Gesualdo Bufalino: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Gesualdo Bufalino==
==Citazioni di Gesualdo Bufalino==
*{{NDR|Su [[Lillo Gullo]]}} Caro Gullo, è una lieta sorpresa saperLa poeta. E di umorosa bravura, con una propria e ben intonata voce (al di là dei fugaci e veniali imprestiti) fra passione e disincanto. Mi sono piaciute "La scalea della Matrice", "Lo svegliatole monastico", "Sette profumi", ecc. ma tutta la raccoltina è percorsa da un brio che merita un incoraggiamento e un augurio. Con un cordiale saluto, Gesualdo Bufalino. Comiso, dicembre 1995<ref>Citato in Lillo Gullo, ''Cerimonie della calura'', Prefazione di Salvatore Silvano Nigro, Nicolodi, Rovereto (TN), 2007. ISBN 978-88-8447-300-4</ref>
*Conviene, a chi [[Nascita|nasce]], molta oculatezza nella scelta del luogo, dell'anno, dei genitori.<ref>Da ''Pensieri a perdere''.</ref>
*Conviene, a chi [[Nascita|nasce]], molta oculatezza nella scelta del luogo, dell'anno, dei genitori.<ref>Da ''Pensieri a perdere''.</ref>
*{{NDR|Su [[Leonardo Sciascia]]}} È come se avessi subito un'amputazione e mi svegliassi senza una gamba, senza un braccio, oggi perdo non solo un amico, ma anche un padre, un fratello, un figlio. In tanti anni di amicizia questa è la prima scortesia che mi fa, morire.<ref>Citato in Attilio Bolzoni, ''L'addio a Sciascia'', ''la Repubblica'', 23 novembre 1989.</ref>
*{{NDR|Su [[Leonardo Sciascia]]}} È come se avessi subito un'amputazione e mi svegliassi senza una gamba, senza un braccio, oggi perdo non solo un amico, ma anche un padre, un fratello, un figlio. In tanti anni di amicizia questa è la prima scortesia che mi fa, morire.<ref>Citato in Attilio Bolzoni, ''L'addio a Sciascia'', ''la Repubblica'', 23 novembre 1989.</ref>

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Gesualdo Bufalino

Gesualdo Bufalino (1920 – 1996), scrittore e aforista italiano.

Citazioni di Gesualdo Bufalino

  • [Su Lillo Gullo] Caro Gullo, è una lieta sorpresa saperLa poeta. E di umorosa bravura, con una propria e ben intonata voce (al di là dei fugaci e veniali imprestiti) fra passione e disincanto. Mi sono piaciute "La scalea della Matrice", "Lo svegliatole monastico", "Sette profumi", ecc. ma tutta la raccoltina è percorsa da un brio che merita un incoraggiamento e un augurio. Con un cordiale saluto, Gesualdo Bufalino. Comiso, dicembre 1995[1]
  • Conviene, a chi nasce, molta oculatezza nella scelta del luogo, dell'anno, dei genitori.[2]
  • [Su Leonardo Sciascia] È come se avessi subito un'amputazione e mi svegliassi senza una gamba, senza un braccio, oggi perdo non solo un amico, ma anche un padre, un fratello, un figlio. In tanti anni di amicizia questa è la prima scortesia che mi fa, morire.[3]
  • La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari.[4]
  • La pittura di Battiato, qualora pretendessimo di canalizzarla in un comodo alveo di neoprimitivismo, dimenticando la ricchezza operativa e intellettuale che la sorregge, rischierebbe di apparirci l'hobby d'un artista episodico e dimezzato; mentre, viceversa, osservandola con tutti due gli occhi, della natura e della cultura, ne vedremo i colori sposarsi affettuosamente alle note, alle parole, alle meditazioni dell'autore e in quest'alleanza, per non dire connivenza, spiegarci la cifra inconfondibile di un'anima.[5]
  • [Su Trapani] La terra del sole e del sale.[6]
  • Quel libro che ho intitolato Museo d'ombre che cerca di recuperare dall'abisso della memoria perduta atteggiamenti, gesti, visi, mestieri scomparsi della nostra recente storia, potrebbe essere considerato una sorta di galleria di mimi, di bozzetti lanziani. Vero è che Francesco Lanza è riusciuto a ritagliarsi all'interno della letteratura siciliana un suo piccolo spazio, da petit-maître come dicono i francesi, ed è riuscito altresì a costruirsi come una specie di cellula gnomico-narrativa con venature di comico. All'interno di questa cellula si muove con una maestria e con un'agevolezza straordinarie. È veramente un peccato che in Italia, dove spesso si resuscitano libri che forse meriterebbero di restare cadaveri, non si sia pensato di rileggerlo, come merita di essere letto, come un piccolo classico.[7]
  • Si scrive per guarire sé stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto. Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro, che l'uomo sia nessuno senza memoria. Io credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri. La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura. Ogni sguardo dello scrittore diventa visione, e viceversa: ogni visione diventa uno sguardo. In sostanza è la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria. La realtà è così sfuggente ed effimera... Non esiste l'attimo in sé, ma esiste l'attimo nel momento in cui è già passato. Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza.[8]
  • Sono un sobrio, uno spartano. Tuttavia alla mensa di Leonardo Sciascia posso dire di avere gustato certe delizie paradisiache che mi inducono a tradire i miei principi di vegetariano e di francescano della cucina. Trovo prudente qui constatare un rapporto inverso tra la prurigine, la ricchezza, la succulenza di cibi e la qualità della prosa. Tanto è asciutta e rigorosa la prosa di Sciascia, tanto è invece barocca e ricca la sua cucina. Viceversa io che amo in letteratura le parole preziose, forse per una rivincita dei miei gusti di spartano, mi trovo a gustare alla tavola di Sciascia pietanze che somigliano alla mia scrittura.[7]

Argo il cieco

Incipit

Fui giovane e felice un'estate, nel cinquantuno. Né prima né dopo: quell'estate. E forse fu grazia del luogo dove abitavo, un paese in figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; metà ristretto su uno sprone di roccia, metà sparpagliato ai suoi piedi; con tante scale fra le due metà, a far da pacieri, e nuvole in cielo da un campanile all'altro, trafelate come staffette dei Cavalleggeri del Re... che sventolare, a quel tempo, di percalli da corredo e lenzuola di tela di lino per tutti i vicoli delle due Modiche, la Bassa e la Alta; e che angele ragazze si spenzolavano dai davanzali, tutte brune. Quella che amavo io era la più bruna.

