Enrico Mayer

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Enrico Mayer (1802 – 1877), pedagogista e scrittore italiano, di origine franco-tedesca.

Frammenti di un viaggio pedagogico[modifica]

  • Dov'è l'umana famiglia? Abbracciamo in uno sguardo i popoli della terra, e vediamo se siano elementi che compongano una famiglia. – Quelli che immersi nella barbarie, e superiori appena alle belve, non vengon l'un coll'altro a contatto, se non per vicendevolmente distruggersi; quelli che segregati dal resto del mondo, e come paralizzati da falsa civiltà, lascian trascorrere i secoli senza fare un sol passo progressivo; quelli che trascinati dalla cieca voce del fanatismo, vorrebbero spegner nel sangue i lumi degli altri popoli, e spargere su tutta la terra le proprie tenebre; quelli che erranti fra le sabbie dell'equatore o fra i ghiacci del polo, tengono i gradi più bassi nel mondo morale, come tengon gli estremi nel fisico; ..... formano questi una società? e possono essi qual famiglia apparire ad altri occhi, che a quelli di CoLui che a tutti è Padre? (p. 17)
  • Quale è il primo assioma che proclama la Legge? – La Legge non ammette ignoranza. – Come! la legge è il gran vincolo della società, la legge non soffre che alcuno ignori i suoi ordini e i propri doveri, e intanto si lasciano i più senza i mezzi di apprenderli? – La legge aggrava la mano punitrice su colui che la infranse, né si arresta alle grida del misero, che protesta non aver saputo d'infrangerla; – anzi a colui che fin dall'infanzia abbandonato a sé stesso, e senza il freno di alcun salutare insegnamento, seguitò impunemente il sentiero del tacito vizio, dove la legge non guarda, per entrar poi sulla via del delitto, ove la legge il coglie e punisce: a questo sciagurato cui tolse dal petto ignoranza ogni sentimento di morale, ogni distinzione del giusto e dell'ingiusto, dice la legge: Io non ammetto ignoranza? Eh! chi non sente che queste parole suonano in simil caso come feroce ironia?... Eppure la legge dee proferirle, perché altrimenti chi più le andrebbe soggetto?... Ma d'altra parte la sentenza che cade su quell'infelice, e su tante altre vittime della propria abjezione, ricade col tempo su quelli, che posti in più alto grado sociale, trascurarono di educare i loro sventurati fratelli. (p. 18)
  • I veri passi di un popolo debbono appunto misurarsi in ragione inversa delle distanze morali e civili fra le varie classi de' cittadini. Passò tempo che le superiori tenevano le altre in servitù. Alla fatica dello stupido schiavo è succeduta l'opera dell'intelligente artigiano; al pane concesso per mantenere un braccio servile è subentrato il premio dovuto all'impiego di libera mano; e l'orgoglio della ricchezza e del sangue soffre la nobil fierezza dell'industria e del merito. – Assicurato un tal passo, ogni altro successivo accresce la reciproca dipendenza delle classi sociali. Con ogni vicendevol bisogno formasi un vincolo nuovo, e alla unione fondata sull'utilità materiale altra ne vien dietro appoggiata su relazioni morali. Queste ben ordinate reagiscono sui vari rami della pubblica prosperità; tutti sentono che hanno in questa un punto comune di contatto, uno scopo comune di azione, un tesoro comune da tutelare; e così stringesi finalmente indissolubil legame negli ordini della intera nazione.
    Felice il popolo che giunge a sì bella unione! (pp. 21-22)
  • Il bisogno di asili per teneri bambini sta nella infermità della nostra natura. Dai tanti pericoli che circondano i nostri primi anni ci può solo difendere l'amorosa cura de' genitori, e se questi non possono obbedire alle sue leggi, che sarà del fanciullo? – Egli si troverà in condizione più trista di quella dell'orfano, perché a questo provvede la pubblica pietà, mentre di quello nissun si prende pensiero. (p. 86)
