John Gay

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John Gay

John Gay (1685 – 1732), drammaturgo, favolista e poeta britannico.

Citazioni di John Gay[modifica]

  • Colei che non ha mai amato non ha mai vissuto.[1]
She who has never loved has never lived.
  • Comincio a guardare a me stesso come se già fossi morto, e desidero, mio caro Pope (che amo come la mia stessa anima) che, se mi sopravviverete (e sarà certo così), e se una lapide indicherà il luogo della mia sepoltura, facciate in modo che vi figurino queste parole: La vita è scherzo, tutto mostrarlo può; | io lo pensavo, ora lo so.[2]
  • Odio l'uomo che edifica il suo nome / Sulle rovine della fama di qualcun altro.
I hate the man who builds his name | On ruins of another's fame.[3]
  • Nessuna ritirata. Nessuna ritirata: chi non può ritirarsi deve vincere o morire.
No retreat. No retreat. They must conquer or die who’ve no retreat.[4]
  • Un bandito di strada non sceglie mai come compagno un individuo onesto, salvo che gli capiti dinanzi accidentalmente; se non può convertirlo, da buon statista lo scarta.[5]

L'opera del Mendicante[modifica]

  • Le Muse, al contrario di tutte le altre signore, non badano al vestito e non cedono all'errore di scambiare la sinuosità dei ricami con l'intelligenza, o la modestia del povero per ottusità. (Attore: introduzione, p. 3)
  • Gli uomini devono essere nati per mentire, e le donne per credere alle loro bugie. (Lucy: atto II, scena tredicesima, p. 57)
  • [...] la gente più infima ha esattamente gli stessi vizi dei ricchi, e per questo vengono impiccati. (Mendicante: atto III, scena diciassettesima, p. 92)
  • Ma lo smacchiatore infallibile per la reputazione è il denaro, moglie mia; non c'è macchia o lordura che non faccia sparire. Oggi un furfante danaroso può stare in compagnia di un qualsiasi gentiluomo e il mondo, mia cara, non disprezza la furfanteria come forse tu credi. (Peachum, atto I, scena nona, p. 22)
  • Un caso simile! Ma è proprio questa la sostanza e lo scopo del matrimonio! La confortevole prospettiva della vedovanza è ciò che tiene alto il morale di una donna sposata. Qual è la donna che esiterebbe ad esser moglie, se da lei dipendesse di diventare vedova al momento prescelto? (Peachum, atto I, scena decima, p. 22)
  • Noi togliamo il superfluo e livelliamo i beni. Il mondo è avaro e io detesto l'avarizia. Come la gazza, l'uomo avido nasconde ciò che non può godere, per il solo piacere di nascondere. Sono questi i rapinatori dell'umanità, perché il denaro è stato creato per i generosi. E che male c'è nel prendere agli altri ciò che non sono disposti a usare? (Matt, atto secondo, scena prima, p. 33)
  • Metter nel sacco un uomo è una bazzecola, ma una donna che riesce a ingannare un'altra donna è un genio. (Molly, atto secondo, scena quarta, p. 33)
  • Non c'è altro per te che fare come le altre vedove... Comprati i vestiti a lutto e sta' di buon umore. [...] Come una moglie per bene, va' a piangere e gemere sull'agonia di tuo marito: questo è un dovere. Pensa che non puoi avere l'uomo e anche i quattrini, e cerca quindi di consolarti cavandogli tutto ciò che puoi. (Lockit, atto secondo, scena undicesima, pp. 54-55)
  • Gli uomini devono essere nati per mentire, e le donne per credere alle loro bugie. (Lucy, atto II, scena tredicesima, p. 57)
  • Eh, sì, leoni, lupi e avvoltoi non vivono in mandre, orde o greggi: di tutti gli animali da preda, soltanto l'uomo è socievole. Ognuno di noi approfitta del vicino, ci spogliamo a vicenda, eppure viviamo tutti insieme. (Lockit, atto III, scena seconda, p. 67)

Note[modifica]

  1. Da Captives, II, 1. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  2. Da Lettera a Alexander Pope, ottobre 1727; in L'opera del mendicante Documenti e giudizi critici, p. XXI.
  3. Da Fables, XLV, "The Poet and the Rose".
  4. Da We’ve Cheated the Parson (song), "Polly: an Opera" (1729), 46, II, X.
  5. Da Lettera a Mrs. Howard, settembre 1724; in L'opera del mendicante, Documenti e giudizi critici, p. XXI.

Bibliografia[modifica]

  • John Gay, L'opera del mendicante, introduzione di Claudio Gorlier, traduzione di Ginetta Pignolo, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 19742.

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