Hamid Karzai

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Hamid Karzai nel 2012

Hamid Karzai (1957 – vivente), politico afghano.

Citazioni di Hamid Karzai[modifica]

  • Abbiamo vinto grazie al sacrificio del popolo afghano e all'aiuto della comunità internazionale. Il mondo non può permettersi di lasciare solo l'Afghanistan come ha fatto in passato, dovrà essere saggio abbastanza da non ripetere l'errore. (dichiarazione durante una visita a Roma, 20 dicembre 2001)[1]
  • Se per mantenere la pace serve l'uso della forza, perché no? (dichiarazione durante una visita a Roma, 20 dicembre 2001)[1]
  • Il processo di rinascita politica ed economica del paese non tocca alle Nazioni Unite, ma all'Afghanistan. (dichiarazione durante una conferenza stampa al ministero degli Interni, 22 dicembre 2001)[2]
  • Le priorità sono la pace e la sicurezza. Poi il diritto, la scuola. [«E la libertà?»] Sì, come dite voi: libertà, uguaglianza e fraternità. (dichiarazione durante una conferenza stampa al ministero degli Interni, 22 dicembre 2001)[2]
  • Dio ce ne scampi, ma se dovesse scoppiare una guerra tra Pakistan e Stati Uniti, l’Afghanistan starà dalla parte del Pakistan. (da un'intervista a una tv privata pakistana, ottobre 2011)[3]
  • L'Afghanistan accoglie con favore la presenza italiana dopo il 2014. Negli ultimi 12 anni l'Italia ci ha aiutato molto, con abnegazioone, e gli afghani hanno apprezzato il lavoro meticoloso da parte delle truppe italiane, un lavoro sensibile.[4]
  • Gli afghani sono vittima di una guerra straniera sul proprio territorio. Gli Usa non hanno mai portato la pace e la stabilità all'Afghanistan, ma hanno agito per i loro interessi e obiettivi.[5]
  • Siamo consapevoli di tutti i nostri fallimenti come afghani, ma per quanto riguarda i poteri e le forze più grandi che sono venuti qui esattamente per questo scopo? Dove ci lasciano ora? In completa disgrazia e disastro. (da un'intervista dell'Associated Press, 20 giugno 2021)[6]

Da Karzai: «Cerchiamo di dare vita migliore agli iracheni»

Intervista di Paolo Mastrolilli, La Stampa, 14 settembre 2002.

  • [Su Mohammed Omar] Nessuno lo conosce, e non è facile trovarlo. Omar è una persona che viveva nell'ombra, e tutt'ora si nasconde nelle case dei suoi alleati. Io stesso, se lo incontrassi oggi, non lo riconoscerei. Abbiamo bisogno di tempo, ma alla fine lo prenderemo. La comunità internazionale deve capire bene una cosa: noi continueremo a combattere il terrorismo anche quando voi vi sarete stancati di farlo, ammesso che questo accada. L'Afghanistan è un paese islamico, ma non ha una tradizione radicale. Gli estremisti sono venuti dall'estero o ci sono stati imposti, come i membri di Al Qaeda.
  • Le differenze etniche e le tribù sono sempre esistite: io stesso faccio parte di una tribù. Ma questo non vuol dire che non esiste l'identità nazionale e il riconoscimento del governo: l'Afghanistan è sopravvissuto alle tragedie degli ultimi decenni proprio per il patriottismo della sua gente.
  • La droga è un problema che va mano nella mano col terrorismo, perché i proventi delle vendite erano utilizzati proprio per finanziare i crimini di Al Qaeda e dei taleban. Inoltre quelle colture hanno distrutto la nostra agricoltura, che produceva la frutta migliore della regione.
  • Abbiamo un problema di risorse umane, ma siamo un popolo intraprendente: se ci aiutate, la prossima volta verrò negli Usa a portare soldi invece di chiederli.

Attribuite[modifica]

  • Gli arabi sono venuti in Afghanistan per apprendere a sparare. Essi imparano come colpire bersagli viventi e tali bersagli sono il popolo afghano, le donne e i bambini afghani. Si esercitano con le armi sui nostri corpi e, sostenuti dai taleban, distruggono migliaia di nostre case, di nostri vignetti e frutteti. Non abbiamo altra scelta: noi dobbiamo cacciare questi arabi dall'Afghanistan.[7]

Citazioni su Hamid Karzai[modifica]

Enzo Bettiza[modifica]

