Kevin Schwantz
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Kevin Schwantz (1964 – vivente), pilota motociclistico statunitense.
Citazioni di Kevin Schwantz
[modifica]- [«Prima erano pochi i piloti a dominare, a poter diventare eroi come te, Rainey, Lawson. Oggi sembra che tutti possano vincere»] Adesso puoi avere 22 eroi! Direi che è ovvio che le moto sono migliorate molto, come i piloti che si sono evoluti. Probabilmente sono più allenati e forti di quanto fossimo noi ai nostri tempi. Ma penso che le moto siano anche diventate talmente sofisticate, da richiedere solo di non fare errori mentre le guidi. Non voglio dire che sia facile, ma di certo è diventato più facile di quando correvo io. Per questo motivo all'epoca c'erano differenze di sei secondi al giro, mentre oggi tra il primo e l'ultimo spesso c'è un solo secondo. Ricordo che a volte io prendevo due secondi in qualifica, poi magari facevo qualche cambiamento alla moto indovinato alla mattina di domenica ed in gara riuscivo a vincere. Oggi non è possibile, se parti ultimo [...] è impossibile. Direi che lo sport dal di fuori sembra più bello che mai, ma da dentro non so.[1]
- [«Che rapporti c'erano tra i piloti negli anni in cui hai corso?»] Come oggi, l'ultima persona da cui volevi essere battuto era il tuo compagno di squadra. Ma se alla fine del weekend di gara le cose erano andate male ci si sedeva tutti intorno a un tavolo, entrambi i piloti compatti e i tecnici, e si discuteva su come migliorare, su cosa lavorare. Il lavoro di team era migliore. Credo che lo sviluppo tecnologico abbia cambiato il modo di lavorare [...]. Ai miei tempi era tutto più manuale: dovevi essere bravo a raccontare come funzionava la moto e cosa non andava nel dettaglio. Magari usando le mani, la voce, le espressioni del viso, facendo strani rumori con la bocca. Perché non c'erano dati da controllare: era il pilota che sentiva se c'era grip dietro, se riprendendo il gas in mano la gomma scappava, se bisognava lavorare sul bilanciamento della moto o sulla carburazione... Si lavorava tutto il fine settimana per risolvere problemi: nella mia carriera posso contare sulle dita di una mano le volte in cui sono arrivato alla domenica, all'ora della partenza, con una moto davvero a punto. Per il resto dovevamo guidare sempre sopra i problemi della moto. D'altronde il nostro lavoro era di guidare forte, non di togliere o dare precarico al mono o alla forcella.[2]
- Dani [Pedrosa] è come un bambino che non riesce a diventare adulto perché soffocato dalle scelte dei genitori [in riferimento al manager Alberto Puig] [...] Pedrosa in otto anni alla Honda, non è riuscito a vincere nulla, vorrei che potesse dimostrare il contrario, ma non credo proprio che possa succedere.[3]
- [«Credi che questa MotoGP sia ancora lo sport che tu hai amato ed in cui sei diventato un autentico mito?»] È cambiato tutto, assolutamente. Di base, resta lo stesso sport in cui io ho corso, in cui sono cresciuto ed ho combattuto sempre amandolo alla follia. Ma tutto è cambiato, le moto, le tute, la sicurezza, tutto è cambiato e mi piace pensare in meglio. Ma credo che gurdare le gare di moto sia sempre meglio che guardare qualcuno seduto in una vettura che muove solo il volante. Le moto per me, restano quelle che amavo da bambino, adoro ancora andare in moto ogni volta che posso. In MotoGP tutto si evolve e cambia, a volte verso il meglio altre verso il peggio, ma è un po' come nella vita. A volte le cose vanno bene, altre meno.[1]
- [«Qual era il tuo ultimo pensiero prima del semaforo verde?»] Il mio era: dove cenerò stasera? Dove si festeggerà dopo la gara? In genere il mio approccio con le gare è sempre stato molto easy. Giusto concentrarsi e lavorare sodo, ma anche svagarsi e scherzare all'interno del paddock era il mio modo di fare. Altri piloti [...] non volevano essere avvicinati da nessuno e restavano concentrati tutto il weekend.[4]
