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Achille Starace

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Achille Starace

Achille Starace (1889 – 1945), militare, politico e dirigente sportivo italiano.

Citazioni di Achille Starace

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  • Alla parola «comizio» d'ora innanzi prego di sostituire la parola «raduno di propaganda». Il comizio ci ricorda tempi ormai superati e per sempre.[1]
  • Chi è dedito alla stretta di mano è sospetto.[2]
  • Chissà perché ci si attarda ancora a considerare la fine dell'anno al metro del 31 dicembre piuttosto che a quello del 28 ottobre[3]. Il 31 dicembre esercita tuttora una particolare attrazione sugli specialisti nei convenevoli augurali che non sanno ancora rendersi conto della necessità di disturbare il vecchio calendario e di ammettere l'esistenza dell'anno fascista: la stessa attrazione che esercitano la stretta di mano, l'uso del lei, la scappellata con relativa riverenza, e le altre raffinatezze del genere. L'attaccamento a queste consuetudini, scrupolosamente osservate anche quando l'abbandonarle non presenterebbe inconvenienti, è l'indice di una mentalità conservatrice, tipicamente borghese e quindi non fascista.[4]
  • Con la creazione dell'Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze; deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione.[5]
  • Fate ginnastica e non medicina. Abbandonate i libri e datevi all'ippica.[6]
  • La cravatta nera svolazzante significa anarchia e socialismo.[2]
  • Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una razza diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno costituito, coi loro uomini lo stato maggiore dell'antifascismo in ogni nazione.[5]

Citazioni su Achille Starace

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  • Achille Starace – che seppe poi morire bravamente, in piazzale Loreto – devitalizzò e narcotizzò il Pnf applicando puntualmente la volontà di Mussolini. Questa fu, se vogliamo usare una parola grossa, la sua funzione storica. (Indro Montanelli e Mario Cervi)
  • Dei gerarchi, che io sappia, l'unico favorevole [all'entrata in guerra dell'Italia], fu Starace, il quale pronunziò la storica frase: «Per me la guerra è come mangiare un piatto di maccheroni». Non so che analogia egli potesse trovare tra i due termini del paragone, né è facile vederne; ma sono sicuro che neppure egli credesse a ciò che diceva e parlava così unicamente per riuscire gradito al suo duce, in un momento nel quale era forse il solo che avesse l'audacia di fare adesione ad un evento deprecato da tutti. (Carmine Senise)
  • Di fisico asciutto, capelli impomatati, salutista, maniaco delle uniformi, non aveva una collocazione politica autonoma né un seguito personale. Proprio i suoi difetti più evidenti, la superficialità, la limitatezza di orizzonti culturali, la propensione per una pompa pseudo-guerriera e in effetti piuttosto sudamericana, la docilità agli ordini, fecero cadere su di lui la scelta di Mussolini. (Indro Montanelli e Mario Cervi)
  • In pace | qui giace | orbato | d'orbace | Achille Starace. (Indro Montanelli)
  • Quest'uomo nuoceva al fascismo più dell'opposizione antifascista, perché ridicolizzava l'Idolo [Mussolini] e rendeva insopportabile l'esistenza alla gente. (Silvio Bertoldi)
  • [Durante una visita all'Università di Padova nell'ottobre 1937] Si trovò ad un certo punto circondato da una massa di giovani del Guf[7] con i variopinti cappelli delle facoltà, fazzoletti azzurri e divisa fascista. Lo presero in mezzo gridando evviva e se lo issarono sulle spalle. Starace, compiaciuto, lasciava fare, non aveva il più pallido sospetto che si trattasse di una presa in giro, salutava romanamente sorridendo. Si udivano ovazioni e applausi, di cui il segretario del partito non coglieva il sottofondo derisorio. Sballottolato dai portatori, fu trasportato in corteo verso la cerimonia rituale. Ogni tanto, sempre lanciando motti fascisti e cantando gli inni della Rivoluzione, lasciavano cadere l'infelice a terra, come per errore, poi lo rialzavano e lo buttavano in aria. Continuarono così per un buon tratto e il peggio venne quando i goliardi cominciarono a pungergli il sedere con certi spilloni portati apposta, A ogni colpo il martire sbiancava per il dolore, ma fingeva di nulla, si sforzava di non darlo a vedere. Così, tra punzecchiature e tonfi sull'asfalto, finì la processione, sopportata da Starace con stoicismo, sempre salutando romanamente e mostrandosi compiaciuto della «calorosa accoglienza ricevuta» (così si espresse il giorno dopo, per mascherare l'inaudito oltraggio, il giornale locale). Non vi furono provvedimenti punitivi. Ma da quel momento l'antipatia di Starace per il Guf e per gli universitari divenne mortale. (Silvio Bertoldi)
  • Starace, che a parte le sue manie, proprie dell'ex sottufficiale «firmaiolo», pignolo e scocciatore − e che, comunque, erano sempre o proposte od approvate dal Duce − non era quel cretino storico come lo si vuole fare apparire. Egli era il Segretario ideale per un partito che aveva mandato all'ammasso le idee degli italiani tutti, i fascisti per primi. I «Fogli d'Ordine», le «cartoline-precetto», le divise innumerevoli, i «rapporti» grandi e piccini, le adunate, gli schieramenti, gli incolonnamenti, le prove ginniche per gli ufficiali, i salti nel cerchio e nel fuoco, le sagre, le «mostre» della canapa e del tessile, anche esse militarizzate, le punizioni in cui il punito non ha diritto di parlare, le parole d'ordine a base di «Ti schiaffo dentro!» ed «Arrangiatevi!», e pressappoco i gridi di comando, le nomine a capocchia... erano tutte cose che si intonavano con l'ora politica della subordinazione gerarchica e dell'obbedienza «pronta, rispettosa ed assoluta». (Cesare Rossi)
  • Starace possedeva in sommo grado le qualità del cortigiano. (Giampiero Carocci)

