Leo Pestelli

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Leo Pestelli (1909 – 1976), scrittore e critico cinematografico italiano.

Citazioni di Leo Pestelli[modifica]

  • [Sul film La donna della domenica] [...] questo film di Comencini [...] ormeggia molto da presso, senza tradirlo, il fortunato romanzo di Fruttero e Lucentini, La donna della domenica. Sarà però inevitabile registrare un certo scarto. Nel risalto e colore, nel gusto della scoperta di certi valori «torinesi» (minuziosamente cercati sulla mappa della città), il romanzo non si è lasciato raggiungere; e gli corrisponde un film che (sia detto senza detrarre un ette all'eccellente mestiere di Comencini) resta un tipico «giallo all'italiana», dove l'ordine la lucidità la presa – cose che mancano, e mancano troppo, alla sceneggiatura di Age e Scarpelli, ostinatamente intesa alla confusione – abdicano totalmente a favore d'un mosaico, talvolta sforzato, di luoghi comuni in ordine al pittoresco, all'eccentrico o all'ignobile. La fedeltà di cui si diceva, va intesa in senso relativo e sunteggiante: in fondo, se il film fosse stato girato a Napoli o a Toronto, sarebbe stato lo stesso: che dappertutto sono signore della società bene dal letto facile, commissari di polizia che alternano il dovere coll'erotismo, macchiette di questura, professionisti viziosi, mercanti d'arte disonesti, omosessuali raffinati e loro amichetti pronti al sacrificio della vita e via dicendo; e sono mercatini (da noi, il nostro Portobello, è il Balon) e molto, molto puttanesimo, circoscritto in un linguaggio di sboccataggine interazionale. La «torinesità», se cosi si può dire, è affidata alle piazze, alle strade, alle pendici collinari: rappresentate con molta benignità e grazia, in toni vaporosi; oltreché alle solite inflessioni dialettali, caricate a fini d'esportazione, e a motti e proverbi.[1]

Parlare italiano[modifica]

Incipit[modifica]

Come sta a lingua la nostra società?
Meno male che non avessero pronosticato i puristi. «Darassi», tuonava Anton Maria Salvini, «una Babbilonia di stili e di favelle orribili: ognun farà testo nella lingua: inonderanno i solecismi: e si farà un gergo e un mescuglio barbarissimo.» E meno gonfio, ma non più allegro, Giuseppe Rigutini: «Una corrente rapida e lutulenta travolge la lingua e il pensiero italiano; di modo che fra cinquant'anni [ci siamo] sarà additato per cosa mirabile chi penserà e scriverà in italiano.»
Esagerati; per fortuna non è stato così.

Citazioni[modifica]

