Stephen R. Donaldson

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Stephen R. Donaldson, 2007.

Stephen Reeder Donaldson (1947 – vivente), scrittore statunitense.

Incipit di alcune opere[modifica]

Bestia mitologica[modifica]

Norman era un uomo perfettamente equilibrato e perfettamente sano. Viveva con sua moglie e suo figlio, ambedue perfettamente equilibrati e perfettamente sani, in un mondo perfettamente equilibrato e sano. Così, quando si svegliò quella mattina, si sentiva perfetto, come sempre. Non aveva il minimo sospetto che le cose, per lui, avessero già cominciato a cambiare.
Come al solito, si svegliò al segnale emesso dalla bioemittente ciberneticamente incorporata al suo polso; e, come al solito, la prima cosa che fece fu premere il pulsante che attivava lo schermo. Come al solito, sul minuscolo quadratino brillarono in verde le solite parole: Stai bene. Non c'era niente di cui preoccuparsi.
Come al solito, Norman non aveva la minima idea di quello che avrebbe fatto se avesse letto qualcosa di diverso.

Il sole ferito[modifica]

Quando Linden Avery sentì bussare alla porta, non riuscì a trattenere un gemito. Era irritata e non voleva vedere nessuno. Voleva solo fare la doccia e starsene tranquilla, per abituarsi alla nuova casa.
Nonostante si fosse appena all'inizio della primavera, il tempo era già afoso e soffocante, e lei aveva trascorso gran parte della giornata a trasportare abiti e mobilia nell'appartamento che le era stato assegnato dall'ospedale, al primo piano di un vecchio edificio di legno. L'operazione si era testé conclusa con il trasporto di una serie di pesanti scatole di cartone contenenti i suoi testi universitari.
La casa era bassa e tozza, e pareva nascondersi tra gli alberi come un rospo ferito; quando Linden aveva aperto la porta, si era trovata di fronte a un appartamento di tre stanze con bagno, con le pareti granulose tinteggiate di giallo, i pavimenti verniciati di beige, un'aria complessiva di abbandono... e, infilato sotto la porta, un foglio di carta, su cui, a imitazione del sangue fresco, qualcuno aveva tracciato con il rossetto un triangolo irregolare e vi aveva inserito la scritta GESÙ TI SALVA.

L'albero magico[modifica]

Linden Avery scese con Covenant lungo le strade di Coercri. Sotto di loro, la nave dei Giganti, la Gemma delle Rotte, scivolava verso l'unico molo rimasto intatto ai piedi dell'antica città; ma la donna non prestò attenzione alla scena. Aveva già visto navigare il dromond dei Giganti, immenso e delicato, veloce e preciso: la nave della speranza per Covenant e per lei.
Ma Covenant aveva appena rimandato i due abitanti della Landa, Sunder e Hollian, nelle Terre Alte, dopo avere dato loro il krill di Loric, da usare contro il Sole Ferito. Covenant ne avrebbe avuto bisogno come difesa da Vain, la creatura dei Demondim, ma quella mattina l'aveva dato all'ex Petraio e, quando lei gli aveva chiesto una spiegazione, aveva risposto: «Sono già fin troppo pericoloso».
Pericoloso. La parola aveva una strana eco per lei. In un modo che solo lei riusciva a percepire, era malato del suo stesso potere, e questo a causa del veleno del Posseduto. Quel veleno morale era inattivo, al momento, ma si nascondeva in lui come una bestia da preda, in attesa del momento di scattare. Con la vista particolare che possedeva fin dal suo arrivo nella Landa, Linden glielo vedeva nella pelle, come una sorta di macchia nera. Con il suo veleno e il suo anello d'oro bianco, Thomas Covenant era l'uomo più pericoloso che Linden Avery avesse conosciuto.

La conquista dello Scettro[modifica]

La donna uscì dal negozio appena in tempo per vedere che il figlio di pochi anni, seduto a giocare davanti alla vetrina, si trovava direttamente sul cammino dell'uomo grigio e sparuto che avanzava nel centro del marciapiede, a grandi falcate, con la regolarità di un meccanismo guasto. Per un istante ebbe un tuffo al cuore. Poi si gettò in avanti, afferrò il bambino per il braccio e lo salvò dal pericolo.
L'uomo proseguì senza girare la testa. Quando fu passato, la donna gli sibilò alle spalle: — Andate via! Non venite più qui! Vergognatevi
Thomas Covenant procedette per la sua strada senza variare il passo, come un pupazzo a molla caricato fino in fondo per arrivare a destinazione. Pensò: "Vergognarmi?" Le labbra gli si storsero in una smorfia feroce. "Che cosa dovrei fare? Mettermi a gridare: 'Attenzione, scansatevi! Sono un reietto, un impuro'"?

