Registro del filtro anti abusi

Dettagli della voce di registro 4 055

23:26, 27 nov 2016: 202.5.51.83 (discussione) ha attivato il filtro globale 90 con l'azione "edit" su Dante Alighieri. Azioni intraprese: Impedisci; Descrizione del filtro: cdfacbbecdddfcab spam (esamina)

Modifiche effettuate

'''Dante Alighieri''' (1265 – 1321), il ''Sommo poeta'' italiano.
'''Dante Alighieri''' (1265 – 1321), il ''Sommo poeta'' italiano.


Farmville farms even include free gift that is especially designed for the neighbors on bkddagkdgagaedad
==Citazioni di Dante Alighieri==
*Che se in Fiorenza per via onorata non s'entra, io non entrerovvi giammai. E che? non potrò io da qualunque angolo della terra mirare il sole e le stelle? non potrò io sotto ogni plaga del cielo meditare le dolcissime verità, se pria non mi renda uom senza gloria, anzi d'ignominia, in faccia al popolo e alla città di Fiorenza? (dall'[[s:la:Epistulae (Dante Alighieri)#XII.|epistola XII]]; citato in Piero Fraticelli (a cura di), ''La Divina Commedia di Dante Alighieri col comento di Pietro Fraticelli'', G. Barbèra, Firenze, 1881, [http://www.archive.org/stream/ladivinacommedi03fratgoog#page/n35/mode/2up p. 20])
*Il volgare [[Sicilia|siciliano]] si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli Italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità [...] E in verità quegli uomini grandi e illuminati, Federico Cesare e il suo degno figlio Manfredi, seppero esprimere tutta la nobiltà e dirittura del loro spirito, e finché la fortuna lo permise si comportarono da veri uomini, sdegnando di vivere da bestie. Ed è per questo che quanti avevano in sé nobiltà di cuore e ricchezza di doni divini si sforzarono di rimanere a contatto con la maestà di quei grandi principi, cosicché tutto ciò che a quel tempo producevano gli Italiani più nobili d'animo vedeva dapprima la luce nella reggia di quei sovrani così insigni; e poiché sede del trono regale era la Sicilia, ne è venuto che tutto quanto i nostri predecessori hanno prodotto in volgare si chiama siciliano: ciò che anche noi teniamo per fermo, e che i nostri posteri non potranno mutare.<ref>Citato in ''[http://www.danteonline.it/italiano/opere2.asp?idcod=000&idope=3&idliv1=1&idliv2=12&idliv3=1&idlang=IT]</ref> (da ''De vulgari eloquentia'', XII cap. del I libro)
*“Venendo subito al punto, che chiamo lingua volgare quella che i bambini apprendono da chi sta loro intorno dal momento che cominciano ad articolare i suoni; oppure per esser più brevi, la lingua volgare è quella che, senza bisogno di regole, impariamo imitando la nostra nutrice”. (da ''De vulgari eloquentia'', Milano, Garzanti, 2009, pag. 3)
===Attribuite===
*[[Dio]] è Uno; l'[[Universo]] è un pensiero di Dio; l'Universo è dunque Uno esso pure. Tutte le [[cose]] vengono da Dio. Tutte partecipano, più o meno, della natura divina, a seconda del fine pel quale sono create. L'[[uomo]] è nobilissimo fra tutte le cose: Dio ha versato in lui più della sua natura che non sull'altre. Ogni cosa che viene da Dio tende al [[perfezionamento]] del quale è capace. La capacità di perfezionamento nell'uomo è indefinita. L'Umanità è Una. Dio non ha fatto cosa inutile; e poiché esiste una Umanità, deve esistere uno scopo unico per ''tutti'' gli uomini, un lavoro da compirsi per opera d'essi tutti. Il genere umano dovrebbe dunque lavorare unito sì che tutte le forze intellettuali diffuse in esso ottengano il più alto sviluppo possibile nella sfera del pensiero e dell'azione. Esiste dunque una Religione universale della natura umana.<ref>Citato in [[Giuseppe Mazzini]], ''Dei doveri dell'uomo'', in ''Dei doveri dell'uomo – Fede e avvenire'', a cura di Paolo Rossi, Mursia, Milano<!--l'anno dell'edizione non è chiaro: c'è scritto solo «Copyright 1965-1984» e «GUM Nuova serie n. 10»-->, cap. VII<!--pp. 78-78-->.<br />Mazzini cita queste parole fra virgolette, come scritte da Dante. Si tratta di «una libera esposizione mazziniana del pensiero dantesco», secondo la nota del curatore.</ref>
*Non ti curar di loro, ma guarda e passa.
:{{NDR|[[Citazioni errate|Citazione errata]]}} La citazione corretta è: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.»<ref>Cfr. ''[http://www.corriere.it/solferino/severgnini/07-01-06/01.spm Ragioniamo di Dante (ma senza sbagliare citazione!)]'', ''Corriere.it'', 7 gennaio 2006.</ref>


==''Divina Commedia''==
==''Divina Commedia''==

Parametri dell'azione

VariabileValore
Indica se la modifica è minore o meno (non più in uso) (minor_edit)
false
Edit count dell'utente (user_editcount)
null
Nome utente (user_name)
'202.5.51.83'
Data e ora di conferma dell'indirizzo e-mail (user_emailconfirm)
null
Età dell'account utente (user_age)
0
Gruppi cui l'utente appartiene (anche implicitamente) (user_groups)
[ 0 => '*' ]
Diritti che un utente ha (user_rights)
[ 0 => 'createaccount', 1 => 'read', 2 => 'edit', 3 => 'createpage', 4 => 'createtalk', 5 => 'writeapi', 6 => 'editmyusercss', 7 => 'editmyuserjs', 8 => 'viewmywatchlist', 9 => 'editmywatchlist', 10 => 'viewmyprivateinfo', 11 => 'editmyprivateinfo', 12 => 'editmyoptions', 13 => 'abusefilter-view', 14 => 'abusefilter-log', 15 => 'abusefilter-log-detail', 16 => 'flow-hide', 17 => 'centralauth-merge', 18 => 'vipsscaler-test' ]
Se un utente sta modificando attraverso l'interfaccia per dispositivi mobili (user_mobile)
false
user_wpzero
false
ID della pagina (page_id)
162
Namespace della pagina (page_namespace)
0
Titolo della pagina (senza namespace) (page_title)
'Dante Alighieri'
Titolo completo della pagina (page_prefixedtitle)
'Dante Alighieri'
Azione (action)
'edit'
Oggetto/motivazione (summary)
'/* Citazioni di Dante Alighieri */ '
Vecchio modello di contenuto (old_content_model)
'wikitext'
Nuovo modello di contenuto (new_content_model)
'wikitext'
Vecchio wikitesto della pagina, precedente alla modifica (old_wikitext)
'{{PDA}} [[Immagine:Portrait de Dante.jpg|thumb|Dante Alighieri]] '''Dante Alighieri''' (1265 – 1321), il ''Sommo poeta'' italiano. ==Citazioni di Dante Alighieri== *Che se in Fiorenza per via onorata non s'entra, io non entrerovvi giammai. E che? non potrò io da qualunque angolo della terra mirare il sole e le stelle? non potrò io sotto ogni plaga del cielo meditare le dolcissime verità, se pria non mi renda uom senza gloria, anzi d'ignominia, in faccia al popolo e alla città di Fiorenza? (dall'[[s:la:Epistulae (Dante Alighieri)#XII.|epistola XII]]; citato in Piero Fraticelli (a cura di), ''La Divina Commedia di Dante Alighieri col comento di Pietro Fraticelli'', G. Barbèra, Firenze, 1881, [http://www.archive.org/stream/ladivinacommedi03fratgoog#page/n35/mode/2up p. 20]) *Il volgare [[Sicilia|siciliano]] si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli Italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità [...] E in verità quegli uomini grandi e illuminati, Federico Cesare e il suo degno figlio Manfredi, seppero esprimere tutta la nobiltà e dirittura del loro spirito, e finché la fortuna lo permise si comportarono da veri uomini, sdegnando di vivere da bestie. Ed è per questo che quanti avevano in sé nobiltà di cuore e ricchezza di doni divini si sforzarono di rimanere a contatto con la maestà di quei grandi principi, cosicché tutto ciò che a quel tempo producevano gli Italiani più nobili d'animo vedeva dapprima la luce nella reggia di quei sovrani così insigni; e poiché sede del trono regale era la Sicilia, ne è venuto che tutto quanto i nostri predecessori hanno prodotto in volgare si chiama siciliano: ciò che anche noi teniamo per fermo, e che i nostri posteri non potranno mutare.<ref>Citato in ''[http://www.danteonline.it/italiano/opere2.asp?idcod=000&idope=3&idliv1=1&idliv2=12&idliv3=1&idlang=IT]</ref> (da ''De vulgari eloquentia'', XII cap. del I libro) *“Venendo subito al punto, che chiamo lingua volgare quella che i bambini apprendono da chi sta loro intorno dal momento che cominciano ad articolare i suoni; oppure per esser più brevi, la lingua volgare è quella che, senza bisogno di regole, impariamo imitando la nostra nutrice”. (da ''De vulgari eloquentia'', Milano, Garzanti, 2009, pag. 3) ===Attribuite=== *[[Dio]] è Uno; l'[[Universo]] è un pensiero di Dio; l'Universo è dunque Uno esso pure. Tutte le [[cose]] vengono da Dio. Tutte partecipano, più o meno, della natura divina, a seconda del fine pel quale sono create. L'[[uomo]] è nobilissimo fra tutte le cose: Dio ha versato in lui più della sua natura che non sull'altre. Ogni cosa che viene da Dio tende al [[perfezionamento]] del quale è capace. La capacità di perfezionamento nell'uomo è indefinita. L'Umanità è Una. Dio non ha fatto cosa inutile; e poiché esiste una Umanità, deve esistere uno scopo unico per ''tutti'' gli uomini, un lavoro da compirsi per opera d'essi tutti. Il genere umano dovrebbe dunque lavorare unito sì che tutte le forze intellettuali diffuse in esso ottengano il più alto sviluppo possibile nella sfera del pensiero e dell'azione. Esiste dunque una Religione universale della natura umana.<ref>Citato in [[Giuseppe Mazzini]], ''Dei doveri dell'uomo'', in ''Dei doveri dell'uomo – Fede e avvenire'', a cura di Paolo Rossi, Mursia, Milano<!--l'anno dell'edizione non è chiaro: c'è scritto solo «Copyright 1965-1984» e «GUM Nuova serie n. 10»-->, cap. VII<!--pp. 78-78-->.<br />Mazzini cita queste parole fra virgolette, come scritte da Dante. Si tratta di «una libera esposizione mazziniana del pensiero dantesco», secondo la nota del curatore.</ref> *Non ti curar di loro, ma guarda e passa. :{{NDR|[[Citazioni errate|Citazione errata]]}} La citazione corretta è: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.»<ref>Cfr. ''[http://www.corriere.it/solferino/severgnini/07-01-06/01.spm Ragioniamo di Dante (ma senza sbagliare citazione!)]'', ''Corriere.it'', 7 gennaio 2006.</ref> ==''Divina Commedia''== ===''Inferno''=== ====[[Incipit]]==== <poem> Nel mezzo del cammin di nostra [[vita]] mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. </poem> ====Citazioni==== *''Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta | una lonza {{NDR|lince o leopardo}}<ref>La lonza, nella simbologia medievale dantesca, rappresenta la lussuria.</ref> leggiera e presta molto, | che di pel maculato era coverta; | e non mi si partìa dinanzi al volto, | anzi 'mpediva tanto il mio cammino, | ch'i' fui per ritornar più volte vòlto''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto I|Ed ecco|I, 31-36}}) *''Ma non sì che [[paura]] non mi desse | la vista che m'apparve d'un [[leone]]<ref>Rappresenta qui la [[superbia]].</ref>. | Questi parea che contra me venisse | con la test'alta e con rabbiosa [[fame]], | sì che parea che l'aere ne tremesse. | Ed una [[lupo|lupa]]<ref>La lupa è per Dante il simbolo dell'[[avarizia]].</ref>, che di tutte brame | sembrava carca ne la sua magrezza, | e molte genti fè già viver grame, | questa mi porse tanto di gravezza | con la paura ch'uscìa di sua vista, | ch'io perdei la [[speranza]] de l'altezza.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto I|ma non sì che paura non mi desse|I, 44-54}}) *''Temer si dee di sole quelle cose | c'hanno potenza di fare altrui male; | de l'altre no, ché non son [[paura|paurose]].'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto II|Temer si dee di sole quelle cose|II, 88-90}}) *''[[Maria|Donna]] è gentil nel ciel che si compiange | di questo 'mpedimento ov' io ti mando, | sì che duro giudicio là sù frange.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto II|Donna è gentil nel ciel che si compiange|II, 94-96}}) *''Per me si va ne la [[inferno|città dolente]], | per me si va ne l'etterno dolore, | per me si va tra la perduta gente. | [[Giustizia]] mosse il mio alto fattore; | fecemi la divina podestate, | la somma sapïenza e 'l primo amore. | Dinanzi a me non fuor cose create | se non etterne, e io etterno duro. | Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|Per me si va ne la città dolente|III, 1-9}}) *''Non ragioniam di lor, ma guarda e passa''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|non ragioniam di lor, ma guarda e passa|III, 51}}) *{{NDR|Su [[Papa Celestino V]]<ref>Dante non indica espressamente il nome dell'anima a cui si riferisce. La maggior parte dei critici concorda sul fatto che si tratti di Pietro da Morrone (ovvero Celestino V), ma altre teorie propendono per [[Esaù]] o [[Ponzio Pilato]]. Per approfondire vedi [[w:Che fece per viltade il gran rifiuto|qui]].</ref>}}... ''Colui | Che fece per viltà lo gran rifiuto''. (III, 59-60) *''Vuolsi così colà dove si puote | ciò che si vuole, e più non dimandare.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|vuolsi così colà dove si puote|III, 95-96}}; {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|vuolsi così colà dove si puote|V, 23-24}}) *''Caron dimonio, con [[occhio|occhi]] di bragia | loro accennando, tutte le raccoglie; | batte col remo qualunque s'adagia.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|Caron dimonio|III, 109-111}}) *''«Figliuol mio,» disse 'l maestro cortese, | «quelli che muoion nell'[[ira]] di Dio | tutti convegno qui d'ogni [[paese]]; e pronti sono a trapassar lo rio | chè la divina [[giustizia]] li sprona, sì che la tema si volve in disìo''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|Figliuol mio|III, 121–125}}) *{{NDR|Su [[Virgilio]]}} ''Onorate l'altissimo poeta''. (IV, 80) *''Mira colui con quella spada in mano, | che vien dinanzi ai tre sì come sire: | quelli è [[Omero]] poeta sovrano''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|Mira colui|IV, 86–88}}) *''Poi ch'innalzai un poco più le ciglia, | vidi 'l maestro di color che sanno {{NDR|[[Aristotele]]}} | seder tra filosofica famiglia''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|Poi ch'innalzai|IV, 130-132}}) *''[[Democrito]], che 'l mondo a caso pone.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|Democrito|IV, 136}}) *''E vidi il buono accoglitor del quale, | [[Dioscoride|Dïascoride]] dico''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|E vidi|IV, 139-140}}) *''«La prima di color di cui novelle | tu vuo' saper» mi disse quelli {{NDR|Virgilio}} allotta, | «fu imperadrice di molte favelle. | A vizio di [[lussuria]] fu sì rotta, | che lìbito fé licito in sua legge | per tòrre il biasimo in che era condotta. | Ell'è Semiramis, di cui si legge | che succedette a Nino e fu sua sposa: | tenne la terra che 'l Soldan corregge. | L' altra è colei {{NDR|Didone}} che s' ancise amorosa | e ruppe fede al cener di Sicheo; | poi è Cleopatràs lussurïosa''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|La prima di color di cui novelle|V, 52 – 63}}) *''[[Amore|Amor]], ch'al cor gentil ratto s'apprende, | prese costui de la bella persona | che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. | Amor, ch'a nullo amato amar perdona, | mi prese del costui piacer sì forte, | che, come vedi, ancor non m'abbandona. | Amor condusse noi ad una morte. | Caina attende chi a vita ci spense.'' (Francesca da Polenta: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|Amor|V, 100-107}}) *''E quella'' {{NDR|Francesca}} ''a me: «Nessun maggior [[dolore]] | che ricordarsi del [[tempo]] felice | ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore».'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|E quella a me|V, 121-123}}) *''Quando leggemmo il disïato riso | esser basciato da cotanto amante, | questi, che mai da me non fia diviso, | la bocca mi basciò tutto tremante.''<ref>Secondo [[Umberto Saba]] (''Scorciatoie e raccontini'') il verso «''La bocca mi baciò tutto tremante''» è uno dei due più belli della letteratura italiana insieme a «''L'uno buggera l'altro, Santità''», tratto da un sonetto classicamente attribuito a [[Giuseppe Gioachino Belli]] ma probabilmente apocrifo.</ref>'' | Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: | quel giorno più non vi leggemmo avante".'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|Quando leggemmo|V, 133-138}}) *''Mentre che l'uno spirto questo disse, | l'altro piangëa, sì che di pietade | io venni men così com'io morisse. | E caddi come corpo morto cade.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|Mentre che l'uno spirto questo disse|V, 139-142}}) *''Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: | per la dannosa colpa della [[gola]], | come tu vedi, alla pioggia mi fiacco''. (Ciacco: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VI|Voi cittadini mi chiamaste Ciacco|VI, 52–54}}) *''[[w:Pape Satàn, pape Satàn aleppe|Pape Satàn, pape Satàn aleppe!]]'' (Pluto: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Pape Satàn|VII, 1}}) *''Questi fuor cerchi, che non han coperchio | piloso al capo, e [[papa|papi]] e [[cardinale|cardinali]], | in cui usa [[avarizia]] il suo soperchio.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Questi fuor cherci|VII, 46–48}}) *''Fitti nel limo dicon:'' {{NDR|gli [[ira]]condi}}'' "Tristi fummo | ne l'aere dolce che dal sol s'allegra, | portando dentro accidïoso fummo: | or ci attristiam ne la belletta negra". | Quest'inno si gorgoglian ne la strozza, | ché dir nol posson con parola integra.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Fitti nel limo|VII, 121–126}}) *''Or se' giunta, anima fella!'' (il demone Flegiàs a Dante; {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Or se' giunta|VIII, 18}}) *''Quanti si tegnon or là sù gran regi | che qui staranno come porci in brago, | di sé lasciando orribili dispregi!'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Quanti si tegnon|VIII, 49-51}}) *''Chi è costui che sanza morte | va per lo regno de la morta gente?'' (demoni: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Chi è costui che sanza morte|VIII, 84-85}}) *''Chi m' ha negate le dolenti case!'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Chi m' ha negate|VIII, 120}}) *''O voi ch'avete li 'ntelletti sani, | mirate la dottrina che s'asconde | sotto 'l velame de li versi strani.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IX|O voi|IX, 61-63}}) *''D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, | ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale | o con forza o con frode altrui contrista. | Ma perché frode è de l'uom proprio male, | più spiace a Dio; e però stan di sotto | li frodolenti, e più dolor li assale.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|D'ogne malizia|XI, 22-27}}) *''Puossi far forza ne la deïtade, | col cor negando e [[bestemmia]]ndo quella, | e spregiando natura e sua bontade; | e però lo minor giron suggella | del segno suo e Soddoma e Caorsa | e chi, spregiando Dio col cor, favella.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|Puossi far forza|XI, 46-51}}) *''La [[frode]], ond'ogne coscïenza è morsa, | può l'omo usare in colui che 'n lui fida | e in quel che fidanza non imborsa. | Questo modo di retro par ch'incida | pur lo vinco d'amor che fa natura; | onde nel cerchio secondo s'annida | ipocresia, lusinghe e chi affattura, | falsità, ladroneccio e simonia, | ruffian, baratti e simile lordura.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|La frode|XI, 52-60}}) *''O sol che sani ogne vista turbata, | tu mi contenti sì quando tu solvi, | che, non men che saver, dubbiar m'aggrata.'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|O sol che sani|XI, 91-93}}) *''Da queste due, se tu ti rechi a mente | lo Genesì dal principio, convene | prender sua vita e avanzar la gente | e perché l'[[usura|usuriere]] altra via tene, | per sé natura e per la sua seguace | dispregia, poi ch'in altro pon la spene.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|Da queste due, se|XI, 106-111}}) *''Io son colui che tenni ambo le chiavi | del cor di Federigo, e che le volsi, | serrando e disserrando''. ([[Pier della Vigna]]: [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto XIII|XIII, 58-60]]) *''L'animo mio, per disdegnoso gusto, | credendo col morir fuggir disdegno, | ingiusto fece me contra me giusto''. (Pier della Vigna: [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto XIII|XIII, 70-72]]) *''Poi si rivolse, e parve di coloro | che [[corsa|corrono]] a Verona il drappo verde | per la campagna; e parve di costoro | quelli che vince, non colui che perde.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XV|Poi si rivolse|XV, 121-124}}) *''Ahi quanto cauti li uomini esser dienno | presso a color che non veggion pur l'ovra, | ma per entro i pensier miran col senno!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XVI|Ahi quanto cauti|XVI, 118-120}}) *''Sempre a quel ver c' ha faccia di menzogna | de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote, | però che sanza colpa fa vergogna''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XVI|Sempre a quel ver|XVI, 124-126}}) *''Ecco la fiera con la coda aguzza, | che passa i monti e rompe i muri e l'armi! | Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XVII|Ecco la fiera con la coda aguzza|XVII, 1-3}}) *''O Simon mago, o miseri seguaci | che le cose di Dio, che di bontate | deon essere spose, e voi rapaci | per oro e per argento avolterate, | or convien che per voi suoni la tromba, | però che ne la terza bolgia state.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|O Simon mago|XIX, 1-6}}) *''O somma sapïenza, quanta è l'arte | che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, | e quanto giusto tua virtù comparte!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|O somma sapïenza|XIX, 10-12}}) *''E io: "Tanto m'è bel, quanto a te piace: | tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto | dal tuo volere, e sai quel che si tace".'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Tanto m'è bel|XIX, 37-39}}) *''Ed el'' {{NDR|[[papa Niccolò III]]}} ''gridò: "Se' tu già costì ritto, | se' tu già costì ritto, [[Papa Bonifacio VIII|Bonifazio]]? | Di parecchi anni mi mentì lo scritto. | Se' tu sì tosto di quell'aver sazio | per lo qual non temesti tòrre a 'nganno | la bella donna'' {{NDR|la Chiesa}}'', e poi di farne strazio?".'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Ed el gridò|XIX, 52-57}}) *''Nuovo Iasón sarà, di cui si legge | ne' Maccabei; e come a quel fu molle | suo re, così fia [[Papa Clemente V|lui]] chi Francia regge. {{NDR|[[Filippo il bello]]}}'' (papa Niccolò III: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Nuovo Iasón sarà|XIX, 85-87}}) *''Deh, or mi dì: quanto tesoro volle | Nostro Segnore in prima da san Pietro | ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa? | Certo non chiese se non "Viemmi retro". [...] E se non fosse ch'ancor lo mi vieta | la reverenza de le somme chiavi | che tu tenesti ne la vita lieta, | io userei parole ancor più gravi; | ché la vostra avarizia il mondo attrista, | calcando i buoni e sollevando i pravi. [...] Fatto v'avete dio d'oro e d'argento; | e che altro è da voi a l'idolatre, | se non ch'elli uno, e voi ne orate cento? | Ahi, [[Costantino I|Costantin]], di quanto mal fu matre, | non la tua conversion, ma quella dote | che da te prese il primo ricco patre!'' (Dante a papa Niccolò III: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Deh, or mi dì|XIX, 90-117}}) *''Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto | di tua lezione, or pensa per te stesso | com'io potea tener lo viso asciutto''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Se Dio ti lasci|XX, 19-21}}) *''Ancor se' tu de li altri sciocchi? | Qui vive la pietà quand'è ben morta; | chi è più scellerato che colui | che al giudicio divin passion comporta?'