Truman Capote

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Truman Capote nel 1959

Truman Streckfus Persons (1924 – 1984), scrittore e sceneggiatore statunitense.

Citazioni di Truman Capote[modifica]

  • [Sugli ultimi mesi di vita di Humphrey Bogart] Andai alcune volte. Andavano quasi tutti i suoi amici; qualcuno quasi tutti i giorni, Sinatra per esempio. Alcuni gli dimostrarono una grande lealtà. Era come se facesse uscire il meglio che c'era in loro. Guardarlo era tremendo, era così magro! Con gli occhi enormi, spaventati. Diventavano sempre più grandi, i suoi occhi. Ci leggevi la paura, l'autentica paura; eppure era quello di sempre, il solito spavaldo e coraggioso Bogart.[1]
  • Comincia a gennaio la primavera siciliana, e via via che le piante fioriscono diventa il giardino di una maga: germoglia la menta sulle rive dei ruscelli, gli alberi morti si inghirlandano di rose canine, persino il brutale cactus mette teneri fiori.[2]
  • [Descrivendo contadini e pescatori siciliani] Gente piccola [...] non diversa dai giapponesi, ma di pelle bruna. Invero c'è qualcosa di voluttuoso nella loro liscia, lignea durezza.[2]
  • Le donne sono come le mosche, vanno sul miele o sulla merda.[3]
  • Monty era veramente dotato. Era serio soltanto su di una cosa, recitare.[4]
  • Non mi importa cosa la gente dice di me finché non è vero.
I don't care what anybody says about me as long as it isn't true.[5]
  • ... pensavo che [Clutter] fosse un gentiluomo molto gentile, lo credevo fino al momento in cui gli ho tagliato la gola.[6]
  • [Parlando di Mick Jagger] Si muove nella più imbarazzante sorta di curiosa parodia tra una majorette americana... e Fred Astaire.
He's moving in the most awkward kind of curious parody between an American majorette girl... and Fred Astaire.[7]
  • [Su Humphrey Bogart] Sperduto. Era il tratto dominante in lui – aveva un che di patetico, quasi. Mai avrebbe sollecitato l'altrui simpatia, naturalmente, tutt'al contrario. A me, però, dava l'impressione di un uomo che vive in una condizione permanente di solitudine.[1]
  • [Sulla Sicilia] Tutto ciò che d'importante poteva capitarmi, accadde lì.[2]
  • Venezia è come mangiare un'intera scatola di cioccolata al liquore in una sola volta.
Venice is like eating an entire box of chocolate liqueurs in one go.[8]

Colazione da Tiffany[modifica]

Incipit[modifica]

Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni. Per esempio, nella Settantesima Est c'è un edificio di pietra grigia dove, al principio della guerra, ho avuto il mio primo appartamento newyorchese. Era una stanza sola affollata di mobili di scarto, un divano e alcune poltrone paffute, ricoperte di quel particolare velluto rosso e pruriginoso che ricolleghiamo alle giornate d'afa in treno. Le pareti erano a stucco, di un colore che ricordava uno sputo tabaccoso. Dappertutto, perfino in bagno, c'erano stampe di rovine romane, molto vecchie e tempestate di puntolini scuri. L'unica finestra dava sulla scala di sicurezza. Ma, anche così, mi si rialzava il morale ogni volta che mi sentivo in tasca la chiave del mio appartamento; per triste che fosse, era un posto mio, il primo, e lì c'erano i miei libri, i barattoli pieni di matite da temperare, tutto quello che mi occorreva (o così almeno pensavo) per diventare lo scrittore che volevo diventare.

