Karl Kautsky

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Karl Kautsky

Karl Johann Kautsky (1854 – 1938), filosofo, politologo, economista e politico tedesco.

Citazioni di Karl Kautsky[modifica]

  • [Replicando polemicamente al riformista Eduard Bernstein che aveva espresso la speranza di giorni migliori] Crisi, conflitti, catastrofi di ogni genere, questa leggiadra allitterazione[1] è quanto ci fa sperare lo sviluppo dei prossimi decenni.[fonte 1]
  • Il socialismo marxista non è altro, in ultima analisi, che la scienza della storia a partire dal punto di vista del proletariato.[fonte 2]
  • [A proposito della Neue Zeit, nel maggio 1884] Per i signori antimarxisti tedeschi essa è da tempo il basto che ferisce, perché è davvero il solo organo socialista in Germania che si collochi sul terreno del marxismo.[fonte 3]

Introduzione al pensiero economico di Marx[modifica]

Incipit[modifica]

Ciò che Marx si proponeva di analizzare nel suo Capitale, era il modo di produzione capitalistico che oggi è il modo di produzione dominante. Nell'opera egli non si occupa delle leggi di natura che stanno alla base del processo di produrre; il loro studio è uno dei compiti della meccanica e della chimica, non dell'economia politica. D'altro canto egli non si pone il compito di analizzare soltanto le forme di produzione comuni a tutti i popoli, giacché una tale analisi in gran parte porterebbe soltanto a luoghi comuni come quello, ad esempio, che per poter l'uomo ha sempre bisogno di strumenti, terra e mezzi di sussistenza. Marx, piuttosto, ha studiato le leggi del movimento di una determinata forma della produzione sociale, che è caratteristica di un determinato periodo (gli ultimi secoli) e di determinate nazioni (quelle europee o originarie dell'Europa; in questi ultimi tempi questo nostro modo di produzione incomincia anche ad affermarsi in altre nazioni, ad esempio presso i giapponesi e gli indù).

Citazioni[modifica]

