Ludwig Feuerbach

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Ludwig Feuerbach

Ludwig Andreas Feuerbach (1804 – 1872), filosofo tedesco.

Citazioni di Ludwig Feuerbach[modifica]

  • È vero che la natura ha fatto dell'uomo il signore degli animali, ma non gli ha dato soltanto le mani per domarli, ma anche occhi ed orecchi per ammirarli. Quella libertà che all'animale viene strappata dalla mano crudele gli viene restituita dalle orecchie e dagli occhi pietosi. L'amore dell'arte scioglie le catene nelle quali l'egoismo dell'industria umana ha serrato gli animali.[1]
  • Forse che l'uomo abbandonato e respinto non trova nella fedeltà dell'animale, e in questa soltanto, un compenso per l'ingratitudine, la doppiezza e la perfidia del suo prossimo? L'animale non esercita forse sul cuore infranto dell'uomo una salutare influenza conciliatrice? Non c'è forse alla base del culto degli animali anche un senso buono e ragionevole? E non è possibile che ci sembri ridicolo solo perché noi siamo caduti in una idolatria di altro genere?
    Non è l'animale che, nella favola, parla al cuore del fanciullo? E forse che una volta non fu un asino ad aprire gli occhi ad un ostinato profeta?[2][1]
  • L'uomo è ciò che mangia.[3]
Mann ist, was er isst.[4]
  • L'uomo proietta la sua essenza fuori di sé... l'opposizione del divino e dell'uomo è un'opposizione illusoria... tutte le caratteristiche dell'essere divino sono caratteristiche dell'essere umano.[5]
  • Quanto più si accresce la nostra conoscenza con dei buoni libri, tanto più piccola diventa la cerchia di uomini con cui ci è gradito avere rapporti.[6]
  • Se non si abbandona la filosofia di Hegel, non si abbandona la teologia.[5]
  • Un dogma non è altro che un espresso divieto di pensare.[7]

L'essenza del cristianesimo[modifica]