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Ancor se' tu|XX, 27-30}}) *''Mira c' ha fatto petto de le spalle; | perché [[divinazione|volse veder troppo davante]], | di retro guarda e fa retroso calle.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Mira c' ha fatto|XX, 37-39}}) *''Suso in Italia bella giace un laco, | a piè de l'Alpe che serra Lamagna | sovra Tiralli, c'ha nome [[Lago di Garda|Benaco]]''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Suso in Italia bella|XX, 61-63}}) *''Fer la città sovra quell'ossa morte; | e per colei che 'l loco prima elesse, | Mantüa l'appellar sanz'altra sorte''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Fer la città sovra|XX, 91-93}}) *''E io: "Maestro, i tuoi ragionamenti | mi son sì certi e prendon sì mia fede, | che li altri mi sarien carboni spenti"''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Maestro, i tuoi ragionamenti|XX, 100-102}}) *''Quell'altro che ne' fianchi è così poco, | [[Michele Scoto|Michele Scotto]] fu, che veramente | de le magiche frode seppe 'l gioco.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Michele Scotto|XX, 115-117}}) *'' Mettetel sotto, ch'i' torno per anche | a quella terra ch'i' ho ben fornita {{NDR|[[Lucca]]}}: | Ogn' uom v'è barattier, fuor che Bonturo; | del no, per li [[denaro|denar]], vi si fa ita.''<ref>''Ita'' in latino significa "sì".</ref> ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXI|Mettetel sotto|XXI, 39-42}}) *''Ed elli avea del [[natiche|cul]] fatto trombetta.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXI|ed elli|XXI, 139}}) *''Ahi [[Pistoia]], Pistoia, ché non stanzi | d'incenerarti sì che più non duri, | poi che 'n mal fare il [[seme]] tuo avanzi?'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXV|Ahi Pistoia|XXV, 10-12}}) *<ref>Nella settima bolgia delle [[w:Malebolge|Malebolge]] sono puniti i [[ladro|ladri]]. La metà di questi ha sembianze di serpente, mentre l'altra metà vanta aspetto umano, e quando un serpente morde un uomo, questo diventa serpente e l'altro diviene uomo, si scambiano i ruoli: nei versi proposti, Dante descrive la raccapricciante metamorfosi di ambedue le specie, definendosi in ciò superiore a [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], autore delle celebri ''[[Publio Ovidio Nasone#Metamorfosi|Metamorfosi]]'', e a [[Marco Anneo Lucano|Lucano]], nipote di [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] e autore del ''[[Marco Anneo Lucano#Pharsalia|Bellum civile]]''. Ovidio e Lucano sono già stati visti da Dante e [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] sua guida nel Limbo ([[s:Divina Commedia/Inferno/Canto IV|IV]], v. 90).</ref> ''Come 'l ramarro sotto la gran fersa | dei [[giorno|dì]] canicular, cangiando sepe, | folgore par se la [[via]] attraversa, | sì pareva, venendo verso l'[[pancia|epe]] | de li altri due, un serpentello acceso, | livido e nero come gran di pepe; | e quella parte onde prima è preso | nostro [[mangiare|alimento]], a l'un di lor trafisse; | poi cadde giuso innanzi lui disteso. | Lo trafitto 'l mirò, ma nulla disse; | anzi, co' piè fermati, sbadigliava | pur come [[sonno]] o [[febbre]] l'assalisse. | Elli 'l [[serpente]] e quei lui riguardava; | l'un per la piaga e l'altro per la [[bocca]] | fummavan forte, e 'l [[fumo|fummo]] si scontrava. | [[tacere|Taccia]] [[Marco Anneo Lucano|Lucano]] omai là dov'e' tocca | del misero Sabello e di Nasidio, | e attenda a udir quel ch'or si scocca. | Taccia di Cadmo e d'Aretusa [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], | ché se quello in serpente e quella in fonte | converte [[poesia|poetando]], io non lo [[invidia|'nvidio]]; | ché due [[natura|nature]] mai a fronte a fronte | non trasmutò sì ch'amendue le forme | a cambiar lor matera fosser pronte. | Insieme si rispuosero a tai norme, | che 'l serpente la coda in forca fesse, | e 'l feruto ristrinse insieme l'orme. | Le gambe con le cosce seco stesse | s'appiccar sì, che 'n poco la giuntura | non facea segno alcun che si paresse. | Togliea la coda fessa la figura | che si perdeva là, e la sua pelle | si facea molle, e quella di là dura. | Io vidi intrar le braccia per l'ascelle, | e i due piè de la fiera, ch'eran corti, | tanto allungar quanto accorciavan quelle. | Poscia li piè di rietro, insieme attorti, | diventaron lo membro che l'uom cela, | e 'l misero del suo n'avea due porti. | Mentre che 'l [[fumo|fummo]] l'uno e l'altro vela | di color novo, e genera 'l pel suso | per l'una parte e da l'altra il dipela, | l'un si levò e l'altro cadde giuso, | non torcendo però le [[occhio|lucerne]] empie, | sotto le quai ciascun cambiava muso. | Quel ch'era dritto, il trasse ver' le tempie, | e di troppa matera ch'in là venne | uscir li orecchi de le gote scempie; | ciò che non corse in dietro e si ritenne | di quel soverchio, fé naso a la [[viso|faccia]] | e le labbra ingrossò quanto convenne. | Quel che giacëa, il muso innanzi caccia, | e li orecchi ritira per la [[testa]] | come face le corna la lumaccia; | e la [[lingua]], ch'avëa unita e presta | prima a parlar, si fende, e la forcuta | ne l'altro si richiude; e 'l [[fumo|fummo]] resta.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXV|Come 'l ramarro sotto la gran fersa|XXV, 79-135}}) *''Godi, [[Firenze|Fiorenza]], poi che se' sì grande | che per mare e per terra batti l'ali, | e per lo 'nferno tuo nome si spande!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Godi, Fiorenza|XXVI, 1-3}}) *''Là dentro si martira | [[Ulisse]] e Dïomede, e così insieme | a la vendetta vanno come a l'ira; | e dentro da la lor fiamma si geme | l'agguato del caval che fé la porta | onde uscì de' Romani il gentil seme.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Rispuose a me: "Là dentro si martira|XXVI, 55-60}}) *''Considerate la vostra semenza: | fatti non foste a viver come bruti, | ma per seguir virtute e [[conoscenza|canoscenza]].'' [...] ''e volta nostra poppa nel mattino, | de' remi facemmo ali al folle volo'' [...]. ([[Ulisse]]: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Considerate la vostra semenza|XXVI, 118-125}}) *''Cinque volte racceso e tante casso | lo lume era di sotto dalla [[luna]] | poi ch'entrati eravam nell'alto passo'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Cinque volte racceso|XXVI, 130–132}}) *{{NDR|[[Cesena]]}} ''E quella cu' il Savio bagna il fianco, | così com' ella sie' tra 'l piano e 'l monte, | tra tirannia si vive e stato franco.'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVII|E quella|XXVII, 52-54}}) *''Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero, | credendomi, sì cinto, fare ammenda; | e certo il creder mio venìa intero, | se non fosse il gran prete ''{{NDR|Papa Bonifacio VIII}}'', a cui mal prenda!'' (Guido da Montefeltro: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVII|Io fui uom d'arme|XXVII, 67-70}}) *''Ch'assolver non si può chi non si [[pentimento|pente]], | né pentere e volere insieme puossi | per la contradizion che nol consente.'' (un diavolo: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVII|assolver non si può chi non si pente|XXVII, 118-120}}) *''Mentre che tutto in lui veder m'attacco, | guardommi e con le man s'aperse il petto, | dicendo: «Or vedi com' io mi dilacco! | vedi come storpiato è [[Maometto|Mäometto]]!»'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVIII|Maometto|XXVIII, 28-31}}) *''Rimembriti di Pier da Medicina, | se mai torni a veder lo dolce piano | che da Vercelli a Marcabò dichina.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVIII|Pier da Medicina|XXVIII, 73-75}}) *''[[coscienza morale|Coscïenza]] m'assicura, | la buona compagnia che l'uom francheggia | sotto l'asbergo del sentirsi pura.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVIII|coscienza m'assicura|XXVIII, 115-117}}) *''«Io fui d'[[Arezzo]], e Albero da [[Siena]]», | rispuose l'un, «mi fé mettere al foco; | ma quel per ch'io mori' qui non mi mena»''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXIX|Io fui d'Arezzo|XXIX, 109-111}}) *''Or fu già mai | gente sì vana come la [[Siena|sanese]]? | Certo non la francesca sì d'assai!'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXIX|Or fu già mai|XXIX, 121-123}}) *''Maggior difetto men vergogna lava''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXX|Maggior difetto men vergogna lava|XXX, 142}}) *''Ché voler ciò udire è bassa voglia''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXX|Ché voler ciò udire è bassa voglia|XXX, 148}}) *''Dove l'argomento de la mente | s'aggiugne al mal volere e a la possa, | nessun riparo vi può far la gente''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXI|Dove l'argomento de la mente|XXXI, 55-57}}) *''Qual pare a riguardar la [[Bologna|Garisenda]] | 'sotto 'l chinato, quando un nuvol vada | sovr'essa sí, che ella incontro penda | tal parve Anteo a me che stava a bada |di vederlo chinare'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXI|Garisenda|XXXI, 136 – 138}}) *''La bocca sollevò dal fiero pasto | quel peccator, forbendola a' capelli | del capo ch'elli avea di retro guasto.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|La bocca sollevò dal fiero pasto|XXXIII, 1-3}}) *[...] ''Tu vuo' ch'io rinovelli | disperato dolor che ’l cor mi preme | già pur pensando, pria ch'io ne favelli.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Tu vuo’ ch’io rinovelli|XXXIII, 4-6}}) *''Questi pareva a me maestro e donno, | cacciando il lupo e' lupicini al monte | per che i Pisan veder Lucca non ponno.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Questi|XXXIII, 28-30}}) *''Ben se' crudel, se tu già non ti duoli | pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava; | e se non piangi, di che pianger suoli?'' (Ugolino: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Ben se' crudel, se tu già non ti duoli|XXXIII, 40-42}}) *''Poscia, più che 'l dolor, poté 'l [[digiuno]]''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Poscia|XXXIII, 75}}) *''Ahi [[Pisa]], vituperio de le genti | del bel paese là dove 'l [[sì]] suona, | poi che i vicini a te punir son lenti, | muovasi la Capraia e la Gorgona, | e faccian siepe ad Arno in su la foce, | sì ch'elli annieghi in te ogne persona! | Che se 'l conte Ugolino aveva voce | d'aver tradita te de le castella, | non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Ahi Pisa|XXXIII, 79-87}}) *''Ahi [[Genova|Genovesi]], uomini diversi | d'ogni costume e pien d'ogni magagna, | perché non siete voi del mondo spersi? | Che col peggior spirto di Romagna | trovai di voi un tal {{NDR|Branca d'Oria}}, che, per sua opra, | in anima in Cocito già si bagna | ed in corpo par vivo ancor di sopra''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Ahi Genovesi|XXXIII, 151 – 157}}) ====[[Explicit]]==== <poem> Salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle. </poem> ===''Purgatorio''=== ====[[Incipit]]==== <poem> Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; </poem> ====Citazioni==== *''[[Libertà]] va cercando, ch'è sì cara, | come sa chi per lei vita rifiuta.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto I|libertà va cercando|I, 71-72}}) *''Già era 'l [[sole]] a l'orizzonte giunto | lo cui meridïan cerchio coverchia | [[Gerusalemme|Ierusalèm]] col suo più alto punto''<ref>Qui Dante si rifà alla credenza medievale che Gerusalemme fosse al centro della terra, sita fra il meridiano del fiume [[Gange]] e la [[Spagna]] occidentale e che, ritenendo la terra abitata tutta nell'emisfero boreale, l'isola del paradiso si trovasse al punto opposto rispetto a Gerusalemme, con la quale condivideva quindi l'orizzonte astronomico.</ref>. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto II|Già era 'l sole|II, 1-3}}) *''Noi eravam lunghesso mare ancora, | come gente che pensa a suo cammino, | che va col cuore e col corpo dimora.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto II|Noi eravam lunghesso mare ancora|II, 10-12}}) *''O dignitosa coscïenza e netta, | come t'è picciol fallo amaro morso!'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|o dignitosa coscïenza|III, 8-9}}) *''State contenti, umana gente, al ''quia''; | ché, se potuto aveste veder tutto, | mestier non era parturir [[Maria]]''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|State contenti|III, 37-39}}) *''Ché perder tempo a chi più sa più spiace''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|ché perder tempo|III, 78}}) *''Come le [[pecora|pecorelle]] escon del chiuso | a una, a due, a tre, e l'altre stanno | timidette atterrando l'occhio e 'l muso; | e ciò che fa la prima, e l'altre fanno, | addossandosi a lei, s'ella s'arresta, | semplici e quete, e lo 'mperché non sanno''. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|Come le pecorelle|III, 79-84}}) *{{NDR|Incontro con [[Manfredi di Sicilia]]}} ''Biondo era e bello e di gentile aspetto, | ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|biondo era e bello|III, 107-108}}) *''[[w:Or le bagna la pioggia e move il vento|Or le bagna la pioggia e move il vento]]'' [...]. (Manfredi, riferendosi al destino delle sue spoglie: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|verso 130|III, 130}}) *''Orribil furon li peccati miei; | ma la bontà infinita ha sì gran braccia, | che prende ciò che si rivolge a lei.'' (Manfredi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|Orribil furon li peccati miei|III, 121-123}}) *''Per lor maladizion sì non si perde, | che non possa tornar, l'etterno amore, | mentre che la speranza ha fior del verde.'' (Manfredi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|Per lor maladizion|III, 133-135}}) *''Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|che ti fa|V, 12}}) *''Vien dietro a me, e lascia dir le genti: | sta come torre ferma, che non crolla | già mai la cima per soffiar di venti; | ché sempre l'omo in cui pensier rampolla | sovra pensier, da sé dilunga il segno, | perché la foga l'un de l'altro insolla.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|Vien dietro a me|V, 13-18}}) *''Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo, | ti priego, se mai vedi quel paese | che siede tra [[Romagna]] e quel di Carlo'' {{NDR|Carlo II d'Angiò}}'', | che tu mi sie di tuoi prieghi cortese | in Fano, sì che ben per me s'adori | pur ch'i' possa purgar le gravi offese.'' (Jacopo del Cassero: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo|V, 67-72}}) *{{NDR|Su [[Pia de' Tolomei]]}}''"Deh, quando tu sarai tornato al mondo | e riposato de la lunga via", | seguitò 'l terzo spirito al secondo, | "ricorditi di me, che son la Pia; | [[Siena]] mi fé, disfecemi [[Maremma]]: | salsi colui che 'nnanellata pria | disposando m'avea con la sua gemma".'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|Deh, quando tu sarai tornato al mondo|V, 130-136}}) *''Pur Virgilio si trasse a lei, pregando | che ne mostrasse la miglior salita; | e quella non rispuose al suo dimando, | ama di nostro paese e de la vita | ci 'nchiese; e 'l dolce duca incominciava | "[[Mantova|Mantüa]] ...", e l'ombra, tutta in sé romita, | surse ver' lui del loco ove pria stava, | dicendo: "O Mantoano, io son Sordello | de la tua terra!"; e l'un l'altro abbracciava.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Ama di nostro paese|VI, 67-75}}) *''Ahi serva [[Italia]], di dolore ostello, | nave sanza nocchiere in gran tempesta, | non donna di provincie, ma bordello!'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Ahi serva Italia|VI, 76-78}}) *''Ahi gente che dovresti esser devota, | e lasciar seder Cesare in la sella, | se bene intendi ciò che Dio ti nota, | guarda come esta fiera è fatta fella | per non esser corretta da li sproni, | poi che ponesti mano a la predella.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Ahi gente che dovresti esser devota|VI, 91-96}}) *''Rade volte risurge per li rami ''{{NDR|figli}}'' | l'umana probitate; e questo vole | quei che la dà, perché da lui si chiami.'' (Sordello: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VII|Rade volte|VII, 121-123}}) *''Era già l'ora che volge il disio | ai navicanti e 'ntenerisce il core | lo dì c' han detto ai dolci amici addio; | e che lo novo peregrin d'amore | punge, se ode squilla di lontano | che paia il giorno pianger che si more''. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VIII|Era già l'ora che volge il disio|VIII, 1-6}}) *''Per lei<ref>Beatrice d'Este, moglie di [[w:Nino Visconti|Nino Visconti]].</ref> assai di lieve si comprende | quanto in [[donna|femmina]] foco d'amor dura, | se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende.'' (Nino Visconti: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VIII|Per lei assai di lieve si comprende|VIII, 76-78}}) *''Oh vana gloria de l'umane posse! | com' poco verde in su la cima dura, | se non è giunta da l'etati grosse! | Credette Cimabue ne la pittura | tener lo campo, e ora ha [[Giotto]] il grido, | sì che la fama di colui è scura. | Così ha tolto [[Guido Cavalcanti|l'uno]] a l'[[Guido Guinizzelli|altro Guido]] | la gloria de la lingua; e forse è nato | chi l'uno e l'altro caccerà del nido. | Non è il mondan romore altro ch'un fiato | di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, | e muta nome perché muta lato.'' (Oderisi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI|Oh vana gloria de l'umane posse!|XI, 91-102}}) *''Colui'' {{NDR|Provenzano Salvani}} ''che del cammin sì poco piglia | dinanzi a me, Toscana sonò tutta; | e ora a pena in Siena sen pispiglia, | ond'era sire quando fu distrutta | la rabbia fiorentina, che superba | fu a quel tempo sì com'ora è putta.'' (Oderisi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI|Colui che del cammin sì poco piglia|XI, 109-114}}) *{{NDR|Su Provenzano Salvani}} ''"Quando vivea più glorïoso", disse, | "liberamente nel Campo di Siena, | ogne vergogna diposta, s'affisse.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI|Colui che del cammin sì poco piglia|XI, 133-135}}) *''Mostrava come i figli si gittaro | sovra [[Sennacherìb]] dentro dal tempio, | e come, morto lui, quivi il lasciaro'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|Mostrava come i figli si gittaro|XII, 52-54}}) *''Or [[superbia|superbite]], e via col viso altero, | figliuoli d'Eva, e non chinate il volto | sì che veggiate il vostro mal sentero!'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|Or superbite|XII, 70-72}}) *''A noi venìa la [[angelo|creatura bella]], | biancovestito e ne la faccia quale | par tremolando mattutina stella.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|A noi venìa la creatura bella|XII, 88-90}}) *''O gente umana, per volar sù nata, | perché a poco vento così cadi?'' (l'Angelo dell'umiltà: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|o gente umana|XII, 95-96}}) *''Ahi quanto son diverse quelle foci | da l'infernali! ché quivi per canti | s'entra, e là giù per lamenti feroci.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|Ahi quanto son diverse quelle foci|XII, 112-114}}) *''Tu li vedrai tra quella gente vana | che spera in Talamone, e perderagli | più di speranza ch'a trovar la Diana''. (Sapìa Salvani: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XIII|Tu li vedrai tra quella gente vana|XIII, 151-153}}) *''Oh [[Romagna|Romagnuoli]] tornati in bastardi! | Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? | quando in Faenza un Bernardin di Fosco, | verga gentil di picciola gramigna?'' (Guido del Duca: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XIV|Oh Romagnuoli tornati in bastardi!|XIV, 99-102}}) *''Che volse dir lo spirto di Romagna'' {{NDR|Guido del Duca}}'', | e 'divieto' e 'consorte' menzionando?'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XV|Che volse dir lo spirto di Romagna|XV, 44-45}}) *''Lume v'è dato a bene e a malizia''. (Marco Lombardo: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVI|lume v'è dato a bene e a malizia|XVI, 75}}) *''Le [[legge|leggi]] son, ma chi pon mano ad esse? | Nullo, però che 'l pastor che procede, | rugumar può, ma non ha l'unghie fesse; | per che la gente, che sua guida vede | pur a quel ben fedire ond'ella è ghiotta, | di quel si pasce, e più oltre non chiede. | Ben puoi veder che la mala [[comportamento|condotta]] | è la cagion che 'l mondo ha fatto reo, | e non natura che 'n voi sia corrotta.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVI|Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?|XVI, 97-105}}) *''Ciascun confusamente un bene apprende | nel qual si queti l'animo, e disira; | per che di giugner lui ciascun contende.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVII|Ciascun confusamente un bene apprende|XVII, 127-129}}) *''Fino a quel punto misera e partita | da Dio anima fui'' {{NDR|[[papa Adriano V]]}}'', del tutto [[avarizia|avara]]; | or, come vedi, qui ne son punita.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XIX|Fino a quel punto misera e partita|XIX, 112-114}})<ref>Secondo molti commentatori qui Dante attribuisce a papa Adriano V, Ottobuono dei Fieschi (conti di Lavagna), papa dal 11 luglio 1276 al 18 agosto (giorno del suo decesso) dello stesso anno, caratteristiche che pare appartenessero invece ad uno dei suoi predecessori ed omonimo, Adriano IV, l'inglese Nicola Breakspear, papa dal dicembre 1154 al settembre 1159.</ref> *''Perché men paia il mal futuro e 'l fatto, | veggio ''{{NDR|Carlo II d'Angiò, re di Puglia}}'' in Alagna ''{{NDR|Anagni}}'' intrar lo fiordaliso, | e nel vicario suo ''{{NDR|papa Bonifacio VIII}}'' Cristo esser catto.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XX|Perché men paia il mal futuro|XX, 85-87}}) *''De l'[[Eneide|Eneïda]] dico, la qual mamma | fummi, e fummi nutrice, poetando: | sanz'essa non fermai peso di dramma.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXI|de l'Eneïda dico|XXI, 97-99}}) *''Veramente più volte [[Apparenza|appaion]] cose | che danno a dubitar falsa matera | per le vere ragion che son nascose.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXII|Veramente più volte appaion cose|XXII, 28-30}}) *''Facesti come quei che va di notte, | che porta il lume dietro e sé non giova, | ma dopo sé fa le persone dotte''. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXII|Facesti come quei che va di notte|XXII, 67-69}}) *''Poi disse ''{{NDR|Stazio}}'' : «Più pensava [[Maria]] onde | fosser le nozze ''{{NDR|di Cana}}'' orrevoli e intere, | ch'a la sua bocca, ch'or per voi risponde.»'