Vedānta

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Citazioni sul Vedānta ("fine dei Veda"), darśana dell'Induismo. Il termine identifica anche l'intero corpus dei Veda fino alle Upaniṣad vediche.

  • Il Vedanta dunque prende le mosse da alcune Upanisad ed è stato codificato nei Brahmasutra o Vedantasutra attribuiti a Badarayana.
    Di fatto tuttavia presto si profilarono diversi modi di intendere le implicazioni delle brevi sentenze[1]. Avvenne perciò che il Vedanta si divise in vari rami che duramente si avversarono: da una parte, per parlare solo dei maggiori e più noti indirizzi, l'Advaita, il monismo assoluto, e dall'altra il Visistadvaita, monismo differenziato, con molte variazioni intermedie che vanno dalle scuole Dvaita, dualiste, a quelle del Bhedabheda della identità nella differenza, per monismo o dualismo intendendosi rispettivamente la esistenza di un unico principio o la differenza fra l'anima umana e quell'assoluto. (Giuseppe Tucci)
  • Il Vedanta insegna che il Nirvana può essere ottenuto qui e ora, che non dobbiamo aspettare la morte per raggiungerlo. Il Nirvana è la realizzazione del Sé; e una volta saputo questo, anche se solo per un momento, nessuno mai potrà essere ancora ingannato dal miraggio della personalità. (Vivekananda)
  • La teologia del vedānta è trasversale rispetto a queste tradizioni religiose, e si presenta come l'elaborazione di un complesso discorso – sulla natura e sul contenuto delle sacre scritture – che esplora i problemi dell'esistenza e della conoscenza. Il vedānta, l'articolazione teologica delle tradizioni vediche, è una concezione che penetra il pensiero vaiṣṇava e anche, sebbene in misura minore, le scuole śaiva e śākta. (Gavin Flood)

Note[modifica]

  1. I sutra (aforismi) delle opere citate.

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