  • Se osserviamo la società attuale, rileviamo che la sua ricchezza consiste in merci. Una merce è un prodotto del lavoro che non è stato creato per il proprio uso, del produttore o di persone a esso legate, bensì allo scopo di essere scambiata con altri prodotti. (Parte prima, cap. 1, p. 4)
  • I rapporti reciproci tra le persone, come li condiziona il carattere sociale del lavoro, sotto il dominio della produzione di merci assumono l'aspetto di rapporti tra cose, cioè tra prodotti. (Parte prima, cap, 1, p. 12)
  • La prima funzione del denaro consiste nel fungere da misura del valore, nel fornire al mondo delle merci il materiale in cui viene espresso il valore. (Parte prima, cap, 2, p. 31)
  • La circolazione del denaro è la conseguenza della circolazione delle merci, e non, come spesso si sostiene, la causa di essa. (Parte prima, cap, 2. p. 39)
  • Dove l'operaio dispone dei mezzi di produzione, egli non vende la sua forza-lavoro, ma la impiega egli stesso e vende i suoi prodotti. Perché la forza-lavoro diventi merce l'operaio deve essere separato dai mezzi di produzione, soprattutto dal più importante di essi, dalla terra. (Parte prima, cap. 3, p. 57)
  • La forza-lavoro presuppone l'esistenza dell'operaio. Questa esistenza presuppone dal canto suo, per la sua propria conservazione, una certa quantità di mezzi di sussistenza. Il tempo di lavoro necessario per la creazione della forza-lavoro è dunque pari al tempo di lavoro socialmente necessario per creare questa certa quantità di mezzi di sussistenza. (Parte prima, cap. 3, p. 58)
  • I mezzi di lavoro hanno una funzione importantissima ai fini dello sviluppo del genere umano. È da essi che dipende in primo luogo il modo della produzione; ma ogni modo di produzione determina le sue proprie relazioni sociali e una corrispondente sovrastruttura giuridica, religiosa, filosofica e artistica. (Parte seconda, cap. 1, p. 65)
  • Il valore dei mezzi di produzione consumati nel processo di produzione riappare immutato nel valore del prodotto.
    Ma il lavoro non si limita a conservare il valore, esso crea anche nuovo valore. Fino a un certo momento il lavoro creatore di nuovo valore non fa che risarcire il valore speso dal capitalista nell'acquisto della forza-lavoro. Se il lavoro continua anche oltre questo punto, allora esso crea valore eccedente, plusvalore. (Parte seconda, cap. 2, p. 74)
  • La parte della giornata lavorativa nella quale l'operaio lavora oltre i limiti del tempo necessario, producendo non un valore che risarcisce la sua forza-lavoro, ma un plusvalore per il capitalista, Marx lo chiama tempo di pluslavoro, tempo di lavoro supplementare, e il lavoro speso in esso pluslavoro. (Parte seconda, cap. 3, p. 78)
  • Il tempo di lavoro necessario e il tempo di pluslavoro insieme formano la giornata lavorativa.
    Il tempo di lavoro necessario è, in date circostanze – un determinato grado di produttività del lavoro, di bisogni della classe operaia ecc. –, una grandezza determinata. [...]. Quanto più lungo è il tempo di lavoro, tanto maggiore – in condizioni altrimenti uguali – è il saggio del plusvalore. Il capitalista tende quindi ad allungare il più possibile la giornata lavorativa. Il suo ideale sarebbe di far lavorare l'operaio ininterrottamente per 24 ore[2]. (Parte seconda, cap. 4, p. 83)
  • L'azione internazionale della classe operaia per le otto ore, inaugurata dal congresso internazionale di Parigi del 1889, assunse invece già l'importanza di un movimento di portata storica mondiale. La festa del primo maggio, una dimostrazione in favore della protezione operaia internazionale, è effettivamente diventata una straordinaria parata e una festa di vittoria del proletariato internazionale in lotta. (Parte seconda, cap. 4, p. 95)
  • Diamo uno sguardo a una fabbrica capitalistica: vi vediamo forse migliaia di fusi, migliaia di quintali di cotone. Tutto ciò è stato comprato per valorizzarsi, ossia per assorbire plusvalore. Ma ciò non si valorizza senza l'aggiunta del lavoro, e perciò chiede lavoro e sempre di nuovo lavoro. Non è il filatoio che esiste per facilitare il lavoro all'operaio, ma è il filatore che esiste per permettere al filatoio di valorizzarsi. I fusi corrono e chiedono la forza-lavoro dell'uomo: l'operaio è affamato ma il fuso continua a lavorare, sicché egli deve consumare il suo pasto mentre serve il suo padrone. Le sue energie si esauriscono, egli vuole dormire, ma i fusi continuano tranquillamente a lavorare e chiedono altro lavoro; e poiché il fuso corre, anche l'operaio non può dormire.
    Lo strumento morto ha soggiogato l'operaio vivo. (Parte seconda, cap. 5, p. 100)
