Alexia
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Alexia, pseudonimo di Alessia Aquilani (1967 – vivente), cantautrice e compositrice italiana.
Citazioni di Alexia
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
Intervista di di Sandro Giorello, rollingstone.it, 26 giugno 2017.
- [«La dance per te era solo una possibile via per fare carriera [...] o invece ti piaceva davvero?»] [...] in realtà a me la dance piaceva davvero. L'ho vissuta prima da ragazza, andando a ballare, e poi con il mio gruppo quando giravo le discoteche cercando di captare le idee delle altre cover band e rimanere sempre sul pezzo. Io amavo quella più raffinata di Chaka Khan, degli Chic, degli KC and the Sunshine Band, ma l'eurodance era comunque affascinante perché per i tempi era un vera novità. È arrivato tutto nel momento giusto: avevo l'età giusta per farlo [...]
- [«Qual era l'aspetto più stressante del tuo lavoro?»] Dover far la stessa cosa per mesi e mesi: sempre la stessa canzone, sempre le stesse parole prima e dopo il pezzo, sempre gli stessi movimenti sul palco. In più non era facile gestire tutto quel successo, ci sono stati anni dove anche a Londra venivo riconosciuta e fermata per strada. Non avevi mai un momento per te e, quando sei giovane, questo tipo di pressione ti pesa.
- [«L'impressione più diffusa è che il mondo dance italiano fosse piuttosto alla buona [...]»] No, è un’impressione sbagliata. È vero che spesso i pezzi nascevano nei retrobottega e in modo, diciamo, amatoriale, ma quando determinati nomi sono diventati grossi è arrivato anche l'interesse delle major ed è diventato necessario adeguarsi a determinati standard. A prescindere da questo, da Avicii fino a Martin Garrix, la dance è sempre nata nella camerette e con pochi mezzi, sono le idee che contano.
- [«L'eurodance è stato uno dei pochi generi che è avuto successo in Italia pur non avendo nulla di italiano, come te lo spieghi?»] Era tutto merito delle melodie, pur non essendo le classiche alla Claudio Villa erano ugualmente molto belle. Anche gli svedesi erano bravissimi con le melodie, dagli Abba fino Ace Of Base hanno sempre avuto un grande talento. In più noi avevamo una genuina semplicità che si è dimostrata vincente. È il motivo per cui nei '90 abbiamo venduto in tutto il mondo e per cui, negli ultimi anni, Pitbull e molti altri producer hanno ripreso i nostri suoni. Sono sonorità popolari, funzionano. [...] noi abbiamo le melodie forti, loro hanno i suoni fighi. L'obiettivo era fregare quelle idee e quella loro capacità di essere innovativi e mischiarla con la nostra tradizione melodica.
Intervista di Chiara Maffioletti, corriere.it, 17 novembre 2022.
- [«Quando si è accorta di avere una bella voce?»] Me ne sono accorta da bambina, nei bagni della mia scuola dell'infanzia. [...] In generale, il bagno è un posto in cui ti rilassi. Poi ci sono le piastrelle, che fanno un po' l'effetto del microfono, creano un'acustica particolare. Un giorno, nei bagni dell'asilo appunto, me ne sono accorta e da quel momento mi chiudevo lì e iniziavo a cantare. Solo che dopo qualche tempo le insegnanti si sono insospettite per questi miei allontanamenti e hanno capito perché mi chiudessi lì. Così aspettavano che ci andassi per venirmi ad ascoltare fuori dalla porta. Quando me ne sono accorta ho smesso. Ma quella, di fatto, è stata la mia prima audizione.
- [«La prima grande occasione?»] Quando ho iniziato a lavorare con Ice MC. Quando è arrivato il boom avevo per fortuna le spalle forti, dopo due anni di tournée con lui. Osservando Ice, cioè Ian, ho intuito che bisogna fare molta attenzione perché il successo arriva ma poi se ne va anche via. Bisogna ottimizzare quello che si sta ricevendo cercando di avere un atteggiamento professionale e preparandosi un terreno per il futuro. La mia regola è sempre stata lavorare come se fosse l'ultima volta.