Citazioni

  • Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze... (p. 12)
  • [...] volle venire con noi a Ispica, a visitare la Cava, una valle lunga e magra, bucherellata di grotte antiche e sacelli. [...] Noi ci spingemmo avanti, catecumeni di un felice e verde Al di là. [...] Mentre qui, lungo le diserbate muraglie, un intreccio si svolgeva di tunnel e oblò offerti alle allegrie della luce; né c'era veduta o figura che non persuadesse quietamente di vivere. [...] dentro la necropoli più capace il lezzo era opaco come in un'antica cantina, rabbrividimmo nelle nostre membra sudate. Ci muovevamo a piccoli balzi, scansando i loculi vuoti. Uno la sedusse, minore, accanto a un altro maggiore. "Una bambina e suo padre" supposi io. "La sposa bambina di un re" mi corresse. (p. 104)

Bluff di parole

  • C'è chi viaggia per perdersi, c'è chi viaggia per trovarsi. (p. 9)
  • Sono (presumo d'essere) onesto. Si rischia qualcosa, di questi tempi. Oggi l'onestà è una dote losca, più assai dell'intelligenza. Abituarsi a nascondere entrambe. (p. 9)
  • Fascino binario del gioco, fra il piacere del vincere e l'estasi del perdere, sfogo d'aggressione amorosa e pulsione infrenabile di morte. (p. 10)
  • Oggetti di tenerezza: le comparse nei film americani degli anni Trenta, i dischi a 78 giri, i calendari degli anni passati... (p. 10)
  • Se una lezione ho imparato riguardo a questa cosa strana che è la vita, è che conviene viverla come se... Come se fossero reali tutte le larve che ci siamo inventate (amore, amicizia, famiglia, gloria, Dio...), di cui si maschera il niente. (p. 10)
  • La luna è cattolica, il sole è mussulmano. (p. 11)
  • Scrivere: contravveleno o veleno? (p. 11)
  • Peccato che i delitti meglio eseguiti, i delitti perfetti, insomma, siano rimasti privi di firma; e che gli autori in cambio d'una banale impunità abbiano perso la gloria. (p. 11)
  • Mi è impossibile amare una donna che non mi ami. Potrei esserle amico, ma niente di più. Ogni donna che non mi ama è un uomo. (p. 12)
  • La poesia fu nell'infanzia una pratica furtiva, mi nascondevo nel cesso, mi sentivo colpevole. Scrivere da allora significò vergogna, infrazione, empietà: un vizio solitario che, come l’altro, aveva per confuso traguardo la morte. (p. 16)
  • Sirene: Vissero feroci e stupende. Una laringite le vinse. (p. 16)
  • Indovinello: Un servo sciocco, infedele, bugiardo, che alla fine ci abbandona, nudi vermi di niente, senza un saluto... Il corpo. (p. 16)
  • Irresponsabile della mia nascita, ho un alibi di ferro: non c'ero. (p. 16)
  • Simile a un colombo viaggiatore, il poeta porta sotto l'ala un messaggio che ignora. (p. 20)
  • La speranza: ricorrente febbre di Malta di cui non sapremo mai guarire del tutto. (p. 20)
  • Insufficienza dei trattati d'amore. Ciascun sapiente, senza accorgersene, discetta del solo amore che conosce: il proprio. (p. 22)
  • Chi si leva dal letto perché soffre d'insonnia, non merita quel privilegio. I nottambuli sono dei disertori. (p. 23)
  • Inquilini della terra, non è carino che ci diamo tante arie di proprietari. (p. 23)
  • Chissà dove vanno i sogni che sogniamo e dimentichiamo: Atlantidi sommerse e perse che non visiteremo mai più. (p. 23)
  • Una trappola in cui i siciliani cadono volentieri: pretendere di capire la Sicilia prima di capire sé stessi. (p. 23)
  • Il creato è un'antologia di figure retoriche. Esso per primo è, insieme, un usteron proteron e un ossimoro. (p. 23)
  • Morire è facile, prima o poi ci riescono tutti. (p. 23)
  • Le Pasque, i Ferragosti, i Natali... I Natali, le Pasque, i Ferragosti... Così se ne va la nostra vita. (p. 24)
  • Gli orgasmi senili, per rari e difficoltosi che siano, sono di specie migliore che non le rapide effusioni di gioventù. Sismi ondulatorii più che sussultorii, prodighi d'una protratta, quasi femminea, voluttà. (p. 24)
  • Chiunque pronunzi la parola "imbecille" è certissimo di non esserlo. (p. 25)
  • Quando sono in compagnia parlo e straparlo a dirotto. Non è che mi piaccia, ma non conosco altro modo per impedire agli altri di parlare. (p. 25)
  • Autoritratti: Quel pittore non è poi così brutto come si dipinge. (p. 25)
  • Colma di troppi ricordi, rimorsi, libri, viste, visioni, ormai la mia vita è una valigia che non si chiude. Qualcuno mi dà una mano? (p. 26)
  • Elezioni: Il sonno è di destra, il sogno è di sinistra... Votare per una lucida insonnia. (p. 26)
  • Non maledire il gradino dove inciampi col piede. Non ha altro torto se non d'essere lì. (p. 27)
  • Essere non comporta necessariamente l'esistere: Dio non esiste ma è. (p. 27)
  • La vita non mi ha licenziato; m'ha solo messo in cassa integrazione. (p. 27)
  • Le sale d'attesa degli ospedali non indicano prudentemente che cosa dobbiamo attenderci. (p. 28)
  • Se gli uomini impiegassero per il possibile la metà delle forze che sprecano per l'impossibile... (p. 29)
  • Battaglie: La ragione vince tutte le scaramucce. Vincesse una battaglia ch'è una! (p. 29)
  • La poesia, venerando ma sfacciato commercio di sé... (p. 32)
  • Un ucciso, sepolto sulla sponda di un fiume, aspetta da secoli di veder passare la spoglia del suo assassino. (p. 32)
  • Conversando, sforzatevi di dire di tanto in tanto una banalità. L'amor proprio di chi vi ascolta ve ne sarà riconoscente. (p. 33)
  • Una donna dev'essere molto bella per permettersi la verginità. (p. 34)
  • E dire che io e lui abbiamo un nemico in comune: lui me, io pure. (p. 34)
  • Più m'incaponisco a capirle, più vita e letteratura mi paiono le due facce d'un medesimo abrakadabra. (p. 34)
  • Uno dei miei pochi piaceri: dispiacere a chi non mi piace. (p. 35)
  • Metamorfosi del critico: fu un tempo giudice areopagita; quindi patrono; quindi complice e sodale dello scrittore. Oggi, novanta volte su cento, mezzano e giullare del re. (p. 35)
  • Non è l'affievolirsi della vista, dell'udito, della memoria, della libido che segna l'avvento della vecchiaia e annunzia la prossima fine; ma è, dall'oggi al domani, la caduta della curiosità. (p. 37)
  • Controfavola: "Il re è nudo!", gridò il bambino. Non era vero, ma nessuno della folla ebbe cuore di contraddire un bambino cieco.[9] (p. 37)
  • È colpa nostra se Dio non esiste. (p. 38)
  • Sono gli uomini che hanno dissuaso Dio dall'esistere. (p. 38)
  • L'abito non fa il monaco. Il clergyman meno che mai. (p. 40)
  • [...] l'odio differisce dall'amore in questo: che, pur pascendosi in ugual misura di finzioni e visioni, non suscita veglie affannose ma un salutare sopore, dove trionfano lietamente i fantasmi della vendetta. (p. 40)
  • L'amore: a guardarlo da fuori un teatro di larve comicoliriche, di batticuori inventati, tutta un'orchestra di trombe e violini, col basso tuba dell'eros che accompagna da lontano. (p. 42)
  • I sogni: spazzatura della ragione. (p. 42)
  • In alternativa al suicidio, che esige qualche virtù manuale e morale di difficile uso, ammutinarsi contro la vita. (p. 42)
  • Tiro ogni giorno contro me stesso cento calci di rigore. Grazia o disgrazia, prendo sempre il palo. (p. 42)
  • L'essere più spregevole, se lo penso mentre rincasa solo alle tre di notte e si guarda il viso disfatto nello specchio dell'ascensore, come lo sento fratello e socio in miseria, innocenza, desolazione, pietà! (p. 42)
  • Biografia: Nacque, omissis, morì. (p. 43)
  • Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole.

