Paolo Giordano

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Paolo Giordano (2008)

Paolo Giordano (1982 – vivente), scrittore italiano.

Citazioni di Paolo Giordano[modifica]

  • Arriva un momento in cui i figli ti si staccano dalle mani, come sull'altalena, quando li spingi per un pezzo e poi li lasci andare. Mentre salgono più in alto di te, non puoi fare altro che aspettare, e sperare che si reggano saldi alle corde. L'oscillazione te li restituisce, prima o poi, ma diversi e mai più tuoi.[1]

«Il senso della minaccia incombente è una costante»

Intervista di Mattia Insolia, editorialedomani.it, 19 novembre 2022.

  • Scrivendo Tasmania mi sono reso conto che parlare di fine del mondo, ma in generale di senso di minaccia incombente, ormai è una costante, una sorta di nota di fondo, e penso che questo invocare incessantemente la fine cominci a essere un po’ ridicolo.
  • Siamo estremamente consapevoli di una quantità incredibile di cose, abbiamo sempre le finestre spalancate sul mondo intero e i media, i social ci alimentano tutti i giorni di ogni sorta d’informazione. Non importa quanto lontano sia un dato avvenimento: abbiamo tutto a portata di mano, tutto addosso.
  • Credo che in alcuni momenti degli anni in cui la tensione nucleare è stata alta il senso di fine fosse molto più forte di quello che viviamo oggi.
  • La minaccia del cambiamento climatico è dilazionata nel tempo, è più lenta. L’atomica all’epoca sembrava pronta a distruggere il mondo nel giro di ore.
  • Tornando all’ecoansia: credo che la nostra minaccia, quella che noi sentiamo incombere sul futuro, non generi ansia quanto più una sorta di depressione latente.
  • La crisi climatica è lenta, inafferrabile, per certi versi astratta e persino noiosa, e io, da scrittore, vorrei darle delle forme più solide.
  • [...] se vogliamo mitigare il cambiamento climatico e adattarci a ciò che ci attende dobbiamo fare delle rinunce, abbandonare certi aspetti di godimento finora dati per scontato.
  • La comunicazione è una tessitura importante in Tasmania. D’altra parte, il libro comincia con il narratore che si trova alla conferenza sul clima di Parigi del 2015 per scrivere un articolo per un quotidiano, ma non sa cosa raccontare.
  • [...] il sesso ha a che fare in parte con l’abbandono e in parte con l’affermazione di sé nel mondo, e io ho sempre avuto dei grossi problemi con entrambi.
  • Il desiderio maschile è spesso narrato in maniera univoca, un po’ semplicistica. Io lo conosco come più tortuoso e sfaccettato.
  • Tasmania parla di sopravvivenza, e di cosa succede quando ci sentiamo dei sopravvissuti.

La solitudine dei numeri primi[modifica]

Incipit[modifica]

Alice Della Rocca odiava la scuola di sci. Odiava la sveglia alle sette e mezzo del mattino anche nelle vacanze di Natale e suo padre che a colazione la fissava e sotto il tavolo faceva ballare la gamba nervosamente, come a dire su, sbrigati. Odiava la calzamaglia di lana che la pungeva sulle cosce, le moffole che non le lasciavano muovere le dita, il casco che le schiacciava le guance e puntava con il ferro sulla mandibola e poi quegli scarponi, sempre troppo stretti, che la facevano camminare come un gorilla.

Citazioni[modifica]