  • È davvero vizioso il girone in cui si trova immerso fino al collo, come se la cosa non lo riguardasse, il calmo e all'apparenza imperturbabile primo ministro. Tuttavia, nonostante questa sua proverbiale impassibilità, nonostante i suoi modi aristocratici e distaccati, la voce sommessa, i mezzi sorrisi lontani e un po' mesti, due connotati segnalano l'usura di un'esistenza perigliosa e la tensione permanente e logorante: 45 anni che paiono prossimi alla sessantina, e un lievissimo, quasi impercettibile tic alla palpebra tremolante dell'occhio sinistro. Per il resto, un leader nato, un negoziatore implacabile, un interlocutore civilissimo ma freddo, sostenuto da nervi impastati d'acciaio e di gomma.
  • Karzai e i suoi alleati e rivali del Nord hanno già consentito parecchio. Hanno dischiuso le scuole alle ragazze, il video alle annunciatrici, offerto addirittura a due donne i ministeri della Sanità e, per l'appunto, della «questione femminile». Di più, almeno per adesso, non avrebbero potuto fare. L'Afghanistan, dopo la tabula rasa, non si presenta come un'incipiente società civile, bensì come una variegata e conflittuale comunità interetnica e religiosa. In una simile comunità, tuttora pietrificata, a forte connotazione maschilista, la «questione femminile» è destinata a restare ancora secondaria rispetto ad urgenti priorità. Sicurezza, pace, pane, casa, guadagno, impiego pubblico, lotta all'inflazione, resurrezione del bazar per lo scambio di merci e i bisogni del consumo spicciolo.
  • Per Karzai, che fra l'altro ha sei fratelli arricchiti e sparpagliati da Los Angeles a New York, l'appoggio dell'America è un onore e un onere. Alleati insostituibili, per la copertura militare che garantiscono, gli americani sono nello stesso momento per lui alleati compromettenti sul piano politico e soprattutto psicologico. L'imbarazzo aumenta di giorno in giorno.
  • Raramente a un capo di governo, perdipiù provvisorio, era toccata la malaugurata sorte di dover estrarre alla luce uno Stato e un paese da un baratro così smisurato.

Mimmo Càndito[modifica]

  • Karzai comunque non è una marionetta, un Quisling venduto alle manovre geostrategiche che lo sovrastano imperiosamente. La dignità con la quale ha denunciato presso i «donors» americani, europei, e giapponesi, il ritardo degli aiuti promessi un anno fa, e la paziente questua che svolge in giro per il mondo a raccattare contributi che possano dar peso alla sua investitura, sono stati gesti compiuti con una piena consapevolezza del proprio ruolo (e, però, anche dei limiti oggettivi che lo condizionano).
  • Karzai è un uomo perfetto per il ruolo che la conclusione dell'ultima guerra afghana gli sta assegnando. Ha una storia militare ineccepibile, essendo stato uno dei comandanti mujaheddin più prestigiosi, al tempo della guerra contro gli «shuravì» sovietici: non soltanto li sconfisse ripetutamente sul campo, con l'abile gestione della guerra di guerriglia nel territorio che lui meglio conosce, quello di Kandahar, ma riuscì anche a liberare la città con un abile stratagemma senza doverla conquistare a costo d'un sanguinoso attacco diretto contro l'Armata Rossa.
  • Karzai sa benissimo che oggi, un anno dopo, lui è ancora poco più d'un Sindaco di Kabul, e che se soltanto mette il naso in una delle città dove ancora dominano i «signori della guerra» – e sono tutte le citta, da Mazar-i-Sherif dove Dostum comanda e impicca peggio di un Caligola irsuto, a Herat le cui strade Ismail Khan ha riportato al tempo più duro dei talebani imponendo il burka e la frusta alle donne che osano mostrarsi in pubblico – Karzai sa benissimo che lo prenderebbero a fucilate, e lo tratterebbero come un intruso che sta violando il patto non scritto della «devoluzione» afghana, dove ogni capotribù fa quello che vuole a casa propria e non c'è barba di governo centrale che possa pretendere obbedienza, rispetto, anche solo un codice comune.

Bernardo Valli[modifica]

  • Ahmid Karzai ricorda il presidente sudvietnamita Ngo Dinh Diem. Il paragone non è lusinghiero. [...] Come Diem anche Karzai è inefficace. La sua famiglia afgana è corrotta come lo era quella vietnamita di Diem. Si è inimicato gran parte della popolazione come accadde al dittatore cattolico di Saigon. Presenta sintomi di paranoia, sembra lontano dalla realtà.
  • Karzai ha il vantaggio di essere un pashtun. Appartiene al gruppo etnico più numeroso (42 per cento della popolazione). Ma molti pashtun sostengono i taliban, perché i loro storici rivali, i tagiki (24 per cento), sono numerosi attorno a Karzai.
  • Larga parte della popolazione teme il brutale estremismo dei jihadisti, ma sente l'inefficienza di Karzai, la sua incapacità di garantire la sicurezza, e subisce la corruzione dei suoi.
  • Nella loro propaganda i taliban insistono sull'invadenza dei "panjshiris" e chiamano con derisione "panjshir-zai" il presidente Karzai. Considerato da non pochi pashtun una marionetta nelle mani dei tagiki.

Note[modifica]

  1. a b Citato in Karzai: una Corte internazionale per Bin Laden, La Stampa, 20 dicembre 2001.
  2. a b Citato in Karzai promette pace, unità, Islam, La Stampa, 23 dicembre 2001.
  3. Citato in Karzai si schiera col Pakistan, Ilpost.it, 23 ottobre 2011.
  4. Citato in Afghanistan, Letta incontra i soldati e Karzai: "Italia resterà anche dopo fine missione", Repubblica.it, 25 agosto 2013.
  5. Citato in Afghanistan: Karzai, Usa hanno agito per interesse e creato instabilità, Adnkronos.com, 23 settembre 2014.
  6. Citato in L’ex presidente Karzai afferma che gli Stati Uniti hanno fallito in Afghanistan | Notizie di conflitto, Latribuna.sm, 21 giugno 2021.
  7. Citato in Enzo Bettiza, Karzai l'afghano tranquillo, La Stampa, 13 gennaio 2002.

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