Enrique Scalabroni

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Enrique Scalabroni (2006)

Enrique Hector Scalabroni (1949 – vivente), dirigente sportivo e ingegnere argentino.

Citazioni di Enrique Scalabroni[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

F1 | Aspettando il prossimo Gran Premio con Enrique Scalabroni

Intervista di Antonio Azzano, formulapassion.it, 29 marzo 2012.

  • Il livello di una macchina da competizione è quello ottenuto dal pilota più veloce nel medesimo team. Nelle competizioni agonistiche, mai si livella verso il basso, sempre il livello che conta è quello realizzato dal pilota più veloce, perché se quel pilota con quella machina fa quel tempo sul giro, l'altro pilota della stessa squadra per forza deve fare lo stesso tempo. Le scuse non contano niente. Dunque, se così non fosse, dobbiamo trovare ragioni psicologiche o fisiche che impediscono al pilota più lento di realizzarsi. Mai cercare le cause nella macchina, perché le macchine sono sempre "strumenti puramente fisici", carenti di tutti problemi psichici e mai influenzabili psicologicamente-sentimentalmente come gli essere umani. Noi siamo un cocktail caotico di ambizioni, sentimenti, desideri e molte volte tutto questo non corrisponde con le nostre capacità intrinseche.
  • Le massime squadre della F1 sanno molto bene che perdendo un "cervello pensante", non è possibile rimpiazzarlo istantaneamente. C'è la necessità di una comunicazione totale fra i direttori ed il personale operativo. Quando cambia un dirigente tecnico di riferimento, serve il tempo per ristabilire la "brain communication" di quel dipartimento, con il risultato che soffre un ritardo operativo e questo in F1 è fatale.
  • Oggi la competizione è puramente internazionale, pertanto chi si limita ad avere solo gente del "proprio giardino", ha molto da perdere... Tre esempi molto chiari nei risultati al top della F1 [motori, ndr]: Mercedez Benz trova il suo top con un pilota argentino chiamato Juan Manuel Fangio. Ferrari trova il suo maggior risultato con due piloti non italiani: Schumacher e Lauda... Honda trova i suoi migliori risultati con due piloti brasiliani: Nelson Piquet e Ayrton Senna. Resta qualche dubbio?
  • [...] Vettel sa come trattare l'acceleratore e questa è la cosa più importante nel modo delle corse...
  • [...] Ferrari è nata per lottare e per vincere. Continuerà sempre a fare il possibile per vincere.

L'Ing. Scalabroni racconta la Lotus 102B e la vettura a "rombo"

Intervista di Andrea Ettori, p300.it, 9 agosto 2018.

