Alberto Carocci
Aspetto
Alberto Mario Carocci (1904 – 1972), scrittore e giornalista italiano.
Un giovane
[modifica]- Lorenzo è giovane: ma benché non abbia ancora venticinque anni già gli comincia qualche capello bianco alle tempie, e l'obesità e l'asma lo opprimono. Due anni avanti, quando dalla sua vecchia città murata era disceso alla città grande della pianura, aveva grandi sogni per la testa: non sapeva ancora bene se avrebbe fatto il musicista o lo scrittore di teatro; ma certo qualcosa di grande avrebbe fatto. Il padre non si era opposto: lo aveva munito di denaro, della sua benedizione, e lo aveva guardato andar via sentendosi come liberato dal non aver più per la casa quel i figliolo che gli pareva pazzo.
Lorenzo, in città, i primi tempi si era dato un gran daffare fra concerti, teatri, biblioteche; si trattava di decidere se avrebbe fatto lo scrittore o il musicista. Poi s'era stancato: l'applicarsi gli dava un'oppressione al petto e un'ansia al respiro cui non poteva reggere. Infine aveva smesso di far qualsiasi cosa; tanto l'ispirazione sarebbe venuta da sé, dato che qualcosa di grande era destinato a fare.
Adesso non aspettava nemmeno più: ma gli era rimasto un rancore sordo contro la vita che lo aveva deluso. Odiava suo padre che ogni tanto gli scriveva per chiedergli che facesse, e gli pareva che questa fosse una maligna provocazione. E anche la vecchia padrona di casa l'avrebbe strozzata, con quell'aria che aveva di meravigliarsi per il suo modo di vivere. (pp. 30-31)
- Adesso si vedeva nello specchio; grasso, già disfatto, col viso bolso e sudato, i capelli ricci sulla fronte e quella camiciola sporca indosso che non se la levava da mesi. Era naturale che non ispirasse nemmeno compassione! Chi poteva credere alla sua tragedia? Avrebbe voluto picchiare la sua immagine nello specchio; per farsi male e soffrire ancora di più.
Ricordava suo padre, contento e sereno, seduto a tavola. Allora percuoteva il muro con le pugna, e gridava:
– Perché m'hai fatto? Perché m'hai fatto? (p. 32)
- Essere solo! Questo era il suo assillo: sentirsi solo, sempre solo: egli non aveva mai potuto colmare questo buio sentimento della sua solitudine. Se talvolta vi pensava più a lungo la luce gli mancava quasi per una vertigine e gli pareva di cadere come avviene nei sogni.
Lorenzo aveva sempre sofferto di questo male fin da bambino: una sofferenza che lo torceva fino al pianto e lo lasciava stroncato. (pp. 32-33)
Bibliografia
[modifica]- Alberto Carocci, Un giovane, in Solaria, anno I, n. 1, gennaio 1926, pp. 29-37.
Altri progetti
[modifica]- Wikipedia contiene una voce riguardante Alberto Carocci