Calende greche

  • I vincitori non sanno quello che perdono. (p. 178)
  • La vita: un menabo della morte? (p. 181)
  • Vivere: uno spiraglio di luce intrusa, che la morte, come una chiusura lampo, fulmineamente richiude. (p. 181)

Cere perse

  • Leggere non servì soltanto da risorsa conoscitiva, utile a esplorare, dal fondo del mio pozzo buio, il più che potessi del lontanissimo cielo: significò soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e delle loro vite veridiche o immaginarie: dunque fu, in qualche modo, una pratica cannibalesca. (Leggere, vizio punito, p. 25)
  • Forse in questo momento in un'aula d'asilo si stanno rifiutando di imparare le aste i futuri incendiari di biblioteche. (Leggere, vizio punito, p. 26)
  • Un libro non è soltanto, o non è sempre, un tempio delle idee o un'officina di musica e luce, è anche un luogo oscuro di sfoghi e di rimozioni, dove si combatte un duello senza pietà, con la sola scelta di guarire o morire. (Ostaggio dello spavento, p. 95)

Diceria dell'untore

Incipit

O quando tutte le notti – per pigrizia, per avarizia – ritornavo a sognare lo stesso sogno: una strada color cenere, piatta, che scorre con andamento di fiume fra due muri più alti della statura di un uomo; poi si rompe, strapiomba sul vuoto. Qui sporgendomi da una balconata di tufo, non trapela rumore o barlume, ma mi sorprende un ribrezzo di pozzo, e con esso l'estasi che solo un irrisorio pedaggio rimanga a separarmi... Da che? Non mi stancavo di domandarmelo, senza però che bastasse l'impazienza a svegliarmi; bensì in uno stato di sdoppiata vitalità, sempre più retratto entro le materne mucose delle lenzuola, e non per questo meno slegato ed elastico, cominciavo a calarmi di grotta in grotta, avendo per appiglio nient'altro che viluppi di malerba e schegge, fino al fondo dell'imbuto, dove, fra macerie di latomia, confusamente crescevano alberi (degli alberi non riuscivo a sognare che i nomi, ho imparato solo più tardi a incorporare nei nomi le forme).

Citazioni

  • Non mancava molto ormai: già erano scomparse l'incredulità e la vergogna dei primi tempi, quando ogni fibra è persuasa ancora d'essere immortale e si rifiuta di disimpararlo (p. 15)
  • Bene, il falso o vero nobiluomo Gran Magro era il solo fra i medici della Rocca, all'infuori di quell'altro a cui toccava il turno di guardia, che restasse a dormire ogni notte con noi (della moglie s'era diviso anni prima; una siracusana di spaventosa bellezza, sulla cui foto sputava, dicevano, tutte le mattine, prima di lavarsi), (p. 19)
  • Oh sì, furono giorni infelici, i più felici della mia vita. (p. 26)
  • Andare fra la gente, giù in città, portarsi addosso il cencio del corpo, questa somma insufficiente di lena e di sangue, in mezzo ai sani della strada, atletici, puliti, immortali... (p. 39)
  • Qualunque cosa faccia, dovunque vada, un pensiero mi conforta: sono un uomo involontario, dunque sono un uomo innocente. (p. 47)
  • Il peccato: inventato dagli uomini per meritare la pena di vivere, per non essere castigati senza perché. (p. 47)
  • Come s'affonda in un legno un chiodo, a piccoli colpi, la morte... (p. 47)
  • Solo l'infelicità è degli uomini, la disperazione è di Dio. (p. 49)
  • Dio, gigantesco eufemismo. (p. 49)
  • E se fossimo solo il Suo peccato originale, l'infrazione, la mela che non doveva mangiare? (p. 50)
  • La morte naturale non esiste: ogni morte è un assassinio. E se non si urla, vuol dire che si acconsente. (p. 50)