  • [...] l'economia borghese ci racconta che il dominio del capitale sul lavoro è un'esigenza tecnica determinata dalla natura delle cose, che con l'eliminazione del dominio del capitale verrebbe eliminata la produzione stessa nella misura in cui è di natura sociale, e che il dominio del capitale è la condizione preliminare naturale della civiltà! (Parte seconda, cap. 7, p. 110)
  • Qual è lo scopo del macchinario, perché il capitalista introduce le macchine? Per alleviare la fatica dei suoi operai? Niente affatto. Il macchinario ha lo scopo di produrre più a buon mercato le merci aumentando la produttività del lavoro, e di abbreviare la parte della giornata lavorativa di cui l'operaio ha bisogno per produrre il valore della sua forza-lavoro, a vantaggio della parte durante la quale egli produce plusvalore. (Parte seconda, cap. 9, p. 135)
  • La storia mondiale non offre uno spettacolo più atroce della lenta rovina dei tessitori di cotone inglesi. Molti di essi morirono di fame, molti vegetarono a lungo con le loro famiglie con 2 1/2 pence (20 centesimi di marco) al giorno. I macchinari dei cotonifici importati dall'Inghilterra esercitarono invece un effetto acuto sull'India orientale, il cui governatore generale constatò nel 1834/35: «La miseria quasi non trova un parallelo nella storia dei commerci. Le ossa dei tessitori di cotone imbiancano le pianure dell'India». (Parte seconda, cap. 9, p. 144
  • Nella miseria Marx vide anche gli embrioni di un futuro migliore che essa porta in seno. Egli non condanna il sistema di fabbrica, non gli muove una accusa, ma si propone di comprenderlo. Egli non moralizza ma investiga. E ciò facendo egli stesso ci segnala il suo precursore che per primo ha riconosciuto l'aspetto rivoluzionario del moderno sistema di fabbrica: Robert Owen. (Parte seconda, cap. 9, p. 155)
  • Il punto di partenza del processo di produzione capitalistico è la separazione dell'operaio dai mezzi di produzione, il concentrarsi dei proletari da un lato e dei mezzi di produzione e di sussistenza dall'altro. Nel processo di riproduzione capitalistico questi punti di partenza si presentano come risultati del processo di produzione. Il processo di produzione capitalistico stesso crea sempre di nuovo, e con ciò conserva, le sue proprie condizioni, il capitale e la classe degli operai salariati. (Parte terza. cap. 3, p. 184)
  • Non più la forza-lavoro comperata di volta in volta, ma l'intero operaio, l'intera classe operaia dal punto di vista del processo di riproduzione si presenta come un accessorio del capitale. (Parte terza. cap. 3, p. 186)
  • Oltre che della terra e del lavoro, il capitale si è appropriato anche della scienza; sebbene non partecipi in quanto tale allo sviluppo scientifico, è esso soltanto che raccoglie i frutti generati dal processo scientifico, in quanto esso promuove la produttività del lavoro. (Parte terza. cap. 4, p. 194)
  • Com'è noto, i malthusiani dichiarano che gli operai, in seguito alle loro «sventate abitudini», si moltiplicano più rapidamente della massa dei mezzi di sussistenza disponibili o, per essere più precisi, del capitale variabile. Accade quindi che si determina una sovrappopolazione, che ai capitalisti vengono offerti più operai di quanti ne possono occupare, che i mezzi di sussistenza disponibili non bastano per tutti gli operai che ci sono, e che di conseguenza, finché non sarà limitato l'aumento degli operai, la disoccupazione e la fame e tutti i vizi e la miseria saranno con necessità naturale la sorte di almeno una parte della classe operaia. (Parte terza. cap. 4, p. 197)
  • Il maggiore ostacolo in cui si è imbattuto il capitale nascente è stato, oltre all'organizzazione delle corporazioni nelle città, la proprietà comune della terra nelle comunità rurali, talvolta anche nei comuni più grandi. Finché durò questo stato di cose, non ci furono masse proletarie. (Parte terza, cap. 6, p. 215)
  • Nel XV e XVI secolo la conseguenza delle numerose espropriazioni dei contadini fu un vagabondaggio generalizzato in tutta l'Europa occidentale. Esso finì col minacciare la sopravvivenza stessa della società, e per proteggersi da esso lo si punì nel modo più crudele, con le frustate, i marchi a fuoco, il taglio delle orecchie e addirittura con la morte. (Parte terza, cap. 6, p. 217)
  • Non si può superare ciò che è vecchio se non si è conquistato un punto di vista superiore; non si può criticare senza avere acquisito un livello di conoscenza più elevato; non si può abbattere un sistema scientifico senza avere eretto dietro di esso un altro più grandioso e compiuto. (Parte terza, cap. 7, pp. 225-226)

