come ad un amico, ma perché il dar del voi era riservato unicamente ai bianchi? Noi che abbiamo visto saccheggiare la nostra terra in nome di principi falsamente legali che riconoscevano solo il diritto del più forte? Noi che abbiamo visto come la legge non era mai la stessa, ma diversa per i bianchi e per i negri, correggibile quando si applicava ai primi, crudele e inumana per i secondi? Noi che abbiamo conosciuto le sofferenze atroci di coloro che sono disprezzati per la loro opinione politica o per la loro fede religiosa: esiliati nella nostra stessa patria, con una sorte peggiore della stessa morte?
  • Uniti, fratelli miei, cominciamo una nuova lotta, una lotta sublime che deve portare il nostro paese alla pace, alla prosperità, alla grandezza.
    Noi stabiliremo, uniti, un regime di giustizia sociale e assicureremo a ciascuno la giusta retribuzione per il suo lavoro.
    Noi dimostreremo al mondo ciò che può fare il negro quando lavora in libertà e faremo del Congo un centro che irradierà luce su tutta l'Africa.

Dall'intervista sulla crisi del Congo, 28 luglio 1960

Riportato ne Il Congo di Lumumba e di Mulele, Jaca Book, 1969

  • Non esiste nessun problema a parte, specifico, del Katanga. Non è successo nulla. Il nocciolo del problema sta nel fatto che gli imperialisti vogliono adoperare le ricchezze del nostro paese e continuare a sfruttare il nostro popolo.
  • Ciombè è un agente degli imperialisti belgi. Le parole che dice e scrive non sono sue, sono dei colonialisti belgi che gliele impongono. È risaputo che Ciombè, ex commerciante, ha legato la sua sorte a quella delle compagnie coloniali stabilite nel Congo già da molto tempo. Però sono pochi coloro che sanno che Ciombè, in poco tempo, rubò a queste compangnie 10 milioni di franchi belgi, mediante scoperte truffe e raggiri. Arrestato e processato per questo motivo, al crearsi di questa situazione, i belgi lo «perdonarono», liberandolo. Da questo momento Ciombè obbedisce docilmente a tutti i loro ordini.
  • L'Unione Sovietica è l'unica grande potenza la cui posizione ha rispecchiato la volontà e i desideri del nostro popolo. Perciò l'Unione Sovietica dimostra di essere l'unica grande potenza che ha appoggiato sin dall'inizio il popolo congolese nella sua lotta. Mi preme esprimere al popolo sovietico, e personalmente al primo ministro Kruscev, la massima gratitudine di tutto il popolo congolese per l'opportuno appoggio morale che il vostro paese dona alla giovane repubblica del Congo nella sua lotta contro gli imperialisti e i colonialisti.

Dalla conferenza stampa, 9 agosto 1960

Riportato ne Il Congo di Lumumba e di Mulele, Jaca Book, 1969

  • Il nostro governo non possiede armi e rifiuta l'uso della violenza. Fondato solo sulla parola, sulla fede, sul popolo giunto a questo punto è disposto a vivere o morire, soccombere o vincere, perché la morte è una sofferenza minore della schiavitù, perché la vita può essere degna solo se costruiamo la nostra patria nella pace, nell'ordine, nella libertà, nella giustizia.
  • Cosa vogliono i Belgi? Essi sanno che senza le nostre ricchezze il loro paese e la loro economia si troveranno in difficoltà. Per questa unica ragione, per l'egoismo e la cecità di un gruppo di rapaci provocatori, di uomini che non le loro società anonime succhieranno durante un secolo il nostro sangue, hanno provocato la crisi congolese gettando il mondo sull'orlo della guerra.
  • Noi lottiamo per la nostra indipendenza e i nostri principi sono quelli della non-violenza. Però non ci sarà soluzione pacifica fintanto che i Belgi rimarranno nella nostra tormentata terra.
  • La costruzione di uno Stato indipendente implica necessariamente la soppressione di tutte le strutture politiche, economiche e sociali ereditate dal colonialismo e capaci di costituire un ostacolo per lo sviluppo della nazione.
  • Noi, signori, non abbiamo studiato nelle università, non abbiamo conosciuto i tesori del sapere che esistono al mondo. Per i dominatori belgi la nostra coscienza era uno strumento, un muscolo da atrofizzare, affinché le forze spirituali della libertà non prevalessero mai sopra quelle della barbarie. A noi non diedero scuole superiori; voi sapete che un negro al massimo poteva raggiungere la scuola primaria. Neppure i nostri morti, i fratelli assassinati in Leopoldville, in Stanleyville, in tutte le città congolesi, per gridare libertà e indipendenza hanno studiato. Però chi metterà in discussione il loro nobile amore per questa libertà che dà dignità all'uomo e lo fa superiore allo schiavo?