- [«Com'è cambiato il paddock da quando quando gareggiavi a ora?»] Non si vedono più i piloti uscire e far cose tra loro. Prima il paddock era un posto divertente, oggi che c'è più pubblico, più mediaticità e i piloti stanno chiusi nei loro motorhome o nello loro hospitality. Il paddock per noi è stato il luogo dove ci siamo divertiti di più: quando con le nostre bici facevamo il giro della pista, prima di andare a cena o la domenica dopo la gara a festeggiare. Poi guidavamo anche il nostro motorhome fino alla pista successiva. Ora quasi c'è la corsa a chi sale per primo sull'elicottero la domenica sera. Non c'è quello spirito che c'era ai nostri tempi, quel cameratismo da paddock che poi ti porta ad avere anche rispetto in pista. Oggi tra i piloti non c'è lo stesso rispetto che c'era tra noi, in gara noi spesso lasciavamo lo spazio per gli avversavi, oggi invece alcuni si appoggiano anche quando non c'è bisogno, con episodi ai limiti della correttezza. Il paddock non è più il posto divertente che era prima.[5]
- Penso che il 2 tempi sia la vera moto da competizione. Se poi i piloti della mia generazione, quelli che le han guidate siamo più grandi questo è un argomento di lunga discussione. Comunque guidare una 125, 250 o una 500 quando tutto era al meglio, tutti avevano lavorato bene per metterla al meglio, quelle moto erano il massimo, niente di paragonabile ad oggi. Sicuramente non con una attuale MotoGP e tanto meno una Moto2.[5]
- [«È vero che le moto di oggi sono più facili da guidare?»] Più che facili, direi che perdonano di più gli errori. Merito dell'elettronica: il traction control spesso salva la prestazione ed evita ai piloti degli high-side paurosi. Dall'altro lato, però, i prototipi sono più potenti, pesanti e quindi più difficili da manovrare: adesso servono muscoli che io mi sognavo.[6]
- [«Kevin, perché tutti ti considerano una leggenda?»] Sinceramente non ne ho idea... forse perché spingevo al limite in ogni singola curva, ogni maledetto giro. Il secondo posto per me non esisteva...[2]
Andrea Ettori, p300.it, 19 giugno 2022.
- La mia prima vittoria a Suzuka nel 1988 è stata fantastica. Avevo appena vinto la Daytona 200, mi ero fatto male a un braccio durante le prove, quindi non ero sicuro che sarei stato al 100%; certamente non lo ero per la Daytona 200, ma per il Gran Premio in Giappone... Ero andato a fare dei test prima della Daytona 200 ed erano andati bene, quindi mi sentivo piuttosto sicuro di me. Aveva piovuto tutto il weekend e finalmente solo alla domenica era arrivato il sole, per cui avevamo avuto solo 20 minuti per fare il set-up alla moto, scegliendo quello con cui avevamo fatto i test, trovandoci a essere i più vicini a quello giusto. Gardner aveva fatto un errore verso la fine e per me vincere il mio primo Gran Premio è stato lasciare una grossa impronta nella mia prima stagione completa. Mi sono sentito molto sicuro di me poi per il resto della stagione [...]
- Non c'è dubbio che nel 1989 avessimo la moto migliore, tuttavia abbiamo avuto qualche problema meccanico per ben tre volte e per tre volte ho avuto incidenti. Guardo al 1989 e dico che probabilmente con più esperienza avremmo vinto quella stagione, nonostante i problemi meccanici. È stata una stagione di apprendimento. [...] Sì, penso che lo avremmo vinto, se non avessimo avuto problemi e se avessimo avuto più esperienza tra team e piloti.
- Quando guardi a Hockenheim 1991, quella è la gara di cui di solito si vuole parlare quando si parla di corse in moto, e si parla sempre di quel sorpasso. Entrambi stavamo facendo di tutto per vincere, io pensavo di aver fatto tutto quello che serviva mentre Wayne [Rainey] aveva avuto la meglio su di me, e dovevo cercare di recuperare poco prima di entrare nella parte dello stadium e del rettilineo. È divertente da vedere in televisione: gli altri mi dicono sempre che alla fine è stata qualcosa da matti, decisamente Hockenheim 1991 è una di quelle cose per me memorabili.
