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Caracalla

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Caracalla (Museo archeologico nazionale di Napoli)

Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto, meglio noto con il soprannome di Caracalla (188 – 217), imperatore romano.

Citazioni su Caracalla[modifica]

Edward Gibbon[modifica]

  • Caracalla si mostrò il nemico comune del genere umano. Lasciò la Capitale (né mai più vi fece ritorno) circa un anno dopo la morte di Geta. Passò il resto del suo regno nelle diverse province dell'Impero, particolarmente nelle orientali, ed ogni provincia divenne a vicenda il teatro della sua rapina e della sua crudeltà. I Senatori, forzati dal timore a secondare tutti i suoi capricci, erano obbligati di preparargli ogni giorno con immense spese nuovi divertimenti, che con disprezzo abbandonava alle sue guardie, e ad erigere in ogni città palazzi e teatri magnifici, ch'egli o sdegnava di visitare, o comandava che tosto fossero demoliti. Le più ricche famiglie furono rovinate con tasse e confiscazioni private, mentre il corpo intero dei sudditi era oppresso da ricercate e gravose imposizioni.
  • In mezzo alla pace, e per una leggierissima offesa egli comandò uno scempio generale in Alessandria di Egitto. Da un posto sicuro nel tempio di Serapide, contemplava e regolava la strage di molte migliaia di cittadini e di stranieri, senza avere riguardo alcuno al numero, o alla colpa di quegl'infelici; giacché (com'egli freddamente ne scrisse al Senato) tutti gli Alessandrini, e quelli ch'erano periti, e quelli che si erano salvati, meritavano ugualmente la morte.
  • Le savie istruzioni di Severo non fecero mai una impressione durevole sullo spirito del suo figlio, che sebbene non mancasse d'immaginazione e d'eloquenza, non avea né giudizio, né umanità. Caracalla ripeteva spesso una massima pericolosa degna di un tiranno, e da lui posta in pratica sempre: "assicurarsi l'affezione dei soldati, e poco valutare il resto dei sudditi".

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