Citazioni su Patrice Lumumba

  • Chi ha ucciso Patrice Lumumba, e perché? Noi desideriamo semplicemente registrarlo negli annali della storia africana, vogliamo sapere comè stato assassinato un leader africano, un liberatore. Chi lo ha ucciso? Vogliamo che i nostri figli siano in grado di leggere la storia di come Patrice Lumumba, l’eroe della lotta di liberazione del Congo, è stato assassinato. Vogliamo conoscere i fatti, anche se son passati 50 anni. Questo è un file che dovrebbe essere riaperto. (Mu'ammar Gheddafi)
  • La democrazia fu assassinata qui quando fu assassinato Patrice Lumumba. (Joseph Kabila)
  • Patrice Lumumba è una stella splendente per tutta l'Africa. Il grande continente d'Africa gli deve tanto. È arrivato al punto di sacrificare la sua vita per la causa dell'Africa. Fin nel più lontano avvenire Lumumba verrà sempre ricordato dai veri figli e figlie d'Africa. (Idi Amin Dada)

Ryszard Kapuściński

  • L'uomo alto e magro non parlava come gli altri. Diceva che la nostra tribù non era sola, che esisteva una famiglia di tribù chiamata nation congolaise, che dovevamo essere tutti fratelli e che questo ci avrebbe dato la forza. Parlò a lungo, era calata la notte. L'oscurità aveva cancellato le facce. Non si vedevano che le parole dell'uomo. Erano chiare. Le distinguevamo perfettamente.
  • La biografia di quest'uomo si riassume in quest'unica formula: non fa in tempo. All'epoca in cui Kasavubu o Bolikango conquistano faticosamente i loro seguaci, Lumumba non è ancora all'orizzonte, o perché è troppo giovane, o perché sta in prigione. Ma gli altri pensano solo alla loro parrocchia, mentre Lumumba pensa a tutto il Congo.
    Il Congo è un oceano, un immenso affresco pieno di contrasti. Piccoli agglomorati di congolesi vivono sparsi nella giungla e nella savana; spesso non si conoscono e sanno poco gli uni degli altri. Sei persone per chilometro quadrato. Il Congo è grande come l'India. A Gandhi ci vollero vent'anni per attraversare l'India. Lumumba ha provato ad attraversare il Congo in sei mesi. Un'impresa impossibile.
  • Negli altri paesi, i leader hanno a disposizione la stampa, la radio, il cinema, la televisione. Hanno i loro staff.
    Lumumba non aveva niente di tutto ciò. Tutto apparteneva ai belgi, e il suo staff neanche esisteva. Anche se avesse avuto un giornale, in quanti avrebbero potuto leggerlo? Anche se avesse avuto un'emittente radiofonica, in quante case c'erano apparecchi radio? Bisognava attraversare il paese. Come Mao, come Gandhi, come Nkrumah e Castro.
  • Lumumba è figlio del suo popolo. Anche lui è ingenuo e mistico, passa facilmente da un estremo all'altro, dagli scoppi di gioia alla disperazione muta. È una figura appassionante perché incredibilmente complessa. Niente in quest'uomo si presta a una definizione. Ogni formula gli va stretta. Irrequieto, caotico, testa calda, poeta sentimentale, politico ambizioso, anima elementare, arrogante e nello stesso tempo umile; convinto sino all'ultimo della sua verità, sordo alle parole altrui, assorto nella propria bellissima voce.
  • Lumumba è sempre di un'eleganza raffinata. La camicia di un bianco abbagliante, il colletto inamidato, i polsini con i gemelli, la cravatta annodata alla moda, gli occhiali dalla montatura costosa. Questo non è lo stile popolare, è lo stile degli évolués cresciuti alla scuola degli europei. Quando Nkrumah va in Europa, indossa a scopo dimostrativo il costume africano; quando Lumumba va in un villaggio africano indossa, per la stessa ragione, gli abiti europei. Può darsi che non lo faccia con intenzione, ma è così che viene interpretata.
  • Lumumba era una fiamma ardente, sempre in preda dalla passione: qualcuno lo ha definito una freccia incoccata su un arco teso.