  • L'essere assoluto, il Dio dell'uomo, è l'essere stesso dell'uomo.
  • La religione riposa sulla distinzione essenziale dell'uomo dalla bestia; le bestie non hanno religione. [...] L'essere dell'uomo in ciò che lo distingue dalla bestia è non solo il fondamento, ma anche l'oggetto della religione. L'essenza dell'uomo in generale.
  • Da quando si è fatto del sentimento l'elemento essenziale della religione, la materia di fede del cristianesimo – un tempo così sacra – è divenuta indifferente.
  • Come l'uomo pensa, quali sono i suoi princìpî, tale è il suo dio; quanto l'uomo vale, tanto e non più vale il suo dio. La coscienza che l'uomo ha di Dio è la conoscenza che l'uomo ha di sé. L'essenza della religione in generale.
  • La religione precede sempre la filosofia, nella storia dell'umanità come nella storia dei singoli individui. L'uomo sposta il suo essere fuori da sé, prima di trovarlo in sé. [...] La religione è l'infanzia dell'umanità.
  • Il nostro compito è appunto di mostrare che la distinzione fra il divino e l'umano è illusoria, cioè che null'altro è se non la distinzione fra l'essenza dell'umanità e l'uomo individuo, e che per conseguenza anche l'oggetto e il contenuto della religione cristiana sono umani e nient'altro che umani.
  • Per il cristiano è certa, reale soltanto l'esistenza del dio cristiano, per il pagano l'esistenza del dio pagano.
  • Il tempio non è che una testimonianza del valore che l'uomo attribuisce agli edifici. I templi in onore della religione sono in realtà templi in onore dell'architettura.
  • Non l'attributo di divinità, ma la divinità dell'attributo è il primo vero essere divino.
  • Vero ateo, cioè ateo nell'abituale significato della parola, non è perciò colui che nega Dio, il soggetto, ma colui che nega gli attributi dell'essere divino, quali l'amore, la sapienza, la giustizia. [...] Una qualità non è divina per il fatto che Dio la possiede, ma Dio la possiede perché essa in sé e per se stessa è divina, perché Dio senza di essa sarebbe un essere imperfetto.
  • Per arricchire Dio, l'uomo deve impoverirsi; affinché Dio sia tutto, l'uomo deve essere nulla. [...] Ciò che l'uomo sottrae a se stesso, ciò di cui per sua natura è privo, se lo gode in Dio in misura incomparabilmente maggiore.
  • Quanto maggior valore i monaci attribuivano alla repressione della sensualità, tanto maggior valore aveva per essi la Vergine divina: sostituiva per essi perfino Cristo, perfino Dio. Quanto più la sensualità viene negata, tanto più sensuale è il dio a cui si sacrifica la sensualità.
  • L'uomo afferma in Dio ciò che nega in se stesso.
  • La religione cristiana fece distinzione fra la purezza morale interiore e la pulizia esteriore della persona; la religione ebraica le identificava. [...] Israele è la più perfetta rappresentazione di religione positiva. Rispetto all'ebreo, il cristiano è uno spirito libero. Così mutano le idee. Ciò che ancor ieri era religione, oggi non lo è più, e ciò che oggi è considerato ateismo, sarà religione domani.
  • Che cosa dunque affermi, che cosa oggettivi tu in Dio? La tua propria ragione. [...] Nel modo in cui pensi Dio, nel medesimo modo tu stesso pensi; la misura del tuo dio è la misura della tua intelligenza.
  • Non al Cristianesimo, non all'entusiasmo religioso, ma solo all'entusiasmo della ragione dobbiamo l'esistenza di una botanica, di una mineralogia, di una zoologia, di una fisica e di una astronomia.
  • Dio divenuto uomo non è che la manifestazione dell'uomo divenuto dio; infatti l'elevazione dell'uomo a Dio precede necessariamente l'abbassarsi di Dio a uomo.
  • Nella preghiera io trascino Dio nella miseria umana, lo faccio partecipe delle mie sofferenze e dei miei bisogni. Dio non è sordo ai miei lamenti [...] mi esaudisce e ha compassione di me. Dio ama l'uomo, ossia soffre delle sventure dell'uomo.
  • L'amore di Dio per l'uomo – centro e fondamento della religione – è la prova più chiara, più irrefutabile che l'uomo nella religione contempla se stesso come un oggetto divino, come un divino scopo, e che i suoi rapporti con Dio non sono che rapporti con se stesso, con il suo proprio essere.
  • La sofferenza è la legge suprema del cristianesimo; la storia del cristianesimo stesso è la storia della sofferenza umana. Il mistero della passione.
  • La religione cristiana è la religione della sofferenza. Le immagini del crocifisso che incontriamo in tutte le chiese non stanno a rappresentarci un redentore, bensì soltanto Dio sulla croce, il sofferente. [...] Un dio sofferente è un dio sensibile, suscettibile al dolore. E la proposizione «Dio è un essere sensibile» non è che l'espressione religiosa della proposizione «la sensibilità è di natura divina»
  • La coscienza che l'uomo ha di sé nella sua completezza si esprime nella Trinità. Essa compendia e riunisce in un unico essere tutti gli attributi che finora abbiamo considerato isolatamente, e perciò riduce l'essere universale – ossia Dio come dio – a un essere particolare, a una particolare facoltà.
  • Lo Spirito Santo deve la propria esistenza personale soltanto a un nome, a una parola [...] che sta a rappresentare unicamente il sentimento e l'entusiasmo religioso, l'amore e l'anelito della creatura verso il creatore.
  • La provvidenza è un privilegio dell'uomo; esprime la superiorità dell'uomo sugli altri esseri naturali; lo sottrae alla concatenazione di tutto l'universo.
  • La dottrina della creazione è di origine ebraica; è anzi la dottrina caratteristica, fondamentale della religione ebraica.
  • Solo nell'origine si può riconoscere la vera natura di una cosa. Dapprima l'uomo inconsapevolmente e involontariamente crea Dio secondo la propria immagine e, solo allora, questo Dio – a sua volta consapevolmente e volontariamente – torna a creare l'uomo secondo la propria immagine. Nello svolgimento della religione ebraica, più che in ogni altra, troviamo la conferma di ciò.
  • L'essenza più profonda della religione si rivela nell'atto più semplice della religione: nella preghiera, un atto che dice infinitamente più, o almeno tanto quanto il dogma dell'incarnazione, benché la teologia proclami quest'ultimo il sommo mistero.
  • L'uomo nella preghiera si rivolge all'onnipotenza della bontà, ossia: egli adora il proprio cuore, contempla il proprio sentimento come l'essere sommo, divino.
  • L'oggetto caratteristico della fede è il miracolo, fede è fede nel miracolo, fede e miracolo sono assolutamente inscindibili.
  • Il miracolo scaturisce dal sentimento, e finisce nel sentimento. Il modo stesso in cui è narrato rivela questa sua origine. La narrazione che gli si conviene è soltanto la narrazione sentimentale.
  • Il miracolo, esaminato attentamente, null'altro esprime se non appunto la potenza taumaturgica della fantasia, che senza contraddizione adempie tutti i desideri del cuore.
  • I dogmi fondamentali del cristianesimo sono desideri appagati del cuore, l'essenza del cristianesimo è l'essenza dei sentimenti che albergano nel nostro cuore.
  • Il concetto di specie scomparve col cristianesimo, e con esso il significato della vita di specie. È – questa – una nuova conferma di ciò che abbiamo asserito osservando che il cristianesimo non ha in sé il principio della cultura.
  • Dio è amore significa che il cuore è il Dio dell'uomo. (da L'essenza del cristianesimo, Ponte alle Grazie, Firenze 1994. A cura di Fabio Bazzani)
  • Quando la morale viene fondata sulla teologia e il diritto su un'autorità divina, le cose più immorali, più ingiuste e più vergognose possono avere il loro fondamento in Dio e venir giustificate.
  • Porre alcunché in Dio, o derivare alcunché da Dio, null'altro significa che sottrarlo al controllo della ragione, significa porre alcunché come indubitabile, come inviolabile, come santo, senza volerne spiegare il perché.