Citazioni[modifica]

  • "Non amate mai una creatura selvatica, signor Bell," lo ammonì Holly. "È stato questo lo sbaglio di Doc. Si portava sempre a casa qualche bestiola selvatica. Un falco con un'ala spezzata. E una volta un gatto con una zampa rotta. Ma non si può dare il proprio cuore a una creatura selvatica; più le si vuole bene più forte diventa. Finché diventa abbastanza forte da scappare nei boschi. O da volare su un albero. Poi su un albero più alto. Poi in cielo. E sarà questa la vostra fine, signor Bell, se vi concederete il lusso di amare una creatura selvatica. Finirete per guardare il cielo."
  • E, a un tratto, accadde. Mentre guardavo i colori sfumati dei capelli di Holly balenare nella luce rosso-gialla delle foglie, l'amai abbastanza da dimenticare me stesso, le mie disperazioni egoistiche e da essere contento perché stava per succedere qualcosa che lei pensava felice.
  • Abitavo nella casa da circa una settimana quando notai che la casella dell'appartamento numero due era contrassegnata da un bigliettino perlomeno strano. Stampato con una certa eleganza formale, il biglietto diceva: Signorina Holiday Golightly, e sotto, in un angolo: in transito. Cominciò a perseguitarmi come una canzonetta: Signorina Holiday Golightly, in transito.
  • [...] la signorina aveva un gatto, e suonava la chitarra. Nei giorni in cui il sole picchiava forte si lavava i capelli, poi, assieme al gatto, un maschio rosso tigrato, si metteva a sedere sulla scala di soccorso a pizzicare la chitarra mentre i capelli asciugavano. Ogni volta che sentivo la musica, andavo a mettermi in silenzio accanto alla finestra. Suonava molto bene, e qualche volta cantava. Cantava con il timbro rauco, incerto di un adolescente. Conosceva tutti i grandi successi, Cole Porter e Kurt Weill; le piacevano soprattutto le arie di Oklahoma! che erano nuove quell'estate e che si sentivano dappertutto. Ma c'erano momenti in cui cantava cose che vi facevano domandare dove poteva averle imparate, o da dove mai potevano venire. Strane arie dolci-amare con parole che sapevano di pini e di prateria. Una diceva: Don't wanna sleep, Don't wanna die, Just wanna go atravelin' trough the pastures of the sky; e questa sembrava piacerle più delle altre, perché continuava a ripeterla anche quando i capelli erano già asciutti, anche quando il sole era tramontato e le finestre si illuminavano nel crespuscolo.
  • "Conoscete la piccola da molto tempo?"
    "Abito qui di sopra".
    La mia risposta parve abbastanza esauriente da calmarlo. "Il vostro appartamento allora è eguale?"
    "Molto più piccolo".
    Scosse la cenere sul pavimento. "Questa è una topaia. Incredibile. Ma la piccola non sa stare al mondo nemmeno quando ha un mucchio di soldi." La sua voce aveva il timbro scattante, metallico, di una telescrivente. "Allora," domandò, "che ne pensate? Lo è o non lo è?"
    "Che cosa non è?"
    "Una montatura."
    "Non ci ho mai pensato."
    "Avete torto. È una montatura. Ma, in un altro senso, avete ragione. Non è una montatura perché è una montatura autentica. È convinta di tutte le idiozie in cui crede. Impossibile dissuaderla. Io ci ho provato, con le lacrime agli occhi. [...] Provateci, qualche volta. Fatevi dire da lei qualcuna delle cose in cui crede. E intendiamoci bene" continuò, "mi è simpatica, la ragazzina. È simpatica a tutti, ma c'è anche moltissima gente che non la può sopportare. A me è simpatica. È simpatica davvero, la ragazzina. Sono sensibile, io, ecco perché. Bisogna essere sensibili per apprezzarla, bisogna avere una vena di poeta. Ma voglio dirvi la verità. Potete farvi a pezzi per lei, e lei vi servirà merda su un piatto."
  • Ho fatto un piccolo tentativo con la marijuana. Non è pericolosa nemmeno la metà del cognac. Ed è più economica. Disgraziatamente, io preferisco il cognac.

Preghiere esaudite[modifica]

Epigrafe[modifica]

Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte.

