Francesco Coccapieller
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Francesco Coccapieller (1831 – 1901), giornalista e politico italiano.
Agli elettori componenti il Comitato elettorale del rione Monti
[modifica]- Elettori
Chiamato da Voi a reggere la Presidenza del Comitato elettorale nel Rione – accettai – per promuovere e fondare questa tanto necessaria istituzione. – È inutile che ritorni qui ad enumerare i molteplici vantaggi che risultano da questo Comitato Elettorale permanente. – Dirò solo che la prima base si è d'inviare alla Camera Legislativa uomini onesti, probi istruiti indipendenti non appartenenti a nessuna consorteria, che facciano l'interesse della intiera nazione – che vigili custodiscano il loro sacro mandato affidato loro dagli elettori – Lo stesso dicasi per la Giunta Municipale – (p. 1)
- I miei principii sono cogniti a tutti; io voglio lo Statuto elargito dal Re, che esista di fatto e non di nome, voglio sciolta l'attuale Camera, e convocata la nuova a Roma e con me la vogliono 22 milioni d'Italiani. (p. 10)
- Monticiani[1] voi siete avvertiti, vi dirò solo che al Governo del Prete, la Consorteria vuol sostituire il suo, demoralizzando tutto, e tutti, guardatevi dalle maschere, sotto il manto del falso patriottismo. Oggi si cerca di surrogare ai patrioti – coloro che fino a ieri si cavarono il cappello ai Preti, coloro infine che voltata la casacca, corrono alla mangiatoia dello Stato per gozzovigliare impunemente alle spalle dei contribuenti del Regno d'Italia. (p. 11)
Citazioni su Francesco Coccapieller
[modifica]- Dopo il 1870 un mattoide tipico, Francesco Coccapieller, fu per due o tre anni l'idolo dei Romani. Era figlio d'una guardia svizzera del Papa, cavallerizzo, autodidatta, inventore brevettato d'un freno per le carrozze, pubblicista e fondatore del Carro di Checco, giornale quotidiano: per una legislatura[2] fu, con grave scandalo, deputato di Trastevere[3], e morì in miseria. Cesare Lombroso[4] lo paragonò a Cola di Rienzi. (Eugenio Tanzi)
- È certo che il Coccapieller ebbe dei veri accessi megalomani. – In carcere per es., credeva dover egli comandare, gli altri obbedire; minacciava i guardiani; e dichiarava che, nominato deputato, avrebbe fatto cacciar via i ministri e 402 deputati − e peggio anche se non rigavan dritti; disturbava le più alte autorità dello stato per nonnulla, anche per veri delirii, mandava un giorno, per es., a chiamare il Procuratore del Re, per dirgli: Io non sono Re se non perché non lo voglio essere: si regoli in conseguenza (sic). (Cesare Lombroso)
- È il Coccapieller un uomo di statura elevata, con fronte alquanto sfuggente e seni frontali spiccati. La testa tende assai più all'ultrabrachicefalia che non avvenga nel più dei Romani attuali, i quali pendono al dolicocefalo; e relativamente alla statura è di volume piuttosto scarso.
Gli occhi, senza essere strabici, hanno poca parallassi fra di loro; e se non fosse errabondo come di chi temesse continuamente un agguato, lo sguardo, come la fisonomia, avrebbe un'impronta di bonomia quasi giovanile e non mostrerebbe alcuno dei caratteri dell'uomo criminale e meno ancora dell'alienato.
Anche la scrittura, ricca di prolungamenti, di graffe a lettere allungate, uniformi, non ha nulla dell'alienato e nemmeno del mattoide; è propria, piuttosto, d'un uomo astuto ed abile nei commerci — d'una volpe, direbbero i toscani, che abbia pisciato su molte nevi. (Cesare Lombroso)
- Fra il 1882 e l'83 si ha in Roma il fenomeno Coccapieller, il popolano dal discusso passato risorgimentale che si atteggia a vindice degli schietti interessi della gente comune contro l'affarismo e i giochi di potere della classe politica: è un qualunquismo ante litteram che affascina con la faciloneria delle soluzioni prospettate, con lo scandalismo eretto a sistema e col turpiloquio come strumento polemico. Si aggiunga la personalità fragorosa del Coccapieller, il suo disinteresse per le costruzioni sintattiche, la vena plebea e provinciale dei suoi interventi e si avrà la chiave per spiegarne il successo travolgente come il rapido declino sotto i colpi di alcune sentenze per diffamazione. (Armando Ravaglioli)
- Il Parlamento [italiano] era già molto in basso se nel primo collegio di Roma, che aveva avuto a suo rappresentante Giuseppe Garibaldi morto solo da pochi mesi, era stato eletto, e, in quei giorni convalidato, Francesco Coccapieller. (Ugo D'Andrea)
- L'elezione di Coccapieller [nel 1882] parve un fatto enorme a Roma, ma i voti dei suoi amici non sarebbero bastati a portarlo alla Camera, se con il loro solito scetticismo, o per fare una burletta, molti romani, che non erano della sua, ma gongolavano sentendo diffamare Tizio e Caio, non gli avessero dato il voto. (Emma Perodi)
- Verrà il giorno che il Severo e Clemente, liberatore della città, amatore del mondo, tribuno augusto Francesco Coccapieller, sfromboli giù per il Corso[5] a furia di sferzinate il Parlamento italiano a correre il palio, ignudo. (Giosuè Carducci)
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Francesco Coccapellier, Agli elettori componenti il Comitato elettorale del rione Monti, Mantova, Tip. Mondovì, 1870.
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