Carlo Vittori

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.

Carlo Vittori (1939 – 2015), ex velocista e allenatore di atletica leggera italiano.

  • [Su Pietro Mennea] Aveva un eccesso di senso della responsabilità; secondo me questa era addirittura una sua debolezza, che lo spingeva ad andare oltre.[1]
  • Di Pietro ho un ricordo lungo una vita, che non posso dimenticare. Lo vidi correre per la prima volta ai Campionati italiani giovanili, sulla pista di Ascoli Piceno, nel 1968, nei 300 metri: lì capii che era un talento naturale, una forza della natura. Lo conobbi nel 1970, quando il suo allenatore Mascolo lo portò a Formia. Pietro ha tracciato la vita metodologica del training, affermando con i fatti i timori che un velocista si potesse allenare poco, magari solo perché era stato dotato da madre natura. Pietro ha invece dimostrato che, allenandosi in maniera meticolosa, poteva migliorare. Le doti che gli riconosco sono l'impegno e la testardaggine: era davvero un martello pneumatico.[1]
  • [Su Pietro Mennea] Era sempre atterrito, assaliva se stesso, aveva sensi di colpa che si generavano uno dall'altro, anche per colpa della madre, fervente cattolica. Non gli stava mai bene niente e niente gli bastava, era sempre in cerca di un'immaginaria perfezione. Ma la verità è che era proprio questa la sua magica benzina: la più assoluta dedizione al dovere e alla fatica.[2]
  • [Su Pietro Mennea] Lui era capace di affrontare qualunque sfida, fisicamente parlando. L'importante è che non gli si chiedesse di alterare il suo stile di vita, che nessuno lo costringesse a fare anche una minima bisboccia. O a sorridere a comando.[2]
  • [Su Pietro Mennea] Macchina umana nel vero senso della parola, con la sua componente temperamentale, caratteriale e psichica. Che gli ha permesso di sfruttare strade nuove e considerate impercorribili, nel periodo in cui i tempi passavano dal rilevamento manuale a quello elettronico.[1]
  • Pietro aveva quasi una personalità sdoppiata. Era diffidente ma anche molto responsabile. Aveva paura ma era spietato. L'oro olimpico ne sbloccò i traumi, antichissimi e ben radicati. Il suo grande terrore era: gareggio da primatista del mondo e posso perdere. Non l'accettava.[2]

Note[modifica]

  1. a b c Citato in Morte Mennea, Berruti: "Asceta dello sport". Simeoni: "Un pezzo della mia vita", Gazzetta.it, 21 marzo 2013.
  2. a b c Dall'intervista di Enrico Sisti, Vittori: Si liberava con la fatica a Mosca sconfisse le sue paure, la Repubblica, 22 marzo 2013.

Altri progetti[modifica]