L'essenza della religione[modifica]

  • Concentrare Dio sulla terra, calare Dio nell'uomo significa voler racchiudere l'uomo in una goccia, l'anello di Saturno in un anello da dito. [...] Se l'uomo-Dio è per te una creatura della fantasia e dell'autodivinizzazione umana, allora riconosci anche nel Creatore della natura una creatura dell'immaginazione umana e dell'innalzarsi dell'uomo stesso al di sopra della natura. Se vuoi un essere privo di ogni antropomorfismo, privo di aggiunte umane, siano esse dell'intelletto, del cuore o della fantasia, allora sii così coraggioso e coerente dal rinunciare del tutto a Dio e da prendere come tuo unico riferimento e come ultima base della tua esistenza la natura pura, nuda e atea.[8]
  • Il senso di dipendenza dell'uomo è il fondamento della religione; ma l'oggetto di questo sentimento, ciò da cui l'uomo dipende e si sente dipendere, non è altro, in origine, che la natura. La natura è l'oggetto primo, originario della religione, come dimostra ad usura la storia di tutte le religioni e di tutti i popoli.
  • Religione significa riconoscere ciò che io sono, prenderne atto. Ma, anzitutto, io non sono un essere che possa esistere senza luce, senz'aria, senz'acqua, senza terra, senza cibo, indipendentemente dalla natura.
  • È una pura fantasia che l'uomo abbia potuto elevarsi al di sopra dello stato animale solo grazie alla provvidenza, all'assistenza di esseri "sovrumani" – dei, spiriti, geni, angeli.
  • [...] non dai vertici, ma dalle profondità della natura viene tutto ciò che sostiene l'uomo nel suo agire conscio e volontario [...].
    Queste entità ausiliatrici, questi spiriti tutelari erano, in particolare, gli animali. Solo per mezzo degli animali l'uomo si sollevò sopra lo stato animale. Solo sotto la loro protezione e con la loro assistenza poté prosperare la messe della civiltà umana. «Il mondo si regge per l'intelligenza del cane – si dice nello Zend-Avesta, e più precisamente nel Vendidad, che ne è la parte notoriamente più antica e più autentica –; se esso non vigilasse le strade, i ladroni e i lupi ruberebbero tutto».
    Da questa importanza che gli animali avevano per l'uomo, soprattutto agli inizi della civiltà, trae la sua piena giustificazione il culto di cui essi erano oggetto. Per l'uomo gli animali erano indispensabili, necessari; da essi dipendeva la sua esistenza umana; e ciò da cui dipende la vita e l'esistenza dell'uomo è da questi considerato Dio.[9]
  • L'essere divino che si rivela nella natura non è altro che la natura stessa, che si rivela, si presenta e si impone all'uomo come un essere divino.
  • L'"essere spirituale" che l'uomo presuppone esistente al di sopra della natura e prepone ad essa in quanto la fonda e la crea, non è altro che l'essere spirituale dell'uomo stesso, che gli appare però come un essere altro, distinto da lui e incomparabile perché egli ne fa la causa della natura, la causa di effetti che lo spirito umano, la volontà e l'intelletto umano non è capace di produrre, perché egli dunque collega a questo essere spirituale ed umano allo stesso tempo l'essere della natura, distinto dall'essere umano.[8]
  • Siamo posti nel seno della natura, eppure il nostro inizio, la nostra origine dovrebbe trovarsi fuori della natura? Viviamo nella natura, con la natura, della natura, eppure non deriveremmo da essa? Che contraddizione!
  • L'unità è sterile, fecondo è solo il dualismo, l'opposizione, la differenza.
  • Il mondo non ci è dato attraverso il pensiero, il pensiero, almeno, metafisico e iperfisico che astrae dal mondo reale e ripone in questa astrazione la sua vera, suprema essenza; ci è dato attraverso la vita, l'intuizione, i sensi.
  • La variabilità della natura, soprattutto nei fenomeni che più fanno sentire all'uomo la sua dipendenza da essa, è la ragione principale per cui essa gli appare come un essere umano, dotato di volontà, ed è oggetto della sua venerazione religiosa.