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXII|Poi disse|XXII, 142-144}}) *''Io dicea fra me stesso pensando: 'Ecco | la gente che perdé [[Gerusalemme|Ierusalemme]], | quando Maria nel figlio diè di becco!'.''<ref>Qui Dante fa riferimento a quanto [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]] narra nella sua ''Guerra giudaica'' a proposito della guerra di Roma contro gli ebrei: l'assedio di Gerusalemme fu così lungo e duro per gli assediati che una certa Maria avrebbe ucciso il figlio per cibarsi delle sue carni</ref> ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIII|Io dicea fra me stesso pensando|XXIII, 28-30}}) *''Tutta esta gente che piangendo canta | per seguitar la [[gola]] oltra misura, | in fame e 'n sete qui si rifà santa.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIII|Tutta esta gente che piangendo canta|XXIII, 64-66}}) *''Sì accostati a l'un d'i due vivagni ''{{NDR|orli del cerchio}}'' | passammo, udendo colpe de la gola | seguite già da miseri guadagni.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIV|Sì accostati|XXIV, 127-129}}) *''Così per entro loro schiera bruna | s'mmusa l'una con l'altra [[formica]], | forse a spïar lor via e lor fortuna.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVI|così per entro|XXVI, 34-36}}) *''La nova gente: "Soddoma e Gomorra"; | e l'altra: "Ne la vacca entra Pasife, | perché 'l torello a sua [[lussuria]] corra".'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVI|la nova gente|XXVI, 40-42}}) *''Non aspettar mio dir più né mio cenno; | libero, dritto e sano è tuo [[Libero arbitrio|arbitrio]], | e fallo fora non fare a suo senno: | per ch'io te sovra te corono e mitrio.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVII|Non aspettar mio dir più né mio cenno;|XXVII, 139-142}}) ====[[Explicit]]==== <poem> Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle. </poem> ===Citazioni sul ''Purgatorio''=== *Nel canto XI, la parafrasi del ''Pater'' è d'una bellezza che ha del prodigioso; il linguaggio umano si eleva d'un tratto a un'altezza che noi non raggiungiamo più; si direbbe che la grazia {{sic|inebbrii}} tale linguaggio, ma d'un'ebbrezza divina che conserva tutta la sua lucidità. Manca a Dante il balbettamento del mistico che esce dall'estasi; questo uomo cammina nell'azzurro come su una strada. ([[Julien Green]]) ===''Paradiso''=== ====[[Incipit]]==== <poem> La [[gloria]] di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove. </poem> ====Citazioni==== *''Poca favilla gran fiamma seconda''. ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto I|Poca favilla gran fiamma seconda|I, 34}}) *''Trasumanar significar per verba | non si poria; però l'essemplo basti | a cui esperïenza grazia serba.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto I|Trasumanar|I, 70-72}}) *''Intra due cibi, distanti e moventi | d'un modo, prima si morria di fame, | che liber'omo l'un recasse ai [[dente|denti]]''. ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IV|Intra due cibi|IV, 1-3}}) *''[[Volontà]], se non vuol, non s'ammorza, | ma fa come natura face in foco, | se mille volte vïolenza il torza.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IV|volontà|IV, 76-78}}) *''Apri la mente a quel ch'io ti paleso | e fermalvi entro; ché non fa [[conoscenza|scïenza]], | sanza lo [[memoria|ritenere]], avere inteso.'' (Beatrice: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto V|Apri la mente|V, 40-42}}) *''Siate, [[Cristiani]], a muovervi più gravi: | non siate come penna ad ogne vento, | e non crediate ch'ogne acqua vi lavi. | Avete il novo e 'l vecchio Testamento, | e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; | questo vi basti a vostro salvamento. | Se mala cupidigia altro vi grida, | uomini siate, e non pecore matte, | sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!'' (Beatrice: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto V|Siate, Cristiani|V, 73-81}}) *''E la bella [[Sicilia|Trinacria]], che caliga | tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo | che riceve da Euro maggior briga, | non per Tifeo ma per nascente solfo, | attesi avrebbe li suoi regi ancora, | nati per me di Carlo e di Ridolfo, | se mala segnoria, che sempre accora | li popoli suggetti, non avesse | mosso [[Palermo]] a gridar: "Mora, mora!".''<ref>Riferimento ai [[Vespri Siciliani]].</ref> (Carlo Martello: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto VIII|E la bella Trinacria|VIII, 67-75}}) *[...] ''ma tosto fia che [[Padova]] al palude | cangerà l'acqua che Vincenza bagna, | per essere al dover le genti crude; | e [[Treviso|dove]] Sile e Cagnan s'accompagna, | [[Rizzardo II da Camino|tal]] signoreggia e va con la testa alta, | che già per lui carpir si fa la ragna.'' (Cunizza da Romano: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IX|ma tosto fia che Padova|IX, 46-51}}) *''[[Firenze|La tua città]], che di [[Lucifero|colui]] è pianta | che pria volse le spalle al suo fattore | e di cui è la 'nvidia tanto pianta, | produce e spande il [[Fiorino|maladetto fiore]] | c'ha disvïate le pecore e li agni, | però che fatto ha lupo del pastore. | Per questo l'Evangelio e i dottor magni | son derelitti, e solo ai Decretali | si studia, sì che pare a' lor vivagni. | A questo intende il [[papa]] e' cardinali; | non vanno i lor pensieri a Nazarette, | là dove Gabrïello aperse l'ali. | Ma Vaticano e l'altre parti elette | di Roma che son state cimitero | a la milizia che Pietro seguette, | tosto libere fien de l'avoltero.'' (Folchetto di Marsiglia: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IX|La tua città|IX, 127-142}}) *''Guardando nel suo Figlio con l'Amore | che l'uno e l'altro etternalmente spira, | lo primo e ineffabile Valore | quanto per mente e per loco si gira | con tant' ordine fé, ch'esser non puote | sanza gustar di lui chi ciò rimira.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto X|Guardando nel suo Figlio con l'Amore|X, 1-6}}) *''E se le [[fantasia|fantasie]] nostre son basse | a tanta altezza, non è maraviglia; | ché sopra 'l sol non fu [[occhio]] ch'andasse.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto X|E se le fantasie nostre|X, 46-48}}) *''Ne la corte del cielo, ond' io rivegno, | si trovan molte gioie care e belle | tanto che non si posson trar del regno; | e 'l canto di quei lumi era di quelle; | chi non s'impenna sì che là sù voli, | dal muto aspetti quindi le novelle.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto X|Ne la corte del cielo|X, 70-75}}) *''O insensata cura de' mortali, | quanto son difettivi silogismi | quei che ti fanno in basso batter l'ali! | Chi dietro a iura e chi ad amforismi | sen giva, e chi seguendo sacerdozio, | e chi regnar per forza o per sofismi, | e chi rubare e chi civil negozio, | chi nel diletto de la carne involto | s'affaticava e chi si dava a l'ozio, | quando, da tutte queste cose sciolto, | con Bëatrice m'era suso in cielo | cotanto glorïosamente accolto.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|O insensata cura de' mortali|XI, 1-12}}) *{{NDR|Su [[Francesco d'Assisi|Francesco]] e [[Domenico di Guzmán|Domenico]]}} ''L'un fu tutto serafico in ardore; | l'altro per sapïenza in terra fue | di cherubica luce uno splendore.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|san Francesco e san Domenico|XI, 37-39}}) *''Intra Tupino e l'acqua che discende | del colle eletto dal beato Ubaldo, | fertile costa d'alto monte pende, | onde [[Perugia]] sente freddo e caldo | da Porta Sole; e di rietro le piange | per grave giogo Nocera con Gualdo. | Di questa costa, là dov' ella frange | più sua rattezza, nacque al mondo un sole, | come fa questo talvolta di Gange. | Però chi d'esso loco fa parole, | non dica [[Assisi|Ascesi]], ché direbbe corto, | ma Orïente, se proprio dir vuole.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|Intra Tupino|XI, 43-54}}) *''Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! | Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro | dietro a [[Francesco d'Assisi|lo sposo]], sì [[Povertà|la sposa]] piace.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!|XI, 82-84}}) *''E questo ti sia sempre piombo a' piedi, | per farti mover lento com' uom lasso | e al sì e al no che tu non vedi: | ché quelli è tra li stolti bene a basso, | che sanza distinzione afferma e nega | ne l'un così come ne l'altro passo; | perch' elli 'ncontra che più volte piega | l'oppinïon corrente in falsa parte, | e poi l'affetto l'intelletto lega. | Vie più che 'ndarno da riva si parte, | perché non torna tal qual e' si move, | chi pesca per lo vero e non ha l'arte. | E di ciò sono al mondo aperte prove | [[Parmenide]], [[Melisso di Samo|Melisso]] e [[Brisso]] e molti, | li quali andaro e non sapëan dove; | sì fé [[Sabellius|Sabellio]] e [[Ario|Arrio]] e quelli stolti | che furon come spade a le Scritture | in render torti li diritti volti. | Non sien le genti, ancor, troppo sicure | a giudicar, sì come quei che stima | le biade in campo pria che sien mature; | ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima | lo prun mostrarsi rigido e feroce, | poscia portar la rosa in su la cima; | e legno vidi già dritto e veloce | correr lo mar per tutto suo cammino, | perire al fine a l'intrar de la foce. | Non creda donna Berta e ser Martino, | per vedere un furare, altro offerere, | vederli dentro al consiglio divino; | ché quel può surgere, e quel può cadere.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIII|E questo|XIII, 112-142}}) *''Qual si lamenta perché qui si moia | per viver colà sù, non vide quive | lo refrigerio de l'etterna ploia. | Quell' uno e due e tre che sempre vive | e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, | non circunscritto, e tutto circunscrive, | tre volte era cantato da ciascuno | di quelli spirti con tal melodia, | ch'ad ogne merto saria giusto muno.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIV|Qual si lamenta perché qui si moia|XIV, 25-33}}) *''Ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso | tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo | de la mia gloria e del mio paradiso.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XV|ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso|XV, 34-36}}) *''Sempre la [[confusione|confusion]] de le persone | principio fu del mal de la cittade.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XVI|Sempre la confusion de le persone|XVI, 67-68}}) *''E come 'l volger del ciel de la [[luna]] | cuopre e discuopre i liti sanza posa, | così fa di [[Firenze|Fiorenza]] la Fortuna: | per che non dee parer mirabil cosa | ciò ch'io dirò de li alti Fiorentini | onde è la fama nel tempo nascosa.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XVI|E come 'l volger del ciel de la luna|XVI, 82-87}}) *''Tu proverai sì come sa di [[sale]] | lo [[pane]] altrui, e come è duro calle | lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XVII|Tu proverai sì come sa di sale|XVII, 58-60}}) *''E quel che mi convien ritrar testeso ''{{NDR|subito}}'', | non portò voce mai, né scrisse [[inchiostro|incostro]], | né fu per [[fantasia]] già mai compreso''. ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIX|E quel che mi convien ritrar testeso|XIX, 7-9}}) *''Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna, | per giudicar di lungi mille miglia | con la veduta corta d'una spanna?'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIX|Or tu chi se|XIX, 79-81}}) *''Quale [[allodola|allodetta]] che 'n aere si spazia | prima cantando, e poi tace contenta | de l'ultima dolcezza che la sazia, | tal mi sembiò l'imago de la 'mprenta | de l'etterno piacere, al cui disio | ciascuna cosa qual ell' è diventa.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XX|Quale allodetta|XX, 73-78}}) *''In quel loco fu' io [[Pietro Damiano]], | e Pietro Peccator fu' ne la casa | di Nostra Donna in sul lito adriano. | Poca vita mortal m'era rimasa, | quando fui chiesto e tratto a quel cappello, | che pur di male in peggio si travasa.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXI|Pietro Damiano|XXI, 121-126}}) *''L'aiuola che ci fa tanto feroci, | volgendom' io con li etterni Gemelli, | tutta m'apparve da' colli a le foci; | poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXII|L'aiuola che ci fa tanto feroci|XXII, 151-154}}) *''La Chiesa militante alcun figliuolo | non ha con più [[speranza]], com' è scritto | nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: | però li è conceduto che d'Egitto | vegna in [[Gerusalemme|Ierusalemme]]<ref>Qui Dante intende per Ierusalemme la cosiddetta "Gerusalemme celeste", cioè il [[paradiso]].</ref> per vedere, | anzi che 'l militar li sia prescritto.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXV|La Chiesa militante|XXV, 52-57}}) *''Opera naturale è ch'uom favella; | ma così o così, natura lascia | poi fare a voi secondo che v'abbella.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVI|Opera naturale è ch'uom favella|XXVI, 130-132}}) *''Quand' ïo udi': «Se io ''{{NDR|[[Pietro apostolo|San Pietro]]}}'' mi trascoloro, | non ti maravigliar, ché, dicend' io, | vedrai trascolorar tutti costoro. | Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, | il luogo mio, il luogo mio che vaca | ne la presenza del [[Gesù|Figliuol di Dio]], | fatt' ha del cimitero mio cloaca | del sangue e de la puzza; onde 'l perverso | che cadde di qua sù, là giù si placa».'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVII|San Pietro|XXVII, 19-27}}) *''[[Maria|Vergine Madre]], figlia del tuo figlio, | umile e alta più che creatura, | termine fisso d'etterno consiglio, | tu se' colei che l'[[uomo|umana natura]] | nobilitasti sì, che 'l suo fattore | non disdegnò di farsi sua fattura.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXXIII|Vergine Madre|XXXIII, 1-6}}) ====[[Explicit]]==== <poem> A l'alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e 'l velle, sì come rota ch'igualmente è mossa, [[Dio|l'amor]] che move il [[sole]] e l'altre [[stella|stelle]]. </poem> ===Similitudini=== *''E come quei che con lena affannata | uscito fuor del pelago a la riva | si volge a l'acqua perigliosa e guata, | così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, | si volse a retro a rimirar lo passo | che non lasciò già mai persona viva.'' (da ''Inferno, I, 22-27'') *''E qual è quei che volontieri acquista, | e giugne 'l tempo che perder lo face, | che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista; | tal mi fece la bestia sanza pace, | che, venendomi 'ncontro, a poco a poco | mi ripigneva là dove 'l sol tace.'' (da ''Inferno, I, 55-60'') *''E qual è quei che disvuol ciò che volle | e per novi pensier cangia proposta, | sì che dal cominciar tutto si tolle, | tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, | perché, pensando, consumai la 'mpresa | che fu nel cominciar cotanto tosta.'' (da ''Inferno, II, 37-42'') *''Quali i fioretti, dal notturno gelo | chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca | si drizzan tutti aperti in loro stelo, | tal mi fec'io di mia virtute stanca.'' (da ''Inferno, II, 127-130'') *''Diverse lingue, orribili favelle, | parole di dolore, accenti d'ira, | voci alte e fioche, e suon di man con elle | facevano un tumulto, il qual s'aggira | sempre in quell'aura sanza tempo tinta, | come la rena quando turbo spira.'' (da ''Inferno, III, 25-30'') *''Come d'[[autunno]] si levan le [[foglia|foglie]] | l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo | vede a la terra tutte le sue spoglie, | similmente il mal seme d'Adamo | gittansi di quel lito ad una ad una, | per cenni come augel per suo richiamo.'' (da ''Inferno, III, 112-117'') *''Io venni in luogo d'ogni luce muto, | che mugghia come fa mar per tempesta, | se da contrari venti è combattuto.'' (da ''Inferno, V, 28-30'') *''E come li stornei ne portan l'ali | nel freddo tempo a schiera larga e piena, | così quel fiato li spiriti mali | di qua, di là, di giù, di su li mena; | nulla speranza li conforta mai, | non che di posa, ma di minor pena. | E come i gru van cantando lor lai, | faccendo in aere di sé lunga riga, | così vidi venir, traendo guai, | ombre portate da la detta briga;'' (da ''Inferno, V, 40-49'') *''Quali [[colomba|colombe]], dal disio chiamate, | con l'ali alzate e ferme al dolce nido | vegnon per l'aere, dal voler portate; | cotali uscir de la schiera ov'è Dido, | a noi venendo per l'aere maligno, | sì forte fu l'affettüoso grido.'' (da ''Inferno, V, 82-87'') *''Qual è quel [[cane]] ch'abbaiando agogna, | e si racqueta poi che 'l pasto morde, | ché solo a divorarlo intende e pugna, | cotai si fecer quelle facce lorde | de lo demonio [[Cerbero]], che 'ntrona | l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.'' (da ''Inferno, VI, 28-33'') *''Quali dal [[vento]] le gonfiate vele | caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, | tal cadde a terra la fiera crudele.'' (da ''Inferno, VII, 13-15'') *''Come fa l'onda là sovra Cariddi, | che si frange con quella in cui s'intoppa, | così convien che qui la gente riddi.'' (da ''Inferno, VII, 22-24'') ====Citazioni sulle similitudini==== *La similitudine in Dante, pur nella sua immediatezza e nel suo realismo, si carica sempre di accenti morali. (dalle note curate da Emilio Alessandro Panaitescu a ''La Divina Commedia'', Fabbri, Milano, 1982) *Delle similitudini e immagini è me' tacere che dirne poco, perché in queste non ha avuto mai pari; così nell'appropriarle maravigliosamente a proposito, come nell'esprimere felicemente, e secondo la propria natura loro, le {{sic|imagini}} brevissimamente, quell'altre più largamente, e non però di soperchio. ([[Vincenzo Borghini]]) ===Citazioni sulla ''Divina Commedia''=== *In Dante veggo essere grandissime e bellissime parti, e le principali tutte che si richieggon a un gran Poema. Che vi sia poi qualche difettuzzo o mancamento, io non lo niego: sia dell'uomo o dell'età, non rileva a questo punto di qual sia più perfetto e migliore, se ben serve o per iscusa o per qualche altra cosa: come non servirebbe a fare che una figura di [[Giotto]] fusse più bella d'una d'[[Andrea del Sarto]], il dire che nell'età di colui l'arte della Pittura non era tanto inluminata, quanto ella fu poi; servirà bene a dire che Giotto in tante tenebre fece miracoli, e non ebbe pari; dove questo altro ebbe manco difficultà assai, e de' pari, e forse de' superiori qualcuno. Ma io non credo che il punto in Dante consista qui, se bene questa scusa ci bisognerà in alcune poche voci solamente quanto attiene alla comparazione del Petrarca. Ma il punto vero sarà qual sia di maggior lode degno o un Epico o Eroico poema grande, non interamente perfetto, o un piccolo e minuto che sia perfetto: perché può bene stare che si truovi una cosa piccola bellissima, pogniam caso una cappellina con bellissima proporzione d'architettura e ricchezza di cornici, che nondimeno non {{sic|arà}} a fare con la {{sic|fabrica}} d'un gran tempio con pochi ornamenti; e in simili comparazione sogliono dire i nostri uomini a tanto per tanto, o pur del tanto, come disse il Villani... ([[Vincenzo Borghini]]) *Nell'origin sua la [[poesia]] è la scienza delle umane e divine cose, convertita in immagine fantastica ed armoniosa.<br/>La quale immagine noi, sopra ogn'altro poema italiano ravvisiamo vivamente nella Divina Commedia di Dante, il quale s'innalzò al sommo nell'esprimere, ed alla maggior vivezza pervenne, perché più largamente e più profondamente d'ogni altro nella nostra lingua concepiva: essendo la locuzione immagine dell'intelligenza, da cui il favellare trae la forza e il calore. E giunse egli a sì alto segno d'intendere e profferire, perché dedusse la sua scienza dalla cognizione delle cose divine, in cui le naturali, e le umane e civili, come in terso cristallo, riflettono... ([[Giovanni Vincenzo Gravina]]) ==''Vita nuova''== ===[[Incipit]]=== In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: ''Incipit<ref>Questo incipit costituisce anche l'incipit del libro di [[Fruttero & Lucentini]], appunto ''Íncipit'', Mondadori, 1993.</ref> vita nova''. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'assemplare in questo libello; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.<br /> Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare.<br /> Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono.<br /> Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia. ===Citazioni=== *Ecco un iddio più forte di me, che viene a signoreggiarmi. (1857<ref>Traduzione di Pietro Fraticelli, [http://books.google.it/books?id=D80OAAAAIAAJ&pg=PA56 p. 56]. Tale ''iddio'' è [[Amore]].</ref>) :''Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi''. (''[[s:Vita nuova/Capitolo II#capitolo 2 versetto4|Capitolo II]]'') *L'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima; onde io divenni in picciolo tempo poi di sì fraile e debole condizione, che a molti amici pesava de la mia vista; e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere di me quello che io volea del tutto celare ad altrui.<br />Ed io, accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano [...] rispondea loro che Amore era quelli che così m'avea governato. [...]<br />E quando mi domandavano "Per cui t'ha così distrutto questo [[Amore]]?", ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro. (da [[s:Vita nuova/Capitolo IV|''Capitolo IV'']]) *''Lo viso mostra lo color del core.'' (da [[s:Vita nuova/Capitolo XV|''Capitolo XV'']]) *''Ingégnati, se puoi, d'esser palese.'' (da [[s:Vita nuova/Capitolo XIX|''Capitolo XIX'']]) *''Tanto [[gentilezza|gentile]] e tanto onesta pare | la donna mia quand'ella altrui saluta, | ch'ogne lingua deven tremando muta, | e li occhi no l'ardiscon di guardare.'' (da [[s:Vita nuova/Capitolo XXVI|''Capitolo XXVI'']]) ===[[Explicit]]=== Appresso questo sonetto apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei.<br /> E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sae veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna.<br /> E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui ''qui est per omnia secula benedictus''. Amen. ==''Convivio''== ===[[Incipit]]=== Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di propria natura impinta è inclinabile a la sua propria perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti. ===Citazioni=== *[...] lo consentire è uno confessare, villania fa chi loda o chi biasima dinanzi al viso alcuno, perché né consentire né negare puote lo così estimato sanza cadere in colpa di lodarsi o di biasimare. ({{Source|Convivio/Trattato primo|lo consentire è uno confessare|Trattato I, capitolo II, 11}}) *Questi {{NDR|"gli uomini mutevoli e facili a giudicare"}} sono da chiamare pecore, e non uomini; ché se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre andrebbero dietro; e se una pecora per alcuna cagione al passare d'una strada salta, tutte l'altre saltano, eziandio nulla veggendo da saltare. E io ne vidi già molte in uno pozzo saltare per una che dentro vi saltò, forse credendo saltare uno muro, non ostante che 'l pastore, piangendo e gridando, con le braccia e col petto dinanzi a esse si parava. ({{Source|Convivio/Trattato primo|questi sono da chiamare pecore|Trattato I, capitolo XI, 9}}) *''Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete, | udite il ragionar ch'è nel mio core, | ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo.'' ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete|Trattato II, canzone prima, 1-3}}<ref name=c1>Presente anche in ''Rime'', LXXIX, ''[[s:Rime (Dante)/LXXIX - Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete|Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete]]''.</ref>) *''Chi veder vuol la salute, | faccia che li occhi d'esta donna miri, | sed e' non teme angoscia di sospiri''. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Chi veder vuol la salute|Trattato II, canzone prima, 24-26}}<ref name=c1/>) *Ma però che non subitamente nasce amore e fassi grande e viene perfetto, ma vuole tempo alcuno e nutrimento di pensieri, massimamente là dove sono pensieri contrari che lo 'mpediscano, convenne, prima che questo nuovo amore fosse perfetto, molta battaglia intra lo pensiero del suo nutrimento e quello che li era contraro, lo quale per quella gloriosa Beatrice tenea ancora la rocca de la mia mente. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Ma però che non subitamente|Trattato II, capitolo II, 3}}) *Dico che intra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita non essere altra vita; però che, se noi rivolgiamo tutte le scritture, sì de' filosofi come de li altri savi scrittori, tutti concordano in questo, che in noi sia parte alcuna perpetuale. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|bestialitadi|Trattato II, capitolo VIII [IX], 8}}) *[...] la [[Cristianesimo|dottrina veracissima]] di Cristo, la quale è via, verità e luce: via, perché per essa sanza impedimento andiamo a la felicitade di quella immortalitade; verità, perché non soffera alcuno errore; luce, perché allumina noi ne la tenebra de la ignoranza mondana. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|la dottrina veracissima di Cristo|Trattato II, capitolo VIII [IX], 14}}) *[...] non dee l'uomo, per maggiore [[amicizia|amico]], dimenticare li servigi ricevuti dal minore. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Non dee l'uomo|Trattato II, capitolo XV [XVI], 6}}) *''[[Amore|Amor]] che ne la mente mi ragiona | de la mia donna disiosamente, | move cose di lei meco sovente, | che lo 'ntelletto sovr'esse disvia.'' ({{Source|Convivio/Trattato terzo|Amor che ne la mente mi ragiona|Trattato III, canzone seconda, 1-4}}<ref name=c2>Presente anche in ''Rime'', LXXXI, ''[[s:Rime (Dante)/LXXXI - Amor che ne la mente mi ragiona|Amor che ne la mente mi ragiona]]''.</ref>) *''Non vede il sol, che tutto 'l mondo gira, | cosa tanto gentil, quanto in quell'ora | che luce ne la parte ove dimora | la donna di cui dire Amor mi face.'' ({{Source|Convivio/Trattato terzo|Non vede il sol|Trattato III, canzone seconda, 19-22}}<ref name=c2/>) *[...] [[Filosofia]] non è altro che amistanza a sapienza. ({{Source|Convivio/Trattato terzo|Filosofia non è|Trattato III, capitolo XI, 6}}) *Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l [[sole]]. ({{Source|Convivio/Trattato terzo|sole|Trattato III, capitolo XII, 7}}) *[...] la [[moralità|moralitade]] è bellezza de la filosofia. ({{Source|Convivio/Trattato terzo|la moralitade è bellezza de la filosofia|Trattato III, capitolo XV, 11}}) *''Le dolci rime d'amor ch'i' solia | cercar ne' miei pensieri, | convien ch'io lasci; non perch'io non speri | ad esse ritornare, | ma perché li atti [[sdegno|disdegnosi]] e feri | che ne la donna mia | sono appariti m'han chiusa la via | de l'usato parlare.'' ({{Source|Convivio/Trattato quarto|Le dolci rime d'amor ch'i' solia|Trattato IV, canzone terza, 1-8}}<ref name=c3>Presente anche in ''Rime'', LXXXII, ''[[s:Rime (Dante)/LXXXII - Le dolci rime d'amor ch'i' solia|Le dolci rime d'amor ch'i' solia]]''.</ref>) *''[[Federico II di Svevia|Tale imperò]] che gentilezza<ref>Qui "gentilezza" ha il significato di [[nobiltà]]. Il tale che imperò, a cui è attribuita la convinzione è [[Federico II di Svevia]].</ref> volse, | secondo 'l suo parere, | che fosse antica possession d'avere | con reggimenti belli''. ({{Source|Convivio/Trattato quarto|Federico II di Svevia|Trattato IV, canzone terza, 21-24}}<ref name=c3/>) *''È gentilezza dovunqu'è [[virtù|vertute]], | ma non vertute ov'ella; | sì com'è 'l cielo dovunqu'è la stella, | ma ciò non e converso. | E noi in donna e in età novella | vedem questa salute, | in quanto vergognose son tenute, | ch'è da vertù diverso.'' ({{Source|Convivio/Trattato quarto|È gentilezza dovunqu'è vertute|Trattato IV, canzone terza, 101-108}}<ref name=c3/>) *Veramente [[Aristotele|Aristotile]], che Stagirite ebbe sopranome, e [[Senocrate|Zenocrate Calcedonio]], suo compagnone, [e per lo studio loro], e per lo 'ngegno [singulare] e quasi divino che la natura in Aristotile messo avea, questo fine conoscendo per lo modo socratico quasi e academico, limaro e a perfezione la filosofia morale redussero, e massimamente Aristotile. E però che Aristotile cominciò a disputare andando in qua e in lae, chiamati furono – lui dico, e li suoi compagni – [[Scuola peripatetica|Peripatetici]], che tanto vale quanto 'deambulatori'. E però che la perfezione di questa moralitade per Aristotile terminata fue, lo nome de li Academici si spense, e tutti quelli che a questa setta si presero Peripatetici sono chiamati; e tiene questa gente oggi lo reggimento del mondo in dottrina per tutte parti, e puotesi appellare quasi cattolica oppinione. Per che vedere si può, Aristotile essere additatore e conduttore de la gente a questo segno. E questo mostrare si volea. ({{Source|Convivio/Trattato quarto|Veramente Aristotile|Trattato IV, capitolo VI, 15-16}}) ==''Le Rime''== *''[[Guido Cavalcanti|Guido]], i' vorrei che tu [[Lapo Gianni|Lapo]] ed io | fossimo presi per incantamento | e messi in un vasel, ch'ad ogni vento | per mare andasse al voler vostro e mio''. (da ''Guido, i' vorrei che tu Lapo ed io'') *''Se io sarò là dove sia | Fioretta mia bella'' [a sentire], | ''allor dirò la donna mia | che port'in testa i miei sospire. | Ma per crescer disire | mia donna verrà | coronata da Amore''. (da ''Per una ghirlandetta'') *''Tu, Violetta, in forma più che umana, | foco mettesti dentro in la mia mente | col tuo piacer ch'io vidi; | poi con atto di spirito cocente | creasti speme, che in parte mi sana''. (da ''Deh, Violetta, che in ombra d'Amore'') *''«Or ecco leggiadria di gentil core, | per una sì delvaggia dilettanza | lasciar le donne e lor gaia sembianza!» | Allor, temendo non che senta Amore, | prendo vergogna, onde mi ven pesanza''. (da ''Sonar brachetti, e cacciatori aizzare''.) *''Un dì si venne a me [[Malinconia]] | e disse: «Io voglio un poco stare teco»; | e parve a me ch'ella menasse seco | [[Dolore]] e [[Ira]] per sua compagnia''. (da ''Un dì si venne a me Malinconia'') {{NDR|Dante Alighieri, ''Rime'', ''Opere Minori'', in ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1965}} ==''De Monarchia''== ===[[Incipit]]=== ====Originale==== Omnium hominum quos ad amorem veritatis natura superior impressit hoc maxime interesse videtur: ut, quemadmodum de labore antiquorum ditati sunt, ita et ipsi posteris prolaborent, quatenus ab eis posteritas habeat quo ditetur. ====Traduzione==== El principale huficio di tutti gli huomini, i quali dalla natura superiore sono tirati ad amare la verità, pare che ·ssia questo: che ·ccome loro sono aricchiti per la fatica degli antichi, così s'affatichino di dare delle medesime riccheze a quelli che dopo loro verranno. ([[s:Monarchia/Libro I/Capitolo I|I, I]]) ===Citazioni=== *Dovunque può essere [[lite|litigio]], ivi debbe essere g[i]udicio. ([[s:Monarchia/Libro I/Capitolo XII|I, XII]]) *L'umana generatione, quando è massime libera, hottimamente vive. ([[s:Monarchia/Libro I/Capitolo XIV|I, XIV]]) {{NDR|''Monarchia'', a cura di Prudence Shaw, traduzione di [[Marsilio Ficino]], in «Studi Danteschi», LI (1978)}} ==[[Incipit]] di alcune opere== ===''De vulgari eloquentia''=== Cum neminem ante nos de vulgaris eloquentie doctrina quicquam inveniamus tractasse, atque talem scilicet eloquentiam penitus omnibus necessariam videamus, cum ad eam non tantum viri sed etiam mulieres et parvuli nitantur, in quantum natura permictit, volentes discretionem aliqualiter lucidare illorum qui tanquam ceci ambulant per plateas, plerunque anteriora posteriora putantes, – Verbo aspirante de celis – locutioni vulgarium gentium prodesse temptabimus, non solum aquam nostri ingenii ad tantum poculum aurientes, sed, accipiendo vel compilando ab aliis, potiora miscentes, ut exinde potionare possimus dulcissimum ydromellum. ===''Egloghe''=== ====Originale==== <poem>Vidimus in nigris albo patiente lituris Pyerio demulsa sinu modulamina nobis. Forte recensentes pastas de more capellas tunc ego sub quercu meus et Melibeus eramus.</poem> ====Traduzione==== :Sul foglio bianco deturpato dai neri segni ho visto un carme, spremuto per me dal seno delle Muse. Eravamo soli, io e Melibeo, sotto una quercia, intenti come al solito a contare le sazie caprette.<ref name=Ope>da ''Dante Alighieri Opere Minori'', ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1965.</ref> ===''Epistole''=== Reverendissimo in Christo patri dominorum suorum carissimo domino Nicholao miseratione celesti Ostiensi et Vallatrensi episcopo, Apostolice Sedis legato, necnon in Tuscia Romaniola et Marchia Tervisina et partibus circum adiacentibus paciario per sacrosanctam Ecclesiam ordinato, devotissimi filii A. capitaneus Consilium et Universitas partis Alborum de Florentia semetipsos devotissime atque promptissime recommendant. ===''Quaestio de aqua et de terra''=== ====Originale==== Universis et singulis presentes litteras inspecturis, Dantes Alagherii de Florentia inter vere phylosophantes minimus, in Eo salutem qui est principium veritatis et lumen. ====Traduzione==== :A tutti, uno per uno, quelli sotto gli occhi dei quali cadrà questo scritto, Dante Alighieri di [[Firenze]], il più insignificante di tutti i filosofi, augura salute in Colui che è principio e luce di verità.<ref name=Ope /> ==Citazioni su Dante Alighieri== *''Amore, e Carità suo fuoco accese | Dante a cantare i tristi, e lieti Regni, | fior di virtù, e fior di tutti ingegni, | che dall'empireo Ciel fra noi discese.'' ([[Burchiello]]) *''Altissimo | signor del sommo canto''. ([[Ugo Foscolo]]) *Che Dante non amasse l'[[Italia]], chi vorrà dirlo? Anch'ei fu costretto, come qualunque altro l'ha mai veracemente amata, o mai l'amerà, a flagellarla a sangue, e mostrarle tutta la sua nudità, sì che ne senta vergogna. ([[Ugo Foscolo]]) *Conoscere e descrivere la mente di Dante sarà mai possibile? Egli eclissa nella profondità del suo pensiero: volontariamente eclissa. ([[Giovanni Pascoli]]) *Credo che tutti i lettori di Dante siano in qualche modo viziati dalla giovanile lettura parcellare imposta dalla scuola. […] Leggendo la Divina Commedia d'un fiato, mi rendevo conto di contrastare una antica malsana usanza; ma di meglio non potevo fare. […] Dante è un enigmatico, e almeno una volta accettiamolo per quel che è. Ha i suoi motivi per non farsi capire subito, e qualche volta per essere assolutamente impenetrabile. È una corsa stremante tra luci e tenebre, stelle, lune, soli, misteriosi frammenti di edifici regali e sacri, con mutile, occulte scritte. Il percorso è talora nitido, geometrico; talora è paludoso, è uno strisciar tra cunicoli ed antri. Non capire è importante. ([[Giorgio Manganelli]]) *''Dante Alighier, s'i' so' bon begolardo, | tu mi tien' bene la lancia a le reni; | s'eo desno con altrui, e tu vi ceni; | s'eo mordo 'l grasso, tu ne sugi 'l lardo; | s'eo cimo 'l panno, e tu vi freghi 'l cardo.'' ([[Cecco Angiolieri]]) *''Dante Alighieri che sorresse il mondo | in suo pugno ed i fonti | dell'universa vita ebbe in suo cuore''. ([[Gabriele D'Annunzio]]) *''Dante alla porta di Paolo e Francesca | spia chi fa meglio di lui: | lì dietro si racconta un amore normale | ma lui saprà poi renderlo tanto geniale. | E il viaggio all'inferno ora fallo da solo | con l'ultima invidia lasciata là sotto un lenzuolo''. ([[Fabrizio De André]]) *Dante, altiero e ghibellino, ritraeva schifamente l'animo da chiunque non fosse conosciuto per fama o per infamia. Il suo cuore era in Alemagna: officina d'ogni tirannia e d'ogni vassallaggio, che per secoli hanno afflitto tutta Europa. E chi, in quella barbarie di tempi, cercava gli abituri della povera plebe, quando non fosse per manometterla o farnela uscire a parteggiare? Dante pellegrinava da castello a castello; né altro vedeva nel mondo fuorché imperatori, e re, e papi; e Cane, e Meroello, e Guido. I villani «gli puzzavano»; e gli doleva di veder «cambiare e mercare» colui il cui avolo aveva limosinato; né gli sarebbe paruto di mal fare, potendo pur rendere la religione stromento di vendette e di carneficine. ([[Giovita Scalvini]]) *Dante, che è Dante, non ebbe sempre lo stesso culto, stando al numero delle edizioni della sua ''Commedia'', il quale nel sec. XVII fu scarsissimo, a cagione del cattivo gusto predominante.<br />La civiltà italiana si può misurare alla stregua della ''varia fortuna di Dante'', come direbbe il [[Giosuè Carducci|Carducci]], ossia del culto di Dante rivelato principalmente dalle edizioni e dalle illustrazioni del suo poema. ([[Carlo Lozzi]]) *Dante ci invita a guardare in alto, ma ci spinge anche a vedere quanto siamo schifosi. Per questo che nel primo girone ci mette i lussuriosi: io mi ci vedrei bene. ([[Roberto Benigni]]) *Dante, come ogni altro grand'uomo, era pieno di sé – chè senza intima fiducia a nulla di sommo si arriva – e non solo tradisce questo in molte frasi della sua ''Divina Comedia'', ma lo confessa francamente nel C. XIII del ''Purgatorio'' (dal v. 133 al 138) dove dice che non ha tanto paura di passare un po' di tempo nel luogo degli invidiosi, quanto in quello de' superbi. ([[Carlo Dossi]]) *Dante è tal poeta che non sarà mai popolare, né potrà mai destare entusiasmo nelle masse. La natura schiva del suo ingegno lo apparta, lo segrega, e se lo rende più caro a chi s'interna nelle latebre del suo carattere, fa sì però che pel volgo rimanga sempre un libro chiuso con sette suggelli. ([[Vittorio Imbriani]]) *Dante insegna la strada maestra della norma: l'inferno, il paradiso, il limbo, il premio o la punizione. È la grancassa del cattolicesimo, è un poeta funzionale, bravino ma interessato a compiacere, insomma, spera di essere ben presto a busta paga per i servigi resi. È critico ma solo quel tantino che fa birichino e niente più, in effetti è ligio e monolitico. In altre parole, insegna a piegare il capo e a inginocchiarsi. Tutto in lui è funzionale al potere. ([[Aldo Busi]]) *Dante non sarebbe forse partito mai da Verona, se il suo costume alquanto aspro e feroce, e il suo parlare troppo libero e franco non l'avessero a poco a poco fatto decadere dalla grazia di Can Grande I, che per un pezzo l'avea avuto carissimo e in sommo onore. [...] Tra la turba d'istrioni e d'altre persone festevoli che lo Scaligero teneva in corte, uno essendone che riusciva a tutti sommamente caro, di lui disse un giorno in presenza di molti Cangrande a Dante: ''Come sta egli mai, che costui, il quale è un balordo, sia grato a tutti, e tu che vieni riputato sapiente, nol sia?'' Al che Dante subito rispose: ''Non è meraviglia, perché la similitudine e l'uniformità de' costumi partorisce grazia e amicizia!'' ([[Gaetano Moroni]]) *Dante [...], pur essendo, come poeta, un grande innovatore, fu, come pensatore, alquanto indietro sui tempi. [...] Il pensiero di Dante è interessante, non solo per sé, ma perché è il pensiero d'un laico; ma non ebbe ripercussioni, ed era inoltre disperatamente fuori moda. ([[Bertrand Russell]]) *Dante sembra il poeta della nostra epoca. ([[Alphonse de Lamartine]]) *[...] dell'Italiano che più di niun altro raccolse in sé l'ingegno, le virtù, i vizi, le fortune della patria. Egli ad un tempo uomo d'azioni e di lettere, come furono i migliori nostri; egli uomo di parte; egli esule, ramingo, povero, traente dall'avversità nuove forze e nuova gloria; egli portato dalle ardenti passioni meridionali fuori di quella moderazione che era nella sua altissima mente; egli, più che da niun altro pensiero, accompagnato lungo tutta la vita sua dall'amore; egli, insomma, l'Italiano più italiano che sia stato mai. ([[Cesare Balbo]]) *Dopo [[Omero]] nessun poeta, per mio giudicio, può alzarsi a competere con l'Alighieri, salvo [[William Shakespeare|Guglielmo Shakspeare]], gloria massima dell'[[Inghilterra]]. E per fermo, ne' drammi di lui l'animo e la vita umana vengon ritratti così al vero e scandagliati e disaminati così nel profondo, che mai nol saranno di più. Ma le condizioni peculiari della drammatica e l'indole propria degl'ingegni settentrionali impedirono a Shakspeare di raggiungere quella perfetta unione sì delle diverse materie poetiche e sì di tutte l'eccellenze e prerogative onde facciamo discorso. E veramente nelle composizioni sue la religione si mostra sol di lontano e molto di rado; e tra le specie differenti e delicatissime d'amore ivi entro significate, manca quella eccelsa e spiritualissima di cui si scaldò l'amante di Beatrice. ([[Terenzio Mamiani]]) *E Dante, che sviene ogni momento! ([[Jules Renard]]) *E voi, cari ragazzi, di chi è stato il promotore dell'apprendimento sotto la guida del Magistero della Chiesa, continuate come state facendo ad amare e ad interessarvi del nobile poeta, di colui che Noi non esitiamo a chiamare il più eloquente cantante dell'ideale Cristiano. ([[Papa Benedetto XV]]) *Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d'onestissimi panni sempre vestito in quell'abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso. ([[Giovanni Boccaccio]]) *I fiorentini amano il vino. Dante medesimo fu altissimo poeta e grande bevitore. ([[Vasco Pratolini]]) *'Incipit vita nova'. Comincia la vita nuova: così, con solenne ed occulto parlare, l'Alighieri comincia l'opera sua 'La Vita Nuova'. Come molti versi danteschi anche questo diventò popolare, e si usa per significare un mutamento di male in bene nelle operazioni dell'esistenza. ([[Alfredo Panzini]]) *La provenienza di Dante è aristotelica: scuola, dunque, d'uno che ha prepotentemente creduto nell'uomo animale politico, nella città, nel cittadino... Dire "civis" è lo stesso che dire "civilitas" e difatti su codesti termini punta Dante, assertore della società civile: d'una civiltà ch'è, insieme, ordine giuridico politico religioso, Stato. Viceversa, nel [[Francesco Petrarca|Petrarca]] è l'"homo" che trova la sua celebrazione, l'individuo che, in quanto creatura, prima ancora che farsi membro di consociazione politica, ha in sé la sua possibilità di redenzione e di perfezione, magari al di fuori della società. E quasi contro la "civilitas" dantesca, è l'"humanitas" che viene rivendicata e curata, quella condizione primaria ed ultima che consente, al di fuori delle strutture sociali, la parentela dell'uomo col [[Gesù|Figliuol dell'Uomo]]. ([[Rodolfo De Mattei]]) *Legger Dante è un dovere; rileggerlo è bisogno: sentirlo è presagio di grandezza. ([[Niccolò Tommaseo]]) *L'Omero del medioevo. ([[Abel-François Villemain]]) *''O gran padre Alighier...'' ([[Vittorio Alfieri]]) *Orma di Dante non si cancella. ([[Achille Pellizzari]]) *Proteo del medioevo che riveste tutte le forme del mondo civilizzato e del mondo barbaro. ([[Abel-François Villemain]]) *Quando si ha una salda [[educazione]] nazionale, e si è radicati nel giusto della nostra letteratura indigena, bisogna sapersi guardare attorno e porre mente all'altro polo, così come faceva Dante per le quattro luci sante, lassù, nel suo bel ''Purgatorio'':<br />''Goder pareva il ciel di lor fiammelle:<br />Oh settentrional vedovo sito,<br />Poi che privato se' di mirar quelle!'' ([[Luigi Russo]]) *Solo là dove il bambino e l'uomo coesistono, in forme il più possibile estreme, nella stessa persona, nasce – molte altre circostanze aiutando – il miracolo: nasce Dante. Dante è un piccolo bambino, continuamente stupito di quello che avviene a un uomo grandissimo; sono veramente «due in uno». ([[Umberto Saba]]) *Soltanto l'artista universale, il moralista intransigente attirano il lettore moderno, meravigliato che ci sia stato al mondo un carattere così potente. ([[Giuseppe Prezzolini]]) *– Vi piace Dante?<br />– Un inferno assai affollato quello che descrive.<br />– Oppositori politici, gente che gli aveva fatto torto. La sua penna taglia quanto una lama.<br />– Sì. Un modo sottile di ottenere vendetta. (''[[Assassin's Creed: Revelations]]'') ===[[Giosuè Carducci]]=== *''Anch'ei, tra 'l dubbio giorno d'un gotico | Tempio avvolgendosi, l'Alighier trepido | Cercò l'immagine di Dio nel gemmeo | Pallore d'una femina''. *''Dante, onde avvien che i vóti e la favella | Levo adorando al tuo fier simulacro, | E me sul verso che ti fè già macro | Lascia il sol, trova ancor l'alba novella''? | [...] | ''Son chiesa e impero una ruina mesta | Cui sorvola il tuo canto e al ciel risona: | Muor Giove, e l'inno del poeta resta''. *''Forti sembianze di novella vita | Circondar la tua cuna, | o re del canto che più alto mira. | Gentil virago ardita, | Quale non vider mai le argive sponde | Né le latine, e d'amor balda e d'ira, | te venìa la bella | Toscana libertade; e il pargoletto | Già magnanimo petto | Ti confortava de la sua mammella. | Tutta accesa ne' raggi di sua sfera, | Mite insieme ed austera, | Venne la fede; e per un popoloso | Di visioni e d'ombre oscuro lito | La porta ti mostrò dell'infinito''. ===[[Giuseppe Mazzini]]=== *Ogni città d'Italia quando l'Italia sarà libera ed una, dovrebbe innalzargli una statua. *Un uomo Italiano, il più grande fra gl'Italiani che io mi conosca. *Volete voi, Operai Italiani, onorare davvero la memoria de' vostri Grandi e dar pace all'anima di Dante Allighieri? Verificate il concetto che lo affaticò nella sua vita terrestre. Fate U<small>NA</small> e potente e libera la vostra contrada. Spegnete fra voi tutte quelle meschinissime divisioni contro le quali Dante predicò tanto, che condannarono lui, l'uomo che più di tutti sentiva ed amava il vostro avvenire, alla sventura e all'esilio, e voi a una impotenza di secoli che ancor dura. Liberate le sepolture de' vostri Grandi, degli uomini che hanno messo una corona di gloria sulla vostra Patria, dall'onta d'essere calpeste dal piede d'un soldato straniero. E quando sarete fatti degni di Dante nell'amore e nell'odio — quando la terra vostra sarà ''vostra'' e non d'altri — quando l'anima di Dante potrà guardare in voi senza dolore e lieta di tutto il santo orgoglio Italiano — noi innalzeremo la statua del Poeta sulla maggiore altezza di Roma, e scriveremo sulla base: A<small>L</small> P<small>ROFETA DELLA</small> N<small>AZIONE</small> I<small>TALIANA</small> <small>GLI</small> I<small>TALIANI DEGNI DI LUI</small>. ===[[Ezra Pound]]=== *[[Geoffrey Chaucer|Chaucer]] aveva una conoscenza della vita più profonda di [[William Shakespeare|Shakespeare]]... Era più comprendioso di Dante. *Ci sono voluti due secoli di [[Provenza]] e uno di [[Toscana]] per sviluppare i mezzi del capolavoro di Dante. *Il Dio di Dante è divinità ineffabile, Il Dio di [[John Milton|Milton]] è un essere pignolo con un ''hobby'', Dante è metafisico, mentre Milton è solamente settario. *La visione di Dante è reale, perché egli la vide; la poesia di [[François Villon|Villon]] è reale, perché egli la visse. ==Note== <references/> ==Bibliografia== *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Convivio]'', (edizione critica di G. Busnelli e G. Vandelli), Le Monnier, 1964. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm De vulgari eloquentia]'', a cura di Aristide Marigo, Le Monnier, 1948. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Egloghe]'', in "Tutte le opere" di Dante Alighieri, Newton Compton. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Epistole]'', in "Dante-Tutte le opere", a cura di Luigi Blasucci, Sansoni editore, 1965. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm De Monarchia]'', tratto da "Enciclopedia Dantesca. Appendice: biografia, lingua e stile, opere", Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Roma, 1978. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Quaestio de aqua et de terra]'', in "Tutte le opere" di Dante Alighieri, Newton Compton. *Dante Alighieri, ''Opere Minori'', ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1965. *Dante Alighieri, ''Vita nuova'', in ''Opere minori di Dante Alighieri, volume II'', commento e traduzione di Pietro Fraticelli, Barbèra, Bianchi e comp., Firenze, 1857. ==Voci correlate== *[[Jacopo Alighieri]] *''[[Dante's Inferno]]'' – videogioco ==Altri progetti== {{Interprogetto}} ===Opere=== {{Pedia|Le Rime||}} {{Pedia|Vita Nuova||(1293-1295)}} {{Pedia|De vulgari eloquentia||(1303-1305)}} {{Pedia|Convivio||(1304-1307)}} {{Pedia|Divina Commedia||(1304-1321)}} {{Pedia|De Monarchia||(1312-1313 ca.)}} {{Pedia|Egloghe (Dante Alighieri)|''Egloghe''|(1319-1320)}} {{Pedia|Quaestio de aqua et terra||(1320)}} {{Pedia|Epistole (Dante Alighieri)|''Epistole''|}} {{DEFAULTSORT:Alighieri, Dante}} [[Categoria:Poeti italiani]] [[Categoria:Scrittori italiani]]'