Citazioni in ordine temporale.

  • Erano passati due giorni dall'incontro [con i giornalisti] e si ebbe puntualmente la notizia ufficiale della nomina di Starace a segretario [del partito fascista]. Si diffuse anche una strana voce: il nuovo segretario ha fatto bruciare la poltrona che aveva occupato anche Turati, volendo in tale maniera dimostrare quanto gli facesse ribrezzo la sua nomea di omosessuale.
  • I partigiani avevano trascinato Starace fuori dell'aula e lo avevano caricato su un autocarro scoperto. Gli fecero fare un giro della città, alla gogna. La popolazione lo insultava, lo irrideva, gli lanciava sassi e manciate di terriccio. All'improvviso si trovò in Piazzale Loreto, al cospetto del cadavere di Mussolini che pendeva a testa in giù dalla tettoia di un distributore di benzina. Non vedeva che Mussolini, quasi non riconosceva i corpi degli altri giustiziati che, in uno scenario macabro e orrendo, egualmente pendevano a testa in giù. Non ravvisava nemmeno le fattezze di Claretta. Non aveva occhi che per Mussolini e contemplava il corpo inanimato dell'uomo che tanto a lungo aveva dominato la sua esistenza, che lo aveva glorificato e umiliato, che lo aveva portato troppo in alto, senza averne il merito, e spinto troppo in basso, senza averne colpa. Era stato il suo mastino in vita e ora si trovava lì pronto a morire proprio come un cane fedele.
  • I minuti passavano [in attesa dell'esecuzione] e Starace disse una prima volta a un partigiano che gli stava accanto e che lo prendeva a spintoni: "Fate presto, invece di picchiare e di insultare un uomo che state per fucilare". Il capitano Marino, questo era il nome di battaglia di Angelo Galbiati che comandava i partigiani della 116a Brigata Garibaldi raccolti a Piazzale Loreto, faceva disporre il plotone che doveva eseguire la condanna a morte mediante fucilazione alla schiena. Ma il plotone non era ancora pronto. Starace, che già volgeva la faccia al muro, esclamò una seconda volta: "Fate presto". Il capitano Marino ordinò il fuoco, i mitra crepitarono e Starace cadde mentre gridava "Viva il Duce!", nell'attimo in cui alzava la mano per un ultimo saluto fascista che rimase incompiuto e che si tramutò in uno sberleffo.

Note

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  1. Da Foglio di disposizioni, 15 aprile 1932; citato in Carlo Galeotti, Mussolini ha sempre ragione. I decaloghi del fascismo, Garzanti, 2000.
  2. a b Citato in Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia del Novecento, BUR, Milano, 2001, p. 98. ISBN 88-17-86402-1
  3. Data della Marcia su Roma.
  4. Da Foglio di disposizioni, n. 1183, 8 novembre 1938 (documento originale).
  5. a b Citato in Edmondo Aroldi, È «Scientifico»: Gli ebrei non sono degli italiani, Historia, n. 245, luglio 1978, Cino del Duca.
  6. Citato in Antonello Capurso, Le frasi celebri nella storia d'Italia, Mondadori, 2012.
  7. Gruppi universitari fascisti, articolazione universitaria del Partito Nazionale Fascista.

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