  • Se si rifletta alla potenza delle prime impressioni dell'infanzia, e delle rimembranze che vi si associano; se si calcoli l'influenza che le prime abitudini esercitano sulle disposizioni dell'anima, e sulla direzione della vita, si comprenderà facilmente che l'educazione de' primi anni, o la mancanza di questa, decide spesso di tutta l'esistenza. Abbiasi dunque ancora pietà della sventura di que' genitori, la cui situazione li condanna riguardo a' loro figli ad una negligenza che può condurre ai risultamenti più funesti, non solo per essi, ma per la società a cui appartengono. (p. 86)
  • Io domando a tutti coloro, la cui vocazione li mette più particolarmente a contatto con l'infanzia, se non hanno con pari dolore e sorpresa trovato la malignità e l'astuzia in cuori ove non altro dovrebbe albergare se non l'innocenza e l'ingenuità? Io domando ad ogni osservatore de' nostri costumi sociali se non ha spesso con indignazione veduto la piccola mano del fanciullo già esercitarsi al furto, e il suo labbro dischiudersi alla bestemmia? – Mi affligge l'insistere su queste penose domande. Esse non sono dirette contro l'infanzia; ma sibbene contro la parte adulta della società. Sua è la colpa, per l'ingrata negligenza con cui abbandona la prole del povero, mentre il povero dee distaccarsene per consacrare i suoi sudori alla società stessa. (p. 87)
  • Il problema della estirpazione della mendicità è tanto complesso, che non è da sperarsi che una istituzione qualsiasi possa in sé sola contenere tutti i dati per risolverlo compiutamente. Pur se maggiore speranza deve riporsi in quella che fin dalla prima età dell'uomo, non solo tende a innalzare la sua dignità morale, ma ad accrescergli ancora le forze del corpo, e a creargli abitudini di lavoro, certo l'oziosa mendicità non fu mai combattuta con armi più potenti di quelle, che gli si preparano contro nelle scuole infantili. (p. 102)
  • Oh la Provvidenza anche condannando benedice! La Provvidenza che ad ogni animale dava un istinto speciale, cioè il bisogno di svolgere per uno scopo determinato le facoltà del suo organismo, lo negava all'uomo, perché voleva in esso suscitare il bisogno di svolgerle tutte nella pienezza della sua libertà. Tutto il creato doveva gravitar verso l'uomo, e l'uomo reagir sul creato; e se per il primo effetto suscitavansi i sensi e il pensiero, pel secondo inteso a stabilire col fatto il dominio dell'uomo sulla materia, era pur necessaria un'azione materiale esercitata da un organo speciale. (p. 104)
  • Occupiamoci a mantener sacro e inviolato questo elemento domestico [La famiglia]. Occupiamoci a trovar modo ch'esso resti l'elemento primario della pubblica economia, come lo è della pubblica morale. Facciamo che in seno delle famiglie penetri e si fecondi il gran principio economico della divisione del lavoro, e forse giungeremo a tener lontano dal nostro cielo lo squallore di tante miserie, che fortunatamente sinora ci sono soltanto conosciute di nome. (p. 106)
  • Chi ha tenuto dietro alla gran questione degli Esposti [Per un maggiore approfondimento sul tema: http://www.incontrinapoletani.it/cultura/archivio/la-ruota-degli-esposti-in-europa-nel-xvii-e-xix-secolo], agitata da più anni in Francia ed altrove, sa che molti di questi infelici, sulla fronte de' quali la società stampa un segno di avvilimento, supponendoli frutto di colpevoli unioni, sono in realtà nati da matrimonj improvvidi sì, ma pur legittimamente contratti; e che vengono abbandonati, perché i loro genitori ridotti in estrema miseria, vedono quest'unico mezzo di salvar loro una vita che non possono sostentare, ed abbracciano questo mezzo disperatamente, colpevolmente se vuoisi, ma infine lo abbracciano perché l'unico che li salvi da delitto maggiore. «Li giudichi Iddio, aggiungeva; ma gli uomini prima «di condannarli vedano qual'altra via stava aperta a quei «sciagurati fra l'esposizione della prole e l'infanticidio». (p. 115)

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