  • [Sulla Lotus 102B] Arrivai alla Lotus contattato dal grande Peter Wright e da Peter Collins per analizzare quello che era successo con l'incidente di Donnelly a Jerez 1990, dove la macchina era proprio esplosa. In seguito mi occupai dello sviluppo della 102B con tanto lavoro in pochissimo tempo. [...] Cambiammo il materiale di costruzione, passando al carbonio per rendere la vettura più resistente e lavorando anche ai crash test, che iniziavano ad esserci in quel periodo. Poi facemmo tanto lavoro in galleria del vento, modificando le pance per migliorare il raffreddamento e la resistenza all'avanzamento. Sviluppammo una nuova ala anteriore e tanti altri particolari. [...] la forma della macchina rimase quasi identica ma il lavoro fu davvero tanto. Mi piaceva come vettura, la 102B. [«Dovette anche adattare il posteriore al V8 Judd»] Esattamente, la monoposto del 1990 aveva il V12 Lamborghini mentre la 102B il V8 Judd. Abbiamo risistemato tutto quello che serviva, come gli attacchi del telaio al nuovo motore, ma come sempre in pochissimo tempo. [...] I motori Judd erano quelli della Brabham della stagione precedente, a cui avevamo effettuato qualche controllo. La differenza più grande che ho vissuto dall'esperienza in Ferrari passando alla Lotus riguardava il motore. Il 12 cilindri di Maranello aveva 720 cavalli, mentre il V8 Judd 605. Parliamo praticamente di una categoria di differenza. Parliamo di un secondo e mezzo di differenza solo di motore.
  • Lavorare alla Lotus per me era un sogno che poi si trasformò in realtà. Peter Wright era l'inventore dell'effetto suolo e quindi essere in quella squadra era fantastico. Il problema era la mancanza di fondi. Peter Collins trovò una sponsorizzazione grazie ad una compagnia aerea asiatica che però alla firma del contratto si ritirò, a causa di quello che successe nel disastro del volo Pan-Am di qualche anno prima, lasciando Collins in una situazione parecchio complicata.
  • [«Aveva già iniziato a disegnare la vettura per il 1992?»] Assolutamente sì, ma in quel momento non avevamo un motore per il 1992. Con i dati della galleria del vento avevo visto che la resistenza all'avanzamento era per il 50% dovuta dalle ruote e per il 50% dal corpo vettura. Mi venne quindi in mente l'idea della macchina a "rombo" con una ruota anteriore, una posteriore e due laterali. Questa cosa piacque subito a Peter Wright perché si poteva guadagnare nell'ordine dei 100/120 cavalli di drag eliminando dall'aria le due ruote posteriori. Quindi rimaneva una ruota posteriore sotto l'alettone, le due laterali che erano sostanzialmente quelle anteriori di una F1 normale e quella anteriore che fungeva da ruota sterzante. Tutto ciò che avevo pensato era approvato dal regolamento, ma non riuscimmo a trovare il budget. Un peccato, perché avevamo visto che si poteva guadagnare enormemente sia in frenata che in accelerazione. Infatti in entrambe le situazioni c'erano tre ruote attive. In quel momento avevo anche disegnato un cambio, che poi non venne mai costruito, a 9 marce. Erano tre assi che lavoravano insieme, a sei marce ma con nove velocità diverse. Il problema, come ripeto, è che non c'erano soldi per sviluppare tutto questo e per questo me ne andai alla Peugeot, chiamato da Jean Todt.

30 anni fa la Ferrari 641/2: Enrique Scalabroni racconta quella meraviglia Rossa

Intervista di Andrea Ettori, p300.it, 11 febbraio 2020.

[Sulla Ferrari 641 F1]

