Varlam Tichonovič Šalamov

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Šalamov, fotografato dalla GPU, dopo il suo primo arresto nel 1929

Varlam Tichonovič Šalamov (1907 – 1982), scrittore, poeta e giornalista sovietico.

Citazioni di Varlam Tichonovič Šalamov[modifica]

  • Il lager è una scuola negativa, per chiunque, dal primo all'ultimo giorno [...]. L'uomo non deve vederlo. Ma se lo vede deve dire la verità, per quanto terribile sia. [...].[1] Il fatto fondamentale è la corruzione della mente e del cuore, quando l'enorme maggioranza delle persone si persuade di giorno in giorno che si può vivere senza carne, senza zucchero, senza vestiti, senza scarpe, ma anche senza onore, senza coscienza, senza amore, senza dovere. Tutto viene messo a nudo, ma l'ultimo denudamento è terribile.[fonte 1]
  • Per molti mesi [nei gulag della Kolymà], notte e giorno, a ogni appello un ufficiale dava lettura di liste-fiume dei condannati a morte. A cinquanta sotto zero, musicanti scelti fra i [detenuti] comuni suonavano la fanfara prima e dopo la lettura di ogni lista. Torce fumanti di benzina attiravano centinaia di occhi verso i piccoli fogli di carta velati dalla brina [...]. Tutto ci pareva estraneo, era troppo sconvolgente per credere che fosse reale [...]. Ma la fanfara suonava, ben reale. I musicanti soffiavano con le labbra inchiodate ai flauti, alle trombe, alle cornette [...]. Ogni lista si concludeva con queste parole: la sentenza diviene esecutiva.[fonte 2]

Citazioni su Varlam Tichonovič Šalamov[modifica]

  • In un ospizio fuori Mosca, malato, cieco e ormai pazzo, è morto Varlam Tichonovic Shalamov, autore dei "Kolymskie rasskazy", i racconti della Kolimà, il massimo testo tramandato della letteratura concentrazionaria nell'epoca del terrore staliniano. Lassù, già dagli anni '30, si operava la "perekovka", la così detta riforgiatura degli uomini a 50 sotto zero, fra norme di lavoro forzato che imponevano di scavare fino a 800 "pudy" al giorno nella "merzlotà", il ghiaccio fossile delle miniere d'oro, e le interminabili fucilazioni d'ogni notte, fra torce fumanti e fanfare. (Alberto Ronchey)

Note[modifica]

  1. Le omissioni sono già nella citazione di Luigi Fenizi.

Fonti[modifica]

  1. Da una lettera a Boris Pasternak, gennaio 1956; citato in Luigi Fenizi, Icaro è caduto Parabola storica dell'utopia moderna, Bardi Editore, Roma, 2003, p. 289.
  2. V. Chalamov, Récits de Kolyma, Parigi, 1969, p. 93; citato in Alberto Ronchey, USA-URSS i giganti malati, Rizzoli Editore, Milano 1981, p. 117.

Voci correlate[modifica]

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