Il malpensante

Gennaio

  • Exercitum in hiberna deduxit, condusse le truppe nei quartieri d'inverno... Così Cesare termina ciascuno dei commentari gallici. È probabile che aspettasse quei giorni d'ozio e quella luce di neve per dettare le sue gesta a uno scriba. Altrettanto dovrebbe ciascuno di noi, serbando all'azione le rimanenti stagioni. (p. 9)
  • Solo negli empi sopravvive oggigiorno la passione per il divino. Nessun altro si salverà. (p. 9)
  • L'immaginazione è "la pazza di casa"[10], m'insegnarono al liceo. La realtà è peggio, risposi: è la scema del villaggio. (p. 9)
  • La morte è uno sverginamento. Portasse anche a una gravidanza! (p. 10)
  • Morire. Non fosse che per fregare l'insonnia. (p. 10)
  • Nascere è umano, perseverare è diabolico. (p. 10)
  • "Mi spaventa possedere chi amo, mi spaventa amare chi possiedo." Così disse Adamo e spartì eros e amore. Ma Eva non era contenta. (p. 10)
  • Bisogna che abbiamo un'idea molto primitiva dell'eternità se facciamo tanto caso del morire a trenta o a cent'anni. (p. 11)
  • Il sonno è amore di morte, l'insonnia paura di morte. (p. 11)
  • Metà di me non sopporta l'altra e cerca alleati. (p. 12)
  • E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare la vita? (p. 13)
  • L'amore, come ogni buon rigorista, prima di tirare non piglia troppa rincorsa. (p. 13)
  • Metri, metronomi, meridiane... L'uomo presume, misurando lo spazio e il tempo, di vincerli, mentre sono essi che misurano lui. (p. 13)
  • Morire sarà, su per giù, come quando su una vetrina una saracinesca s'abbassa. (p. 14)
  • Un'idea innaffiata dal sangue dei martiri non è detto che sia meno stupida di un'altra. (p. 15)
  • Dev'esserci un motivo se fu scelto il cavolo a fingere il sito della generazione. (p. 15)
  • Vi sono due razze di stupidi: quelli che credono a tutto e quelli che non credono a niente. Purtroppo io appartengo a entrambe. (p. 16)
  • La parola è una chiave, ma il silenzio è un grimaldello. (p. 17)
  • Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com'è difficile scegliere! (p. 17)

Febbraio

  • I pregiudizi han più sugo, talvolta, dei giudizi. (p. 19)
  • Hic: lo spazio; Nunc: il tempo. Due tappeti volanti, due scale mobili su cui immobile avanzo. E Zenone non mi aiuta. (p. 19)
  • Se Dio esiste, chi è? Se non esiste, chi siamo? (p. 19)
  • Le dissi che l'amavo. Incassò la notizia come uno chèque. (p. 19)
  • Siamo i ricordi di Dio? Siamo le sue traveggole? (p. 20)
  • Lodato sia don Chisciotte! Che seppe con tanto anticipo di secoli riconoscere un furibondo gigante sotto la maschera di un innocente mulino. (p. 20)
  • Non sono complicato, ma contengo una dozzina di anime semplici insieme. (p. 20)
  • So di anime che ai ricordi si consegnano come una fortezza di vigliacchi apre le porte al nemico. (p. 21)
  • Non c'è scrittore che non somigli al serpente dell'Eden. Solo che spesso la mela è marcia. (p. 21)
  • I ricordi ci uccidono. Senza memoria, saremmo immortali. (p. 21)
  • È un bluff? Non è un bluff? Fra poco muoio e lo vedo. (p. 22)
  • Scrivere è continuare, inseguire al di là della tenebra quel fanalino fuggente che è l'uomo. (p. 22)
  • Com'è che, esente da segreti vergognosi, tutta la mia vita mi pare un segreto vergognoso? (p. 23)
  • Molte donne si vestono bene, ma tutte si spogliano male. (p. 24)
  • È più facile amare gli altri che . Degli altri si conosce il meglio, l'antologia... (p. 24)
  • Per distrarsi dalla morte l'uomo inventò la storia, questo happening da un soldo. (p. 25)
  • In ogni buongustaio sonnecchia uno sciocco. Svegliatelo se volete che il pranzo passi in fretta. (p. 26)
  • Scrivo poesie che si capiscono, devo sembrare un cavernicolo. (p. 26)
  • Resta dubbio, dopo tanto discorrere, se le donne preferiscano essere prese, comprese o sorprese. (p. 26)
  • Innamorarsi è un lusso, chi non può permetterselo finge. (p. 27)
  • La guerra, una doppia violenza: non solo ci sforza a morire, ma addirittura a uccidere. (p. 27)
  • In un mondo d'arrivisti buona regola è non partire. (p. 28)

Marzo

  • L'ossimoro non è una ridondanza ma una contrazione, non uno scialo ma un'economia. (p. 30)
  • "Una biblioteca", dice Ralph Waldo Emerson, "è un harem".[11] E se fosse una polveriera? (p. 30)
  • Il pacifismo è guercio ma il bellicismo è cieco. (p. 30)
  • Molte morti sono suicidii truccati. (p. 30)
  • Questo luttuoso lusso d'essere siciliani. (p. 31)
  • Essendo stato molto vecchio da giovane, mi sia concesso da vecchio qualche lume di gioventù. (p. 31)
  • Irresistibile attrazione che esercita su certi spiriti pii l'empietà. (p. 31)
  • Sarò forse presuntuoso ma il mio specchio mi calunnia. (p. 32)
  • Un pene innamorato è spesso balbuziente. (p. 32)
  • Il Colosseo, questo teschio di Roma, sotterratelo! (p. 33)
  • "La morte è un boscaiolo" declamai una volta, "ma la foresta è immortale." Sì, vallo a raccontare a un albero sradicato. (p. 33)
  • Quanto poco mi piace piacere agli altri. Come si permettono, che è questa confidenza? (p. 34)
  • Gira, rigira, da Talete in poi la filosofia pesta l'acqua nel mortaio. (p. 35)
  • Rimuginare il male senza osare mai compierlo... È così che si formano le vocazioni poetiche. (p. 36)
  • Insomma, sarà che siamo ottusi e il Suo riserbo ci frastorna, ma, insomma, qualche chiarezza in più, da parte di Dio, sarebbe stata augurabile. (p. 36)
  • Costa una fatica del diavolo conservare una buona opinione di sé. Chissà come fanno, certuni. (p. 36)
  • Senza note a piè di pagina, certe donne non si capiscono. (p. 36)
  • Se volete saperne di più su di voi, origliate dietro le porte. (p. 36)