Citazioni su Ludwig Feuerbach[modifica]

  • A voi, teologi e filosofi speculativi, do questo consiglio: liberatevi dai concetti e pregiudizi della filosofia speculativa del passato, se mai desiderate giungere alle cose come sono realmente, cioè alla verità. Non v'è altra strada che vi porti alla verità e alla libertà, se non quella che passa attraverso il Feuer-bach: il torrente di fuoco. Il Torrente-di-fuoco è il purgatorio dell'epoca presente. (Karl Marx)
  • Del pensiero di Feuerbach si può in un certo modo dire ciò che fu detto di quello socratico: che esso aveva portato la filosofia di cielo in terra. Il suo sforzo fu infatti quello di un'interpretazione umana ed umanistica della vita e dei valori di cultura. (Antonio Banfi, dalla prefazione de L'essenza del cristianesimo)
  • Feuerbach non giunse mai a possedere una logica chiara. Il nerbo della sua filosofia rimase, come dovunque all'epoca idealista, la divinazione. Un «conseguentemente» in Feuerbach non contiene, come in Schelling e Kant e Herbart, il significato di una conclusione reale o semplicemente intenzionale: quella parola indica soltanto, come in Hegel, uno slancio che il pensiero si propone di prendere. Il suo sistema ondeggia dunque pure in un'oscurità mistica, non abbastanza rischiarata dal tono accentuato con cui Feuerbach parla del mondo sensibile e dell'evidenza. (Friedrich-Albert Lange)
  • La critica di Freud, come quella di Feuerbach e di Nietzsche, ha ignorato completamente la dottrina cristiana della Trinità e, a proposito dello stesso Gesù Cristo, si basa su uno stadio della ricerca oggi nettamente superato che gli permetteva di liquidare con due parole la questione della sua storicità. (Raniero Cantalamessa)
  • Nonostante la sua vita ritirata in campagna, Feuerbach partecipava in prima linea alle grandi lotte del suo tempo. I suoi articoli davano alla rivista di Ruge[10] la mordacità e l'acutezza più taglienti. Nell'Essenza del Cristianesimo egli dimostrava che è l'uomo che fa la religione e non la religione che fa l'uomo, e che gli esseri superiori creati dalla nostra fantasia sono soltanto i riflessi fantastici del nostro stesso essere. (Franz Mehring)
  • [Su Feuerbach] Non si liberò di Hegel criticandolo, ma lo gettò in disparte come inservibile, mentre egli stesso, di fronte alla ricchezza enciclopedica del sistema di Hegel, non realizzava niente di positivo fuorché un'ampollosa religione dell'amore e una morale magra, impotente (Friedrich Engels)