  • «Bene. E oggi fai vedere chi sei» le disse.
    E chi sono?, pensò lei.
  • Alla fine succede, in qualche modo che prima non sapevi.
  • Anche questa volta non sarebbe arrivato nessuno. Ma lei non stava più aspettando.
  • Ci si può ammalare anche solo di un ricordo.
  • Come ci si sente stupidi a pensare a tutto il tempo che sprechiamo a desiderare di essere altrove.
  • Doveva, perché lei non lo amava, ma l'amore di lui era sufficiente per entrambi, per mantenerli al riparo.
  • Gli altri invitati erano sparpagliati a gruppetti nel soggiorno. La maggior parte dei maschi faceva ondeggiare la testa avanti e indietro a tempo, mentre le ragazze vagavano con lo sguardo per la stanza. Alcuni di loro tenevano in mano un bicchiere. In sei o sette ballavano sulle note di "A question of time". Mattia si domandò come facessero a sentirsi a loro agio, ad agitarsi in quel modo sotto gli occhi di tutti. Poi pensò che era la cosa più naturale del mondo e che proprio per questo lui non ne era capace.
  • I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari.
  • L'amore di chi non amiamo si deposita sulla superficie e da lì evapora in fretta.
  • Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante.
  • Nell'ultimo anno, da quando aveva rotto con Martin, aveva cominciato a percepire l'estraneità di quel posto, a soffrire del gelo che seccava la pelle e che non mollava mai veramente, neanche d'estate. Eppure non sapeva decidersi a lasciarlo. Ormai dipendeva da quel luogo, ci si era attaccato con l'ostinazione con cui ci si attacca soltanto alle cose che fanno male.
  • Perché aveva paura di ammetterlo, ma quando era con lei valeva la pena di fare tutte le cose normali che le persone normali fanno.
  • Perché lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra.
  • Poi, con il tempo, la ferita dell'adolescenza si era rimarginata. I lembi di pelle si erano avvicinati, con movimenti impercettibili ma continui. A ogni nuova abrasione la crosta cedeva, ma poi ostinatamente tornava a formarsi, più scura e spessa. Infine un nuovo strato di pelle, liscio ed elastico, era andato a sostituire quello mancante. Da rossa, la cicatrice era diventata bianca e aveva finito per confondersi con tutte le altre.
  • Qualcosa si spense dentro di lui, come un ultimo tizzone rimasto vivo troppo a lungo sotto la cenere.
  • Vivevano la lenta e invisibile compenetrazione dei loro universi, come due astri che gravitano intorno a un asse comune, in orbite sempre più strette, il cui destino chiaro è quello di coalescere in qualche punto dello spazio e del tempo.
  • Sentirsi speciali è la peggiore delle gabbie che uno possa costruirsi.
  • Si domandò [...] quale fosse il confine esatto tra essere e non essere qualcuno.
  • Si chiese perché non fosse capace di lasciare tutto in disordine, di dare spazio alla rabbia che gli inondava il cervello, di bestemmiare e spaccare oggetti. Perché preferiva che ogni cosa sembrasse al suo posto anche quando non lo era.
  • Si sentiva come se non avesse un passato, come se si fosse trovata in quel luogo senza sapere da dove veniva. Era stanca, di quella stanchezza che sa dare solo il vuoto.
  • "Ti ci abituerai. Finirai per non vederlo neanche più" fece. "E come? L'avrò sempre lì, sotto agli occhi." "Appunto" disse Mattia."è proprio per questo che non lo vedrai più"
  • Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l'11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l'uno all'altro. Tra i matematici è convinzione comune che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno sempre altri due, anche se nessuno può dire dove, finché non li si scopre.
  • Tutto l'affetto dei genitori si risolve in piccole premure, nelle stesse preoccupazioni che i suoi elencavano al telefono ogni mercoledì: il mangiare, il caldo e il freddo, la stanchezza, a volte i soldi. Tutto il resto giaceva come sommerso a profondità irraggiungibili, in una massa cementificata di discorsi mai affrontati, di scuse da fare e da ricevere e di ricordi da correggere, che sarebbero rimasti tali.
  • Vagava per l'appartamento silenzioso come il fantasma di se stessa, inseguendo senza fretta la propria lucidità. Sto impazzendo, pensava alle volte. Ma non le dispiaceva. Anzi, le veniva da sorridere, perché finalmente stava scegliendo lei.
  • Mattia lo sapeva. Sapeva tutto quanto, ma non riusciva a muoversi da dov'era. Come se, abbandonandosi al richiamo di Alice, potesse ritrovarsi in trappola, annegarci dentro e perdersi per sempre. Era rimasto impassibile e in silenzio, ad aspettare che fosse troppo tardi.
  • Aveva imparato a rispettare il baratro che lui aveva scavato tutto intorno a sé... anni prima aveva provato a saltarlo quel baratro e ci era cascata dentro... Ora si accontentava di sedersi sul ciglio con le gambe a penzoloni nel vuoto. La voce di Mattia non smuoveva più nulla nel suo stomaco, ma l'idea di lui era presente e lo sarebbe stata sempre, come l'unico vero termine di paragone per tutto quello che era venuto dopo.
  • Due passi e la nebbia se lo inghiottì.
  • Nel frattempo si chiedeva perché certe cose stanno a galla e certe altre invece no.
  • Quegli sguardi spietati e accattivanti, che potevano decidere se distruggerti o graziarti con una sola, impercettibile flessione delle sopracciglia.
  • Sapeva che tutta la violenza è racchiusa nella precisione di un dettaglio.
  • Mattia lo faceva apposta a essere così silenzioso in ogni suo movimento. Sapeva che il disordine del mondo non può che aumentare, che il rumore di fondo crescerà fino a coprire ogni segnale coerente, ma era convinto che misurando attentamente ogni suo gesto avrebbe avuto meno colpa di questo lento disfacimento.
  • Il peso delle conseguenze si faceva addirittura insopportabile e i suoi pensieri prendevano a girare sempre più veloci, in cerchi ancora più stretti.
  • Il secondo pensiero lo sfiorava soprattutto di sera, nell'intrecciarsi caotico di immagini che precede il sonno, quando la mente è troppo debole per raccontasi bugie
  • Vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.
  • Non aveva scelto lui tra tanti. La verità è che non aveva pensato a nessun altro.

Citazioni su Paolo Giordano[modifica]

  • Quando mi domandano: «Hai letto Stieg Larsson? Hai letto Paolo Giordano?» rispondo sempre di no. Un po' perché non mi interessa la narrativa mainstream, un po' perché il tempo che dovrei impiegare per consumare quella mole impressionante di pagine posso usarlo per fare altro. Magari nulla. (Tommaso Labranca)

Note[modifica]

  1. Da La maestra Gisella, Gioia, giugno 2008.

Bibliografia[modifica]

  • Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi, Mondadori, 2008.

Altri progetti[modifica]