Nuovo wikitesto della pagina, successivo alla modifica (new_wikitext)
'{{PDA}} [[Immagine:Portrait de Dante.jpg|thumb|Dante Alighieri]] '''Dante Alighieri''' (1265 – 1321), il ''Sommo poeta'' italiano. Farmville farms even include free gift that is especially designed for the neighbors on bkddagkdgagaedad ==''Divina Commedia''== ===''Inferno''=== ====[[Incipit]]==== <poem> Nel mezzo del cammin di nostra [[vita]] mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. </poem> ====Citazioni==== *''Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta | una lonza {{NDR|lince o leopardo}}<ref>La lonza, nella simbologia medievale dantesca, rappresenta la lussuria.</ref> leggiera e presta molto, | che di pel maculato era coverta; | e non mi si partìa dinanzi al volto, | anzi 'mpediva tanto il mio cammino, | ch'i' fui per ritornar più volte vòlto''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto I|Ed ecco|I, 31-36}}) *''Ma non sì che [[paura]] non mi desse | la vista che m'apparve d'un [[leone]]<ref>Rappresenta qui la [[superbia]].</ref>. | Questi parea che contra me venisse | con la test'alta e con rabbiosa [[fame]], | sì che parea che l'aere ne tremesse. | Ed una [[lupo|lupa]]<ref>La lupa è per Dante il simbolo dell'[[avarizia]].</ref>, che di tutte brame | sembrava carca ne la sua magrezza, | e molte genti fè già viver grame, | questa mi porse tanto di gravezza | con la paura ch'uscìa di sua vista, | ch'io perdei la [[speranza]] de l'altezza.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto I|ma non sì che paura non mi desse|I, 44-54}}) *''Temer si dee di sole quelle cose | c'hanno potenza di fare altrui male; | de l'altre no, ché non son [[paura|paurose]].'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto II|Temer si dee di sole quelle cose|II, 88-90}}) *''[[Maria|Donna]] è gentil nel ciel che si compiange | di questo 'mpedimento ov' io ti mando, | sì che duro giudicio là sù frange.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto II|Donna è gentil nel ciel che si compiange|II, 94-96}}) *''Per me si va ne la [[inferno|città dolente]], | per me si va ne l'etterno dolore, | per me si va tra la perduta gente. | [[Giustizia]] mosse il mio alto fattore; | fecemi la divina podestate, | la somma sapïenza e 'l primo amore. | Dinanzi a me non fuor cose create | se non etterne, e io etterno duro. | Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|Per me si va ne la città dolente|III, 1-9}}) *''Non ragioniam di lor, ma guarda e passa''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|non ragioniam di lor, ma guarda e passa|III, 51}}) *{{NDR|Su [[Papa Celestino V]]<ref>Dante non indica espressamente il nome dell'anima a cui si riferisce. La maggior parte dei critici concorda sul fatto che si tratti di Pietro da Morrone (ovvero Celestino V), ma altre teorie propendono per [[Esaù]] o [[Ponzio Pilato]]. Per approfondire vedi [[w:Che fece per viltade il gran rifiuto|qui]].</ref>}}... ''Colui | Che fece per viltà lo gran rifiuto''. (III, 59-60) *''Vuolsi così colà dove si puote | ciò che si vuole, e più non dimandare.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|vuolsi così colà dove si puote|III, 95-96}}; {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|vuolsi così colà dove si puote|V, 23-24}}) *''Caron dimonio, con [[occhio|occhi]] di bragia | loro accennando, tutte le raccoglie; | batte col remo qualunque s'adagia.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|Caron dimonio|III, 109-111}}) *''«Figliuol mio,» disse 'l maestro cortese, | «quelli che muoion nell'[[ira]] di Dio | tutti convegno qui d'ogni [[paese]]; e pronti sono a trapassar lo rio | chè la divina [[giustizia]] li sprona, sì che la tema si volve in disìo''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto III|Figliuol mio|III, 121–125}}) *{{NDR|Su [[Virgilio]]}} ''Onorate l'altissimo poeta''. (IV, 80) *''Mira colui con quella spada in mano, | che vien dinanzi ai tre sì come sire: | quelli è [[Omero]] poeta sovrano''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|Mira colui|IV, 86–88}}) *''Poi ch'innalzai un poco più le ciglia, | vidi 'l maestro di color che sanno {{NDR|[[Aristotele]]}} | seder tra filosofica famiglia''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|Poi ch'innalzai|IV, 130-132}}) *''[[Democrito]], che 'l mondo a caso pone.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|Democrito|IV, 136}}) *''E vidi il buono accoglitor del quale, | [[Dioscoride|Dïascoride]] dico''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IV|E vidi|IV, 139-140}}) *''«La prima di color di cui novelle | tu vuo' saper» mi disse quelli {{NDR|Virgilio}} allotta, | «fu imperadrice di molte favelle. | A vizio di [[lussuria]] fu sì rotta, | che lìbito fé licito in sua legge | per tòrre il biasimo in che era condotta. | Ell'è Semiramis, di cui si legge | che succedette a Nino e fu sua sposa: | tenne la terra che 'l Soldan corregge. | L' altra è colei {{NDR|Didone}} che s' ancise amorosa | e ruppe fede al cener di Sicheo; | poi è Cleopatràs lussurïosa''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|La prima di color di cui novelle|V, 52 – 63}}) *''[[Amore|Amor]], ch'al cor gentil ratto s'apprende, | prese costui de la bella persona | che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. | Amor, ch'a nullo amato amar perdona, | mi prese del costui piacer sì forte, | che, come vedi, ancor non m'abbandona. | Amor condusse noi ad una morte. | Caina attende chi a vita ci spense.'' (Francesca da Polenta: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|Amor|V, 100-107}}) *''E quella'' {{NDR|Francesca}} ''a me: «Nessun maggior [[dolore]] | che ricordarsi del [[tempo]] felice | ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore».'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|E quella a me|V, 121-123}}) *''Quando leggemmo il disïato riso | esser basciato da cotanto amante, | questi, che mai da me non fia diviso, | la bocca mi basciò tutto tremante.''<ref>Secondo [[Umberto Saba]] (''Scorciatoie e raccontini'') il verso «''La bocca mi baciò tutto tremante''» è uno dei due più belli della letteratura italiana insieme a «''L'uno buggera l'altro, Santità''», tratto da un sonetto classicamente attribuito a [[Giuseppe Gioachino Belli]] ma probabilmente apocrifo.</ref>'' | Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: | quel giorno più non vi leggemmo avante".'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|Quando leggemmo|V, 133-138}}) *''Mentre che l'uno spirto questo disse, | l'altro piangëa, sì che di pietade | io venni men così com'io morisse. | E caddi come corpo morto cade.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto V|Mentre che l'uno spirto questo disse|V, 139-142}}) *''Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: | per la dannosa colpa della [[gola]], | come tu vedi, alla pioggia mi fiacco''. (Ciacco: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VI|Voi cittadini mi chiamaste Ciacco|VI, 52–54}}) *''[[w:Pape Satàn, pape Satàn aleppe|Pape Satàn, pape Satàn aleppe!]]'' (Pluto: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Pape Satàn|VII, 1}}) *''Questi fuor cerchi, che non han coperchio | piloso al capo, e [[papa|papi]] e [[cardinale|cardinali]], | in cui usa [[avarizia]] il suo soperchio.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Questi fuor cherci|VII, 46–48}}) *''Fitti nel limo dicon:'' {{NDR|gli [[ira]]condi}}'' "Tristi fummo | ne l'aere dolce che dal sol s'allegra, | portando dentro accidïoso fummo: | or ci attristiam ne la belletta negra". | Quest'inno si gorgoglian ne la strozza, | ché dir nol posson con parola integra.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VII|Fitti nel limo|VII, 121–126}}) *''Or se' giunta, anima fella!'' (il demone Flegiàs a Dante; {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Or se' giunta|VIII, 18}}) *''Quanti si tegnon or là sù gran regi | che qui staranno come porci in brago, | di sé lasciando orribili dispregi!'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Quanti si tegnon|VIII, 49-51}}) *''Chi è costui che sanza morte | va per lo regno de la morta gente?'' (demoni: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Chi è costui che sanza morte|VIII, 84-85}}) *''Chi m' ha negate le dolenti case!'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto VIII|Chi m' ha negate|VIII, 120}}) *''O voi ch'avete li 'ntelletti sani, | mirate la dottrina che s'asconde | sotto 'l velame de li versi strani.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto IX|O voi|IX, 61-63}}) *''D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, | ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale | o con forza o con frode altrui contrista. | Ma perché frode è de l'uom proprio male, | più spiace a Dio; e però stan di sotto | li frodolenti, e più dolor li assale.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|D'ogne malizia|XI, 22-27}}) *''Puossi far forza ne la deïtade, | col cor negando e [[bestemmia]]ndo quella, | e spregiando natura e sua bontade; | e però lo minor giron suggella | del segno suo e Soddoma e Caorsa | e chi, spregiando Dio col cor, favella.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|Puossi far forza|XI, 46-51}}) *''La [[frode]], ond'ogne coscïenza è morsa, | può l'omo usare in colui che 'n lui fida | e in quel che fidanza non imborsa. | Questo modo di retro par ch'incida | pur lo vinco d'amor che fa natura; | onde nel cerchio secondo s'annida | ipocresia, lusinghe e chi affattura, | falsità, ladroneccio e simonia, | ruffian, baratti e simile lordura.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|La frode|XI, 52-60}}) *''O sol che sani ogne vista turbata, | tu mi contenti sì quando tu solvi, | che, non men che saver, dubbiar m'aggrata.'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|O sol che sani|XI, 91-93}}) *''Da queste due, se tu ti rechi a mente | lo Genesì dal principio, convene | prender sua vita e avanzar la gente | e perché l'[[usura|usuriere]] altra via tene, | per sé natura e per la sua seguace | dispregia, poi ch'in altro pon la spene.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XI|Da queste due, se|XI, 106-111}}) *''Io son colui che tenni ambo le chiavi | del cor di Federigo, e che le volsi, | serrando e disserrando''. ([[Pier della Vigna]]: [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto XIII|XIII, 58-60]]) *''L'animo mio, per disdegnoso gusto, | credendo col morir fuggir disdegno, | ingiusto fece me contra me giusto''. (Pier della Vigna: [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto XIII|XIII, 70-72]]) *''Poi si rivolse, e parve di coloro | che [[corsa|corrono]] a Verona il drappo verde | per la campagna; e parve di costoro | quelli che vince, non colui che perde.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XV|Poi si rivolse|XV, 121-124}}) *''Ahi quanto cauti li uomini esser dienno | presso a color che non veggion pur l'ovra, | ma per entro i pensier miran col senno!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XVI|Ahi quanto cauti|XVI, 118-120}}) *''Sempre a quel ver c' ha faccia di menzogna | de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote, | però che sanza colpa fa vergogna''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XVI|Sempre a quel ver|XVI, 124-126}}) *''Ecco la fiera con la coda aguzza, | che passa i monti e rompe i muri e l'armi! | Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XVII|Ecco la fiera con la coda aguzza|XVII, 1-3}}) *''O Simon mago, o miseri seguaci | che le cose di Dio, che di bontate | deon essere spose, e voi rapaci | per oro e per argento avolterate, | or convien che per voi suoni la tromba, | però che ne la terza bolgia state.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|O Simon mago|XIX, 1-6}}) *''O somma sapïenza, quanta è l'arte | che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, | e quanto giusto tua virtù comparte!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|O somma sapïenza|XIX, 10-12}}) *''E io: "Tanto m'è bel, quanto a te piace: | tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto | dal tuo volere, e sai quel che si tace".'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Tanto m'è bel|XIX, 37-39}}) *''Ed el'' {{NDR|[[papa Niccolò III]]}} ''gridò: "Se' tu già costì ritto, | se' tu già costì ritto, [[Papa Bonifacio VIII|Bonifazio]]? | Di parecchi anni mi mentì lo scritto. | Se' tu sì tosto di quell'aver sazio | per lo qual non temesti tòrre a 'nganno | la bella donna'' {{NDR|la Chiesa}}'', e poi di farne strazio?".'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Ed el gridò|XIX, 52-57}}) *''Nuovo Iasón sarà, di cui si legge | ne' Maccabei; e come a quel fu molle | suo re, così fia [[Papa Clemente V|lui]] chi Francia regge. {{NDR|[[Filippo il bello]]}}'' (papa Niccolò III: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Nuovo Iasón sarà|XIX, 85-87}}) *''Deh, or mi dì: quanto tesoro volle | Nostro Segnore in prima da san Pietro | ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa? | Certo non chiese se non "Viemmi retro". [...] E se non fosse ch'ancor lo mi vieta | la reverenza de le somme chiavi | che tu tenesti ne la vita lieta, | io userei parole ancor più gravi; | ché la vostra avarizia il mondo attrista, | calcando i buoni e sollevando i pravi. [...] Fatto v'avete dio d'oro e d'argento; | e che altro è da voi a l'idolatre, | se non ch'elli uno, e voi ne orate cento? | Ahi, [[Costantino I|Costantin]], di quanto mal fu matre, | non la tua conversion, ma quella dote | che da te prese il primo ricco patre!'' (Dante a papa Niccolò III: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XIX|Deh, or mi dì|XIX, 90-117}}) *''Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto | di tua lezione, or pensa per te stesso | com'io potea tener lo viso asciutto''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Se Dio ti lasci|XX, 19-21}}) *''Ancor se' tu de li altri sciocchi? | Qui vive la pietà quand'è ben morta; | chi è più scellerato che colui | che al giudicio divin passion comporta?'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Ancor se' tu|XX, 27-30}}) *''Mira c' ha fatto petto de le spalle; | perché [[divinazione|volse veder troppo davante]], | di retro guarda e fa retroso calle.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Mira c' ha fatto|XX, 37-39}}) *''Suso in Italia bella giace un laco, | a piè de l'Alpe che serra Lamagna | sovra Tiralli, c'ha nome [[Lago di Garda|Benaco]]''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Suso in Italia bella|XX, 61-63}}) *''Fer la città sovra quell'ossa morte; | e per colei che 'l loco prima elesse, | Mantüa l'appellar sanz'altra sorte''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Fer la città sovra|XX, 91-93}}) *''E io: "Maestro, i tuoi ragionamenti | mi son sì certi e prendon sì mia fede, | che li altri mi sarien carboni spenti"''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Maestro, i tuoi ragionamenti|XX, 100-102}}) *''Quell'altro che ne' fianchi è così poco, | [[Michele Scoto|Michele Scotto]] fu, che veramente | de le magiche frode seppe 'l gioco.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XX|Michele Scotto|XX, 115-117}}) *'' Mettetel sotto, ch'i' torno per anche | a quella terra ch'i' ho ben fornita {{NDR|[[Lucca]]}}: | Ogn' uom v'è barattier, fuor che Bonturo; | del no, per li [[denaro|denar]], vi si fa ita.''<ref>''Ita'' in latino significa "sì".</ref> ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXI|Mettetel sotto|XXI, 39-42}}) *''Ed elli avea del [[natiche|cul]] fatto trombetta.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXI|ed elli|XXI, 139}}) *''Ahi [[Pistoia]], Pistoia, ché non stanzi | d'incenerarti sì che più non duri, | poi che 'n mal fare il [[seme]] tuo avanzi?'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXV|Ahi Pistoia|XXV, 10-12}}) *<ref>Nella settima bolgia delle [[w:Malebolge|Malebolge]] sono puniti i [[ladro|ladri]]. La metà di questi ha sembianze di serpente, mentre l'altra metà vanta aspetto umano, e quando un serpente morde un uomo, questo diventa serpente e l'altro diviene uomo, si scambiano i ruoli: nei versi proposti, Dante descrive la raccapricciante metamorfosi di ambedue le specie, definendosi in ciò superiore a [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], autore delle celebri ''[[Publio Ovidio Nasone#Metamorfosi|Metamorfosi]]'', e a [[Marco Anneo Lucano|Lucano]], nipote di [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] e autore del ''[[Marco Anneo Lucano#Pharsalia|Bellum civile]]''. Ovidio e Lucano sono già stati visti da Dante e [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] sua guida nel Limbo ([[s:Divina Commedia/Inferno/Canto IV|IV]], v. 90).</ref> ''Come 'l ramarro sotto la gran fersa | dei [[giorno|dì]] canicular, cangiando sepe, | folgore par se la [[via]] attraversa, | sì pareva, venendo verso l'[[pancia|epe]] | de li altri due, un serpentello acceso, | livido e nero come gran di pepe; | e quella parte onde prima è preso | nostro [[mangiare|alimento]], a l'un di lor trafisse; | poi cadde giuso innanzi lui disteso. | Lo trafitto 'l mirò, ma nulla disse; | anzi, co' piè fermati, sbadigliava | pur come [[sonno]] o [[febbre]] l'assalisse. | Elli 'l [[serpente]] e quei lui riguardava; | l'un per la piaga e l'altro per la [[bocca]] | fummavan forte, e 'l [[fumo|fummo]] si scontrava. | [[tacere|Taccia]] [[Marco Anneo Lucano|Lucano]] omai là dov'e' tocca | del misero Sabello e di Nasidio, | e attenda a udir quel ch'or si scocca. | Taccia di Cadmo e d'Aretusa [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], | ché se quello in serpente e quella in fonte | converte [[poesia|poetando]], io non lo [[invidia|'nvidio]]; | ché due [[natura|nature]] mai a fronte a fronte | non trasmutò sì ch'amendue le forme | a cambiar lor matera fosser pronte. | Insieme si rispuosero a tai norme, | che 'l serpente la coda in forca fesse, | e 'l feruto ristrinse insieme l'orme. | Le gambe con le cosce seco stesse | s'appiccar sì, che 'n poco la giuntura | non facea segno alcun che si paresse. | Togliea la coda fessa la figura | che si perdeva là, e la sua pelle | si facea molle, e quella di là dura. | Io vidi intrar le braccia per l'ascelle, | e i due piè de la fiera, ch'eran corti, | tanto allungar quanto accorciavan quelle. | Poscia li piè di rietro, insieme attorti, | diventaron lo membro che l'uom cela, | e 'l misero del suo n'avea due porti. | Mentre che 'l [[fumo|fummo]] l'uno e l'altro vela | di color novo, e genera 'l pel suso | per l'una parte e da l'altra il dipela, | l'un si levò e l'altro cadde giuso, | non torcendo però le [[occhio|lucerne]] empie, | sotto le quai ciascun cambiava muso. | Quel ch'era dritto, il trasse ver' le tempie, | e di troppa matera ch'in là venne | uscir li orecchi de le gote scempie; | ciò che non corse in dietro e si ritenne | di quel soverchio, fé naso a la [[viso|faccia]] | e le labbra ingrossò quanto convenne. | Quel che giacëa, il muso innanzi caccia, | e li orecchi ritira per la [[testa]] | come face le corna la lumaccia; | e la [[lingua]], ch'avëa unita e presta | prima a parlar, si fende, e la forcuta | ne l'altro si richiude; e 'l [[fumo|fummo]] resta.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXV|Come 'l ramarro sotto la gran fersa|XXV, 79-135}}) *''Godi, [[Firenze|Fiorenza]], poi che se' sì grande | che per mare e per terra batti l'ali, | e per lo 'nferno tuo nome si spande!'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Godi, Fiorenza|XXVI, 1-3}}) *''Là dentro si martira | [[Ulisse]] e Dïomede, e così insieme | a la vendetta vanno come a l'ira; | e dentro da la lor fiamma si geme | l'agguato del caval che fé la porta | onde uscì de' Romani il gentil seme.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Rispuose a me: "Là dentro si martira|XXVI, 55-60}}) *''Considerate la vostra semenza: | fatti non foste a viver come bruti, | ma per seguir virtute e [[conoscenza|canoscenza]].'' [...] ''e volta nostra poppa nel mattino, | de' remi facemmo ali al folle volo'' [...]. ([[Ulisse]]: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Considerate la vostra semenza|XXVI, 118-125}}) *''Cinque volte racceso e tante casso | lo lume era di sotto dalla [[luna]] | poi ch'entrati eravam nell'alto passo'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVI|Cinque volte racceso|XXVI, 130–132}}) *{{NDR|[[Cesena]]}} ''E quella cu' il Savio bagna il fianco, | così com' ella sie' tra 'l piano e 'l monte, | tra tirannia si vive e stato franco.'