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Piero Bernardini Marzolla

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Piero Bernardini Marzolla (1929 – 2019), glottologo, filologo e traduttore italiano.

Dall'introduzione a Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi

A cura e con un'introduzione di Piero Bernardini Marzolla, con uno scritto di Italo Calvino, Einaudi, 1994

  • Questa umanizzazione (o riumanizzazione?) della natura attraverso i miti laicizzati dà una nuova giustificazione alla rivendicazione della validità della fantasia. E la nostra civiltà, una volta scelta per sé una concezione che rimanda al cielo, torna sempre con gioia a ritrovare nelle Metamorfosi questo mondo terreno così ricco e vario dove potenze divine e creature umane s'incontrano, dove il favoloso è reale, dove l'affannarsi (lei corpi e della psiche si converte in giochi di forme. (p. XIX)
  • L'intento di Ščeglov è spiegare l'impressione comune, contraddittoria, che il mondo ovidiano lascia nel lettore: grande varietà e ricchezza, ma insieme grande unità, e parentela fra tutte le cose. Cercando di individuare i fattori che suscitano questa duplice impressione, Ščeglov – eccellente filologo – considera la strana insistenza con cui nel poema vengono usati epiteti che a prima vista possono apparire superflui o ornamentali (lungo serpente, umide paludi ecc.), e nota come questi abbinamenti abbiano invece la precisa funzione di isolare proprietà oggettive, di fissare tratti distintivi mediante concetti geometrici e fisici; e passando alla tecnica delle descrizioni ovidiane, in prima linea quelle delle trasformazioni, ci mostra come la riduzione di ogni fenomeno a un ristretto numero di elementi fondamentali (le proprietà, i tratti distintivi) abbia tutta una catena di effetti: da un lato Ovidio caratterizza non singole cose, ma classi di cose; dall'altro, dato che i concetti geometrici e fisici sono applicabili alle cose più disparate, tutto diventa commensurabile e quindi riducibile ad altro: e qui appunto è riposto il segreto della facilità con cui le trasformazioni avvengono nel poema e sono da noi accettate, e il mondo per le infinite combinazioni possibili si allarga, e al tempo stesso, però, riportato a un livello unico, ci si presenta come un sistema. (p. XXI)
  • Il punto è che le Metamorfosi sono, sotto i panni della poesia epica, la prima opera narrativa di grande respiro della letteratura occidentale. (p. XXVII)
  • Il «divertirsi» di Ovidio, anche coni mezzi stilistici, non è leggerezza ma una forma di umanità. Le Metamorfosi sono in fondo un poema pervaso da una profonda tristezza; l'affermazione può apparire sorprendente a chi si lasci trasportare, peraltro giustamente, dalla vivacità dei toni e dei colori, dalla piacevolezza del racconto, ma lacrime copiose rigano dappertutto i volti dei personaggi e ogni trasformazione è un dramma più doloroso della morte vera, per la sua ambiguità, cioè perché, come dice Mirra (X 487), non è né vita né morte. Alla rappresentazione ora più ora meno fredda, ma sempre partecipe, della sofferenza di chi perde la propria identità, il gioco condotto da Ovidio al livello degli slanci della fantasia e insieme del potere autonomo di suggestione dei mezzi stilistici, compreso quel mezzo che è la fluente sonorità, si affianca come gusto della vita ma anche, mettendo a nudo la «meccanicità» dei sentimenti e delle azioni, come un discreto sorridere sulle curiose e fantastiche cose che accadono al mondo, come una forma di saggezza. (p. XLI)

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