Cesare Betteloni

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Cesare Betteloni (1808 – 1858), poeta italiano.

Citazioni di Cesare Betteloni[modifica]

  • Quando costei sull'agili | piante si libra a volo, | e danzatrice aerea | par quasi sdegni il suolo, || spuntar le vidi agli omeri, | al profan volgo ascose, | due candide lievissime | alette luminose. || Muto stupii: ma subito | colsi, né colsi invano, | la portentosa origine | del grazioso arcano. || Oh Amore; a lei le instabili | piume tu presti e adatti | mentre a ferir noi miseri! | negli occhi suoi t'appiatti.[1]
  • Sembri un ceruleo vel, cui gl'infiniti | capi fra sé leggiadramente tesi | tengon le ville assise in giro ai liti, | e i tuoi dintorno floridi paesi: | onde tra lor fraternamente uniti | (quasi per mano si tenesser presi) | sono da te che in amistà gli allacci, | e tre provincie in caro nodo abbracci.[2]

Citazioni su Cesare Betteloni[modifica]

  • Cesare Betteloni fu un vinto della vita; ma non fu un vinto dell'arte. In tempi quieti non gli sarebbe stato negato subito il posto al quale ha diritto; onde questa commemorazione[3], lodevolmente promossa da privati cittadini, raccolta e fatta sua dalla vigile autorità del Comune, solerte custode d'ogni gloria cittadina, non può sembrare a nessuno una sterile esumazione d'un nome vano senza soggetto; ma per quanti amano l'arte fatta più cara dalla pietà di una grande sventura, dev'essere considerata una giusta, una dovuta rivendicazione. (Giuseppe Biadego)

Pompeo Gherardo Molmenti[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Pochi uomini furono più infelici di Cesare Betteloni, pochi poeti seppero meglio di lui esprimere col verso quegli strazi affannosi, quelle inquietudini angosciose che non si possono recidere che colla vita.
  • Le poesie del Betteloni rivelano tutta la tragedia di un'anima, che non può trovar quiete che nella tomba. E allorché non ebbe più la forza di soffrire l'intensità del male, allorché la vita gli si rese insopportabile, si senti spinto dalla fatale ebbrezza del suicidio e ricorse alla morte come ad ultimo ed unico rifugio. Voleva che le sue lunghe pene finissero, chiedeva intorno a sé il silenzio, e sentiva la voce dell'eternità che lo chiamava – vox magna per umbras.
  • Il Betteloni sorride qualche volta, ma quel sorriso è una forma di pianto, è il sorriso d'uno che non vede lontana la tomba:
    Il dolce porto d'ogni mal cocente
    ch'io da tant'anni vo aspettando invano.
    Non è l'artifizio del poeta, è l'ispirazione dolorosa di un'anima che avrebbe desiderato godere la vita, inebriarsi di affetti, di canti e di profumi, e che si trova invece contraddetta nelle sue più care aspirazioni, ne' suoi desideri più ardenti.

Note[modifica]

  1. A madamigella Cerrito, in Poesie varie di Cesare Betteloni, per Giovanni Silvestri, Milano, 1844, p. 85.
  2. Da Il lago di Garda, XXX, Pietro e Giuseppe Vallardi, Milano, 1834, p. 20.
  3. Discorso commemorativo letto in Verona il 27 aprile 1902.

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