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVII|E quella|XXVII, 52-54}}) *''Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero, | credendomi, sì cinto, fare ammenda; | e certo il creder mio venìa intero, | se non fosse il gran prete ''{{NDR|Papa Bonifacio VIII}}'', a cui mal prenda!'' (Guido da Montefeltro: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVII|Io fui uom d'arme|XXVII, 67-70}}) *''Ch'assolver non si può chi non si [[pentimento|pente]], | né pentere e volere insieme puossi | per la contradizion che nol consente.'' (un diavolo: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVII|assolver non si può chi non si pente|XXVII, 118-120}}) *''Mentre che tutto in lui veder m'attacco, | guardommi e con le man s'aperse il petto, | dicendo: «Or vedi com' io mi dilacco! | vedi come storpiato è [[Maometto|Mäometto]]!»'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVIII|Maometto|XXVIII, 28-31}}) *''Rimembriti di Pier da Medicina, | se mai torni a veder lo dolce piano | che da Vercelli a Marcabò dichina.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVIII|Pier da Medicina|XXVIII, 73-75}}) *''[[coscienza morale|Coscïenza]] m'assicura, | la buona compagnia che l'uom francheggia | sotto l'asbergo del sentirsi pura.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXVIII|coscienza m'assicura|XXVIII, 115-117}}) *''«Io fui d'[[Arezzo]], e Albero da [[Siena]]», | rispuose l'un, «mi fé mettere al foco; | ma quel per ch'io mori' qui non mi mena»''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXIX|Io fui d'Arezzo|XXIX, 109-111}}) *''Or fu già mai | gente sì vana come la [[Siena|sanese]]? | Certo non la francesca sì d'assai!'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXIX|Or fu già mai|XXIX, 121-123}}) *''Maggior difetto men vergogna lava''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXX|Maggior difetto men vergogna lava|XXX, 142}}) *''Ché voler ciò udire è bassa voglia''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXX|Ché voler ciò udire è bassa voglia|XXX, 148}}) *''Dove l'argomento de la mente | s'aggiugne al mal volere e a la possa, | nessun riparo vi può far la gente''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXI|Dove l'argomento de la mente|XXXI, 55-57}}) *''Qual pare a riguardar la [[Bologna|Garisenda]] | 'sotto 'l chinato, quando un nuvol vada | sovr'essa sí, che ella incontro penda | tal parve Anteo a me che stava a bada |di vederlo chinare'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXI|Garisenda|XXXI, 136 – 138}}) *''La bocca sollevò dal fiero pasto | quel peccator, forbendola a' capelli | del capo ch'elli avea di retro guasto.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|La bocca sollevò dal fiero pasto|XXXIII, 1-3}}) *[...] ''Tu vuo' ch'io rinovelli | disperato dolor che ’l cor mi preme | già pur pensando, pria ch'io ne favelli.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Tu vuo’ ch’io rinovelli|XXXIII, 4-6}}) *''Questi pareva a me maestro e donno, | cacciando il lupo e' lupicini al monte | per che i Pisan veder Lucca non ponno.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Questi|XXXIII, 28-30}}) *''Ben se' crudel, se tu già non ti duoli | pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava; | e se non piangi, di che pianger suoli?'' (Ugolino: {{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Ben se' crudel, se tu già non ti duoli|XXXIII, 40-42}}) *''Poscia, più che 'l dolor, poté 'l [[digiuno]]''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Poscia|XXXIII, 75}}) *''Ahi [[Pisa]], vituperio de le genti | del bel paese là dove 'l [[sì]] suona, | poi che i vicini a te punir son lenti, | muovasi la Capraia e la Gorgona, | e faccian siepe ad Arno in su la foce, | sì ch'elli annieghi in te ogne persona! | Che se 'l conte Ugolino aveva voce | d'aver tradita te de le castella, | non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.'' ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Ahi Pisa|XXXIII, 79-87}}) *''Ahi [[Genova|Genovesi]], uomini diversi | d'ogni costume e pien d'ogni magagna, | perché non siete voi del mondo spersi? | Che col peggior spirto di Romagna | trovai di voi un tal {{NDR|Branca d'Oria}}, che, per sua opra, | in anima in Cocito già si bagna | ed in corpo par vivo ancor di sopra''. ({{Source|Divina Commedia/Inferno/Canto XXXIII|Ahi Genovesi|XXXIII, 151 – 157}}) ====[[Explicit]]==== <poem> Salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle. </poem> ===''Purgatorio''=== ====[[Incipit]]==== <poem> Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; </poem> ====Citazioni==== *''[[Libertà]] va cercando, ch'è sì cara, | come sa chi per lei vita rifiuta.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto I|libertà va cercando|I, 71-72}}) *''Già era 'l [[sole]] a l'orizzonte giunto | lo cui meridïan cerchio coverchia | [[Gerusalemme|Ierusalèm]] col suo più alto punto''<ref>Qui Dante si rifà alla credenza medievale che Gerusalemme fosse al centro della terra, sita fra il meridiano del fiume [[Gange]] e la [[Spagna]] occidentale e che, ritenendo la terra abitata tutta nell'emisfero boreale, l'isola del paradiso si trovasse al punto opposto rispetto a Gerusalemme, con la quale condivideva quindi l'orizzonte astronomico.</ref>. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto II|Già era 'l sole|II, 1-3}}) *''Noi eravam lunghesso mare ancora, | come gente che pensa a suo cammino, | che va col cuore e col corpo dimora.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto II|Noi eravam lunghesso mare ancora|II, 10-12}}) *''O dignitosa coscïenza e netta, | come t'è picciol fallo amaro morso!'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|o dignitosa coscïenza|III, 8-9}}) *''State contenti, umana gente, al ''quia''; | ché, se potuto aveste veder tutto, | mestier non era parturir [[Maria]]''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|State contenti|III, 37-39}}) *''Ché perder tempo a chi più sa più spiace''. (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|ché perder tempo|III, 78}}) *''Come le [[pecora|pecorelle]] escon del chiuso | a una, a due, a tre, e l'altre stanno | timidette atterrando l'occhio e 'l muso; | e ciò che fa la prima, e l'altre fanno, | addossandosi a lei, s'ella s'arresta, | semplici e quete, e lo 'mperché non sanno''. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|Come le pecorelle|III, 79-84}}) *{{NDR|Incontro con [[Manfredi di Sicilia]]}} ''Biondo era e bello e di gentile aspetto, | ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|biondo era e bello|III, 107-108}}) *''[[w:Or le bagna la pioggia e move il vento|Or le bagna la pioggia e move il vento]]'' [...]. (Manfredi, riferendosi al destino delle sue spoglie: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|verso 130|III, 130}}) *''Orribil furon li peccati miei; | ma la bontà infinita ha sì gran braccia, | che prende ciò che si rivolge a lei.'' (Manfredi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|Orribil furon li peccati miei|III, 121-123}}) *''Per lor maladizion sì non si perde, | che non possa tornar, l'etterno amore, | mentre che la speranza ha fior del verde.'' (Manfredi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto III|Per lor maladizion|III, 133-135}}) *''Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|che ti fa|V, 12}}) *''Vien dietro a me, e lascia dir le genti: | sta come torre ferma, che non crolla | già mai la cima per soffiar di venti; | ché sempre l'omo in cui pensier rampolla | sovra pensier, da sé dilunga il segno, | perché la foga l'un de l'altro insolla.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|Vien dietro a me|V, 13-18}}) *''Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo, | ti priego, se mai vedi quel paese | che siede tra [[Romagna]] e quel di Carlo'' {{NDR|Carlo II d'Angiò}}'', | che tu mi sie di tuoi prieghi cortese | in Fano, sì che ben per me s'adori | pur ch'i' possa purgar le gravi offese.'' (Jacopo del Cassero: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo|V, 67-72}}) *{{NDR|Su [[Pia de' Tolomei]]}}''"Deh, quando tu sarai tornato al mondo | e riposato de la lunga via", | seguitò 'l terzo spirito al secondo, | "ricorditi di me, che son la Pia; | [[Siena]] mi fé, disfecemi [[Maremma]]: | salsi colui che 'nnanellata pria | disposando m'avea con la sua gemma".'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto V|Deh, quando tu sarai tornato al mondo|V, 130-136}}) *''Pur Virgilio si trasse a lei, pregando | che ne mostrasse la miglior salita; | e quella non rispuose al suo dimando, | ama di nostro paese e de la vita | ci 'nchiese; e 'l dolce duca incominciava | "[[Mantova|Mantüa]] ...", e l'ombra, tutta in sé romita, | surse ver' lui del loco ove pria stava, | dicendo: "O Mantoano, io son Sordello | de la tua terra!"; e l'un l'altro abbracciava.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Ama di nostro paese|VI, 67-75}}) *''Ahi serva [[Italia]], di dolore ostello, | nave sanza nocchiere in gran tempesta, | non donna di provincie, ma bordello!'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Ahi serva Italia|VI, 76-78}}) *''Ahi gente che dovresti esser devota, | e lasciar seder Cesare in la sella, | se bene intendi ciò che Dio ti nota, | guarda come esta fiera è fatta fella | per non esser corretta da li sproni, | poi che ponesti mano a la predella.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VI|Ahi gente che dovresti esser devota|VI, 91-96}}) *''Rade volte risurge per li rami ''{{NDR|figli}}'' | l'umana probitate; e questo vole | quei che la dà, perché da lui si chiami.'' (Sordello: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VII|Rade volte|VII, 121-123}}) *''Era già l'ora che volge il disio | ai navicanti e 'ntenerisce il core | lo dì c' han detto ai dolci amici addio; | e che lo novo peregrin d'amore | punge, se ode squilla di lontano | che paia il giorno pianger che si more''. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VIII|Era già l'ora che volge il disio|VIII, 1-6}}) *''Per lei<ref>Beatrice d'Este, moglie di [[w:Nino Visconti|Nino Visconti]].</ref> assai di lieve si comprende | quanto in [[donna|femmina]] foco d'amor dura, | se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende.'' (Nino Visconti: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto VIII|Per lei assai di lieve si comprende|VIII, 76-78}}) *''Oh vana gloria de l'umane posse! | com' poco verde in su la cima dura, | se non è giunta da l'etati grosse! | Credette Cimabue ne la pittura | tener lo campo, e ora ha [[Giotto]] il grido, | sì che la fama di colui è scura. | Così ha tolto [[Guido Cavalcanti|l'uno]] a l'[[Guido Guinizzelli|altro Guido]] | la gloria de la lingua; e forse è nato | chi l'uno e l'altro caccerà del nido. | Non è il mondan romore altro ch'un fiato | di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, | e muta nome perché muta lato.'' (Oderisi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI|Oh vana gloria de l'umane posse!|XI, 91-102}}) *''Colui'' {{NDR|Provenzano Salvani}} ''che del cammin sì poco piglia | dinanzi a me, Toscana sonò tutta; | e ora a pena in Siena sen pispiglia, | ond'era sire quando fu distrutta | la rabbia fiorentina, che superba | fu a quel tempo sì com'ora è putta.'' (Oderisi: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI|Colui che del cammin sì poco piglia|XI, 109-114}}) *{{NDR|Su Provenzano Salvani}} ''"Quando vivea più glorïoso", disse, | "liberamente nel Campo di Siena, | ogne vergogna diposta, s'affisse.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI|Colui che del cammin sì poco piglia|XI, 133-135}}) *''Mostrava come i figli si gittaro | sovra [[Sennacherìb]] dentro dal tempio, | e come, morto lui, quivi il lasciaro'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|Mostrava come i figli si gittaro|XII, 52-54}}) *''Or [[superbia|superbite]], e via col viso altero, | figliuoli d'Eva, e non chinate il volto | sì che veggiate il vostro mal sentero!'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|Or superbite|XII, 70-72}}) *''A noi venìa la [[angelo|creatura bella]], | biancovestito e ne la faccia quale | par tremolando mattutina stella.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|A noi venìa la creatura bella|XII, 88-90}}) *''O gente umana, per volar sù nata, | perché a poco vento così cadi?'' (l'Angelo dell'umiltà: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|o gente umana|XII, 95-96}}) *''Ahi quanto son diverse quelle foci | da l'infernali! ché quivi per canti | s'entra, e là giù per lamenti feroci.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XII|Ahi quanto son diverse quelle foci|XII, 112-114}}) *''Tu li vedrai tra quella gente vana | che spera in Talamone, e perderagli | più di speranza ch'a trovar la Diana''. (Sapìa Salvani: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XIII|Tu li vedrai tra quella gente vana|XIII, 151-153}}) *''Oh [[Romagna|Romagnuoli]] tornati in bastardi! | Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? | quando in Faenza un Bernardin di Fosco, | verga gentil di picciola gramigna?'' (Guido del Duca: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XIV|Oh Romagnuoli tornati in bastardi!|XIV, 99-102}}) *''Che volse dir lo spirto di Romagna'' {{NDR|Guido del Duca}}'', | e 'divieto' e 'consorte' menzionando?'' (Dante: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XV|Che volse dir lo spirto di Romagna|XV, 44-45}}) *''Lume v'è dato a bene e a malizia''. (Marco Lombardo: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVI|lume v'è dato a bene e a malizia|XVI, 75}}) *''Le [[legge|leggi]] son, ma chi pon mano ad esse? | Nullo, però che 'l pastor che procede, | rugumar può, ma non ha l'unghie fesse; | per che la gente, che sua guida vede | pur a quel ben fedire ond'ella è ghiotta, | di quel si pasce, e più oltre non chiede. | Ben puoi veder che la mala [[comportamento|condotta]] | è la cagion che 'l mondo ha fatto reo, | e non natura che 'n voi sia corrotta.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVI|Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?|XVI, 97-105}}) *''Ciascun confusamente un bene apprende | nel qual si queti l'animo, e disira; | per che di giugner lui ciascun contende.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVII|Ciascun confusamente un bene apprende|XVII, 127-129}}) *''Fino a quel punto misera e partita | da Dio anima fui'' {{NDR|[[papa Adriano V]]}}'', del tutto [[avarizia|avara]]; | or, come vedi, qui ne son punita.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XIX|Fino a quel punto misera e partita|XIX, 112-114}})<ref>Secondo molti commentatori qui Dante attribuisce a papa Adriano V, Ottobuono dei Fieschi (conti di Lavagna), papa dal 11 luglio 1276 al 18 agosto (giorno del suo decesso) dello stesso anno, caratteristiche che pare appartenessero invece ad uno dei suoi predecessori ed omonimo, Adriano IV, l'inglese Nicola Breakspear, papa dal dicembre 1154 al settembre 1159.</ref> *''Perché men paia il mal futuro e 'l fatto, | veggio ''{{NDR|Carlo II d'Angiò, re di Puglia}}'' in Alagna ''{{NDR|Anagni}}'' intrar lo fiordaliso, | e nel vicario suo ''{{NDR|papa Bonifacio VIII}}'' Cristo esser catto.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XX|Perché men paia il mal futuro|XX, 85-87}}) *''De l'[[Eneide|Eneïda]] dico, la qual mamma | fummi, e fummi nutrice, poetando: | sanz'essa non fermai peso di dramma.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXI|de l'Eneïda dico|XXI, 97-99}}) *''Veramente più volte [[Apparenza|appaion]] cose | che danno a dubitar falsa matera | per le vere ragion che son nascose.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXII|Veramente più volte appaion cose|XXII, 28-30}}) *''Facesti come quei che va di notte, | che porta il lume dietro e sé non giova, | ma dopo sé fa le persone dotte''. ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXII|Facesti come quei che va di notte|XXII, 67-69}}) *''Poi disse ''{{NDR|Stazio}}'' : «Più pensava [[Maria]] onde | fosser le nozze ''{{NDR|di Cana}}'' orrevoli e intere, | ch'a la sua bocca, ch'or per voi risponde.»'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXII|Poi disse|XXII, 142-144}}) *''Io dicea fra me stesso pensando: 'Ecco | la gente che perdé [[Gerusalemme|Ierusalemme]], | quando Maria nel figlio diè di becco!'.''<ref>Qui Dante fa riferimento a quanto [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]] narra nella sua ''Guerra giudaica'' a proposito della guerra di Roma contro gli ebrei: l'assedio di Gerusalemme fu così lungo e duro per gli assediati che una certa Maria avrebbe ucciso il figlio per cibarsi delle sue carni</ref> ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIII|Io dicea fra me stesso pensando|XXIII, 28-30}}) *''Tutta esta gente che piangendo canta | per seguitar la [[gola]] oltra misura, | in fame e 'n sete qui si rifà santa.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIII|Tutta esta gente che piangendo canta|XXIII, 64-66}}) *''Sì accostati a l'un d'i due vivagni ''{{NDR|orli del cerchio}}'' | passammo, udendo colpe de la gola | seguite già da miseri guadagni.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXIV|Sì accostati|XXIV, 127-129}}) *''Così per entro loro schiera bruna | s'mmusa l'una con l'altra [[formica]], | forse a spïar lor via e lor fortuna.'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVI|così per entro|XXVI, 34-36}}) *''La nova gente: "Soddoma e Gomorra"; | e l'altra: "Ne la vacca entra Pasife, | perché 'l torello a sua [[lussuria]] corra".'' ({{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVI|la nova gente|XXVI, 40-42}}) *''Non aspettar mio dir più né mio cenno; | libero, dritto e sano è tuo [[Libero arbitrio|arbitrio]], | e fallo fora non fare a suo senno: | per ch'io te sovra te corono e mitrio.'' (Virgilio: {{Source|Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXVII|Non aspettar mio dir più né mio cenno;|XXVII, 139-142}}) ====[[Explicit]]==== <poem> Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle. </poem> ===Citazioni sul ''Purgatorio''=== *Nel canto XI, la parafrasi del ''Pater'' è d'una bellezza che ha del prodigioso; il linguaggio umano si eleva d'un tratto a un'altezza che noi non raggiungiamo più; si direbbe che la grazia {{sic|inebbrii}} tale linguaggio, ma d'un'ebbrezza divina che conserva tutta la sua lucidità. Manca a Dante il balbettamento del mistico che esce dall'estasi; questo uomo cammina nell'azzurro come su una strada. ([[Julien Green]]) ===''Paradiso''=== ====[[Incipit]]==== <poem> La [[gloria]] di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove. </poem> ====Citazioni==== *''Poca favilla gran fiamma seconda''. ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto I|Poca favilla gran fiamma seconda|I, 34}}) *''Trasumanar significar per verba | non si poria; però l'essemplo basti | a cui esperïenza grazia serba.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto I|Trasumanar|I, 70-72}}) *''Intra due cibi, distanti e moventi | d'un modo, prima si morria di fame, | che liber'omo l'un recasse ai [[dente|denti]]''. ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IV|Intra due cibi|IV, 1-3}}) *''[[Volontà]], se non vuol, non s'ammorza, | ma fa come natura face in foco, | se mille volte vïolenza il torza.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IV|volontà|IV, 76-78}}) *''Apri la mente a quel ch'io ti paleso | e fermalvi entro; ché non fa [[conoscenza|scïenza]], | sanza lo [[memoria|ritenere]], avere inteso.'' (Beatrice: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto V|Apri la mente|V, 40-42}}) *''Siate, [[Cristiani]], a muovervi più gravi: | non siate come penna ad ogne vento, | e non crediate ch'ogne acqua vi lavi. | Avete il novo e 'l vecchio Testamento, | e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; | questo vi basti a vostro salvamento. | Se mala cupidigia altro vi grida, | uomini siate, e non pecore matte, | sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!'' (Beatrice: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto V|Siate, Cristiani|V, 73-81}}) *''E la bella [[Sicilia|Trinacria]], che caliga | tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo | che riceve da Euro maggior briga, | non per Tifeo ma per nascente solfo, | attesi avrebbe li suoi regi ancora, | nati per me di Carlo e di Ridolfo, | se mala segnoria, che sempre accora | li popoli suggetti, non avesse | mosso [[Palermo]] a gridar: "Mora, mora!".''<ref>Riferimento ai [[Vespri Siciliani]].</ref> (Carlo Martello: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto VIII|E la bella Trinacria|VIII, 67-75}}) *[...] ''ma tosto fia che [[Padova]] al palude | cangerà l'acqua che Vincenza bagna, | per essere al dover le genti crude; | e [[Treviso|dove]] Sile e Cagnan s'accompagna, | [[Rizzardo II da Camino|tal]] signoreggia e va con la testa alta, | che già per lui carpir si fa la ragna.'' (Cunizza da Romano: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IX|ma tosto fia che Padova|IX, 46-51}}) *''[[Firenze|La tua città]], che di [[Lucifero|colui]] è pianta | che pria volse le spalle al suo fattore | e di cui è la 'nvidia tanto pianta, | produce e spande il [[Fiorino|maladetto fiore]] | c'ha disvïate le pecore e li agni, | però che fatto ha lupo del pastore. | Per questo l'Evangelio e i dottor magni | son derelitti, e solo ai Decretali | si studia, sì che pare a' lor vivagni. | A questo intende il [[papa]] e' cardinali; | non vanno i lor pensieri a Nazarette, | là dove Gabrïello aperse l'ali. | Ma Vaticano e l'altre parti elette | di Roma che son state cimitero | a la milizia che Pietro seguette, | tosto libere fien de l'avoltero.'' (Folchetto di Marsiglia: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto IX|La tua città|IX, 127-142}}) *''Guardando nel suo Figlio con l'Amore | che l'uno e l'altro etternalmente spira, | lo primo e ineffabile Valore | quanto per mente e per loco si gira | con tant' ordine fé, ch'esser non puote | sanza gustar di lui chi ciò rimira.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto X|Guardando nel suo Figlio con l'Amore|X, 1-6}}) *''E se le [[fantasia|fantasie]] nostre son basse | a tanta altezza, non è maraviglia; | ché sopra 'l sol non fu [[occhio]] ch'andasse.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto X|E se le fantasie nostre|X, 46-48}}) *''Ne la corte del cielo, ond' io rivegno, | si trovan molte gioie care e belle | tanto che non si posson trar del regno; | e 'l canto di quei lumi era di quelle; | chi non s'impenna sì che là sù voli, | dal muto aspetti quindi le novelle.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto X|Ne la corte del cielo|X, 70-75}}) *''O insensata cura de' mortali, | quanto son difettivi silogismi | quei che ti fanno in basso batter l'ali! | Chi dietro a iura e chi ad amforismi | sen giva, e chi seguendo sacerdozio, | e chi regnar per forza o per sofismi, | e chi rubare e chi civil negozio, | chi nel diletto de la carne involto | s'affaticava e chi si dava a l'ozio, | quando, da tutte queste cose sciolto, | con Bëatrice m'era suso in cielo | cotanto glorïosamente accolto.