David E. Reed

  • Bell'uomo, alto un metro e ottanta, con il pizzetto, Lumumba irradiava fascino e sicurezza di sé. A differenza della maggior parte dei suoi compatrioti, traboccava di energia nervosa.
  • Lumumba non fece virtualmente alcun tentativo di governare il paese, e trascorse invece gran parte del suo tempo tenendo verbose conferenze stampa, durante le quali faceva piovere insulti sull'ONU e i belgi e le altre potenze occidentali.
  • Per i Simba, Lumumba era una divinità: tutti sapevano ch'egli sarebbe tornato presto sulla terra per riparare a ogni ingiustizia.
  • Quando Lumumba era un giovane uomo politico intraprendente, aveva cercato di assicurarsi l'appoggio degli indigeni facili a gabbarsi promettendo loro che, una volta conquistata l'indipendenza, sarebbero divenuti tutti «bianchi». Si sarebbero arricchiti... avrebbero abitato in grandi case, proprio come gli europei, e avrebbero guidato automobili europee. Nessuno sarebbe più stato costretto a lavorare. O almeno, così affermava Lumumba.
    In tutto il Congo orientale, masse di indigeni ignoranti sono ancor oggi persuase che soltanto la morte di Lumumba abbia impedito alla promessa di avverarsi. Questi congolesi ritengono responsabili della fine del primo ministro gli «imperialisti» americani e belgi. Credono che Lumumba tornerà una seconda volta sulla terra per mantenere la promessa. Naturalmente, gli imperialisti belgi e americani, ma soprattutto i ricchi e potenti americani, faranno del loro meglio per dare scacco matto a Lumumba. Ma Lumumba vincerà, inevitabilmente.

David Van Reybrouck

  • I suoi contatti con la Russia vengono generalmente presentati come prova delle sue tendenze bolsceviche. Tuttavia ciò è errato. Da un punto di vista economico, Lumumba pendeva più verso il liberalismo che non verso il comunismo. Non aveva alcuna intenzione di collettivizzare l'agricoltura e l'industria, anzi contava su investimenti privati di stranieri. Inoltre Lumumba era un nazionalista, non un internazionalista, come dovrebbe addirsi a un comunista. Il suo quadro di riferimento non poteva essere più congolese, a dispetto di ogni panafricanismo. Anche la nozione di rivoluzione proletaria era assente in lui. In qualità di évolué apparteneva alla nascente borghesia congolese; non mirava al rovesciamento del proprio gruppo sociale.
  • La tragedia della sua fugace carriera politica fu che il miglior asso nella manica di cui disponeva prima dell'indipendenza - il suo incredibile talento nel sollevare le masse - divenne il suo peggior punto debole quando, una volta ottenuto il potere, ci si attendeva da lui un comportamento un po' più sereno. La calamita, che una volta attirava, si mise a respingere.
  • Quando si alzò il sipario sul dramma congolese, era un dinamico tribuno del popolo adorato da decine di migliaia di persone di condizione modesta. Solo poche scene dopo lo disprezzarono, gli sputarono addosso e lo costrinsero a mangiare un esemplare del suo discorso.

