Giuseppe Levi (editore)

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Giuseppe Raffaele Levi (1814 – 1874), rabbino, pedagogo, scrittore ed editore italiano.

Sulla teocrazia mosaica[modifica]

Incipit[modifica]

La vera Teocrazia è quel governo in cui Dio stesso è l'autore immediato delle leggi civili, politiche e religiose, ed egli stesso dirige la nazione nei casi non provvisti dalle leggi.[1]
Che nell'animo umano e nella coscienza dei popoli parli talora una voce che è dal cielo, questa è credenza che può dirsi anche filosofica, o almeno di semplice religione naturale. Vera teocrazia pertanto non può chiamarsi se non là, dove o una persona o una casta è creduta, esclusivamente, in diretta comunicazione con Dio, e sola intermediaria tra la Divinità e un popolo.

Citazioni[modifica]

  • Fondare il monoteismo in terra; costituirlo con una Legge uniforme e inviolabile; creare un popolo sacerdote di questa Legge; questo appare chiaramente il triplice scopo della legislazione mosaica.
    Sono tre idee sconosciute, nella loro intima sostanza, al mondo antico, e non ancora antiche ai tempi nostri.
    Lo sminuzzamento della Divinità in tanti Dei porta che ella stessa ne è rimpiccolita, rimpiccolita la creazione, rimpiccolita l'umana grandezza, e l'umanità sminuzzata e divisa.
    Un Dio unico, invece, è anche l'unità dell'uomo, l'unità dei popoli; è l'umanità chiamata a una sola famiglia. (Sulla teocrazia mosaica, p. 24)
  • [...] il monoteismo, scartando tutte le mediate comunicazioni colla Divinità, colloca direttamente l'uomo in faccia all'Infinito. Perciò esso non può essere che l'ultimo stadio religioso nello sviluppo intellettuale dei popoli. (Sulla teocrazia mosaica, p. 25)
  • In tutte le religioni dell'antichità la supposta comunicazione della Divinità cogli uomini succede col mezzo di un uomo. È sempre un uomo che si presenta delegato, ispirato, interprete della Divinità. La società non è mai posta direttamente in faccia a Dio, ma in faccia a un uomo che rappresenta il Dio. [...].
    Nella storia mosaica (fatto unico in tutte le antiche religioni e non abbastanza avvertito), la prima rivelazione della Divinità, quella rivelazione che inizia e costituisce il diritto divino, è immediata al popolo. Iehovà si rivela non a un uomo, ma a tutto Israele; non a un uomo, ma a tutto il popolo, Iehovà comunica i primordii costitutivi del nuovo diritto; non a un uomo, ma a tutto un popolo, Iehovà espone quei principii che, dopo quaranta secoli di rivoluzioni morali e intellettuali, niuna società civile, niuna filosofia osa respingere o rinnegare; quei principii che sono il fondamento di tutte le moderne legislazioni. (Sulla teocrazia mosaica, p. 36)
  • Nel Governo mosaico [...] la Legge improntava tutte le istituzioni sociali, tanto civili che religiose, di un carattere solo. Tutte le diverse espressioni e manifestazioni di siffatto governo, movevano da una sola fonte, erano tutte d'una sola natura.
    Nel reggimento della società israelitica, possono ridursi a tre principali i diversi ministeri o attori o agenti costituiti dalla Legge: popolo, sacerdozio e profetismo. Ma tutti e tre questi agenti sono raccolti nella uguaglianza di una sola idea, di una sola origine, di un solo diritto. Nella realtà della vita questi tre attori procedono con attribuzioni distinte e diverse: ma la Legge da cui traggono il loro mandato è una sola per tutti; ma il giudice di tutti è un solo, la Legge. E la rigorosa unità monoteistica che si trasfonde nel governo. (Sulla teocrazia mosaica, p. 42)
  • [...] nella società mosaica l'autorità sacerdotale, come autorità, non era solo separata dallo stato ma eziandio da ogni ingerenza sociale e dal governo della vita. Il suo ministero era la espressione, la traduzione dell'idea, non il governo della vita religiosa. La vita religiosa dello individuo era sotto lo impero della religione ossia della Legge, non del sacerdozio. Il sacerdote dello individuo, non era l'uomo, ma la Legge. (Sulla teocrazia mosaica, p. 43)
  • Il più grande errore che siasi potuto mai prendere sul mosaismo è questo, di confondere il profetismo col sacerdozio. L'azione dell'uno e l'azione dell'altro, non solo erano legalmente e radicalmente distinte, ma furono quasi sempre l'una all'altra opposte, ostili e talora apertamente nemiche. (Sulla teocrazia mosaica, p. 44)
  • [...] presso nessun popolo antico si seppe concepire un culto tradotto o espresso soltanto dalla parola. Culto e sacrifizi erano due idee così strettamente collegate che vennero a formarne quasi una sola. (Il Sacerdozio, p. 110)
  • L'opinione [...] che il sacrifizio dovesse essere tanto più accetto quanto più prezioso il sangue versato, dovette naturalmente sorgere negli animi assai presto: il sangue dell'uomo parve così più propiziatorio che il sangue degli animali. Furonsi destinati da prima i prigionieri di guerra, poi i cittadini stessi, poi, nei grandi frangenti, le persone più care. Nelle grandi sventure gli oracoli stessi ordinavano la immolazione d'una vittima umana per placare la collera degli Dei. (Il Sacerdozio, pp. 111-112)
  • I sacrifizi umani durarono nella Grecia in mezzo allo sfolgorante splendore delle di lei immortali glorie letterarie e militari. Ancora dopo Socrate, Platone assicura che a' suoi tempi in alcune località della Grecia si immolavano vittime umane. Solo assai tardi si sostituì la flagellazione innanzi agli altari come un simbolo e un tristo ricordo. (Il Sacerdozio, p. 112)

Note[modifica]

  1. Bergier, Dictionnaire de la théologie, alla parola Théocratie. [N.d.A.]

Bibliografia[modifica]

Giuseppe Levi, Sulla teocrazia mosaica, Felice Le Monnier, Firenze, 1863.

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