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|O insensata cura de' mortali|XI, 1-12}}) *{{NDR|Su [[Francesco d'Assisi|Francesco]] e [[Domenico di Guzmán|Domenico]]}} ''L'un fu tutto serafico in ardore; | l'altro per sapïenza in terra fue | di cherubica luce uno splendore.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|san Francesco e san Domenico|XI, 37-39}}) *''Intra Tupino e l'acqua che discende | del colle eletto dal beato Ubaldo, | fertile costa d'alto monte pende, | onde [[Perugia]] sente freddo e caldo | da Porta Sole; e di rietro le piange | per grave giogo Nocera con Gualdo. | Di questa costa, là dov' ella frange | più sua rattezza, nacque al mondo un sole, | come fa questo talvolta di Gange. | Però chi d'esso loco fa parole, | non dica [[Assisi|Ascesi]], ché direbbe corto, | ma Orïente, se proprio dir vuole.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|Intra Tupino|XI, 43-54}}) *''Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! | Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro | dietro a [[Francesco d'Assisi|lo sposo]], sì [[Povertà|la sposa]] piace.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XI|Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!|XI, 82-84}}) *''E questo ti sia sempre piombo a' piedi, | per farti mover lento com' uom lasso | e al sì e al no che tu non vedi: | ché quelli è tra li stolti bene a basso, | che sanza distinzione afferma e nega | ne l'un così come ne l'altro passo; | perch' elli 'ncontra che più volte piega | l'oppinïon corrente in falsa parte, | e poi l'affetto l'intelletto lega. | Vie più che 'ndarno da riva si parte, | perché non torna tal qual e' si move, | chi pesca per lo vero e non ha l'arte. | E di ciò sono al mondo aperte prove | [[Parmenide]], [[Melisso di Samo|Melisso]] e [[Brisso]] e molti, | li quali andaro e non sapëan dove; | sì fé [[Sabellius|Sabellio]] e [[Ario|Arrio]] e quelli stolti | che furon come spade a le Scritture | in render torti li diritti volti. | Non sien le genti, ancor, troppo sicure | a giudicar, sì come quei che stima | le biade in campo pria che sien mature; | ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima | lo prun mostrarsi rigido e feroce, | poscia portar la rosa in su la cima; | e legno vidi già dritto e veloce | correr lo mar per tutto suo cammino, | perire al fine a l'intrar de la foce. | Non creda donna Berta e ser Martino, | per vedere un furare, altro offerere, | vederli dentro al consiglio divino; | ché quel può surgere, e quel può cadere.'' (Tommaso d'Aquino: {{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIII|E questo|XIII, 112-142}}) *''Qual si lamenta perché qui si moia | per viver colà sù, non vide quive | lo refrigerio de l'etterna ploia. | Quell' uno e due e tre che sempre vive | e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, | non circunscritto, e tutto circunscrive, | tre volte era cantato da ciascuno | di quelli spirti con tal melodia, | ch'ad ogne merto saria giusto muno.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIV|Qual si lamenta perché qui si moia|XIV, 25-33}}) *''Ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso | tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo | de la mia gloria e del mio paradiso.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XV|ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso|XV, 34-36}}) *''Sempre la [[confusione|confusion]] de le persone | principio fu del mal de la cittade.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XVI|Sempre la confusion de le persone|XVI, 67-68}}) *''E come 'l volger del ciel de la [[luna]] | cuopre e discuopre i liti sanza posa, | così fa di [[Firenze|Fiorenza]] la Fortuna: | per che non dee parer mirabil cosa | ciò ch'io dirò de li alti Fiorentini | onde è la fama nel tempo nascosa.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XVI|E come 'l volger del ciel de la luna|XVI, 82-87}}) *''Tu proverai sì come sa di [[sale]] | lo [[pane]] altrui, e come è duro calle | lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XVII|Tu proverai sì come sa di sale|XVII, 58-60}}) *''E quel che mi convien ritrar testeso ''{{NDR|subito}}'', | non portò voce mai, né scrisse [[inchiostro|incostro]], | né fu per [[fantasia]] già mai compreso''. ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIX|E quel che mi convien ritrar testeso|XIX, 7-9}}) *''Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna, | per giudicar di lungi mille miglia | con la veduta corta d'una spanna?'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XIX|Or tu chi se|XIX, 79-81}}) *''Quale [[allodola|allodetta]] che 'n aere si spazia | prima cantando, e poi tace contenta | de l'ultima dolcezza che la sazia, | tal mi sembiò l'imago de la 'mprenta | de l'etterno piacere, al cui disio | ciascuna cosa qual ell' è diventa.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XX|Quale allodetta|XX, 73-78}}) *''In quel loco fu' io [[Pietro Damiano]], | e Pietro Peccator fu' ne la casa | di Nostra Donna in sul lito adriano. | Poca vita mortal m'era rimasa, | quando fui chiesto e tratto a quel cappello, | che pur di male in peggio si travasa.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXI|Pietro Damiano|XXI, 121-126}}) *''L'aiuola che ci fa tanto feroci, | volgendom' io con li etterni Gemelli, | tutta m'apparve da' colli a le foci; | poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXII|L'aiuola che ci fa tanto feroci|XXII, 151-154}}) *''La Chiesa militante alcun figliuolo | non ha con più [[speranza]], com' è scritto | nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: | però li è conceduto che d'Egitto | vegna in [[Gerusalemme|Ierusalemme]]<ref>Qui Dante intende per Ierusalemme la cosiddetta "Gerusalemme celeste", cioè il [[paradiso]].</ref> per vedere, | anzi che 'l militar li sia prescritto.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXV|La Chiesa militante|XXV, 52-57}}) *''Opera naturale è ch'uom favella; | ma così o così, natura lascia | poi fare a voi secondo che v'abbella.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVI|Opera naturale è ch'uom favella|XXVI, 130-132}}) *''Quand' ïo udi': «Se io ''{{NDR|[[Pietro apostolo|San Pietro]]}}'' mi trascoloro, | non ti maravigliar, ché, dicend' io, | vedrai trascolorar tutti costoro. | Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, | il luogo mio, il luogo mio che vaca | ne la presenza del [[Gesù|Figliuol di Dio]], | fatt' ha del cimitero mio cloaca | del sangue e de la puzza; onde 'l perverso | che cadde di qua sù, là giù si placa».'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVII|San Pietro|XXVII, 19-27}}) *''[[Maria|Vergine Madre]], figlia del tuo figlio, | umile e alta più che creatura, | termine fisso d'etterno consiglio, | tu se' colei che l'[[uomo|umana natura]] | nobilitasti sì, che 'l suo fattore | non disdegnò di farsi sua fattura.'' ({{Source|Divina Commedia/Paradiso/Canto XXXIII|Vergine Madre|XXXIII, 1-6}}) ====[[Explicit]]==== <poem> A l'alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e 'l velle, sì come rota ch'igualmente è mossa, [[Dio|l'amor]] che move il [[sole]] e l'altre [[stella|stelle]]. </poem> ===Similitudini=== *''E come quei che con lena affannata | uscito fuor del pelago a la riva | si volge a l'acqua perigliosa e guata, | così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, | si volse a retro a rimirar lo passo | che non lasciò già mai persona viva.'' (da ''Inferno, I, 22-27'') *''E qual è quei che volontieri acquista, | e giugne 'l tempo che perder lo face, | che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista; | tal mi fece la bestia sanza pace, | che, venendomi 'ncontro, a poco a poco | mi ripigneva là dove 'l sol tace.'' (da ''Inferno, I, 55-60'') *''E qual è quei che disvuol ciò che volle | e per novi pensier cangia proposta, | sì che dal cominciar tutto si tolle, | tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, | perché, pensando, consumai la 'mpresa | che fu nel cominciar cotanto tosta.'' (da ''Inferno, II, 37-42'') *''Quali i fioretti, dal notturno gelo | chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca | si drizzan tutti aperti in loro stelo, | tal mi fec'io di mia virtute stanca.'' (da ''Inferno, II, 127-130'') *''Diverse lingue, orribili favelle, | parole di dolore, accenti d'ira, | voci alte e fioche, e suon di man con elle | facevano un tumulto, il qual s'aggira | sempre in quell'aura sanza tempo tinta, | come la rena quando turbo spira.'' (da ''Inferno, III, 25-30'') *''Come d'[[autunno]] si levan le [[foglia|foglie]] | l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo | vede a la terra tutte le sue spoglie, | similmente il mal seme d'Adamo | gittansi di quel lito ad una ad una, | per cenni come augel per suo richiamo.'' (da ''Inferno, III, 112-117'') *''Io venni in luogo d'ogni luce muto, | che mugghia come fa mar per tempesta, | se da contrari venti è combattuto.'' (da ''Inferno, V, 28-30'') *''E come li stornei ne portan l'ali | nel freddo tempo a schiera larga e piena, | così quel fiato li spiriti mali | di qua, di là, di giù, di su li mena; | nulla speranza li conforta mai, | non che di posa, ma di minor pena. | E come i gru van cantando lor lai, | faccendo in aere di sé lunga riga, | così vidi venir, traendo guai, | ombre portate da la detta briga;'' (da ''Inferno, V, 40-49'') *''Quali [[colomba|colombe]], dal disio chiamate, | con l'ali alzate e ferme al dolce nido | vegnon per l'aere, dal voler portate; | cotali uscir de la schiera ov'è Dido, | a noi venendo per l'aere maligno, | sì forte fu l'affettüoso grido.'' (da ''Inferno, V, 82-87'') *''Qual è quel [[cane]] ch'abbaiando agogna, | e si racqueta poi che 'l pasto morde, | ché solo a divorarlo intende e pugna, | cotai si fecer quelle facce lorde | de lo demonio [[Cerbero]], che 'ntrona | l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.'' (da ''Inferno, VI, 28-33'') *''Quali dal [[vento]] le gonfiate vele | caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, | tal cadde a terra la fiera crudele.'' (da ''Inferno, VII, 13-15'') *''Come fa l'onda là sovra Cariddi, | che si frange con quella in cui s'intoppa, | così convien che qui la gente riddi.'' (da ''Inferno, VII, 22-24'') ====Citazioni sulle similitudini==== *La similitudine in Dante, pur nella sua immediatezza e nel suo realismo, si carica sempre di accenti morali. (dalle note curate da Emilio Alessandro Panaitescu a ''La Divina Commedia'', Fabbri, Milano, 1982) *Delle similitudini e immagini è me' tacere che dirne poco, perché in queste non ha avuto mai pari; così nell'appropriarle maravigliosamente a proposito, come nell'esprimere felicemente, e secondo la propria natura loro, le {{sic|imagini}} brevissimamente, quell'altre più largamente, e non però di soperchio. ([[Vincenzo Borghini]]) ===Citazioni sulla ''Divina Commedia''=== *In Dante veggo essere grandissime e bellissime parti, e le principali tutte che si richieggon a un gran Poema. Che vi sia poi qualche difettuzzo o mancamento, io non lo niego: sia dell'uomo o dell'età, non rileva a questo punto di qual sia più perfetto e migliore, se ben serve o per iscusa o per qualche altra cosa: come non servirebbe a fare che una figura di [[Giotto]] fusse più bella d'una d'[[Andrea del Sarto]], il dire che nell'età di colui l'arte della Pittura non era tanto inluminata, quanto ella fu poi; servirà bene a dire che Giotto in tante tenebre fece miracoli, e non ebbe pari; dove questo altro ebbe manco difficultà assai, e de' pari, e forse de' superiori qualcuno. Ma io non credo che il punto in Dante consista qui, se bene questa scusa ci bisognerà in alcune poche voci solamente quanto attiene alla comparazione del Petrarca. Ma il punto vero sarà qual sia di maggior lode degno o un Epico o Eroico poema grande, non interamente perfetto, o un piccolo e minuto che sia perfetto: perché può bene stare che si truovi una cosa piccola bellissima, pogniam caso una cappellina con bellissima proporzione d'architettura e ricchezza di cornici, che nondimeno non {{sic|arà}} a fare con la {{sic|fabrica}} d'un gran tempio con pochi ornamenti; e in simili comparazione sogliono dire i nostri uomini a tanto per tanto, o pur del tanto, come disse il Villani... ([[Vincenzo Borghini]]) *Nell'origin sua la [[poesia]] è la scienza delle umane e divine cose, convertita in immagine fantastica ed armoniosa.<br/>La quale immagine noi, sopra ogn'altro poema italiano ravvisiamo vivamente nella Divina Commedia di Dante, il quale s'innalzò al sommo nell'esprimere, ed alla maggior vivezza pervenne, perché più largamente e più profondamente d'ogni altro nella nostra lingua concepiva: essendo la locuzione immagine dell'intelligenza, da cui il favellare trae la forza e il calore. E giunse egli a sì alto segno d'intendere e profferire, perché dedusse la sua scienza dalla cognizione delle cose divine, in cui le naturali, e le umane e civili, come in terso cristallo, riflettono... ([[Giovanni Vincenzo Gravina]]) ==''Vita nuova''== ===[[Incipit]]=== In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: ''Incipit<ref>Questo incipit costituisce anche l'incipit del libro di [[Fruttero & Lucentini]], appunto ''Íncipit'', Mondadori, 1993.</ref> vita nova''. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'assemplare in questo libello; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.<br /> Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare.<br /> Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono.<br /> Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia. ===Citazioni=== *Ecco un iddio più forte di me, che viene a signoreggiarmi. (1857<ref>Traduzione di Pietro Fraticelli, [http://books.google.it/books?id=D80OAAAAIAAJ&pg=PA56 p. 56]. Tale ''iddio'' è [[Amore]].</ref>) :''Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi''. (''[[s:Vita nuova/Capitolo II#capitolo 2 versetto4|Capitolo II]]'') *L'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima; onde io divenni in picciolo tempo poi di sì fraile e debole condizione, che a molti amici pesava de la mia vista; e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere di me quello che io volea del tutto celare ad altrui.<br />Ed io, accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano [...] rispondea loro che Amore era quelli che così m'avea governato. [...]<br />E quando mi domandavano "Per cui t'ha così distrutto questo [[Amore]]?", ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro. (da [[s:Vita nuova/Capitolo IV|''Capitolo IV'']]) *''Lo viso mostra lo color del core.'' (da [[s:Vita nuova/Capitolo XV|''Capitolo XV'']]) *''Ingégnati, se puoi, d'esser palese.'' (da [[s:Vita nuova/Capitolo XIX|''Capitolo XIX'']]) *''Tanto [[gentilezza|gentile]] e tanto onesta pare | la donna mia quand'ella altrui saluta, | ch'ogne lingua deven tremando muta, | e li occhi no l'ardiscon di guardare.'' (da [[s:Vita nuova/Capitolo XXVI|''Capitolo XXVI'']]) ===[[Explicit]]=== Appresso questo sonetto apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei.<br /> E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sae veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna.<br /> E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui ''qui est per omnia secula benedictus''. Amen. ==''Convivio''== ===[[Incipit]]=== Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di propria natura impinta è inclinabile a la sua propria perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti. ===Citazioni=== *[...] lo consentire è uno confessare, villania fa chi loda o chi biasima dinanzi al viso alcuno, perché né consentire né negare puote lo così estimato sanza cadere in colpa di lodarsi o di biasimare. ({{Source|Convivio/Trattato primo|lo consentire è uno confessare|Trattato I, capitolo II, 11}}) *Questi {{NDR|"gli uomini mutevoli e facili a giudicare"}} sono da chiamare pecore, e non uomini; ché se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre andrebbero dietro; e se una pecora per alcuna cagione al passare d'una strada salta, tutte l'altre saltano, eziandio nulla veggendo da saltare. E io ne vidi già molte in uno pozzo saltare per una che dentro vi saltò, forse credendo saltare uno muro, non ostante che 'l pastore, piangendo e gridando, con le braccia e col petto dinanzi a esse si parava. ({{Source|Convivio/Trattato primo|questi sono da chiamare pecore|Trattato I, capitolo XI, 9}}) *''Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete, | udite il ragionar ch'è nel mio core, | ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo.'' ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete|Trattato II, canzone prima, 1-3}}<ref name=c1>Presente anche in ''Rime'', LXXIX, ''[[s:Rime (Dante)/LXXIX - Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete|Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete]]''.</ref>) *''Chi veder vuol la salute, | faccia che li occhi d'esta donna miri, | sed e' non teme angoscia di sospiri''. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Chi veder vuol la salute|Trattato II, canzone prima, 24-26}}<ref name=c1/>) *Ma però che non subitamente nasce amore e fassi grande e viene perfetto, ma vuole tempo alcuno e nutrimento di pensieri, massimamente là dove sono pensieri contrari che lo 'mpediscano, convenne, prima che questo nuovo amore fosse perfetto, molta battaglia intra lo pensiero del suo nutrimento e quello che li era contraro, lo quale per quella gloriosa Beatrice tenea ancora la rocca de la mia mente. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Ma però che non subitamente|Trattato II, capitolo II, 3}}) *Dico che intra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita non essere altra vita; però che, se noi rivolgiamo tutte le scritture, sì de' filosofi come de li altri savi scrittori, tutti concordano in questo, che in noi sia parte alcuna perpetuale. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|bestialitadi|Trattato II, capitolo VIII [IX], 8}}) *[...] la [[Cristianesimo|dottrina veracissima]] di Cristo, la quale è via, verità e luce: via, perché per essa sanza impedimento andiamo a la felicitade di quella immortalitade; verità, perché non soffera alcuno errore; luce, perché allumina noi ne la tenebra de la ignoranza mondana. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|la dottrina veracissima di Cristo|Trattato II, capitolo VIII [IX], 14}}) *[...] non dee l'uomo, per maggiore [[amicizia|amico]], dimenticare li servigi ricevuti dal minore. ({{Source|Convivio/Trattato secondo|Non dee l'uomo|Trattato II, capitolo XV [XVI], 6}}) *''[[Amore|Amor]] che ne la mente mi ragiona | de la mia donna disiosamente, | move cose di lei meco sovente, | che lo 'ntelletto sovr'esse disvia.'' ({{Source|Convivio/Trattato terzo|Amor che ne la mente mi ragiona|Trattato III, canzone seconda, 1-4}}<ref name=c2>Presente anche in ''Rime'', LXXXI, ''[[s:Rime (Dante)/LXXXI - Amor che ne la mente mi ragiona|Amor che ne la mente mi ragiona]]''.</ref>) *''Non vede il sol, che tutto 'l mondo gira, | cosa tanto gentil, quanto in quell'ora | che luce ne la parte ove dimora | la donna di cui dire Amor mi face.'' ({{Source|Convivio/Trattato terzo|Non vede il sol|Trattato III, canzone seconda, 19-22}}<ref name=c2/>) *[...] [[Filosofia]] non è altro che amistanza a sapienza. ({{Source|Convivio/Trattato terzo|Filosofia non è|Trattato III, capitolo XI, 6}}) *Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l [[sole]]. ({{Source|Convivio/Trattato terzo|sole|Trattato III, capitolo XII, 7}}) *[...] la [[moralità|moralitade]] è bellezza de la filosofia. ({{Source|Convivio/Trattato terzo|la moralitade è bellezza de la filosofia|Trattato III, capitolo XV, 11}}) *''Le dolci rime d'amor ch'i' solia | cercar ne' miei pensieri, | convien ch'io lasci; non perch'io non speri | ad esse ritornare, | ma perché li atti [[sdegno|disdegnosi]] e feri | che ne la donna mia | sono appariti m'han chiusa la via | de l'usato parlare.'' ({{Source|Convivio/Trattato quarto|Le dolci rime d'amor ch'i' solia|Trattato IV, canzone terza, 1-8}}<ref name=c3>Presente anche in ''Rime'', LXXXII, ''[[s:Rime (Dante)/LXXXII - Le dolci rime d'amor ch'i' solia|Le dolci rime d'amor ch'i' solia]]''.</ref>) *''[[Federico II di Svevia|Tale imperò]] che gentilezza<ref>Qui "gentilezza" ha il significato di [[nobiltà]]. Il tale che imperò, a cui è attribuita la convinzione è [[Federico II di Svevia]].</ref> volse, | secondo 'l suo parere, | che fosse antica possession d'avere | con reggimenti belli''. ({{Source|Convivio/Trattato quarto|Federico II di Svevia|Trattato IV, canzone terza, 21-24}}<ref name=c3/>) *''È gentilezza dovunqu'è [[virtù|vertute]], | ma non vertute ov'ella; | sì com'è 'l cielo dovunqu'è la stella, | ma ciò non e converso. | E noi in donna e in età novella | vedem questa salute, | in quanto vergognose son tenute, | ch'è da vertù diverso.'' ({{Source|Convivio/Trattato quarto|È gentilezza dovunqu'è vertute|Trattato IV, canzone terza, 101-108}}<ref name=c3/>) *Veramente [[Aristotele|Aristotile]], che Stagirite ebbe sopranome, e [[Senocrate|Zenocrate Calcedonio]], suo compagnone, [e per lo studio loro], e per lo 'ngegno [singulare] e quasi divino che la natura in Aristotile messo avea, questo fine conoscendo per lo modo socratico quasi e academico, limaro e a perfezione la filosofia morale redussero, e massimamente Aristotile. E però che Aristotile cominciò a disputare andando in qua e in lae, chiamati furono – lui dico, e li suoi compagni – [[Scuola peripatetica|Peripatetici]], che tanto vale quanto 'deambulatori'. E però che la perfezione di questa moralitade per Aristotile terminata fue, lo nome de li Academici si spense, e tutti quelli che a questa setta si presero Peripatetici sono chiamati; e tiene questa gente oggi lo reggimento del mondo in dottrina per tutte parti, e puotesi appellare quasi cattolica oppinione. Per che vedere si può, Aristotile essere additatore e conduttore de la gente a questo segno. E questo mostrare si volea. ({{Source|Convivio/Trattato quarto|Veramente Aristotile|Trattato IV, capitolo VI, 15-16}}) ==''Le Rime''== *''[[Guido Cavalcanti|Guido]], i' vorrei che tu [[Lapo Gianni|Lapo]] ed io | fossimo presi per incantamento | e messi in un vasel, ch'ad ogni vento | per mare andasse al voler vostro e mio''. (da ''Guido, i' vorrei che tu Lapo ed io'') *''Se io sarò là dove sia | Fioretta mia bella'' [a sentire], | ''allor dirò la donna mia | che port'in testa i miei sospire. | Ma per crescer disire | mia donna verrà | coronata da Amore''. (da ''Per una ghirlandetta'') *''Tu, Violetta, in forma più che umana, | foco mettesti dentro in la mia mente | col tuo piacer ch'io vidi; | poi con atto di spirito cocente | creasti speme, che in parte mi sana''. (da ''Deh, Violetta, che in ombra d'Amore'') *''«Or ecco leggiadria di gentil core, | per una sì delvaggia dilettanza | lasciar le donne e lor gaia sembianza!» | Allor, temendo non che senta Amore, | prendo vergogna, onde mi ven pesanza''. (da ''Sonar brachetti, e cacciatori aizzare''.) *''Un dì si venne a me [[Malinconia]] | e disse: «Io voglio un poco stare teco»; | e parve a me ch'ella menasse seco | [[Dolore]] e [[Ira]] per sua compagnia''. (da ''Un dì si venne a me Malinconia'') {{NDR|Dante Alighieri, ''Rime'', ''Opere Minori'', in ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1965}} ==''De Monarchia''== ===[[Incipit]]=== ====Originale==== Omnium hominum quos ad amorem veritatis natura superior impressit hoc maxime interesse videtur: ut, quemadmodum de labore antiquorum ditati sunt, ita et ipsi posteris prolaborent, quatenus ab eis posteritas habeat quo ditetur. ====Traduzione==== El principale huficio di tutti gli huomini, i quali dalla natura superiore sono tirati ad amare la verità, pare che ·ssia questo: che ·ccome loro sono aricchiti per la fatica degli antichi, così s'affatichino di dare delle medesime riccheze a quelli che dopo loro verranno. ([[s:Monarchia/Libro I/Capitolo I|I, I]]) ===Citazioni=== *Dovunque può essere [[lite|litigio]], ivi debbe essere g[i]udicio. ([[s:Monarchia/Libro I/Capitolo XII|I, XII]]) *L'umana generatione, quando è massime libera, hottimamente vive. ([[s:Monarchia/Libro I/Capitolo XIV|I, XIV]]) {{NDR|''Monarchia'', a cura di Prudence Shaw, traduzione di [[Marsilio Ficino]], in «Studi Danteschi», LI (1978)}} ==[[Incipit]] di alcune opere== ===''De vulgari eloquentia''=== Cum neminem ante nos de vulgaris eloquentie doctrina quicquam inveniamus tractasse, atque talem scilicet eloquentiam penitus omnibus necessariam videamus, cum ad eam non tantum viri sed etiam mulieres et parvuli nitantur, in quantum natura permictit, volentes discretionem aliqualiter lucidare illorum qui tanquam ceci ambulant per plateas, plerunque anteriora posteriora putantes, – Verbo aspirante de celis – locutioni vulgarium gentium prodesse temptabimus, non solum aquam nostri ingenii ad tantum poculum aurientes, sed, accipiendo vel compilando ab aliis, potiora miscentes, ut exinde potionare possimus dulcissimum ydromellum. ===''Egloghe''=== ====Originale==== <poem>Vidimus in nigris albo patiente lituris Pyerio demulsa sinu modulamina nobis. Forte recensentes pastas de more capellas tunc ego sub quercu meus et Melibeus eramus.