L'assedio della rocca[modifica]

Thomas Covenant parlava nel sonno. A volte se ne accorgeva; qualche parola penetrava nebulosamente nel suo cervello, come un guizzo di innocenza. Ma non riusciva a destarsi: il peso della stanchezza era troppo grande. Balbettava come avevano fatto milioni di persone prima di lui, sane o malate, sincere o false. Ma nel suo caso non c'era nessuno che lo ascoltasse. Non sarebbe potuto essere più solo, neppure se fosse stato l'ultimo sognatore rimasto al mondo.
Quando lo squillo forte, esigente del telefono lo raggiunse, si destò con un gemito.

L'oro bianco[modifica]

A fatica, rallentata dall'assenza dell'albero maestro, la Gemma delle Rotte fece vela verso il nord, lasciandosi a poppa la grande macchia di schiuma che contrassegnava la scomparsa dell'Isola del Primo Albero. Sulle sartie, i Giganti tendevano le vele agli ordini di Manodorata e cercavano di non pensare alla fine di Sognamare, che ora giaceva morto sulla tolda. Tutti, amareggiati e tesi, si davano a una frenetica attività per non pensare alla terribile conclusione: la Missione era terminata con un fallimento. Il grande dromond faceva rotta verso il nord semplicemente per mettere la maggior distanza possibile tra sé e la tomba delle sue speranze.

La guerra dei giganti[modifica]

Allorché Thomas Covenant giunse a casa, il peso di quanto gli era accaduto divenne intollerabile.
Quando aprì la porta, si trovò ancora una volta nel proprio ordinatissimo soggiorno. Ogni cosa stava dove l'aveva lasciata, proprio come se niente fosse successo, come se non avesse passato quattro ore in coma o in un altro mondo dove – nonostante l'impossibilità della cosa – la malattia gli era stata cancellata. Adesso, però, aveva di nuovo perso la sensibilità delle mani e dei piedi; i nervi non si rigenerano. Nel soggiorno e nelle altre stanze della casa, imbottiture e spessi tappeti lo salvavano dagli urti e dalle scalfitture che potevano metterlo in pericolo, dato che Covenant non era in grado di accorgersi delle ferite. E davanti a lui, sul tavolino accanto al sofà, c'era il libro che stava leggendo il giorno prima. L'aveva preso mentre cercava di decidere se recarsi in città. Era ancora aperto a una pagina che, in quelle ultime quattro ore, aveva assunto un significato del tutto diverso. Diceva: "Dare una precisa forma alla sostanza vertiginosa e caotica di cui sono fatti i sogni è il compito più difficile che si possa presentare a un uomo". E in un'altra pagina: "I sogni dell'Uomo appartengono a Dio".
Covenant lo trovò insopportabile.

Lo specchio dei sogni[modifica]

La storia di Terisa e Geraden iniziò pressappoco come nelle favole. Lei era una principessa chiusa in un'alta torre. Lui era l'eroe venuto a salvarla. Lei era l'unica figlia di un uomo ricco e potente. Lui era il settimo figlio del signore della Settima Marca. Lei era incantevole, dalla cima dei capelli neri che le facevano da corona sulla testa alla punta dei piedini dalla pelle bianchissima. Lui era bello e coraggioso. Lei era prigioniera di un incantesimo. Lui non conosceva la paura e, quanto agli incantesimi, era abituato a spezzarli.

Bibliografia[modifica]

  • Stephen R. Donaldson, Bestia mitologica, traduzione di Beata Della Frattina, Mondadori, 1980.
  • Stephen R. Donaldson, Il sole ferito, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1991. ISBN 88-04-34177-7
  • Stephen R. Donaldson, L'albero magico, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1992. ISBN 88-04-35597-5
  • Stephen R. Donaldson, La conquista dello Scettro, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1989. ISBN 88-04-32715-4
  • Stephen R. Donaldson, L'assedio della rocca, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1990. ISBN 88-04-33622-6
  • Stephen R. Donaldson, L'oro bianco, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1993. ISBN 88-04-36780-6
  • Stephen R. Donaldson, La guerra dei giganti, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1989. ISBN 88-04-32967-X
  • Stephen R. Donaldson, Lo specchio dei sogni, traduzione di Riccardo Valla, Mondadori, 1994. ISBN 8804383941

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