Donald Rayfield

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Donald Rayfield

Donald Rayfield (1942 – vivente), storico e critico letterario britannico.

Dall'intervista di John Sweeney

J. Sweeney, Il killer del Cremlino. Il regno del terrore di Vladimir Putin, traduzione di Elena Lombardi e Demetra Amadasi, Newton Compton Editori, 2024, ISBN 978-88-227-8738-5

  • Anatoly Sobchak era sindaco e aveva la reputazione di essere un democratico e un liberale. Ma, ovviamente, è possibile essere un democratico e un liberale e un completo truffatore allo stesso tempo. Sobchak potrebbe non avere ordinato degli omicidi. Ma credo che il suo portaborse [Vladimir Putin] fosse probabilmente un po' più spietato.
  • La mafia si rivolse a quelli del KGB che avevano i soldi e i contatti. Ci fu una fusione tra la polizia segreta e la mafia e fu disastrosa per il popolo russo.
  • [Sui responsabili di aver piazzato le bombe nei palazzi in Russia] Il KGB o l'FSB, come si chiama ora. Non c'è assolutamente alcun dubbio su questo. Tutte le dichiarazioni dei testimoni provano che non possono essere stati i ceceni. E poi, naturalmente, sono stati sorpresi mentre tentavano di fare la stessa cosa nella città di Ryazan e la polizia locale, come spesso accade con i servizi segreti, li ha colti sul fatto. Un poliziotto locale arriva e dice: "Cosa state facendo?". E rovina tutto. Dicono che era solo zucchero, che era un'esercitazione. Non era zucchero, era un prodotto altamente esplosivo.
  • [Sul perché l'Occidente appoggiò Putin] Non beve. Questo, dopo Eltsin e Chruščёv, era una benedizione. I leader sovietici più spaventosi erano quelli che bevevano, perché potevano premere un bottone in qualsiasi momento. Putin beve un po', ma non abbastanza da perdere il controllo. In secondo luogo, è piuttosto razionale. Calcola il rischio e il profitto di ogni azione che intraprende. È simile a Stalin in questo senso. È molto, molto bravo e commette solo errori occasionali nel calcolare il rischio e quindi è piuttosto cauto nelle avventure internazionali. Quando strappa un pezzo di un altro Paese, lo fa in un momento in cui può essere sicuro che non ci saranno conseguenze o nessuna degna di preoccupazione. Quindi suppongo che trattare con uno psicopatico razionale o apparentemente razionale sia meglio che trattare con un ubriaco irrazionale. E il fatto che avesse tutto sotto controllo significava che non ci sarebbero più problemi in Russia. Non ci sarebbero pià stati territori che reclamavano l'indipendenza, non ci sarebbero state rivolte. Il petrolio russo, il gas, il nichel e qualsiasi altra cosa venisse fornita all'Occidente sarebbero stati estratti, venduti e distribuiti senza intoppi. Penso che i leader occidentali abbiano fatto questo tipo di ragionamento. Forse è un bastardo, ma sembrava capace di gestire le cose correttamente per il profitto di tutti.
  • [Sull'omicidio di Aleksandr Val'terovič Litvinenko] Niente di importante che possa avere conseguenze a livello internazionale accade a nessuno all'esterno, senza l'ordine diretto e il consenso del capo di Stato, non più di quanto possa accadere in Corea del Nord o in Cina. Le mine vaganti sono state eliminate in Russia. Non può succedere. Un uomo d'affari potrebbe ordinare l'assassinio di un altro uomo d'affari, ma è più probabile che lo denunci al fisco per fargli portare via il patrimonio. Ma un omicidio con una sostanza radioattiva, che può provenire solo da una fonte, che costerebbe anche allo Stato milioni in termini di raffinamento, confezionamento, trasporto e addestramento degli assassini? È inconcepibile che questo non sia stato fatto su ordine diretto di Putin.

Stalin e i suoi boia[modifica]

  • Stalin annotò con vigore le sue copie (e quelle della figlia) dell'opera di Tolstoj. Un passo che suscitò il suo scherno («Ah, ah, ah» scrisse in rosso) afferma: «L'unico, indiscusso modo per salvarsi dal male di cui soffre la gente è ammettere di essere colpevoli davanti a Dio e quindi incapaci di punire o correggere gli altri». (p. 30)
  • Alcuni libri che [Stalin] lesse negli anni formativi tratteggiano le sue azioni future. Di uno, in particolare, si dice a ragione che abbia convalidato i principi della dittatura rivoluzionaria: si tratta de I demoni di Dostoevskij. Nel romanzo Die ermordete Seele (L'animo ucciso), l'informato scrittore georgiano Grigol Robakidze sostiene che la copia de I demoni della biblioteca del seminario di Tbilisi recasse numerose scritte di Stalin. Il romanzo più clamorosamente controrivoluzionario della letteratura russa era approvato dalle autorità del seminario. La trama [...] deve aver suggerito a Stalin il modo in cui organizzare una rivoluzione. Uno dei personaggi di Dostoevskij, un teorico secondo il quale devono cadere cento milioni di teste affinché le future generazioni siano felici per sempre, non deve essergli sembrato macabro quanto invece sembrò all'autore.
    Come gli eroi di Dostoevskij, Stalin cercò nella filosofia la legittimazione per violare la legge umana e divina. (pp. 32-33)
  • Il paradosso è che i maggiori romanzieri russi, Dostoevskij e Lev Tolstoj, affermarono nei rispettivi lavori che solo mediante la piena confessione i crimini del passato possono essere assolti e la vita diventare nuovamente sopportabile, eppure l'attuale stato russo si rifiuta di rinnegare Stalin e i suoi carnefici. (p. 497)

Explicit[modifica]

Finché la storia non verrà interamente raccontata e finché la comunità internazionale continuerà a sostenere che il lascito di Stalin è stato completamente giustificato ed espiato, la Russia rimarrà malata nello spirito, perseguitata dai fantasmi di Stalin e dei suoi carnefici e, peggio, dagli incubi di una loro resurrezione.

Bibliografia[modifica]

  • Donald Rayfield, Stalin e i suoi boia: una analisi del regime e della psicologia stalinisti, traduzione di Stefania De Franco, Garzanti, Milano, 2005. ISBN 88-11-69386-1

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