Gino Bonichi
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Scipione (Gino Bonichi) (1904 – 1933), pittore, poeta e scrittore italiano.
Citato in di Historia, Mensile illustrato di Storia, Anno VII – N. 66 – Milano – Maggio 1963
[modifica]- Giorni e mesi tremendi sono passati guardati da me su pareti bianche che si schiarivano e si scurivano sconfinando; abbandonato alla passività più completa ma non indifferente; vagando sui rami di un cedro che non faceva mai rumore, visto nello spazio della finestra... (p. 57)
- Ora dovrei parlarti della mia solitudine. Anche tu conosci questa bestia: essa inaridisce il cuore, sa scavare, come una talpa, e come essa ha il pelo morbidissimo impalpabile, ed è del suo stesso colore, grigia. Tutti i grigi che vanno verso l'azzurro e tutti i grigi sordi misteriosi che vanno verso il rosso. Annientare, distruggere: non è la mia età. Io voglio fermare i miei occhi, le mie mani e non vagare. Voglio far uscire dalle mie mani le cose di cui il mio cuore è stato pieno. Voglio stringere, non carezzare.
Voglio, forse avrei dovuto scrivere, vorrei, perché infine non faccio che rivoltarmi in questo spazio e l'infinito è grande come un lenzuolo. In esso ci si riposa: è un morire... (p. 57) - Qui ha nevicato abbondantemente, ma subito il giorno dopo era sparita per incanto e l'aria era di nuovo tiepida. Ora è nuvoloso e se mi manca il sole sono perduto. Mi viene come la voglia di saltare i giorni. Non considero queste giornate e vorrei sparire, cadere addormentato, risvegliarmi di nuovo in un giorno col sole... Perché drammatizzare? Tutto è naturale, anche uno che è malato. Perché dovrei forzare il tono: perché mi accade questo? Non ti ho detto che sono contento. Anche a Mafai ho scritto che io non sono né un ribelle e disperato né un rassegnato. Tutto si restringe in modo implacabile intorno a me, ma io non sarò schiacciato. Perché avere terrore o paura di questo? E poi ancora non è il caso di parlarne, chè durerà ancora forse uno o due anni, se va bene. E due anni sono lunghi come due secoli, sono otto stagioni! Ancora due primavere! Due estati. C'è ancora tempo di lavorare, di ridere, di giocare e di dormire. (p. 58)
- Se tu dici ad un uomo: dormi seduto, quando da innumerevoli e infinite generazioni l'uomo ha dormito sdraiato, non è cosa facile ad ottenere senza indicibile strazio. Per di più con la febbre e un'agitazione nel corpo che mi rende ardente. Naturalmente se mi sdraio mi sembra di soffocare. Altra congestione, se congestioni sono: altro periodo febbrile. Respiro con difficoltà e sono costretto a stare su una pila di cuscini e naturalmente a non dormire. Scipione non ti darà che cattive notizie. (p. 58)
- ... Il Sanatorio mi ha inghiottito con le verande spalancate su la valle e riducendomi un cencio. Tu non sai come ti annulla, come ti fa scomparire. In verità sei sepolto... ma sotto la lana. Pensa a tutta l'eternità sotto la lana, fra le coperte. Che altra nobiltà nelle mummie con le loro bende di lini, bagnate di resina. Il viaggio, uno strapazzo; ma non fa nulla. Quassù l'aria è fina e vedremo che succede. L'aria è come una spada sottile di elastico: entra per le nari, per la bocca, tocca e si ritira... (p. 59)
- Sento che qui lavorerò. Sento che qui Dio mi è più vicino. Una volta vedevo i monti come scenario, adesso li amo... In tutta la mia persona c'è ancora tanta vita e il mio pensiero è ancora capace di pensare all'avvenire. Sono un albero duro da abbattere, benché sia vuoto come certi ulivi... Tutte le mie fibre devono stringersi e saldarsi per andare solo in una direzione. Ma questo avverrà con l'aiuto di Dio... (p. 59)
- Sento gli strilli degli angioli | che vogliono la mia salvezza, | ma la saliva è dolce | e il sangue corre a peccare. | L'aria è ferma, | tutto è rosa come la carne; | se pervade beatitudine | bisogna rompere e cadere. | Il sole entra nel mio petto. . | come in una canestra | e io mi sento voto, | la mano si stacca da terra, | tocca l'aria, la luce, la carne. | La lancia si sprofonda nelle reni della cavalla | che corre — e urla con la testa nel cielo. (p. 60)
- Andavo ad appostarmi sulla strada della montagna | m'arrampicavo pei boschi pieno di trepidazione | e mi rannicchiavo ricolmo d'ansietà ad aspettare. | Sentivo i gridi dei paoni. | Una notte il pensiero della via mi prese. | Salii salii — e gli alberi e i sassi | uscivano dal buio | quando fui in agguato. | La via bianca era come una benda | sui miei occhi. | Udii rumore di verde vicino: | apparve un cavallo nero | guardò intorno e scese lentamente | immergendosi nel bianco | poi nitrì | e il suo grido scese come un brivido sulla montagna. | Stette immobile a subirne l'eco | e fuggì via. (p. 60)