  • [«[...] si aspettava che la 641/2 diventasse una delle Ferrari più iconiche della storia?»] Sono rimasto stupito anche io nel vedere che per i ferraristi e gli appassionati questa macchina sia ricordata così positivamente. Anche il "Moma" [il Museum of Modern Art di New York] ha deciso di averla nella sua mostra come grande prodotto italiano.
  • [«Quale fu il suo pensiero quando vide la 640 di Barnard, macchina su cui poi lei ha lavorato per realizzare la 641/2?»] Io chiaramente vidi la macchina in pista già nel corso dell'anno quando ero alla Williams. Quando la Ferrari mi chiamò sapevo che dovevo realizzare una vettura nuova, ma io arrivai il 1º settembre del 1989 e subito dissi che in 4 mesi era difficile realizzare una macchina completamente nuova. Chiesi a Cesare Fiorio un mese di tempo per poter analizzare completamente tutta la 640 per vedere a chi livello era quella macchina. Trovammo cose positive e altre da poter migliorare. Io dovevo anche verificare quale differenza esisteva tra il concetto originale di Barnard rispetto ad altri sia a livello aerodinamico che strutturale. Questo mese me lo presi solo per analizzare tutto senza modificare nulla, un po' come fa un medico quando visita un paziente. [...] Abbiamo fatto prove su tutto, dalle rigidezze verticali, alle dimensioni del radiatore visto che la vettura era davvero stata concepita al limite ma se variavano temperatura o altro andava in crisi. Abbiamo aumentato quindi le pance e le dimensioni del radiatori. Ho rivisto e aumentato anche la rigidezza strutturale. In quel periodo bisognava girare a 5mm da terra dopo i 240km/h, quindi la rigidezza tra motore e telaio doveva essere perfetta altrimenti la vettura "picchiava" sull'asfalto nella parte centrale e si creavano diversi problemi. Abbiamo rinforzato quindi tutta la struttura. La parte aerodinamica era buona, ci siamo concentrati su un lavoro dell'alettone posteriore per rendere meno "squadrata" la vettura rispetto alla 640.
  • [«Come è andato avanti lo sviluppo con due piloti così diversi come Prost e Mansell?»] È stato un vantaggio lavorare con due piloti che avevano due stili di guida così diversi. Nigel mi chiese subito la sospensione posteriore anti-squat e lo sviluppo della macchina lo fece soprattutto lui perchè Prost non era ancora disponibile. Alain si trovò subito bene con il telaio. Lui soprattutto rivolgeva le sue attenzioni al motore una volta arrivato alla Ferrari. Voleva un motore guidabile, non aggressivo che era più nello stile di guida anche fisico di un Mansell. Prost era davvero preciso e ci ha fatto capire diverse cose su come migliorare il motore. Per esempio, la maggior parte dei piloti utilizzava una corsa del pedale dell'acceleratore di circa 20-24mm, lui 70mm perchè i primi 25-30mm non erano quelli che utilizzava per fare funzionare la vettura. In caso contrario li diventavano quando si toccava un cordolo oppure la pista era bagnata per evitare l'arrivo della coppia dal motore. Nigel voleva l'opposto cioè subito la potenza e questo ci ha permesso di mettere comunque insieme una serie di informazioni e dati utili per migliorare la macchina.
  • Cesare Fiorio mi aveva permesso di sviluppare la macchina senza nessun impedimento sia del passato, cioè del progetto precedente, che nell'immediato. [...] Ricordo che comunque facemmo un lavoro incredibile per controllare la variazione del carico aerodinamico rispetto al modificarsi della temperatura dell'asfalto e dell'aria. Questo era un lavoro, per esempio, dedicato al Messico dove si correva sopra i 2000mt sul livello del mare. In galleria del vento riuscimmo a riprodurre la stessa densità dell'aria che si trovava a Città del Messico. Questo ci permise di trovare un setup che ci fece guadagnare un 10% (rispetto al 20% che si perdeva su quella pista) e quindi di fare una doppietta in gara con Prost primo e Mansell secondo.
  • [«[...] la 641/2 era più veloce della MP4/5B?»] Sì, la 641/2 era più veloce della Mclaren, il mondiale non venne vinto per questioni tra Senna e Prost e non per un problema creato dalla Ferrari.

In F1 c'è chi copia, chi inventa e un solo genio!

Dall'intervista di Franco Nugnes a motorsport.com; citato in Simone Nencioni, circusf1.com, 6 maggio 2020.

  • In Formula 1 ammiro tutti, ma i quattro principali sono: Patrick Head, Harvey Postlethwaite, l'Ingegner Mauro Forghieri e John Barnard.
  • [Sui «limiti del regolamento» in Formula 1] La macroaerodinamica non costa molto, perché la macchina la devi fare, ma quando limiti troppo il regolamento esce fuori la microaerodinamica, arrivando ad un punto in cui inizi a mettere correttori, deflettori generatori di vortice che servono a far funzionare quella soluzione, ma incrementano il budget.
  • I piccoli team [in Formula 1] dovrebbero inventare, ma il regolamento non lo permette. Come può venire fuori un Colin Chapman, come può la Ferrari mettere un alettone dove nessuno aveva pensato di porlo. Questo è quello che manca, nei regolamenti rigidi è una questione di specialisti di parti. [...] La creatività è quella che ha creato le grandi squadre, ma quando diventa importante il particolare allora la potenza motore fa la differenza.
  • Quando vedi una soluzione dell'altra macchina non si deve copiare quello che l'altro ha fatto se non si è capito perché lo ha fatto. C'è una grossa differenza tra copiare e adattare, chi copia non ha capito perché funziona, ma guarda solo il risultato, ma se la capisci sai che è stata adattata per risolvere un problema che se non hai sulla tua vettura allora creerebbe altri problemi [...] Le macchine non vanno guardate attraverso una fotografia.
  • L'ingegnere di pista deve essere un bravo ingegnere che ha i concetti della fisica, deve essere un grande psicanalista perché deve dare sicurezza ad un uomo seduto in una macchina e deve capire la vettura e cosa dice il pilota che dice quello che sente e questo è diverso dalla matematica e la fisica. Per questa una stessa soluzione non funziona sempre per i due piloti [...] Si deve ascoltare il pilota.

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