Aprile

  • Eppure un guizzo solo di primavera basta a rendere allegra l'anima vedova, a mutare in piani di esaltata Arlecchina queste ostinate gramaglie. (p. 39)
  • "Conosci te stesso," dice il filosofo. Fossi matto! (p. 40)
  • Ognuno sogna i sogni che si merita. (p. 40)
  • Dio è migliore di quel che sembra, la Creazione non gli rende giustizia. (p. 41)
  • Dopo la pioggia la terra, come una ragazza un cappello di paglia azzurro, s'è messo il cielo sul capo. (p. 41)
  • Vi sono suicidi invisibili. Si rimane in vita per pura diplomazia, si beve, si mangia, si cammina. Gli altri ci cascano sempre, ma noi sappiamo, con un riso interno, che si sbagliano, che siamo morti. (p. 42)
  • Quel colpo di pistola ci ha risparmiato, quanto meno, i dolori del vecchio Werther.[12] (p. 42)
  • Non conosco voluttà più pungente del leggere, non già un libro da cima a fondo, ma, pescando a caso, qui una pagina lì un rigo, ritti in piedi, dinanzi alle cascate prodigiose d'una biblioteca. (p. 43)
  • Perché non si deve credere che uno specchio trattenga le immagini che ha riflesso, se d'una stella estinta ci giunge tuttora la luce? (p. 43)
  • Siamo ostaggi di uno che ogni giorno alza il prezzo del riscatto. (p. 44)
  • Veglia a due, in silenzio, nel buio. Finché uno si decide e mormora all'altro: "Dormi?" (p. 44)
  • Finisco sempre con lo sbadigliare quando mi parlo da solo. (p. 44)
  • Comunque vada la nostra partita con la vita finirà zero a zero. (p. 45)
  • La storia: impressione di assistere a una partita di calcio truccata, con spettatori ignari che si sbracciano e urlano e si menano... (p. 45)
  • L'amore, nella maggior parte dei casi, è soltanto un prestito con cauzione. (p. 46)
  • La vecchiaia comincia il giorno in cui, invece di scrivere a una donna, le telefoniamo. (p. 47)
  • Ci vogliono virtù a iosa per fare un vizio. (p. 47)
  • Ogni uomo si cangia nel viso con gli anni, ma solo l'ultimo dei suoi ritratti, su un cuscino, gli rassomiglia. (p. 47)
  • Il dubbio è una passerella che trema tra l'errore e la verità. (p. 47)
  • Un tepore mediocre è la temperatura ideale per sopravvivere. (p. 48)
  • La parola ha preceduto la luce e non viceversa: Fiat lux e la luce fu. (p. 49)
  • Non il sonno ma l'insonnia della ragione genera mostri.[13] (p. 49)

Maggio

  • Proust, più che umido, è viscoso. (p. 51)
  • Se la vita è un refuso, la morte è l'errata corrige. (p. 51)
  • I miei sbagli erano calcoli, dunque! (p. 51)
  • Le stelle sono varianti rifiutate della terra. (p. 52)
  • La verità è plurale, è la menzogna che è singola. (p. 52)
  • L'unica cosa asciutta: la sterilità. (p. 52)
  • I suicidi sono solo degli impazienti. (p. 52)
  • Biblioteche, musei, cineteche... Non amo che camposanti. (p. 53)
  • I sogni: "lavoro nero", ma non pagato, della ragione. (p. 53)
  • Che sostanziale indifferenza, ormai, quando muore qualcuno che conosciamo. Come se riservassimo ogni nostra superstite forza di strazio ai due o tre che ci vivono accanto. (p. 54)
  • Il traduttore è l'unico autentico lettore d'un testo. Non dico i critici, che non hanno voglia né tempo di cimentarsi in un corpo a corpo altrettanto carnale, ma nemmeno l'autore ne sa, su ciò che ha scritto, più di quanto un traduttore innamorato indovini. (p. 55)
  • Quando si è zuppi di ricordi e stufi di ricordare, allora si comincia a morire. (p. 57)
  • L'unica forma di felicità che conosco è la noia. (p. 58)
  • Dovetti scegliere fra morte e stupidità. Sopravvissi. (p. 58)
  • Straordinari dolcissimi inferni della timidezza. (p. 60)
  • Che odore di disperazione si leva da ogni minimo oggetto d'uso appartenuto ad un morto! (p. 60)

Giugno

  • Un tempo posavo ad apparire migliore di quel che ero. Poi, senza fortuna, ho posato a calunniarmi. Oggi, con fortuna ancora minore, mi sforzo di somigliarmi. (p. 61)
  • Foglio bianco: un attimo di terrore mentre sospendo sul tasto dell'Olivetti il mio perplesso polpastrello di Damocle. (p. 62)
  • In me più mi rintano più scappo. (p. 63)
  • Le bandiere: pannolini per popoli infantili che bagnano il letto. Visto che qualcuno muore ancora credendoci, si dovrebbe farle ruotare ogni giorno, prestare, che so io, il tricolore al Madagascar, la mezzaluna all'Italia. (p. 65)
  • Riconosco per mio solo ciò che ho scritto con inchiostro simpatico. (p. 67)
  • Certi amori sono soltanto sudori che si somigliano. (p. 68)
  • L'universo: un acrostico dove cerco di leggere Dio. (p. 68)
  • I giovani credono naturalmente d'essere immortali. Con le dovute cautele, avvertirli che si sbagliano. (p. 70)
  • Il miglior maestro non ha discepoli, insegna soltanto ipotesi. (p. 70)
  • Come ogni brutto sono sempre stato oggetto di passioni disinteressate. (p. 71)
  • Si può anche dannare la propria vita, se si ha genio. Se si ha solo talento, è da stupidi. (p. 71)

