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Antonio Steffenoni

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Antonio Steffenoni (1947 – 2017), scrittore italiano.

Incipit di alcune opere

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Inseguendo le note di un tango

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Quanto peso ha il passato, cara Paola. Quanto pesa.
Per ricordarlo mi basta osservare Carmen, la donna che occupa il letto di fianco al mio. Corpulenta e di pelle ambrata, sui trent'anni, seria e imbronciata come una bambina immusonita, è arrivata quattro giorni fa, di sera, scortata da due agenti di polizia, con un braccio ferito legato al collo.
Appena entrata, obbediente, si è stesa nel letto che le hanno indicato, e lì è rimasta, da allora, quieta e remissiva, come se già sapesse che niente di quello che le poteva ancora succedere avrebbe mai avuto la forza di cancellare ciò che le era già successo prima.

Meglio andare lontano

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Solo Fabrizio poteva ripiombare nella sua vita dopo trent'anni come se si fossero sentiti il giorno prima.
E solo Fabrizio poteva aprire la telefonata con un perentorio: "Allora, Ernesto, si può sapere come stai?" come se fosse stato lui, Ernesto, a far perdere le proprie tracce per un'infinità di tempo.
Non c'era da stupirsi. Era la sua vecchia teoria: "Prima mossa: colpevolizzare l'interlocutore. È infallibile."
Così, di fronte al suo silenzio, all'emozione che gli bloccava la gola e gli impediva di dire qualunque cosa, aveva avuto buon gioco aggiungendo: "Ma, come, dopo tutto questo tempo, non hai niente da dirmi?"

Ragazze

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Avevi ragione: Arles è una città bellissima.
L'unico problema è stato arrivarci. Nove ore e mezza di treno, con interminabili soste a Ventimiglia, a Mentone, a Cannes, a Aix en Provence, per motivi che nessuno si è degnato di spiegare ai passeggeri: un calvario attenuato solo dalla straordinaria bellezza del paesaggio, colline e balze ricoperte di pini e l'azzurro abbagliante del mare.
Nello scompartimento, poi, uno scocciatore da manuale, uno di quei manager rampanti che tu detesti, oltre a parlare quasi ininterrottamente al cellulare, nei pochi momenti in cui taceva non ha fatto altro che guardarmi le gambe e fare il cascamorto, lanciando occhiate che, secondo lui, avrebbero dovuto fulminarmi. Una pena.

Vietato giocare con la palla

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Adesso, mentre in macchina costeggiava il lago e, attraverso il finestrino abbassato, osservava le barche allineate a riva, si chiedeva se le cose sarebbero andate diversamente in quella storia se non ci fossero state tante imprevedibili coincidenze.
E se a un certo punto, e con una forza che era stato impossibile contrastare, i fantasmi di un passato che credeva sepolto non fossero tornati alla luce.
Poteva dirsi che a far scattare la 'trappola' erano stati i cinque morti di via Pasubio e di via Castellini. Ma sarebbe stata una spiegazione troppo facile.
Probabilmente i delitti del 5 agosto non erano stati altro che un'occasione. Il segnale che i suoi fantasmi aspettavano da tempo.

Bibliografia

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Altri progetti

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