Vercors

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Vercors, pseudonimo di Jean Bruller (1902 – 1991), scrittore e disegnatore satirico francese.

Incipit di alcune opere[modifica]

Animali snaturati[modifica]

Sicuramente, essere svegliato alle cinque del mattino, anche se sei medico, non è propriamente un modo per iniziare bene la giornata. E ciò che probabilmente ci avrebbe messo, voi e me, di buon umore – dopo una bella colazione a letto –, non meravigliamoci se il dottor Figgins, chiamato così di buon mattino, l'abbia invece considerato molto diversamente.
Persino l'aspetto di Douglas Templemore, che ostentava – e a giusta ragione – un'espressione piuttosto drammatica, forse avrebbe aumentato per noi la comicità di tutti questi qui pro quo; mentre il dottor Figgins vi trovò al contrario un motivo ulteriore per incupirsi. E così anche la natura per lo meno insolita del cadavere che gli veniva mostrato. Poiché questa storia, naturalmente, comincia con un cadavere. Mi scuso della banalità di un tale inizio, ma non è colpa mia.

Il silenzio del mare[modifica]

Fu preceduto da un grande spiegamento di forze militari. Dapprima due soldati, biondissimi entrambi, l'uno dinoccolato e magro, l'altro tarchiato, con le mani d'un cavapietre. Guardarono la casa, senza entrare. In seguito venne un sottufficiale. Il soldato dinoccolato lo accompagnava. Mi parlarono un linguaggio che supponevano fosse francese. Non capivo una parola. Tuttavia mostrai loro le stanze libere. Sembrarono contenti.
L'indomani mattina una torpedo militare, grigia ed enorme, s'inoltrò nel giardino. L'autista e un giovane soldato esile, biondo e sorridente, ne cavarono fuori due casse e un grosso fagotto avvolto di tela grigia. Portarono tutto quanto su nella stanza più vasta. La torpedo ripartì, e alcune ore dopo sentii il rumore d'una cavalcata. Apparvero tre cavalieri. Uno di loro scese a terra e se ne andò a visitare il vecchio edificio di pietra. Tornò, e tutti, uomini e cavalli, entrarono nel granaio che a me serve da laboratorio. Vidi più tardi che avevano infisso il barletto del mio banco da lavoro fra due pietre, in un buco del muro, vi avevano legato una corda, e alla corda avevano legato i cavalli.
Per due giorni non avvenne più nulla. Non vidi più nessuno. I cavalieri uscivano presto con i loro cavalli, li riconducevano a casa la sera, ed essi stessi dormivano sulla paglia che avevano disposto sul soppalco.

Le armi della notte[modifica]

Mi domando se non avrei potuto indovinare l'essenziale, fin dal primo giorno.[1]

Note[modifica]

  1. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Vercors, Il silenzio del mare, I Racconti di Repubblica.
  • Vercors, Animali snaturati, Editrice UNI Service, Trento, 2009, ISBN 9788861784253

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