Roger Garaudy[modifica]

  • L'essere è il soggetto, il pensiero il predicato: ciò significa che secondo Feuerbach l'idea è un riflesso del mondo e non il contrario.
    L'effetto di questa dimostrazione, di questo rovesciamento fu incredibile nei giovani hegeliani. "Per un momento fummo tutti feuerbachiani," scrive Engels.
  • L'idea dominante in Feuerbach è l'idea di alienazione.
  • La natura esiste indipendentemente dalla coscienza: fuori dalla natura e dall'uomo non ci sono che rappresentazioni fantastiche e illusorie.
    Il sistema hegeliano veniva così rovesciato: là dove Hegel dice "spirito" Feuerbach dice "materia"; dove Hegel dice "Dio" Feuerbach dice "uomo". Non è Dio che si aliena nell'uomo, è l'uomo che si aliena in Dio.
  • Lo scopo di Feuerbach è di liberare l'uomo dalla religione, di realizzare l'unità dell'uomo con l'uomo. Ed è questo umanesimo che Feuerbach chiama comunismo: l'uomo scisso dalla religione ritroverà la sua unità nel comunismo.

Karl Marx[modifica]

  • Feuerbach risolve l'essere religioso nell'essere umano. Ma l'essere umano non è un'astrazione immanente all'individuo singolo. Nella sua realtà, esso è l'insieme dei rapporti sociali.
  • Feurbach, non contento del pensiero astratto, fa appello all'intuizione sensibile; ma egli non concepisce il sensibile come attività pratica, come attività sensibile umana.
  • L'errore di Feuerbach non sta nell'aver enunciato questo fatto [l'alienazione], ma nell'averlo reso autonomo idealizzandolo invece di interpretarlo come il prodotto di uno stadio di sviluppo storico determinato e superabile.

Note[modifica]

  1. a b Da Per la critica della filosofia hegeliana; citato in Ditadi 1994, p. 811.
  2. Cfr. Numeri: «L'asina disse a Balaam: "Non sono io la tua asina sulla quale hai sempre cavalcato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così?". Ed egli rispose: "No". Allora il Signore aprì gli occhi a Balaam ed egli vide l'angelo del Signore, che stava sulla strada con la spada sguainata».
  3. Da Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia.
  4. Anche «Der Mensch ist, was er iβt», in Blätter fur Literarische Unterhaltung, 12 novembre 1850.
  5. a b Citato in Roger Garaudy, Karl Marx (Clefs pour Karl Marx), traduzione di Marilena Feldbauer, Casa Editrice Sonzogno, Milano, 1974.
  6. Da Abelardo ed Eloisa, a cura di Fabio Bazzani, traduzione di Eva Holzheid, Clinamen, Firenze, 2006, p. 94. ISBN 88-8410-084-4
  7. Da Pierre Bayle, a cura di Maria Luisa Barbera, La città del sole, Napoli, 2008, p. 174.
  8. a b Da L'essenza della religione, traduzione di Ferruccio Andolfi, Newton Compton editore, Tascabili Economici Newton, 19941 edizione integrale, pp. 65-66. ISBN 88-7983495-9.
  9. Citato in Ditadi 1994, pp. 814-815.
  10. Arnold Ruge (1802 – 1880), filosofo e scrittore tedesco. Il suo giornale, Hallische Jahrbücher (Annali di Halle), divenne l'organo ufficiale dei Giovani hegeliani.

Bibliografia[modifica]

  • Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 2, Isonomia editrice, Este, 1994. ISBN 88-85944-12-4
  • Ludwig Feuerbach, L'essenza del cristianesimo, traduzione di Camilla Cometti, Feltrinelli, Milano, 1994.
  • Ludwig Feuerbach, L'essenza della religione, a cura di Anna Marietti Solmi, Einaudi, Torino, 1972.

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