Incipit[modifica]

In qualche parte del mondo esiste una filosofa straordinaria che si chiama Florie Rotondo.
L'altro giorno mi sono imbattuto in una delle sue riflessioni, stampata da una rivista consacrata agli scritti degli scolaretti. Diceva: "Se potessi fare quel che voglio, andrei al centro del nostro pianeta, la Terra, a cercare uranio, rubini e oro. Cercherei anche i Mostri non rovinati. Poi mi trasferirei in campagna. Florie Rotondo, 8 anni".
Florie, tesoro, io so cosa intendi dire, anche se tu non lo sai: come potresti a otto anni?

Incipit di alcune opere[modifica]

A sangue freddo[modifica]

Il villaggio di Holcomb si trova sulle alte pianure di grano del Kansas occidentale, una zona desolata che nel resto dello stato viene definita "laggiù". Un centinaio di chilometri a est del confine del Colorado, il paesaggio, con i suoi duri cieli azzurri e l'aria limpida e secca, ha un'atmosfera più da Far West che da Middle West. L'accento locale ha pungenti risonanze di prateria, una nasalità da bovari, e gli uomini, molti di loro, portano stretti pantaloni da cowboy, cappello a larghe tese e stivali con tacchi alti e punte aguzze. Il terreno è piatto e gli orizzonti paurosamente estesi; cavalli, mandrie di bestiame, un gruppo di solos bianchi che si elevano aggraziati come templi greci, sono visibili parecchio prima che il viaggiatore li raggiunga.

Altre voci, altre stanze[modifica]

Oggi per andare a Noon City il viaggiatore deve sbrigarsela da sé, perché non ci sono treni né bus che vadano da quella parte.[9]

Citazioni su Truman Capote[modifica]

  • Uno dei motivi per cui Truman Capote s'interessa tanto alla gente è che rifiuta di farsi annoiare dal prossimo. Se gli capita di parlare con qualcuno che lo annoia a morte, si domanda: «Perché questa persona mi fa sbadigliare? Perché non desta la mia curiosità.»
    Capote comincia allora a studiare le caratteristiche dell'interlocutore: i lineamenti, la pettinatura, il modo di parlare ecc. Cerca d'immaginare che cosa la persona noiosa pensi di sé stessa, quali possano essere la sua vita, i suoi gusti e le sue abitudini. Per trovare risposta a questi interrogativi comincia a rivolgerle domande, e ben presto è talmente assorto in quest'indagine che non si annoia più. (Barbara Walters)

Note[modifica]

  1. a b Citato in Peter Bogdanovich, Chi c'è in quel film? Ritratti e conversazioni con le stelle di Hollywood, Fandango Libri, 2008, p. 84.
  2. a b c Citato in Capote, colazione in Sicilia, la Repubblica, 21 dicembre 2007.
  3. Da Musica per camaleonti.
  4. Citato in Michelangelo Capua, Montgomery Clift, vincitore e vinto, Lindau Editore, 2009.
  5. Dall'intervista di David Frost, When Does A Writer Become A Star, in The Americans, Stein and Day, New York, 1970; in Truman Capote: Conversations, a cura di M. Thomas Inge, Univ. Press of Mississippi, 1987.
  6. Da A sangue freddo. Citato in AA.VV., Il libro della letteratura, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2019, p. 278. ISBN 9788858024416
  7. (EN) Da Truman Capote. Conversations, a cura di M. Thomas Inge, Univ. Press of Mississippi, 1987.
  8. (EN) Citato in The Observer, 26 novembre 1961.
  9. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia[modifica]

  • Truman Capote, A sangue freddo, traduzione di Mariapaola Ricci Dèttore, Garzanti.
  • Truman Capote, Colazione da Tiffany, traduzione di Bruno Tasso, Garzanti.
  • Truman Capote, Musica per camaleonti, traduzione di Mariapaola Ricci Dèttore, Garzanti, 1995.
  • Truman Capote, Preghiere esaudite, traduzione di Ettore Capriolo, Garzanti.

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]