Stephen Jay Gould

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La firma di Stephen Jay Gould

Stephen Jay Gould (1941 – 2002), biologo, zoologo, paleontologo e storico della scienza statunitense.

Citazioni di Stephen Jay Gould[modifica]

  • La maggior parte degli impedimenti alla comprensione scientifica sono blocchi al livello dei concetti, non lacune al livello dei fatti. Gli ostacoli più difficili da superare sono le tendenze che sfuggono al nostro controllo cosciente per il fatto di sembrare così ovviamente, così ineluttabilmente giuste. Noi conosciamo nel modo migliore noi stessi e tendiamo a interpretare in relazione a noi stessi gli altri organismi: a vedere riflesse in essi la nostra costituzione e le nostre organizzazioni sociali. (Per quasi due millenni Aristotele e i suoi successori chiamarono re la grande ape che guida lo sciame.)[1]
  • [Su Johann Friedrich Blumenbach, naturalista tedesco autore di una classificazione delle razze umane che è stata accettata dai moderni fautori del cosiddetto «Razzismo scientifico»] Senza dubbio Blumenbach merita il nostro plauso come il meno razzista, il più egalitario e il più benevolo fra tutti gli scrittori illuministi che trattarono l'argomento della diversità umana. È veramente singolare che un uomo così consacrato a sostenere l'unità degli esseri umani e l'irrilevanza delle differenze morali e intellettuali fra i gruppi, debba aver cambiato la geometria mentale che descrive l'ordine umano convertendola in uno schema che da allora ha promosso il razzismo convenzionale. Eppure, a ripensarci, questa situazione non dovrebbe essere considerata tanto singolare o insolita, giacché da sempre moltissimi scienziati sono stati inconsapevoli dei meccanismi mentali, e in particolare delle implicazioni visive o geometriche, alle spalle delle loro particolari teorie (e alla base di tutto il pensiero umano in generale).[2]

I pilastri del tempo[modifica]

Incipit[modifica]

Scrivo questo libriccino con il proposito di proporre una soluzione molto semplice e assolutamente convenzionale a una questione così oberata dal peso delle passioni e della storia che la strada è spesso intralciata da un groviglio di controversie e confusione. Mi riferisco al supposto conflitto tra scienza e religione, controversia che esiste soltanto nella mente delle persone e nelle convenzioni sociali, ma non nella logica o nell'utilità di queste materie così diverse e altrettanto importanti. Non intendo proporre niente di originale nell'enunciare l'ipotesi fondamentale (anche se forse posso vantare una certa originalità nella scelta degli esempi), perché la mia argomentazione s'ispira a un consenso radicato condiviso per decenni dai maggiori pensatori scientifici e religiosi.

Citazioni[modifica]

  • Propongo di evidenziare questo principio fondamentale della rispettosa non interferenza – accompagnata da un dialogo intenso tra le due sfere distinte, ciascuna relativa a un aspetto centrale dell'esistenza umana – enunciando il principio dei MNS, ovvero dei "Magisteri non sovrapposti". Spero che i miei colleghi cattolici non se la prendano per l'appropriazione di questo termine così ricorrente nel loro linguaggio, perché la parola "magistero", derivata dal latino magister, maestro, sta a significare l'autorità dell'insegnamento. (p. 13)

Intelligenza e pregiudizio[modifica]

Incipit[modifica]

«Socrate consigliava che i cittadini della repubblica dovessero essere educati e assegnati secondo il merito a tre classi: governanti, soldati e lavoratori. Una società stabile richiede che questi ranghi vengano rispettati e che i cittadini accettino lo stato loro conferito. Ma come può essere ottenuto questo consenso? Socrate, incapace di escogitare una logica argomentazione, costruisce un mito. (...) La giustificazione dell'ordinamento dei gruppi per meriti innati è cambiata secondo i periodi della storia occidentale. Platone faceva affidamento sulla dialettica, la Chiesa sul dogma. Negli ultimi due secoli certe affermazioni scientifiche sono divenute l'agente primario per la conferma del mito di Platone.»

Citazioni[modifica]

  • «La scienza, dal momento che viene praticata dall'uomo, è un'attività socialmente inserita. Essa progredisce per impressioni, immaginazione e intuizione. La maggioranza dei suoi cambiamenti nel tempo non registra un avvicinamento alla verità assoluta, ma il mutamento dei contesti culturali che la influenzano così fortemente. I fatti non sono frammenti puri e incontaminati d'informazione; anche la cultura influenza che cosa vediamo e come la vediamo. Le teorie, inoltre, non sono inesorabili induzioni da fatti. Le teorie più creative sono spesso visioni fantasiose imposte sui fatti: anche la fonte di immaginazione è fortemente culturale.» (p. 43)
  • «Maria Montessori non limitò la sua attività a una riforma pedagogica per l'infanzia, ma per molti anni tenne corsi di antropologia all'Università di Roma. A dir poco, non fu certo una sostenitrice dell'egalitarismo. Accettò la maggior parte del lavoro di Broca e fu una sostenitrice della teoria della criminalità innata sviluppata da Cesare Lombroso. Misurò quindi la circonferenza delle teste dei bambini nelle sue scuole e dedusse che quelli con migliori prospettive avevano cervelli più grandi.» (p. 100)
  • «L'argomento comune di questi disparati giudizi è la teoria dell'uomo delinquente di Cesare Lombroso, probabilmente la dottrina più influente mai emersa dalla tradizione antropometrica. Lombroso descrisse l'intuizione che condusse alla sua teoria della criminalità innata e alla disciplina da lui fondata: l'antropologia criminale. Nel 1870, Lombroso stava cercando di scoprire le differenze anatomiche tra uomini criminali e uomini insani, "senza avere molto successo". Poi, "la mattina di un triste giorno di dicembre", esaminò il cranio del famoso brigante Villella ed ebbe quel lampo di felice intuizione che contrassegna sia la scoperta brillante che la folle invenzione. Vide in quel cranio una serie di lineamenti atavici che ricordavano un passato scimmiesco piuttosto che un presente umano.» (p. 128)

