Antonietta Pastore
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Antonietta Pastore (1946 – vivente), scrittrice e traduttrice italiana.
Intervista di Marina Morassut, thrillernord.it.
- Sono andata per la prima volta in Giappone nel 1974, in viaggio di nozze, e ci sono tornata, per viverci, nel 1977. Il mio ex marito era giapponese e di conseguenza è vero che ho potuto osservare il Giappone dall'interno, per così dire, grazie all'accoglienza affettuosa dei miei suoceri. In quegli anni il Giappone era in pieno sviluppo economico e tecnologico, ma ancora ben lontano dal diventare quel paese leader in vari settori culturali e industriali che è attualmente. Le municipalità dei grandi centri urbani costruivano senza piani regolatori, le case venivano arredate con oggetti di produzione nazionale ispirati al kitsch americano e la popolazione restava poco interessata alle nuove mode, solo in certi quartieri di Tokyo si poteva osservare una certa ricercatezza nel vestire. Poco per volta ho visto cambiare queste tendenze, il gusto della gente è andato raffinandosi, anche perché l'interesse si è spostato dall'America all'Europa, prima alla Francia e poi all'Italia. Questo sia in fatto di moda, che di arredamento, che di cucina...
- Alla domanda se la mia attività di traduttrice sia nata per caso, rispondo sì e no, perché nasce comunque dal mio grande amore per la letteratura. Quando sono andata a vivere in Giappone ho iniziato a leggere i grandi autori della narrativa giapponese e via via molti autori contemporanei, ma li leggevo in traduzione inglese perché a quell'epoca – anni Settanta, Ottanta e primi anni Novanta – non esistevano quasi traduzioni in italiano. Così mi è venuta voglia di far conoscere quella meravigliosa letteratura ai lettori del mio paese, e quando ho imparato a leggere sufficientemente il giapponese, su consiglio di un'amica mi sono avventurata nella traduzione di L’uomo-scatola di Abe Kobo, un romanzo che mi ha affascinato fin dalle prima pagine. Devo dire che sono stata fortunata perché i diritti del libro erano già stati acquistati alcuni anni prima da Einaudi Editore. La mia traduzione è piaciuta, e così è iniziata la mia attività di traduttrice. Come in ogni carriera, oltre allo studio, alla determinazione e alla passione, ci vuole anche un poco di fortuna.
- Ho sempre sentito molto forti nei giapponesi i sentimenti pacifisti e antimilitaristi, il solo fatto che nessuno parlasse mai della guerra mi confermava quanto fosse lontana dalla mentalità della popolazione. Le Forze di Difesa non hanno mai goduto di grande prestigio, al contrario, vengono considerate un po' l'ultima spiaggia cui approda chi ha difficoltà a trovare un lavoro. Quanto ai movimenti ecologisti, soprattutto le donne hanno iniziato, già negli anni Ottanta, a mostrare attenzione per l'ambiente, anche se si trattava di attegggiamenti individuali che al massimo riuscivano a confluire in azioni di quartiere, non avevano forza sufficiente per creare un movimento di massa. Poco per volta però l'attenzione ai problemi ecologici è cresciuta e adesso si può dire che i giapponesi, e soprattutto le giapponesi, vi siano molto sensibili.
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