Ariodante Fabretti
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Ariodante Fabretti (1816 – 1894), patriota, storico e politico italiano.
Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria
[modifica]- Discorriamo di Braccio. Il suo nome è congiunto a tutti gli avvenimenti politici che si succedettero in Italia nel principiare del secolo decimoquinto; del suo nome e delle sue geste gridano le cronache; e la sua vita sono vent'anni di storia tutta nostra, tutta italiana. Cacciato dalla terra natale, pieno d'entusiasmo guerriero, presto addivenne gigante nella milizia; in pochi anni fu governatore di Bologna, e rettore di Roma; distese un immenso potere in tutta l'Umbria e nella Marca; giunse ad essere assoluto signor di Perugia, principe di Capua, conte di Foggia, gran Contestabile del Regno... – Or che rimane di Braccio all'Italia? una fama romorosa per tanti combattimenti, bella per tante virtù politiche e militari, sudicia per qualche delitto! Di Braccio rimangono a Perugia fabbriche utilissime ai cittadini: le rimane la gloria di essere stata grande, temuta, riverita, e la memoria di aver generato, perseguitato, idolatrato uno se' più forti capitani d'Italia. Di Braccio restan pure alla patria poche ossa ed un teschio per impeto di sasso o di ferro sul destro parietale forato. (vol. I, p. 111)
- Così Erasmo [Gattamelata] segnalavasi ad onore di sé, a vantaggio de' Veneziani. Stanziando presso il lago di Benaco, pei rigori del verno sorvenuto, pe' disagi patiti nelle battaglie, fu colto da fiera apoplessia; dalla quale riavutosi a stento, e per intiero un triennio oscillando tra la vita e la morte, colpito dallo stesso malore spirava a Padova nel 16 gennaio 1443. La sua morte fu dolorosa a' Veneziani; essi decretarono si spendessero dugencinquanta ducati nella pompa de' funerali, Lauro Quirini[1] disse le sue lodi. (vol. I, p. 224)
- [Niccolò Piccinino] Sparse qua e là il suo sangue, venduto sempre, senza desiderio di gloria e di libertà pell'Italia; anzi il proprio ingrandimento neglesse, o potenza non seppe aquistare[2]; tanto che non pervenne a tenere scettro e signoria né in patria né fuori. (vol. II, p. 157)
- [Niccolò Piccinino] Fu moderatamente severo co' soldati, e talvolta cortese sino alla familiarità; crudele con quelli incolpati di tradimento: fu artificioso dissimulatore, parlatore infelice, brutto delle forme e dell'aspetto. La fama delle sue geste durerà lontana. Io volli ritornarlo alla memoria de' miei concittadini. Se feci bene o male nol so: certo fu grave la soma che volontario m'imposi. (vol. II, p. 157)
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Ariodante Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, vol. I e II, coi tipi di Angiolo Fumi, Montepulciano, 1842-1843.
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