Questa idea della vita[modifica]

Incipit[modifica]

«Cento anni senza Darwin sono abbastanza»; così si espresse il noto genetista americano H.J. Muller nel 1959. La dichiarazione stupì molti ascoltatori che la considerarono un modo singolarmente sconveniente di celebrare il centenario dell'Origine delle specie, ma nessuno poteva negare che la sua espressione di frustrazione rispecchiasse la verità.
Perché è stato così difficile capire Darwin? Nel giro di dieci anni, egli convinse l'intero ambiente intellettuale che l'evoluzione era una realtà, ma finché fu in vita la sua teoria della selezione naturale non godette di grande popolarità. Si affermò solo intorno agli anni quaranta [del Novecento] e ancora oggi, sebbene formi il nocciolo della teoria dell'evoluzione, è capita pochissimo, e spesso è citata e usata a sproposito.

Citazioni[modifica]

  • [...] il lamarckismo, con la sua insistenza sul fatto che gli animali risponderebbero creativamente ai propri bisogni e trasmetterebbero alla discendenza i tratti acquisiti, è una teoria non-darwiniana. (Prologo, p. 6)
  • Certo, dopo Darwin il mondo non è più lo stesso. Ma non è meno interessante, istruttivo o esaltante, poiché, se ci è impossibile trovare uno scopo nella natura, dovremo trovarlo per noi stessi. Darwin non era un uomo privo di morale; semplicemente si rifiutò di appioppare alla natura tutti i profondi pregiudizi del pensiero occidentale. Anzi, io penso che l'autentico spirito darwiniano potrebbe salvare il nostro mondo in crisi smentendo un tema prediletto dall'arroganza occidentale: la convinzione di essere destinati, in quanto prodotto più elevato di un processo preordinato, al controllo e al dominio sulla Terra e sulla sua vita. (Prologo, pp. 7-8)
  • Credeva forse Darwin che tutti i mutamenti avvenissero per mezzo della selezione naturale? Pensava forse che l'evoluzione producesse sempre e comunque individui adatti al loro ambiente? Sul finire del diciannovesimo secolo sorse nei circoli biologici un dibattito su chi potesse veramente definirsi «darwiniano». Questo titolo era rivendicato da August Weismann, un rigido selezionista secondo cui non sarebbero esistiti altri meccanismi evolutivi oltre alla selezione. G.J. Romanes, che attribuì a Lamarck e a tanti altri aspiranti eguale posizione rispetto alla selezione naturale, dichiarava a sua volta che il titolo sarebbe spettato a lui. Avevano entrambi ragione ed entrambi torto allo stesso tempo. La visione di Darwin era pluralistica e accomodante (si trattava, del resto, dell'unica posizione ragionevole di fronte a un mondo così complesso). Certo egli attribuiva una preminente importanza alla selezione naturale (Weismann), ma non tralasciava affatto l'influenza di altri fattori (Romanes). (Epilogo, p. 277)

Note[modifica]

  1. Da Risplendi grande lucciola, p. 18.
  2. Da I Have Landed, p. 395.

Bibliografia[modifica]

  • Stephen Jay Gould, I Have Landed, Riflessioni di un naturalista sull'evoluzione, traduzione di Isabella Blum, Codice Edizioni-Le Scienze, Torino, Roma, 2010. ISBN 9788875781217
  • Stephen Jay Gould, Intelligenza e pregiudizio: contro i fondamenti scientifici del razzismo; traduzione di Alberto Zani, Il saggiatore, Milano, 2006, ISBN 978-88-565-0101-8
  • Stephen Jay Gould, I pilastri del tempo: sulla presunta inconciliabilità tra fede e scienza, traduzione di Marco Papi, Il Saggiatore, Milano, 2000, ISBN 88-428-0879-2
  • Stephen Jay Gould, Questa idea della vita. La sfida di Charles Darwin, traduzione di Maurizio Paleologo, Codice edizioni, Torino, 2015. ISBN 978-88-7578-511-6
  • Stephen Jay Gould, Risplendi grande lucciola, traduzione di Libero Sosio, Feltrinelli, 1994.

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