Luglio

  • Tale è la forza dell'abitudine che ci si abitua perfino a vivere. (p. 75)
  • Raramente fu dato un bacio che non fosse bacio di Giuda. (p. 75)
  • I fatti sono cocciuti, la morte è il più cocciuto dei fatti. (p. 76)
  • C'è chi beve per dimenticare: lui beve per ricordare. (p. 77)
  • Quando non è una lanterna magica, la memoria è un film dell'orrore. (p. 78)
  • Pericoloso entrare senza frustino nella gabbia dei ricordi. Mordono. (p. 78)
  • Con le donne accade due volte di non saper cosa dire: all'inizio e alla fine d'un amore. (p. 78)
  • Mangiare, abitudine obbligatoria ma stupida. (p. 78)
  • Il silenzio è stato in fondo una inevitabile profilassi. (p. 79)
  • Fra traduttore ed autore il rapporto che s'intreccia (insidie, invidie, ripicche, lusinghe) adombra una sfida carnale. (p. 80)
  • Musil: una piramide che si regge sulla punta. (p. 80)
  • Il traduttore è con evidenza l'unico autentico lettore di un testo. Certo più d'ogni critico, forse più dello stesso autore. Poiché d'un testo il critico è solamente il corteggiatore volante, l'autore il padre e marito, mentre il traduttore è l'amante. (p. 81)
  • Quante croci, il traduttore, in cambio di qualche estasi vicaria! (p. 81)
  • Meno credo in Dio più ne parlo. (p. 83)

Agosto

  • In un mondo di inerzie contraddirsi rimane l'unico movimento. (p. 86)
  • Marinetti: più un orologio a cucù che una bomba a orologeria. (p. 86)
  • Non ho certezze, la certezza è nemica invidiosa della verità. (p. 86)
  • Interviste: saprò mai dare risposte valorose a domande stupide? (p. 87)
  • Uno sciocco che tace è la creatura più adorabile del mondo. (p. 87)
  • La mia logorrea: simile all'annaspare di braccia d'un naufrago che inghiotte acqua. (p. 87)
  • Gli uomini: forse i vermi solitari della terra. (p. 88)
  • I piaceri della vanità non durano in genere più di un orgasmo maschile. (p. 90)
  • Invecchiare, sentire il corpo da complice farsi nemico: un servo che ruba alla spesa, che si finge o è sordomuto. (p. 90)
  • Signore, abbi pietà dei suicidi, risparmia loro l'immortalità. (p. 91)
  • "Buco nero", che metafora giusta per chi volle essere stella e non è più che un rimasuglio di luce, incapace di sortire e di propagarsi, sigillata per sempre a consumarsi di sé! (p. 91)
  • Due infelicità, sommate, possono fare una felicità. (p. 92)
  • Vivo dentro di me come un ospite. (p. 92)
  • Il passato come fata morgana. Trasformare i ricordi in miraggi, favole, sogni di favole. (p. 92)
  • "Se esistesse si saprebbe in giro," disse il filosofo,[14] parlando di non so chi... [Dio] (p. 92)
  • Sociologo è colui che va alla partita di calcio per guardare gli spettatori. (p. 93)
  • Gli assenti hanno una volta torto ma novantanove volte ragione. (p. 93)
  • Dio è morto creandoci, noi siamo un'opera postuma. (p. 93)
  • Chi abusa del proprio ingegno non merita misericordia. (p. 94)
  • Credo che in due occasioni di compleanno ci si senta improvvisamente decrepiti: a diciannove anni e a cinquanta. (p. 94)

Settembre

  • L'assoluto: ecco un concetto che assolutamente mi sfugge. (p. 95)
  • Dio non è morto, come dicono. Dio ci è stato amputato. (p. 95)
  • Curioso che ogni nostro coetaneo ci sembri, quando lo incontriamo, molto più vecchio di noi. (p. 95)
  • Ci vuole una certa dose di bestialità per essere un grande attore. (p. 95)
  • Uno dei trucchi dell'assurdo è di vestirsi da verosimile... Non c'è ora della nostra giornata in cui non ci sfilino davanti siffatte maschere di carnevale. (p. 96)
  • Ricambio più facilmente il male col bene, anziché il bene col bene. Tanto mi ripugna rendere colpo per colpo. (p. 96)
  • Chi scrive per il suo tempo, disperi di sopravvivergli. (p. 96)
  • Un grande scrittore è di solito meno intelligente di molti scrittori minori. (p. 96)
  • Quanti assassini sarebbero rimasti cittadini dabbene se non avessero avuto una domenica libera. (p. 96)
  • Una passione è il totale di due malintesi. (p. 97)
  • Il primo segno d'amore consiste nel trasformare un essere che ci era domestico in un demone sconosciuto. (p. 97)
  • Non vedo perché sia legittimo amare insieme Cimarosa, Bach e Stravinskij e sia da fedifraghi amare a un tempo Carolina, Claudia e Maria. (p. 97)
  • Spesso in amico cerchiamo niente più che un orecchio. (p. 98)
  • La calunnia disinteressata è, in chi la propala, indizio certo di virtù letteraria. (p. 98)
  • Una carezza non lascia su un viso più impronte che una musica nell'aria. (p. 99)
  • Fiduciose formiche! Che vanno e vengono, e trascinano pesi enormi, e scavano tane profonde. Senza vedere la mia scarpa che incombe. (p. 99)
  • Pochi si rendono conto che la loro morte coinciderà con la fine dell'universo. (p. 99)
  • Qualunque cosa si dica, la vita è più antica e più forte della morte: nulla è morto che non fosse prima nato. (p. 99)
  • Dio violentò l'Eternità: nacque un frutto della colpa e fu il Tempo. (p. 103)
  • È per noia che l'Infinito ha inventato limiti e spazi. Per noia li distruggerà. (p. 103)
  • Nessuna ingratitudine è pari a quella di ciascuna generazione nei riguardi della precedente. (p. 103)
  • Quanto male è nato dal pregiudizio che il biasimo sia intelligente e l'elogio stupido. (p. 104)
  • Strano che un presuntuoso possa essere anche un invidioso. (p. 104)
  • Una verità è pericolosa quando non somiglia a un errore. (p. 104)
  • La speranza è una specie di scarlattina infantile che ci portiamo dietro tutta la vita. (p. 104)
  • Questo atroce privilegio di vedere in ogni vivente un morto in incubazione... (p. 105)
  • Capita a volte di sentirsi per un minuto felici. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un attimo e passa. (p. 105)
  • Ci sono due cose che, per farle, esigono buona salute: l'amore e la rivoluzione. (p. 105)
  • Il libro per l'isola? Un vocabolario. (p. 106)