- Non sono mai stata brava a sgomitare, anzi. A un certo punto mi sono accorta che le case discografiche non cercavano più dei bravi cantanti, ma altro. Gente che magari avesse anche una storia impattante, un percorso che emoziona in modo particolare. Io non posso continuare a raccontare che quando è morto mio papà ho avuto una piccola depressione: avrò dovuto elaborare un lutto, no? Sono forse l'unica al mondo? Posso davvero ripetere all’infinito queste cose? Quindi ho deciso di fare un passo indietro [...]
- [«Si sente sempre rappresentata dal suo nome d'arte? Si sente sempre Alexia?»] Sì. Me lo sono portato dietro per una vita, è il mio nome. Me lo ha dato il mio primo produttore e io non lo volevo, anche perché in nord Europa indica i cabinet medicali... per non parlare di tutto il caos da quando è arrivata Alexa... però sì, per me ora è il mio nome e me lo tengo.
Intervista di Gaspare Baglio, rollingstone.it, 30 novembre 2022.
- [«Qual è stata la difficoltà maggiore della tua carriera solista?»] Quando ho chiuso con la Sony perché si era rotto un incantesimo. Stare lì sarebbe stata una minestrina riscaldata, ma mi sono sentita come se mi avessero buttato di casa i genitori e mi avessero detto: "Ora arrangiati, sono cavoli tuoi". [«Addirittura!»] Mi affeziono molto ai miei collaboratori, è un grande difetto che ho. Non avendo possibilità di coltivare amicizie quando si è in giro per il mondo, ero arrivata ad avere difficoltà a non vedere le persone con cui mi relazionavo fino al giorno prima, scambiare due parole con chi aveva condiviso pezzi di vita con me. [...] ho peccato di ingenuità e ancora oggi devo fare uno sforzo incredibile perché mi affeziono molto e sto cercando di coltivare amicizie con cui prendere un caffè, sparare due cazzate, ma senza risvolti lavorativi. Sono tutti processi che ho dovuto acquisire soffrendo tanto. È stata dura, ma ci sto riuscendo.
- [«Com'è stata la vita senza major?»] Ero abbastanza disorientata: non avevo idea di chi fossi come persona, avevo lavorato così tanto dagli anni '90. Non mi sono mai fermata e avevo bisogni di capire chi ero. Ho sperimentato con vari producer, ho aperto un'etichetta mia cercando di fare quello che fanno un po' tutti. [«Sarebbe a dire?»] Pubblicare, uscire, fare e soffrire. [«Sì, eh?»] Senza major, senza spalle coperte, sei l'ultima a essere presa in considerazione. E in questa condizione siamo tantissimi, con pochi posti in radio e tv. Ho cercato di stare bene così. Non mi mancano il prime time, la tv e la radio, anche se un domani potrebbero tornare. Ho un'età in cui vedo il lavoro in un'altra prospettiva. [...] Cerco di fare quello che mi piace: cantare.
- [«Torniamo agli anni '90. Nel mondo dance c'era rivalità?»] Ma sì, certo. I rivali erano quelli che mi buttavano giù dal podio tipo Molella, ma era una rivalità sportiva. Eravamo dei team italiani che lavoravano in gruppo e facevano i numeri all’estero. Era una sana competizione: c'erano voglia di lavorare, i soldi, il benessere, non ci rendevamo conto di quello che avevamo in mano. [«E...?»] Abbiamo perso tutto perché abbiamo gestito male le cose. Oggi penso che eravamo pazzi. Facevo viaggi in business per fare tv, dormivo in hotel pazzeschi, c'erano grandissimi sprechi di denaro che nemmeno le grandi aziende si potevano immaginare.
- [«Sei anche un'icona gay»] Sì e mi fa molto piacere, è motivo d'orgoglio personale. Sento un affetto e una spinta verso quello che ho fatto e ho rappresentato, anche grazie all’aiuto che ho dato a molte persone che si dovevano confrontare con la propria famiglia per un argomento non così leggero. Nei momenti di difficoltà, quando ho volto rimettermi in gioco, sono ripartita proprio dai locali e i club gay.
- [...] io prima mi sentivo famosa per la gente, non per i miei colleghi. Che se vuoi era da psicoanalizzare. Quando ero in promozione per Gimme Love sono venuta in Italia per un programma su Italia 1 con la Panicucci. Vicino al mio camerino c'era Irene Grandi che fa "oh c'è Alexia!" e io mi sono sentita morire. Ho pensato: "Ma allora mi conosce".