</poem> ====Traduzione==== :Sul foglio bianco deturpato dai neri segni ho visto un carme, spremuto per me dal seno delle Muse. Eravamo soli, io e Melibeo, sotto una quercia, intenti come al solito a contare le sazie caprette.<ref name=Ope>da ''Dante Alighieri Opere Minori'', ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1965.</ref> ===''Epistole''=== Reverendissimo in Christo patri dominorum suorum carissimo domino Nicholao miseratione celesti Ostiensi et Vallatrensi episcopo, Apostolice Sedis legato, necnon in Tuscia Romaniola et Marchia Tervisina et partibus circum adiacentibus paciario per sacrosanctam Ecclesiam ordinato, devotissimi filii A. capitaneus Consilium et Universitas partis Alborum de Florentia semetipsos devotissime atque promptissime recommendant. ===''Quaestio de aqua et de terra''=== ====Originale==== Universis et singulis presentes litteras inspecturis, Dantes Alagherii de Florentia inter vere phylosophantes minimus, in Eo salutem qui est principium veritatis et lumen. ====Traduzione==== :A tutti, uno per uno, quelli sotto gli occhi dei quali cadrà questo scritto, Dante Alighieri di [[Firenze]], il più insignificante di tutti i filosofi, augura salute in Colui che è principio e luce di verità.<ref name=Ope /> ==Citazioni su Dante Alighieri== *''Amore, e Carità suo fuoco accese | Dante a cantare i tristi, e lieti Regni, | fior di virtù, e fior di tutti ingegni, | che dall'empireo Ciel fra noi discese.'' ([[Burchiello]]) *''Altissimo | signor del sommo canto''. ([[Ugo Foscolo]]) *Che Dante non amasse l'[[Italia]], chi vorrà dirlo? Anch'ei fu costretto, come qualunque altro l'ha mai veracemente amata, o mai l'amerà, a flagellarla a sangue, e mostrarle tutta la sua nudità, sì che ne senta vergogna. ([[Ugo Foscolo]]) *Conoscere e descrivere la mente di Dante sarà mai possibile? Egli eclissa nella profondità del suo pensiero: volontariamente eclissa. ([[Giovanni Pascoli]]) *Credo che tutti i lettori di Dante siano in qualche modo viziati dalla giovanile lettura parcellare imposta dalla scuola. […] Leggendo la Divina Commedia d'un fiato, mi rendevo conto di contrastare una antica malsana usanza; ma di meglio non potevo fare. […] Dante è un enigmatico, e almeno una volta accettiamolo per quel che è. Ha i suoi motivi per non farsi capire subito, e qualche volta per essere assolutamente impenetrabile. È una corsa stremante tra luci e tenebre, stelle, lune, soli, misteriosi frammenti di edifici regali e sacri, con mutile, occulte scritte. Il percorso è talora nitido, geometrico; talora è paludoso, è uno strisciar tra cunicoli ed antri. Non capire è importante. ([[Giorgio Manganelli]]) *''Dante Alighier, s'i' so' bon begolardo, | tu mi tien' bene la lancia a le reni; | s'eo desno con altrui, e tu vi ceni; | s'eo mordo 'l grasso, tu ne sugi 'l lardo; | s'eo cimo 'l panno, e tu vi freghi 'l cardo.'' ([[Cecco Angiolieri]]) *''Dante Alighieri che sorresse il mondo | in suo pugno ed i fonti | dell'universa vita ebbe in suo cuore''. ([[Gabriele D'Annunzio]]) *''Dante alla porta di Paolo e Francesca | spia chi fa meglio di lui: | lì dietro si racconta un amore normale | ma lui saprà poi renderlo tanto geniale. | E il viaggio all'inferno ora fallo da solo | con l'ultima invidia lasciata là sotto un lenzuolo''. ([[Fabrizio De André]]) *Dante, altiero e ghibellino, ritraeva schifamente l'animo da chiunque non fosse conosciuto per fama o per infamia. Il suo cuore era in Alemagna: officina d'ogni tirannia e d'ogni vassallaggio, che per secoli hanno afflitto tutta Europa. E chi, in quella barbarie di tempi, cercava gli abituri della povera plebe, quando non fosse per manometterla o farnela uscire a parteggiare? Dante pellegrinava da castello a castello; né altro vedeva nel mondo fuorché imperatori, e re, e papi; e Cane, e Meroello, e Guido. I villani «gli puzzavano»; e gli doleva di veder «cambiare e mercare» colui il cui avolo aveva limosinato; né gli sarebbe paruto di mal fare, potendo pur rendere la religione stromento di vendette e di carneficine. ([[Giovita Scalvini]]) *Dante, che è Dante, non ebbe sempre lo stesso culto, stando al numero delle edizioni della sua ''Commedia'', il quale nel sec. XVII fu scarsissimo, a cagione del cattivo gusto predominante.<br />La civiltà italiana si può misurare alla stregua della ''varia fortuna di Dante'', come direbbe il [[Giosuè Carducci|Carducci]], ossia del culto di Dante rivelato principalmente dalle edizioni e dalle illustrazioni del suo poema. ([[Carlo Lozzi]]) *Dante ci invita a guardare in alto, ma ci spinge anche a vedere quanto siamo schifosi. Per questo che nel primo girone ci mette i lussuriosi: io mi ci vedrei bene. ([[Roberto Benigni]]) *Dante, come ogni altro grand'uomo, era pieno di sé – chè senza intima fiducia a nulla di sommo si arriva – e non solo tradisce questo in molte frasi della sua ''Divina Comedia'', ma lo confessa francamente nel C. XIII del ''Purgatorio'' (dal v. 133 al 138) dove dice che non ha tanto paura di passare un po' di tempo nel luogo degli invidiosi, quanto in quello de' superbi. ([[Carlo Dossi]]) *Dante è tal poeta che non sarà mai popolare, né potrà mai destare entusiasmo nelle masse. La natura schiva del suo ingegno lo apparta, lo segrega, e se lo rende più caro a chi s'interna nelle latebre del suo carattere, fa sì però che pel volgo rimanga sempre un libro chiuso con sette suggelli. ([[Vittorio Imbriani]]) *Dante insegna la strada maestra della norma: l'inferno, il paradiso, il limbo, il premio o la punizione. È la grancassa del cattolicesimo, è un poeta funzionale, bravino ma interessato a compiacere, insomma, spera di essere ben presto a busta paga per i servigi resi. È critico ma solo quel tantino che fa birichino e niente più, in effetti è ligio e monolitico. In altre parole, insegna a piegare il capo e a inginocchiarsi. Tutto in lui è funzionale al potere. ([[Aldo Busi]]) *Dante non sarebbe forse partito mai da Verona, se il suo costume alquanto aspro e feroce, e il suo parlare troppo libero e franco non l'avessero a poco a poco fatto decadere dalla grazia di Can Grande I, che per un pezzo l'avea avuto carissimo e in sommo onore. [...] Tra la turba d'istrioni e d'altre persone festevoli che lo Scaligero teneva in corte, uno essendone che riusciva a tutti sommamente caro, di lui disse un giorno in presenza di molti Cangrande a Dante: ''Come sta egli mai, che costui, il quale è un balordo, sia grato a tutti, e tu che vieni riputato sapiente, nol sia?'' Al che Dante subito rispose: ''Non è meraviglia, perché la similitudine e l'uniformità de' costumi partorisce grazia e amicizia!'' ([[Gaetano Moroni]]) *Dante [...], pur essendo, come poeta, un grande innovatore, fu, come pensatore, alquanto indietro sui tempi. [...] Il pensiero di Dante è interessante, non solo per sé, ma perché è il pensiero d'un laico; ma non ebbe ripercussioni, ed era inoltre disperatamente fuori moda. ([[Bertrand Russell]]) *Dante sembra il poeta della nostra epoca. ([[Alphonse de Lamartine]]) *[...] dell'Italiano che più di niun altro raccolse in sé l'ingegno, le virtù, i vizi, le fortune della patria. Egli ad un tempo uomo d'azioni e di lettere, come furono i migliori nostri; egli uomo di parte; egli esule, ramingo, povero, traente dall'avversità nuove forze e nuova gloria; egli portato dalle ardenti passioni meridionali fuori di quella moderazione che era nella sua altissima mente; egli, più che da niun altro pensiero, accompagnato lungo tutta la vita sua dall'amore; egli, insomma, l'Italiano più italiano che sia stato mai. ([[Cesare Balbo]]) *Dopo [[Omero]] nessun poeta, per mio giudicio, può alzarsi a competere con l'Alighieri, salvo [[William Shakespeare|Guglielmo Shakspeare]], gloria massima dell'[[Inghilterra]]. E per fermo, ne' drammi di lui l'animo e la vita umana vengon ritratti così al vero e scandagliati e disaminati così nel profondo, che mai nol saranno di più. Ma le condizioni peculiari della drammatica e l'indole propria degl'ingegni settentrionali impedirono a Shakspeare di raggiungere quella perfetta unione sì delle diverse materie poetiche e sì di tutte l'eccellenze e prerogative onde facciamo discorso. E veramente nelle composizioni sue la religione si mostra sol di lontano e molto di rado; e tra le specie differenti e delicatissime d'amore ivi entro significate, manca quella eccelsa e spiritualissima di cui si scaldò l'amante di Beatrice. ([[Terenzio Mamiani]]) *E Dante, che sviene ogni momento! ([[Jules Renard]]) *E voi, cari ragazzi, di chi è stato il promotore dell'apprendimento sotto la guida del Magistero della Chiesa, continuate come state facendo ad amare e ad interessarvi del nobile poeta, di colui che Noi non esitiamo a chiamare il più eloquente cantante dell'ideale Cristiano. ([[Papa Benedetto XV]]) *Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d'onestissimi panni sempre vestito in quell'abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso. ([[Giovanni Boccaccio]]) *I fiorentini amano il vino. Dante medesimo fu altissimo poeta e grande bevitore. ([[Vasco Pratolini]]) *'Incipit vita nova'. Comincia la vita nuova: così, con solenne ed occulto parlare, l'Alighieri comincia l'opera sua 'La Vita Nuova'. Come molti versi danteschi anche questo diventò popolare, e si usa per significare un mutamento di male in bene nelle operazioni dell'esistenza. ([[Alfredo Panzini]]) *La provenienza di Dante è aristotelica: scuola, dunque, d'uno che ha prepotentemente creduto nell'uomo animale politico, nella città, nel cittadino... Dire "civis" è lo stesso che dire "civilitas" e difatti su codesti termini punta Dante, assertore della società civile: d'una civiltà ch'è, insieme, ordine giuridico politico religioso, Stato. Viceversa, nel [[Francesco Petrarca|Petrarca]] è l'"homo" che trova la sua celebrazione, l'individuo che, in quanto creatura, prima ancora che farsi membro di consociazione politica, ha in sé la sua possibilità di redenzione e di perfezione, magari al di fuori della società. E quasi contro la "civilitas" dantesca, è l'"humanitas" che viene rivendicata e curata, quella condizione primaria ed ultima che consente, al di fuori delle strutture sociali, la parentela dell'uomo col [[Gesù|Figliuol dell'Uomo]]. ([[Rodolfo De Mattei]]) *Legger Dante è un dovere; rileggerlo è bisogno: sentirlo è presagio di grandezza. ([[Niccolò Tommaseo]]) *L'Omero del medioevo. ([[Abel-François Villemain]]) *''O gran padre Alighier...'' ([[Vittorio Alfieri]]) *Orma di Dante non si cancella. ([[Achille Pellizzari]]) *Proteo del medioevo che riveste tutte le forme del mondo civilizzato e del mondo barbaro. ([[Abel-François Villemain]]) *Quando si ha una salda [[educazione]] nazionale, e si è radicati nel giusto della nostra letteratura indigena, bisogna sapersi guardare attorno e porre mente all'altro polo, così come faceva Dante per le quattro luci sante, lassù, nel suo bel ''Purgatorio'':<br />''Goder pareva il ciel di lor fiammelle:<br />Oh settentrional vedovo sito,<br />Poi che privato se' di mirar quelle!'' ([[Luigi Russo]]) *Solo là dove il bambino e l'uomo coesistono, in forme il più possibile estreme, nella stessa persona, nasce – molte altre circostanze aiutando – il miracolo: nasce Dante. Dante è un piccolo bambino, continuamente stupito di quello che avviene a un uomo grandissimo; sono veramente «due in uno». ([[Umberto Saba]]) *Soltanto l'artista universale, il moralista intransigente attirano il lettore moderno, meravigliato che ci sia stato al mondo un carattere così potente. ([[Giuseppe Prezzolini]]) *– Vi piace Dante?<br />– Un inferno assai affollato quello che descrive.<br />– Oppositori politici, gente che gli aveva fatto torto. La sua penna taglia quanto una lama.<br />– Sì. Un modo sottile di ottenere vendetta. (''[[Assassin's Creed: Revelations]]'') ===[[Giosuè Carducci]]=== *''Anch'ei, tra 'l dubbio giorno d'un gotico | Tempio avvolgendosi, l'Alighier trepido | Cercò l'immagine di Dio nel gemmeo | Pallore d'una femina''. *''Dante, onde avvien che i vóti e la favella | Levo adorando al tuo fier simulacro, | E me sul verso che ti fè già macro | Lascia il sol, trova ancor l'alba novella''? | [...] | ''Son chiesa e impero una ruina mesta | Cui sorvola il tuo canto e al ciel risona: | Muor Giove, e l'inno del poeta resta''. *''Forti sembianze di novella vita | Circondar la tua cuna, | o re del canto che più alto mira. | Gentil virago ardita, | Quale non vider mai le argive sponde | Né le latine, e d'amor balda e d'ira, | te venìa la bella | Toscana libertade; e il pargoletto | Già magnanimo petto | Ti confortava de la sua mammella. | Tutta accesa ne' raggi di sua sfera, | Mite insieme ed austera, | Venne la fede; e per un popoloso | Di visioni e d'ombre oscuro lito | La porta ti mostrò dell'infinito''. ===[[Giuseppe Mazzini]]=== *Ogni città d'Italia quando l'Italia sarà libera ed una, dovrebbe innalzargli una statua. *Un uomo Italiano, il più grande fra gl'Italiani che io mi conosca. *Volete voi, Operai Italiani, onorare davvero la memoria de' vostri Grandi e dar pace all'anima di Dante Allighieri? Verificate il concetto che lo affaticò nella sua vita terrestre. Fate U<small>NA</small> e potente e libera la vostra contrada. Spegnete fra voi tutte quelle meschinissime divisioni contro le quali Dante predicò tanto, che condannarono lui, l'uomo che più di tutti sentiva ed amava il vostro avvenire, alla sventura e all'esilio, e voi a una impotenza di secoli che ancor dura. Liberate le sepolture de' vostri Grandi, degli uomini che hanno messo una corona di gloria sulla vostra Patria, dall'onta d'essere calpeste dal piede d'un soldato straniero. E quando sarete fatti degni di Dante nell'amore e nell'odio — quando la terra vostra sarà ''vostra'' e non d'altri — quando l'anima di Dante potrà guardare in voi senza dolore e lieta di tutto il santo orgoglio Italiano — noi innalzeremo la statua del Poeta sulla maggiore altezza di Roma, e scriveremo sulla base: A<small>L</small> P<small>ROFETA DELLA</small> N<small>AZIONE</small> I<small>TALIANA</small> <small>GLI</small> I<small>TALIANI DEGNI DI LUI</small>. ===[[Ezra Pound]]=== *[[Geoffrey Chaucer|Chaucer]] aveva una conoscenza della vita più profonda di [[William Shakespeare|Shakespeare]]... Era più comprendioso di Dante. *Ci sono voluti due secoli di [[Provenza]] e uno di [[Toscana]] per sviluppare i mezzi del capolavoro di Dante. *Il Dio di Dante è divinità ineffabile, Il Dio di [[John Milton|Milton]] è un essere pignolo con un ''hobby'', Dante è metafisico, mentre Milton è solamente settario. *La visione di Dante è reale, perché egli la vide; la poesia di [[François Villon|Villon]] è reale, perché egli la visse. ==Note== <references/> ==Bibliografia== *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Convivio]'', (edizione critica di G. Busnelli e G. Vandelli), Le Monnier, 1964. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm De vulgari eloquentia]'', a cura di Aristide Marigo, Le Monnier, 1948. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Egloghe]'', in "Tutte le opere" di Dante Alighieri, Newton Compton. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Epistole]'', in "Dante-Tutte le opere", a cura di Luigi Blasucci, Sansoni editore, 1965. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm De Monarchia]'', tratto da "Enciclopedia Dantesca. Appendice: biografia, lingua e stile, opere", Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Roma, 1978. *Dante Alighieri, ''[http://www.liberliber.it/libri/a/alighieri/index.htm Quaestio de aqua et de terra]'', in "Tutte le opere" di Dante Alighieri, Newton Compton. *Dante Alighieri, ''Opere Minori'', ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1965. *Dante Alighieri, ''Vita nuova'', in ''Opere minori di Dante Alighieri, volume II'', commento e traduzione di Pietro Fraticelli, Barbèra, Bianchi e comp., Firenze, 1857. ==Voci correlate== *[[Jacopo Alighieri]] *''[[Dante's Inferno]]'' – videogioco ==Altri progetti== {{Interprogetto}} ===Opere=== {{Pedia|Le Rime||}} {{Pedia|Vita Nuova||(1293-1295)}} {{Pedia|De vulgari eloquentia||(1303-1305)}} {{Pedia|Convivio||(1304-1307)}} {{Pedia|Divina Commedia||(1304-1321)}} {{Pedia|De Monarchia||(1312-1313 ca.)}} {{Pedia|Egloghe (Dante Alighieri)|''Egloghe''|(1319-1320)}} {{Pedia|Quaestio de aqua et terra||(1320)}} {{Pedia|Epistole (Dante Alighieri)|''Epistole''|}} {{DEFAULTSORT:Alighieri, Dante}} [[Categoria:Poeti italiani]] [[Categoria:Scrittori italiani]]'
Modifiche apportate in formato unidiff (edit_diff)
'@@ -3,12 +3,5 @@ '''Dante Alighieri''' (1265 – 1321), il ''Sommo poeta'' italiano. -==Citazioni di Dante Alighieri== -*Che se in Fiorenza per via onorata non s'entra, io non entrerovvi giammai. E che? non potrò io da qualunque angolo della terra mirare il sole e le stelle? non potrò io sotto ogni plaga del cielo meditare le dolcissime verità, se pria non mi renda uom senza gloria, anzi d'ignominia, in faccia al popolo e alla città di Fiorenza? (dall'[[s:la:Epistulae (Dante Alighieri)#XII.|epistola XII]]; citato in Piero Fraticelli (a cura di), ''La Divina Commedia di Dante Alighieri col comento di Pietro Fraticelli'', G. Barbèra, Firenze, 1881, [http://www.archive.org/stream/ladivinacommedi03fratgoog#page/n35/mode/2up p. 20]) -*Il volgare [[Sicilia|siciliano]] si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli Italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità [...] E in verità quegli uomini grandi e illuminati, Federico Cesare e il suo degno figlio Manfredi, seppero esprimere tutta la nobiltà e dirittura del loro spirito, e finché la fortuna lo permise si comportarono da veri uomini, sdegnando di vivere da bestie. Ed è per questo che quanti avevano in sé nobiltà di cuore e ricchezza di doni divini si sforzarono di rimanere a contatto con la maestà di quei grandi principi, cosicché tutto ciò che a quel tempo producevano gli Italiani più nobili d'animo vedeva dapprima la luce nella reggia di quei sovrani così insigni; e poiché sede del trono regale era la Sicilia, ne è venuto che tutto quanto i nostri predecessori hanno prodotto in volgare si chiama siciliano: ciò che anche noi teniamo per fermo, e che i nostri posteri non potranno mutare.<ref>Citato in ''[http://www.danteonline.it/italiano/opere2.asp?idcod=000&idope=3&idliv1=1&idliv2=12&idliv3=1&idlang=IT]</ref> (da ''De vulgari eloquentia'', XII cap. del I libro) -*“Venendo subito al punto, che chiamo lingua volgare quella che i bambini apprendono da chi sta loro intorno dal momento che cominciano ad articolare i suoni; oppure per esser più brevi, la lingua volgare è quella che, senza bisogno di regole, impariamo imitando la nostra nutrice”. (da ''De vulgari eloquentia'', Milano, Garzanti, 2009, pag. 3) -===Attribuite=== -*[[Dio]] è Uno; l'[[Universo]] è un pensiero di Dio; l'Universo è dunque Uno esso pure. Tutte le [[cose]] vengono da Dio. Tutte partecipano, più o meno, della natura divina, a seconda del fine pel quale sono create. L'[[uomo]] è nobilissimo fra tutte le cose: Dio ha versato in lui più della sua natura che non sull'altre. Ogni cosa che viene da Dio tende al [[perfezionamento]] del quale è capace. La capacità di perfezionamento nell'uomo è indefinita. L'Umanità è Una. Dio non ha fatto cosa inutile; e poiché esiste una Umanità, deve esistere uno scopo unico per ''tutti'' gli uomini, un lavoro da compirsi per opera d'essi tutti. Il genere umano dovrebbe dunque lavorare unito sì che tutte le forze intellettuali diffuse in esso ottengano il più alto sviluppo possibile nella sfera del pensiero e dell'azione. Esiste dunque una Religione universale della natura umana.<ref>Citato in [[Giuseppe Mazzini]], ''Dei doveri dell'uomo'', in ''Dei doveri dell'uomo – Fede e avvenire'', a cura di Paolo Rossi, Mursia, Milano<!--l'anno dell'edizione non è chiaro: c'è scritto solo «Copyright 1965-1984» e «GUM Nuova serie n. 10»-->, cap. VII<!--pp. 78-78-->.<br />Mazzini cita queste parole fra virgolette, come scritte da Dante. Si tratta di «una libera esposizione mazziniana del pensiero dantesco», secondo la nota del curatore.</ref> -*Non ti curar di loro, ma guarda e passa. -:{{NDR|[[Citazioni errate|Citazione errata]]}} La citazione corretta è: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.»<ref>Cfr. ''[http://www.corriere.it/solferino/severgnini/07-01-06/01.spm Ragioniamo di Dante (ma senza sbagliare citazione!)]'', ''Corriere.it'', 7 gennaio 2006.</ref> +Farmville farms even include free gift that is especially designed for the neighbors on bkddagkdgagaedad ==''Divina Commedia''== '
Nuova dimensione della pagina (new_size)
86384
Vecchia dimensione della pagina (old_size)
90238
Cambiamento di dimensione della modifica (edit_delta)
-3854
Righe aggiunte dalla modifica (added_lines)
[ 0 => 'Farmville farms even include free gift that is especially designed for the neighbors on bkddagkdgagaedad' ]
Indica se la modifica è stata fatta da un nodo di uscita TOR o meno (tor_exit_node)
0
Timestamp UNIX della modifica (timestamp)
1480285568