Explicit[modifica]

Al posto della produzione anarchica delle merci subentra l'organizzazione pianificata e consapevole della produzione sociale; cessa il dominio del prodotto sul produttore. L'uomo, che è divenuto sempre più il padrone delle forze naturali, con ciò diventa anche il padrone dello sviluppo sociale. «Solo a partire da quel momento gli uomini faranno consapevolmente da sé la propria storia», dice Engels, «solo da quel momento le cause sociali che essi hanno messo in movimento avranno prevalentemente e in misura sempre maggiore anche gli effetti da essi desiderati. È il salto dell'umanità dal regno della necessità nel regno della libertà».

Citazioni su Karl Kautsky[modifica]

  • Alla domanda di Plechanov se la nostra rivoluzione[3] fosse borghese o socialista, Kautsky rispondeva che non era più borghese, ma non era ancora socialista e costituiva quindi una specie di forma transitoria tra l'una e l'altra. (Lev Trockij)
  • In Che fare?, Lènin cita come «profondamente vera e importante» un'asserzione di Karl Kautskij, secondo cui il proletariato, lasciato a se stesso, non potrà mai arrivare al socialismo: il socialismo gli deve essere portato dall'alto: «Il veicolo della scienza non è il proletariato ma l'intellighenzia borghese». (Edmund Wilson)
  • Hilferding e Kautsky in Germania, Max Adler in Austria proponevano di «combinare» la democrazia con il sistema sovietico, inserendo i soviet nella costituzione. Sarebbe stato come trasformare la guerra civile, potenziale o effettiva, in una componente del regime costituzionale. Non è possibile immaginare un'utopia più curiosa. (Lev Trockij)
  • Kautsky prende del marxismo ciò che è accettabile per i liberali, per la borghesia (la critica del Medioevo, la funzione storica progressiva del capitalismo in generale e della democrazia capitalistica in particolare), e getta a mare, tace e nasconde tutto ciò che del marxismo è inaccettabile per la borghesia (la violenza rivoluzionaria del proletariato contro la borghesia per l'annientamento di quest'ultima). Ecco perché, per la sua posizione oggettiva, qualunque possa essere la sua convinzione soggettiva, Kautsky è inevitabilmente un lacchè della borghesia. (Lenin)

Note[modifica]

  1. In tedesco Krisen, Kriegen, Katastrofen producono allitterazione. [N.d.T., p. 157 del testo di W. Hofmann.]
  2. Nell'inchiesta parlamentare austriaca sulle condizioni degli operai effettuata nel 1883 si è constatato che in diverse filande di Brünn si lavorava senza interruzioni da sabato mattina fino a domenica mattina. Questa bella abitudine purtroppo non si limita solo a Brünn e alle filande. [N.d.A., p. 83]
  3. La rivoluzione russa del 1905.

Fonti[modifica]

  1. Die Neue Zeit, 1902, vol. II, p. 143; citato in Werner Hofmann, Da Babeuf a Marcuse. Storia delle idee e dei movimenti sociali nei secoli XIX e XX (Ideengeschichte der sozialen Bewegung), traduzione di Angelica Comello e Gudrun Marschall, Gli Oscar, Arnoldo Mondadori Editore, 1971, p. 157.
  2. Citato in G. Haupt, Marx e il marxismo, traduzione di Roberto Cazzola; in AA.VV., Storia del marxismo, a cura di Eric J. Hobsbawm, vol. 1 (Il marxismo ai tempi di Marx), Giulio Einaudi editore, Torino, 1978, p. 310.
  3. Citato in G. Haupt, op cit., p. 307.

Bibliografia[modifica]

  • Karl Kautsky, Introduzione al pensiero economico di Marx (K. Marx' ökonomische Lehren), traduzione di Giorgio Backaus, Editori Laterza, Bari, 1972.

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