Justin Cronin

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Justin Cronin nel 2012

Justin Cronin (1962 – vivente), scrittore statunitense.

I Dodici[modifica]

Incipit[modifica]

Orfanotrofio dell'Ordine delle Sorelle
Kerrville, Texas
Più tardi, dopo la cena e la preghiera della sera, e dopo il bagno se era una sera in cui era previsto, e dopo le ultime trattative per concludere la giornata ("Per favore, sorella, possiamo stare alzati ancora un poco? Per favore, ancora una storia"), quando finalmente i bambini si erano addormentati e tutto era tranquillo, Amy li guardava. non c'era nessuna regola che lo vietasse e le suore avevano fatto l'abitudine ai suoi vagabondaggi notturni: come un'apparizione, passava nel silenzio da una stanza all'altra, scivolando avanti e indietro lungo le file di letti dove erano distesi i bambini, faccia assonnata e corpo in fiducioso riposo. i più grandi avevano tredici anni, in bilico sul ciglio dell'età adulta, i più giovani erano appena bambini. Ciascuno veniva con una storia, sempre triste. molti erano terzogeniti lasciati all'orfanotrofio da genitori che non potevano pagare la tassa, altri erano vittime di circostanze anche più crudeli: madre morta di parto oppure non sposata e incapace di sopportare la vergogna; padri scomparsi nelle pieghe oscure della città o portati fuori del muro. L'origine dei bambini variava, ma la loro sorte sarebbe stata la stessa. Le femminucce sarebbero entrate nell'ordine, avrebbero dedicato il tempo alla preghiera, alla meditazione e alla cura dei bambini come era stato per loro stesse, mentre i maschietti sarebbero divenuti soldati, membri degli Esploratori, e avrebbero fatto un giuramento di natura diversa, ma non meno vincolante.

Citazioni[modifica]

  • Una profonda quiete avvolse il suo essere e, con quella, un senso del passato, un'esperienza come di déjà vu: era lì ma non era lì, era qui e anche la, era un bambino che giocava e un uomo in guerra e la terza cosa che era diventato. (p. 202)
  • C'era un tipo di paura che approfondiva la consapevolezza, che metteva a fuoco la mente; la sua paura era di quel tipo. (p. 263)
  • E così, la sua incarcerazione terminò. Le pareti della sua cella furono la più sottile carta velina, un inganno di materia. (p. 276)
  • Mi chiedi cosa voglio, amico mio, e ti do la mia risposta. Voglio ciò che hanno loro. Voglio che quella piccola puttana esca dalla mia testa. Voglio sentire... niente. (p. 432)
  • Amy era davanti a lui, acquattata nel modo tipico della sua specie. La trasformazione fisica era completa, ormai era sparita anche la sua chioma corvina, eppure quando i loro occhi s'incontrarono e mantennero il contatto, l'immagine gli ondeggiò nella mente; non era un virale ciò che vedeva. Era una ragazza e poi una donna e poi tutt'e due nello stesso tempo. Lei era Amy, la Bambina Venuta dal Nulla; era Amy delle Anime, L'Ultima dei Dodici; era solo se stessa. Amy protese il palmo della mano verso di lui; Peter fece altrettanto. Una forza di puro e semplice desiderio gli rifluì nel petto mentre le loro dita si toccavano. Era una sorta di bacio. (p. 518)

Il Passaggio[modifica]

Incipit[modifica]

Prima di diventare la Bambina Venuta dal Nulla – Quella Arrivata per Caso, la Prima, Ultima e Unica a vivere un intero millennio – era solo una bambina dell'Iowa di nome Amy. Amy Harper Bellafonte.

Citazioni[modifica]

  • Quando tutti i tempi finirono e il mondo perse la memoria, quando l'uomo che era stato scomparve alla vista come una nave che preso il largo per circumnavigare la terra, con la vita vissuta fino allora nascosta nella stiva, quando le stelle stavano a guardare il nulla e la luna descriveva il proprio arco dimentica anche del suo nome, restava solo un grande mare di fame su cui navigare. Eppure, dentro di lui, nel profondo del suo cuore, fu solo un anno. La montagna, le stagioni e Amy. Amy e l'Anno di Zero.
  • Fu invaso da un'emozione nuova, fredda e finale, come una corrente d'aria che entra da una porta aperta nel cuore dell'inverno, come l'immobilità dello spazio fra un astro e l'altro. L'alba lo avrebbe trovato morto. "Amy" pensò mentre le stelle cominciavano a cadere tutto intorno a lui, nel tentativo di riempirsi del suo nome, del nome di sua figlia, per rendere più facile il trapasso. "Amy, Amy, Amy."
  • Per me guardare le stelle era un po' come guardare dritto in faccia Dio. Bastava che fosse buio e lo vedevi. Chissà se si era davvero dimenticato di noi? Forse eravamo noi che ci eravamo dimenticati di lui, e per questo adesso non riusciamo più a vedere le stelle. E, se devo dire la verità, sono l'unica cosa che mi piacerebbe rivedere prima di morire.
  • Un bambino non era un'idea, un'astrazione, come poteva essere a volte l'amore. Un bambino era una realtà. Un essere umano con un cervello, un carattere, che esisteva indipendentemente dai tuoi sentimenti. E, siccome esisteva, ti imponeva di credere in un futuro, il futuro nel quale sarebbe vissuto, prima gattoni e poi camminando. Un bambino era una fetta di tempo, una promessa che facevi al mondo e che il mondo faceva a te. Un bambino era il patto più antico: occorre tirare avanti, continuare a vivere.
  • La paura è diversa se speri che quello che fai serva a qualcosa.

Bibliografia[modifica]

  • Justin Cronin, Il Passaggio, traduzione di A. Biavasco e V. Guani, Mondadori, 2011. ISBN 9788804606376
  • Justin Cronin, I Dodici, traduzione di G. L. Staffilano, Mondadori, 2013. ISBN 9788804614968

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