- Tutto ci abbandona a nostra insaputa. | Il sangue corre nel cerchio chiuso. | Le membra del giovane sono belle, | la sua mente è chiara e serena, | ma i vizi degli altri scrivono in nero | e nei laghi degli occhi | nuotano le anguille cattive. | La canna leggera, verde e bianca, | non sa dove appoggiarsi | ma non può cadere. | Le giunture si piegano con mollezza: | tutto si realizza e tutto si perde. (pp. 60-61)
- [Il suo congedo dalla vita:] È molto tempo che mi sento chiamare, ma dall'orecchio al cuore la tua voce s'è persa. La tua voce è un'acqua fresca che vuole lavarmi. Ma tutto il mio corpo è corrotto e nelle mie membra corre un veleno. Aiutami a uscire dalle mie miserie. Siate benedetto per la Vostra bontà infinita, e non permettete che io non approfitti delle vostre grazie. Farò quanto posso, farò quanto vorrete. Null'altro desidero che di conoscere e fare la Vostra santissima volontà perché in essa troverò ogni mio bene. Abbiate pietà di me e aiutatemi, mio Dio. (p. 61)
- Tutto sta saldo, attaccato forte. Tutte queste piante vivono, diventano grandi. I rami crescono a caso nel tronco eppure obbediscono a voleri precisi, perché si allargheranno così e non di più, tanto per dare a quell'albero la fisionomia che lo farà conoscere. Ognuno ha un suo ritmo come tutte le creature del mondo. Bisogna essere quel ritmo, quella creatura e non diventare un'altra cosa. C'è una parte dell'albero che non prenderà mai il sole e in quel posto crescono i licheni e certe piantine di velluto che ne ammorbidiscono la consistenza. Lo sguardo del sole indurisce. Credo che i tronchi degli alberi sono rotondi perché l'aria li tocca da tutte le parti. Quando si taglia un albero grande avviene questo: che il nutrimento che veniva dalla terra non verrà più e l'albero morirà, ma quello che era già in cammino arriverà fino alle più lontane foglie, come un trenino che oramai sia partito. L'ultimo convoglio salirà lungo il tronco impicciolendosi fino a perdersi in un soffio. (dal Diario; Historia, p. 61)
- Bisogna cristallizzarsi, costringersi nel ritmo giusto. Dio vuole la mia salvezza perché io so quale è la mia salvezza. Bisogna entrare in un voto, indossare un voto. Perché un conto sono i pensieri e un'altra cosa se i pensieri diventano azione. Con il voto non dipendo più da me ma da una cosa estranea e terribile a cui non posso venir meno perché vera padrona del mio corpo dove lo avrò fatto entrare. Accettare un voto è fare entrare Dio nel nostro corpo. Chi oserà scendere in battaglia con lui? Quando il sole va via alla sera, tutte le cose che hanno vissuto sotto il suo sguardo diminuiscono il ritmo della loro vita e si mettono a fare economia aspettando il sole di domani. L'uomo dopo il tramonto diminuisce il numero delle respirazioni, e le pulsazioni allo stato di riposo anche diminuiscono. Però in quell'ora che accade il fenomeno dell'abbandono del sole tutti gli esseri vivono per poco intensamente. Gli uccelli si dimenano cantano e gridano. All'uomo si accelera, sale la temperatura e quindi la circolazione del sangue. La sua mente è lucida. I fiori addirittura si muovono per chiudersi. C'è in tutto un guizzo, un rimescolìo, poi tutto si acqueta e fa economia. (dal Diario; Historia, p. 61)
- Vivo nel voto, più leggero, sicuro, quasi sereno. Tutto si è svolto senza dolennità ed è questa una cosa strana perché forse avrei pensato che avveniva con una specie di pompa, sia pure interna. Invece, forse è un sintomo sicuro: dove c'è solennità, forse c'è solo solennità. Quando una cosa è vera, è tanto semplice che quasi non ci si accorge; eppure un voto è una cosa grande. Ma io avevo bisogno di quello, come di mangiare. E che forse mangiare quando ho fame è cosa solenne? In genere una cosa è solenne quando è esterna. Forse è un po' per questo che la solennità dei riti soffoca le religioni. Forse ho sbagliato: la solennità commuove e io non sono stato commosso, e non c'era ragione che io mi commuovessi. Io mi sono messo ad aspettare. Fare un voto in essenza è aspettare. Aspettare accanto a Dio. Quando si scioglierà il voto si scioglierà la mia commozione. (dal Diario; Historia, p. 61)
- Sei stato colpito nell'elemento, dove hanno sede le forze più oscure, dove principia per la creatura umana la notte. Ora si tratta di radunare le forze luminose perché la ferita si rimargini, perché vivere con essa sarebbe impossibile. (dal Diario; Historia, p. 61)
Bibliografia
[modifica]- Historia, Mensile illustrato di Storia, Anno VII – N. 66 – Milano – Maggio 1963, Cino del Duca Editore.