Arminio Savioli

  • Era, insomma, anche lui, come tanti altri protagonisti della decolonizzazione in Africa, un «negro bianco»; era il prodotto doloroso di un'acculturazione che ha sconvolto e annientato senza pietà le vecchie strutture e sovrastrutture tribali, senza ancora produrre altro che vuoti spaventosi, o, nella migliore delle ipotesi, sommarie impalcature, esili premesse, ruvide trame di un nuovo che stenta a sorgere. Anche Lumumba era, culturalmente, un «mostro», che il creatore europeo (nuovo dottor Frankenstein) ha aborrito e rinnegato nel momento stesso in cui gli ha dato la vita.
  • Lumumba non era (nulla, infatti, lo prova) quel ribelle romantico che alcuni ci hanno voluto far credere (basti pensare a certe frasi del suo amico belga Jean Van Lierde). Perfino sulle sue «umili» origini ci sarebbe da discutere. Figlio di un contadino, era però un évolué, cioè uno di quegli africani a cui la «paternalistica» amministrazione belga, nel tramonto degli imperi, aveva concesso una sorta di cittadinanza di seconda classe. [...] Fece le elementari con i missionari cattolici, le medie con i protestanti. Inurbatosi a Stanleyville, riusci a conquistarsi un lavoro fisso, modesto, ma rispettato: impiegato delle poste. In mezzo a una marea di milioni di contadini analfabeti, e di sottoproletari turbolenti e disperati, Lumumba apparteneva dunque a una «felice» élite di non più di centomila persone.
  • Lumumba non era un estremista, non rifiutava il compromesso. Ma erano i suoi interlocutori a rifiutarlo. Coloni, generali e amministratori belgi, compagnie multinazionali, CIA. servizi segreti di mezza Europa, non volevano trattare con un «eguale», ma con dei servi. Perciò provocarono il famigerato ammutinamento delle truppe africane, favorirono i movimenti secessionisti, gli aizzarono contro gli altri aspiranti al potere.
  • Mentre il tribalismo, il regionalismo, il federalismo di uomini come Kasavubu. Kalonji e Ciombè (tanto più «africani» nei loro legami clientelari con le masse arretrate, nella loro demagogia populista, nel loro estremismo parolaio) non facevano paura alle centrali imperialistiche, che anzi già pensavano al modo migliore di servirsene, la prospettiva unitaria di Lumumba, moderna, illuminata, «europea», anche se non socialista, anche se liberal-democratica nell'ispirazione, irritava e spaventava, perché conteneva in sé il germe di un Congo forte, evoluto e padrone delle sue ricchezze, capace di trattare da pari a pari con il mondo intero.
  • Non risulta affatto che avesse simpatie per il marxismo, per il comunismo; né che già mirasse ad affrontare, una volta conquistata l'indipendenza, i problemi sociali congolesi, del resto ancora embrionali in un paese dove il colonialismo non aveva permesso, o aveva ritardato e deformato, la nascita di vere classi nel senso moderno della parola.
  • Si distaccò dalle masse, troppo semplici per capire un discorso tutto sommato ancora astratto, non nutrito di contenuti tangibili, prosaici, a portata di mano. E si alienò gli altri évolués, meschini e miopi, volgari nelle aspirazioni, smaniosi soltanto di rafforzare i propri privilegi senza troppo affaticarsi, di avere gradi più alti, militari e civili, di mettersi in tasca stipendi più cospicui, insomma di occupare «il posto dei bianchi», e di vivere «come i bianchi» a spese degli altri negri.

Bernardo Valli

  • Il ricordo che ho di Lumumba è quello di un uomo che non ebbe il tempo – come ho detto – di corrompersi. Era un ambiziosissimo sognatore.
  • Lumumba era di gran lunga superiore a Mobutu. Mobutu era un uomo di clan. La sua forza iniziale fu la sua tribù. Lumumba trascendeva i clan e le tribù. Per questo era vulnerabile. Ma era un visionario. Come lo erano i suoi alleati, il guineiano Seku Touré e il ghanaiano Nkrumah.
  • Lumumba fu una meteora. Non restò abbastanza a lungo al potere per sporcarsi la coscienza. Gli dettero soltanto il tempo di essere vittima.

Note


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