  • Sopportati innumerevoli frizzi, la voce Signora per Moglie resiste tuttavia nel linguaggio corrente: accetta così ai mariti tirannici come ai veramente «signoreggiati». «Spagnolismo usato dalla borghesia», la dice il Panzini; e gli sapeva d'affettazione e d'ironia involontaria. Eppure con l'uso questa parola ha preso una sfumatura di cautela, che è forse la principale cagione della sua fortuna.
    Siamo sinceri: altro è sentirsi dire: «Ho visto tua moglie» (Dio mio, dove?), altro: «Ho visto la tua signora». Piace che in bocche altrui le nostre mogli vadano coperte il più possibile; e siano esse tutte signore, anche le ciane.[2] (Donne e parole, p. 17)
  • Il buon cittadino, con lo zelo medesimo con cui le procaccia il pane, bada che in famiglia sia e circoli il Tommaseo dei Sinonimi, monumento di sapienza linguistica e libro morale. Costì le nostre donne imparano le reali, per quanto sottili e delicate, differenze che sono fra talora e talvolta, nondimeno e nonpertanto, invano e inutilmente; e lo sgomento che le cogliesse in principio, legando loro la lingua, vi farà il silenzio in casa; non ultimo dei tanti beneficii ond'è apportatore ai focolari il grande filologo. (Mondanità, sport e cinema, p. 37)
  • Il De Amicis braccò per anni la parola che dice il «rumore del pan fresco» e ne promosse pubblico dibattito sulle colonne del Giornale d'Italia. Il Moretti assicura che lo trovasse da vecchio a Firenze; altri opinano che morisse con quel desiderio in corpo. Mi fa male pensare che si guastò per quel motivo una quantità di desinari, quando l'Imaginifico[3] [Gabriele D'Annunzio], come nulla fosse, da un cricchiare, tirato su, per analogia, col cric dantesco, sfornava nelle Laudi un suo bel pane «caldo gonfio cricchiante». (Pubblicità (grande e piccola), p. 65)
  • [...] il popolo di Firenze [...] il secondo giorno dopo l'inaugurazione del tramway, leggendo a modo suo nei fianchi delle carrozze quel nome esotico. [...] ci aveva attaccato il modo di dire: è la storia del tranvai, per quando si tarda a venire a una conclusione:
    Sposare? Gli è la storia del tranvai.
    Di tutto e' mi ragiona, ma di sposarci mai
    . (La storia del tranvai, p. 82)
  • Sorge spontanea una domanda: questi demonii [i puristi dell'Ottocento] non sbagliavano mai? A modo loro sbagliavano anche loro. Li buggerava di tanto in tanto lo smoderato amore per il Due e pel Trecento. [...] Un altro atroce disinganno [dopo fardel seco letto erroneamente come far del seco] lo procurò l'espressione andar del corpo, che dapprima finemente intesa nel senso arcaico di morire, si trovò poi essere nient'altro che la volgarissima operazione di sempre. E finalmente Ferdinando Martini ha raccontato[4] da par suo l'abbaglio di quel canonico purista, che imbattutosi in un ormare, riempì Toscana delle sue discettazioni, finché mutata in i la prima gambetta dell'emme e questo mutato in enne, dal restauro risultò un altro acerbo verbo.
    Così le cantonate ci son per tutti, a nostra umana consolazione. (Sbagliavano anche loro!, p. 93)
  • Sedere o sedersi? Il Tommaseo non fu mai così in vena come nella lettera S del suo dizionario dei sinonimi. Nel si è l'idea di comodità: sedere in gogna (non sedersi). «Siede in cattedra chi ci va e ci sta per insegnare con cura e fatica; non pochi vi si seggono per sdraiarsi e far dormire a scosse.» (Il verbo, p. 165)
  • Una signora si fa sorprendere alleggerita oltre il dovere, e si stampa che era praticamente nuda. Lo sa lei se si era ridotta così per fini pratici; a noi tocca a dire semplicemente, se era nuda o no. [...] Foreste e ragazze praticamente vergini, non si danno che nelle menti oblique, o in coloro che non conoscono di quante voci, atte a sfumare le idee, è capace la nostra lingua. (»Praticamente« nuda, p. 190)
  • Una mamma si lagna che la figlia, invece di accudire alle faccende, passa il tempo alla finestra o sull'uscio di casa; un marito, che la moglie spende troppo in acquisti frivoli. Ecco tre belle voci comprensive: finestraiuola, usciuola, compraiuola, con ottime «referenze» tutte (le prime due di San Bernardino, la terza di Leon Battista Alberti). E non sarebbe un bello ed economico telegramma quello che dicesse «Rimbeltempendo, partiremo»? Rimbeltempire: ritornare il bel tempo; una parola che ne rimanda a casa quattro. (Presto e bene, p. 251)

Note[modifica]

  1. Da Questa "Donna della domenica", La Stampa, 24 dicembre 1975, p. 7.
  2. Cfr. "ciana", Vocabolario on line, Treccani.it.
  3. Cfr. "imaginifico", Vocabolario on line, Treccani.it.
  4. Cfr. Ferdinando Martini, Confessioni e ricordi, Firenze, R. Bemporad & Figlio Editori, 1922, p. 166.

Bibliografia[modifica]

  • Leo Pestelli, Parlare italiano, Longanesi, Milano, 1967.

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