Isaac Deutscher

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Isaac Deutscher (1907 – 1967), scrittore, giornalista e attivista politico polacco.

Citazioni di Isaac Deutscher[modifica]

  • [Su Iosif Stalin] Ha trovato la Russia che lavorava la terra con aratri di legno e la lascia padrona della pila atomica... Un risultato simile non si sarebbe potuto ottenere senza vasta rivoluzione culturale nel corso della quale si è mandato a scuola un paese intero per impartirgli una istruzione estensiva.[1]

Ironie della storia[modifica]

Incipit[modifica]

Nessuno che abbia visto e udito Nikita Cruščev parlare da un palco o discutere con la gente metterà in dubbio l'autenticità del testo del discorso segreto da lui pronunciato al Ventesimo Congresso del Partito Comunista sovietico[2] e pubblicato dal Dipartimento di Stato [degli Stati Uniti]; testo che probabilmente avrà qualche lacuna e la cui traduzione forse non sarà in qualche punto troppo accurata, ma la sostanza reale è quella: Cruščev che indirettamente rivela sul proprio conto quasi quanto rivela sul conto di Stalin.

Citazioni[modifica]

  • L'evoluzione politica del regime sovietico può essere riassunta grosso modo in tre capitoli. Nel primo, i bolscevichi guidati da Lenin stabilirono il proprio potere monopolistico, il sistema del partito unico nel quale vedevano il solo mezzo per difendere il proprio governo e proteggere la Rivoluzione d'ottobre contro i nemici che la insidiavano all'interno e all'estero. [...] Nel secondo capitolo, la regola del partito unico fu soppiantata dalla regola della fazione unica, quella guidata da Stalin. [...] Nel terzo e ultimo capitolo la regola della fazione singola lascia il posto alla regola del capo unico, che per la natura stessa del procedimento doveva essere intollerante di qualunque sfida alla sua autorità, [...] Il monopolio del potere aveva raggiunto l'apice. (Parte prima, Cruščev parla di Stalin, pp. 23-24)
  • Che lo stalinismo abbia «vaporizzato» e resa amorfa la coscienza politica della popolazione sovietica è una verità lapalissiana fin troppo ripetuta. Ma è più facile ripetere questa verità palmare che non trarne le conseguenze che inevitabilmente ne derivano. In una società la cui coscienza politica è stata «vaporizzata» o ridotta allo stato amorfo, qualsiasi importante mutamento politico, qualora ne sorga l'impellente necessità sociale, può soltanto essere promosso dalla classe dirigente. Che è esattamente quanto è accaduto in Russia. (Parte prima, Significato della destalinizzazione, pp. 54-55)
  • La cortina di ferro riuscì a nascondere per un certo tempo l'inferiorità sovietica agli occhi delle masse sovietiche. Ma non poté nasconderla agli occhi del mondo esterno e questo contribuì ad aggravare la paralisi del comunismo in occidente. I lavoratori tedeschi e inglesi, per non parlare degli americani, non potevano essere attirati da un «socialismo» che significava diminuzione della produttività, livello di vita molto più basso e libertà assai minore di quanto avevano in regime capitalistico. (Parte prima, Quarant'anni di rivoluzione, p. 69)
  • Il decennio che vide Nikita Sergeevič Cruščev a capo del partito e dello Stato fu soltanto un interregno, una parentesi.[3] Non si può parlare di una «èra crusceviana» da contrapporre all'èra staliniana, e non soltanto perché il suo governo durò un terzo di quello di Stalin e il suo potere non arrivò nemmeno a tanto. Il cruscevismo non ha rappresentato alcuna grande idea (o politica) positiva sua propria. (Parte prima, Fallimento del cruscevismo, p. 88)
  • Non si ripeterà mai abbastanza che con la sua impudenza burocratica che offendeva tutti i paesi grandi e piccoli appartenenti all'orbita sovietica, lo stalinismo aveva preparato una terribile esplosione di sentimenti nazionalisti. (Parte prima, Fallimento del cruscevismo, p. 119)
  • Lenin stesso, il più grande realista di tutti i rivoluzionari, soleva dire che non si poteva essere rivoluzionari se non si era un po' sognatori e non si aveva una vena di romanticismo. (Parte seconda, I dilemmi morali di Lenin, p. 119)
  • In vita, Lenin non fu mai circondato da culti di sorta. Modesto, per niente presuntuoso e soprattutto sobriamente fedele ai suoi ideali, non permise mai che i suoi seguaci gli creassero intorno le nebbie di una leggenda. [...] Fu necessario che Lenin morisse perché potesse nascere il culto di Lenin. Stalin è stato circondato da una adulazione quasi religiosa per oltre un quarto di secolo. Il culto di Stalin è invecchiato con lui e dubito che possa sopravvivergli a lungo. (Parte seconda, Necrologio di Stalin, p. 160)
  • La nota più sorprendente del Dottor Zivago di Boris Pasternak è il suo arcaismo, arcaismo sia dell'idea sia dello stile, In occidente, il romanzo è stato accolto come esempio della recente rivolta russa contro lo stalinismo e come la più completa espressione letteraria di quella rivolta. Ma Il dottor Zivago è tutto meno che questo, lontano com'è dalla Russia degli anni cinquanta e dalle esperienze, dalle difficoltà, dagli esami di coscienza dell'attuale generazione sovietica. (Parte terza, Pasternak e il calendario della rivoluzione, p. 254)

Note[modifica]

  1. Citato in Stalin, storia e critica di una leggenda nera. Recensione di Jean Bricmont, resistenze.org, 28 giugno 2011.
  2. Cfr. voce su Wikipedia
  3. Cruščev era primo segretario del Comitato centrale del Partito Comunista sovietico dal settembre 1953 e primo ministro dell'URSS dal marzo 1958. Si «dimise» da entrambe le cariche nell'ottobre 1964. [N.d.A]

Bibliografia[modifica]

  • Isaac Deutscher, Ironie della storia. Saggi sul comunismo contemporaneo (Ironies of History. Essays on Contemporary Communism), traduzione dall'originale inglese di Elsa Pelitti, Longanesi, Milano, 1972.

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