- [«[...] qual è la prima cosa che ti viene in mente quando pensi al titolo vinto nel 1993?»] Dopo [...] anni, la prima cosa che mi viene in mente è l'incidente di Wayne [Rainey, in cui perse l'uso delle gambe]: avevamo avuto una gran stagione e tanta sfortuna a Donington, quando io, Mick [Doohan, ndr] e Barros siamo caduti al primo giro. Senza di quello, avremmo vinto il mondiale un pochino più comodamente. Ma la prima cosa che mi viene in mente è proprio Wayne, sinceramente nel mondiale avrei preferito arrivare secondo, che vedere lui ferito così. [«Com'è stato gestire le tue emozioni nel finale di stagione, dopo quanto successo a Wayne a Misano?»] Alla fine della stagione volevo festeggiare, mi sarebbe piaciuto di più avere anche Wayne a festeggiare con il team, perché andavamo piuttosto d'accordo al di fuori delle corse, ci divertivamo insieme, ci prendevamo una birra dopo le corse. [...] Mi sarebbe piaciuto battere davvero Wayne e sarebbe stato molto più speciale. Ed era più speciale quando lo battevo in pista.
- [Su Alex Barros] In alcuni momenti si vedeva la sua spaventosa velocità: forse non è stato così consistente come pilota, ma è stato sicuramente divertente come compagno di squadra da avere [...]
- [«Qual è la tua vittoria più bella in Suzuki?»] Decisamente quella a Suzuka nel 1991: avevamo problemi con la Dunlop e con quella gomma facevamo fatica a fare tutto, era una situazione orribile. Alla fine ho vinto, non solo battagliando fino al traguardo con Wayne [Rainey], ma anche con Doohan e altri piloti giapponesi. Per me è la migliore vittoria che abbia mai avuto su una Suzuki.
- [Sulla Suzuki RGV Γ 500, «livrea Pepsi, o livrea Lucky Strike?»] La livrea della Pepsi! È la moto dalla livrea più bella su cui sono mai stato...
Citazioni su Kevin Schwantz
[modifica]- Kevin era un pilota sensazionale, faceva cose straordinarie. Uno dei più talentuosi contro cui abbia corso. La sua filosofia era rischiare tutto, vincere o cadere, mentre io ero anche disposto ad accettare un secondo posto, o il miglior risultato possibile, perché pensavo che una stagione andasse affrontata così. Kevin era veloce, probabilmente il più coraggioso di tutti noi. Quando gli andava bene trionfava e festeggiava. Quando andava male, finiva con un ruzzolone. Ed è accaduto spesso. (Michael Doohan)
- Lui spigolava le linee e tirava delle gran staccate puntando alla corda: un po' alla Freddie Spencer, il primo spigolatore della 500, ma ancora più estremo. La Suzuki non era particolarmente maneggevole, ma la guida acrobatica del texano la rendeva anche svelta. Schwantz, il mitico 34, ha corso [...] sempre sulla Suzuki 500, campione di fedeltà alla marca giapponese. Ha vinto venticinque GP e il titolo mondiale della mezzo litro nel '93. Aveva esordito nel cross, da ragazzino, e si portava dietro uno stile di guida inconfondibile. Se soltanto fosse caduto un po' meno... (Nico Cereghini)
- Schwantz è stata la mia motivazione per vincere tutto quello che ho vinto. (Wayne Rainey)
Note
[modifica]- ↑ a b Dall'intervista di Marco Caregnato, MotoGP, Schwantz: "Oggi sono tutti eroi, le MotoGP sono più facili delle 500", gpone.com, 16 aprile 2023.
- ↑ a b Da Andrea Padovani, L'intervista, Kevin Schwantz: "Il secondo posto per me non esisteva!", dueruote.it, 20 luglio 2017.
- ↑ Da un'intervista a L'Équipe; citato in Fabio Gentile, Kevin Schwantz "Pedrosa non vincerà mai la MotoGP" ed è polemica, motomondiale.it, 30 aprile 2013.
- ↑ Dall'intervista "L'ultimo pensiero prima del semaforo verde era: dove cenerò stasera?", motociclismo.it, 27 luglio 2018.
- ↑ a b Da Intervista a Kevin Schwantz, motoemozione.it.
- ↑ Da Cristina Marinoni, Kevin Schwantz, intervista al cowboy di Suzuki diventato leggenda del MotoGP, wheels.iconmagazine.it, 4 maggio 2018.
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