Ottobre

  • Autunno, stagione sleale. (p. 109)
  • Si firmerebbero poche dichiarazioni di guerra se chi le dichiara dovesse per legge firmarle col proprio sangue. (p. 109)
  • Per fortuna gli eroi muoiono di morte violenta. (p. 109)
  • Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (p. 110)
  • La felicità esiste, ne ho sentito parlare. (p. 111)
  • Vergini da espugnare come un bunker, rocciose roccaforti del sesso. (p. 112)
  • Diffidate degli ottimisti, sono la claque di Dio. (p. 114)
  • L'amore: un sentimento inventato. Ciò che conta è il gioco della seduzione, il rituale di piacere a qualcuno. (p. 115)
  • Ricordo male le donne belle: un viso che abbaglia impedisce l'osservazione tranquilla. (p. 115)
  • Un bel trucco per sedurre il lettore consiste nel dargli quel senso di superiorità che deriva dal saperne più dei personaggi che si vede agire davanti. Come quando sullo schermo un uomo avanza e noi vediamo il sicario che lo aspetta dietro l'angolo. Superbi di dominarne la sorte dalla nostra oscura poltrona, ma ignari che il regista ci sta scaltramente manovrando a sua volta. (p. 118)
  • Vivere in incognito, come Dio. (p. 119)
  • Dicono che l'uomo di Neanderthal morì perché non sapeva parlare. Noi periremo per non aver saputo tacere. (p. 119)
  • La prosodia come architettura salvifica e simbolica dell'universo. (p. 119)

Novembre

  • Il poeta: dulcamara, sciamano, fanciullino? (p. 121)
  • Io: un paesaggio che m'è venuto a noia. (p. 122)
  • Si asciugano presto le lacrime per una pena che non ci riguarda (p. 122)
  • Perdere è un dovere civico, la residua dignità di chi vive. (p. 125)
  • Di sonnambuli e sonnambule sono piene le carte. Non ne ho mai conosciuti. Sarebbe bello se si trattasse di un male inventato, delle strologherie di un poeta. (p. 126)
  • Come si fa ad amarsi vivendo con se stessi 24 ore su 24? (p. 127)
  • Dubbio. Se l'uomo sia una macchina fatta per vivere ovvero per morire. (p. 128)

Dicembre

  • Una stroncatura è la base più solida di un'amicizia. (p. 132)
  • L'amore e l'amicizia, quanto se n'è parlato. Sull'ammirazione si è reticenti, deve esserci un motivo. (p. 133)
  • In provincia conosco ammirazioni intransigenti e irriflessive quanto un amore. (p. 133)
  • L'ammirazione si cristallizza con l'amore. (p. 133)
  • Com'è facile oggi essere intelligenti, che scialo d'intelligenza si fa! E com'è poco rispettabile, ormai, l'intelligenza, com'è noiosa! (p. 134)
  • L'ironia di Dio. Solo un Dio ironico saprei pregare. (p. 135)
  • Tutti al mondo sono poeti, perfino i poeti. (p. 135)
  • Detesto le utopie: non chi le consuma ma chi le spaccia. (p. 136)
  • La fama è la gloria venduta a saldo, con gli sconti di fine stagione. (p. 138)
  • Grido, è vero, ma a fior di labbro. (p. 139)
  • Insomma: vivere per dimenticare o vivere per ricordare? (p. 140)

La luce e il lutto

  • Vi è una Sicilia "babba", cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia "sperta", cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è una Sicilia pigra, una frenetica; una che si estenua nell'angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di carnevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio... (L'isola plurale, p. 18)
  • Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte ritrovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l'allegria di sentirsi seduto sull'ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino. (L'isola plurale, p. 18)
  • Capire la Sicilia significa dunque per un siciliano capire se stesso, assolversi o condannarsi. Ma significa, insieme, definire il dissidio fondamentale che ci travaglia, l'oscillazione fra claustrofobia e claustrofilia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l'espatrio o ci lusinghi l'intimità di una tana, la seduzione di vivere la vita con un vizio solitario. L'insularità, voglio dire, non è una segregazione solo geografica, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della stanza, del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la diffidenza, il pudore; e il senso di essere diversi. (L'isola plurale, pp. 18-19)
  • Ogni siciliano è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica e morale. Così come l'isola tutta è una mischia di lutto e di luce. Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare incredibile, inaccettabile la morte. Altrove la morte può forse giustificarsi come l'esito naturale d'ogni processo biologico; qui appare come uno scandalo, un'invidia degli dei. (L'isola plurale, p. 19)
  • Da questa soperchieria del morire prende corpo il pessimismo isolano, e con esso il fasto funebre dei riti e delle parole; da qui nascono i sapori cupi di tossico che lascia in bocca l'amore. Si tratta di un pessimismo della ragione, al quale quasi sempre s'accompagna un pessimismo della volontà. [...] Il risultato di tutto questo, quando dall'isola non si riesce o non si voglia fuggire, è un'enfatica solitudine. Si ha un bel dire – io per primo – che la Sicilia si avvia a diventare Italia (se non è più vero, come qualche savio sostiene, il contrario). Per ora l'isola continua ad arricciarsi sul mare come un istrice, coi suoi vini truci, le confetture soavi, i gelsomini d'Arabia, i coltelli, le lupare. Inventandosi i giorni come momenti di perpetuo teatro, farsa, tragedia o Grand-Guignol. Ogni occasione è buona, dal comizio alla partita di calcio, dalla guerra di santi alla briscola in un caffè. (L'isola plurale, p. 19)
  • Fino a quella variante perversa della liturgia scenica che è la mafia, la quale fra le sue mille maschere, possiede anche questa: di alleanza simbolica e fraternità rituale, nutrita di tenebra e nello stesso tempo inetta a sopravvivere senza le luci del palcoscenico. [...] Non è tutto, vi sono altre Sicilie, non finirò di contarle. (L'isola plurale, pp. 19-20)
  • Viaggiare, voglio dire, s'apparenta alle due più esclusive ed esaltanti esperienze dell'uomo: amare e creare. Saper viaggiare è cosa creativa quanto una seduzione d'amore, una bella pittura, una frase musicale assoluta. Ove poi il luogo da visitare sia l'isola che dico io, ombrosa e lucente, gremita di vita e di morte, crogiolo di razze e crocevia di secoli, l'impresa risulterà più che mai portatrice di turbamento e di rischio: se ogni viaggio significa una scommessa di conoscenza e felicità, il viaggio in Sicilia è un esame senza confronto, è l'Esame. (p. 56)

