Giovanni Canale

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Giovanni Canale, poeta italiano del XVII secolo.

  • Sorte perversa![1] In vil tugurio nato, | per secondar fatiche e accrescer stento,[2] | di paludosi umori[3] e fien cibato, | diedi lena ostinata al mio tormento. || Dal peso de gli affanni alfin sgravato, | (ché d'essere vissuto ora mi pento), | una cassa portatile[4] tornato, | della mia pelle accoglio al seno il vento. || A mille e mille colpi il fiato scioglio, | in campo marzïale indi venuto | a portar nuove glorie al Campidoglio.[5] || Se vivo tacqui in essere battuto, | morto assordo col suono, e ben mi doglio | che chi mi batte è assai di me più bruto.[6] (Il tamburo[7])

Note[modifica]

  1. Parla un asino morto contrariato perché con la sua pelle si è fabbricato un tamburo. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 509.
  2. Per agevolare le fatiche altrui ed aumentare il mio stento. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 509.
  3. Acqua di palude. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 509.
  4. Tamburo. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 509.
  5. Accompagnare al trionfo nuovi condottieri. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 509.
  6. Animale. Cfr. Poesia italiana, nota a p. 509.
  7. In Poesia italiana, p. 509.

Bibliografia[modifica]

  • Poesia italiana, il Cinquecento, a cura di Giulio Ferroni, Il Seicento, a cura di Lucio Felici, Garzanti, Milano, 19931. ISBN 88-11-20452-6

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