Le menzogne della notte

  • Se è vero quel che un filosofo dice, che viaggiare significa aggiungere vita alla vita, mia madre e i miei zii di vita se ne crebbero tanta. (p. 632)
  • Non esitai a ubbidire, peraltro. Come tuttora non esito, persuaso che qualunque insuccesso è utile ad innaffiare il successo; e che nutre la nostra Causa forse più il morire che il vivere. Del resto, previdenza e follia in me han fatto sempre tutt'uno, né ho mai rinunziato all'impossibile con la debole scusa che era, appunto, impossibile. (p. 662)
  • Poiché in due modi opposti vi ho usato: ora dirigendo vigile i vostri fili, ora sedendomi quietamente a godermi le vostre sceniche esibizioni; ora avversario, ora connivente; senza mai mostrare quello che ero veramente: il puparo di tutti voi [...]. Ma sempre furioso nell'intimo,di udirvi mescere, sul davanzale del buio, le domande grandi: Dio, il male, la morte, con le piccine, di spicciola umanità; il re, la Costituzione, la felicità, la salvezza, il decoro. (p. 674)

Incipit di La panchina

Catania, una giornata d'inverno.
Sulla scena appare il viale cosiddetto «dei grandi», sparso di busti illustri, scheggiati dalle sassate, e di panchine deserte, salvo una a sinistra, su cui siede un vecchio di settant'anni.[15]

Citazioni su Gesualdo Bufalino

  • Quanto poi a infastidirsi, l'unico che ne avrebbe un buon motivo è lo stesso Bufalino, se la contemplazione simultanea di tutti i suoi romanzi, racconti, saggi, elzeviri e poesie rende ancora più lampante la discrepanza fra le pretese di portentosità della sua scrittura e la timorata, inoffensiva ovvietà della sua immaginazione e del suo pensiero. Alla luce di quanto l'ha seguita, anche la Diceria dell'untore si rivela sempre più nitidamente per quello che è, un trucco, una sorta di montaggio fotografico: Serenus Zeitblom travestito da Adrian Leverkuhn, un professore di liceo alla Francesco Chiesa (o, volendo largheggiare, alla Panzini) che si atteggia a grande decadente e fa, per impressionarci, ferocissime smorfie d'agonia. (Giovanni Raboni)

Note

  1. Citato in Lillo Gullo, Cerimonie della calura, Prefazione di Salvatore Silvano Nigro, Nicolodi, Rovereto (TN), 2007. ISBN 978-88-8447-300-4
  2. Da Pensieri a perdere.
  3. Citato in Attilio Bolzoni, L'addio a Sciascia, la Repubblica, 23 novembre 1989.
  4. Citato in Strage di Capaci, Napolitano ricorda Falcone e Borsellino, Affaritaliani.it, 23 maggio 2009.
  5. Citato in Stefano Bucci, Battiato: lo so bene, non so dipingere. Ma anche Van Gogh, Corriere.it.
  6. Citato in Volume di Bufalino sulle saline di Sicilia, Agi.it, 12 marzo 1988.
  7. a b Da Un vertice letterario di Aldo Scimè, per Rai Teche; video disponibile in Un vertice letterario, Regionesicilia.rai.it, 1983.
  8. Da Bufalino: io, collezionista di ricordi, seduttore di spettri, Il Messaggero, 21 febbraio 2002.
  9. Cfr. la voce I vestiti nuovi dell'imperatore su Wikipedia.
  10. Definizione della fantasia data da Teresa d'Ávila.
  11. In Società e solitudine, 1870.
  12. Il riferimento è al romanzo I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe. Werther, alla fine dell'opera, si uccide con un colpo di pistola alla tempia.
  13. Cfr. Francisco Goya: «Il sonno della ragione genera mostri.»
  14. Citazione ripresa nel libro Argo il cieco, pronunciata dal filosofo Pietro Iaccarino.
  15. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia

  • Gesualdo Bufalino, Argo il cieco, Bompiani, 1994. ISBN 8845222829
  • Gesualdo Bufalino, Bluff di parole, Giunti, 2013 (1994). ISBN 8858761669
  • Gesualdo Bufalino, Calende greche: ricordi d'una vita immaginaria, Bompiani, 1992.
  • Gesualdo Bufalino, Cere perse, Sellerio, Palermo, 1985.
  • Gesualdo Bufalino, Diceria dell'untore, Sellerio, Palermo, 1982.
  • Gesualdo Bufalino, Il malpensante. Lunario dell'anno che fu, Bompiani, Milano, 1987. ISBN 884520118X
  • Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1988.
  • Gesualdo Bufalino, Le menzogne della notte in Opere: 1981-1988, a cura di Maria Corti e Francesca Caputo, Bompiani, 2006, pp. 577-679. ISBN 8845257827

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